| Le due montagne «che cozzano come arieti … e poi si separano» sono la variante ossete delle Simplegadi che minacciano di schiacciare la nave degli Argonauti, e Ajsana (fa’ attenzione all’assonanza dei nomi) è la controfigura caucasica di Giasone e, perciò, è probabilmente anche lui un Dottore o, come si suol dire, un medicin-man – uno stregone «lacaniano» ante litteram. Un remoto progenitore di quei pochi, rari, naviganti che non si persero nell’ardua impresa, di quegli avventurosi che però – come Ajsana – seppero astenersi dal «folle volo» vincendo la tentazione d’andare, come Nietzsche, a strappare la pelliccia in cui è avvolto il mistero di Dio.
C’è solo un momento buono, un attimo solo – solo un attimo fuggente, per passare di là senza farsi schiacciare dalle due Montagne. È così per la nave Argo, e così è pure per il Cavallo di Ajsana: bisogna che essi colgano a volo il momento buono, il kairós, l’appuntamento col destino del Viandante che portano a bordo o in groppa. In ambedue le storie, inoltre, il passaggio della Soglia Terribile comporta una doppia mutilazione: in quella greca, a rimetterci la coda sono insieme la colomba e la poppa della Nave; nella nostra storia invece, il Cavallo ci perde tre peli della coda e Ajsana un lembo di pelle della mano.
Come a dire: non è solo il «veicolo» a rimanerne danneggiato, ma anche il «veicolato» = non solo la Guida, ma anche il suo Guidato. Nessuno passa … senza guastarsi. Maestro e allievo, dottore e paziente, sano e malato che Kush-uomo-librosia – nessuno passa di là da solo, ma ha bisogno di esservi … trainato. Chi ve lo trascina, in fondo, questo solo può insegnargli: che sulla Soglia solo le «macchine guaste», solo le «navi deragliate», solo i «cavalli a tre zampe» (qual è quello di Ajsana, anche se qui il Racconto non lo dice), solo i «corpi mutilati», solo le «parole troncate» (magari sul più bello) hanno una ragione per passare: hanno il desiderio d’andare a prendersi l’«altra metà» del loro essere. Quella «metà» di cui qui, da questa parte della Porta Terribile, non giunge che, distorta e pallida, un’eco remota.
Non affidarti (consiglia tra le righe il Racconto) – non fare la fesseria di affidarti a un Maestro che non sia zoppo! Vuol dire che per quella Porta lui non c’è mai passato. Affidati, casomai, alle pietre accatastate ai piedi della Torre (di babele). Sì, tanto vale affidarsi alle ossa parlanti di quanti tentarono e fallirono – anziché alla tronfia spocchia di chi non s’è mai «distrutto» nella vita. Può darsi, dice il Racconto, che per esempio un Dante redivivo o un qualsiasi Orfeo ti metta, anche solo pizzicando una corda della loro poesia, di fronte alla tua nullità. Ma fa’ come Ajsana: succeda quel che deve succedere, ma di’: io voglio sentire il Racconto dalla loro viva voce. Giusto un attimo, solo un attimo fuggente e capirò a quale filo arrampicarmi!
Dice che Giasone è diretto alla conquista del Vello d’oro, qualcosa come il Grande Segreto o la Ricetta dell’Immortalità. Dice che lo conquista solo grazie a Medea. E che Teseo entrò e uscì dal labirinto solo grazie ad Arianna. E che Dante ascese all’Empireo della sua mente solo grazie a Beatrice. Il Racconto dice che è sempre la Donna la Guida che guida il Viandante fino all’altro mondo. Il Racconto dice che al di qua delle Simplegadi a guidarci è un Maestro del Libro, e che questo Maestro (questo signor Giaguaro) fino alla Soglia ci può condurre, ma non oltre – perché oltre è il Reame della Strega, di Madamigella Libidine, sissignori! – della (vecchia) Rana.
Non poteva perciò mancare la Donna nel nostro Racconto. Apparentemente spostata più in là, in una prova successiva a quella dell’attraversamento della Soglia – la Donna è anche qui, anzi forse qui più marcatamente che altrove, chiamata a fare la parte della Picasso-donna-libroMaestra Ulteriore: di Colei che, come Beatrice, conosce quelle vie dell’Oltre che sono impraticabili al magistero finanche di un Virgilio, di un autentico «mago» della Parola.
Si chiama Saumæron Bûrdzæbæx, ovvero «bellezza del Reame delle grasse terre nere» – si chiama cioè Forma epifanica delle terre oscure, incognite, dell’aldilà. È «prigioniera» in una Torre (di chiacchiere che la diffamano), sepolta sotto un mucchio di menzogne (pietrificate nel Racconto a furia di sputtanare la sua «angelicità»), reclusa dietro gli ornamenti che le impone la Cultura – è divenuta ormai pressoché irraggiungibile. Non la si può raggiungere (Dante ne è una prova) se non con un grido animale: se non tornando a parlare un linguaggio «primitivo», se non nitrendo i propri aneliti e desideri.
Oltre la soglia, il Dottore ce lo conferma, c’è il Drago Terrificante, c’è il Reale «animale», ignaro analfabeta d’ogni linguaggio immaginario e simbolico: c’è lo Spaventoso Reale «nudo e crudo», e tuttavia è da questa sua «crudeltà», e solo da essa, che può tornare a ripetersi il miraggio della Donna e di almeno una delle sue infinite trasformazioni, angeliche e non, sotto lo sguardo incantato del bambino che è in Ajsana, Dante o Giasone. Del bambino che torna a balbettare la libidine delle «grasse terre nere». E, di nuovo, solo quella. Finalmente, quella.
Ma cosa bisogna fare per raggiungerla? Il Racconto non ammette alternative: è inutile ogni parata sessuale, non c’è trucco che funzioni nel Reale Ultimo che non sia il suo stesso Trucco. Nessuna seduzione in cui non sia esso, il Reale Ultimo, il reale seduttore. Siamo proprio in fondo alla strada. Non c’è via di uscita, non c’è scampo nelle parole! Non contano le parole, e non conta nemmeno la musica – non serve a niente farle la serenata!
Basta la voce. Purché la voce – vuota di parole, sgravata di senso, libera d’ogni sapere, avere e volere – si elevi fino a Lei. Può bastare a volte solo sussurrare il suo nome, ed ecco … il Drago è vinto, e dalle sembianze d’una vecchia Rana (vecchia quanto è vecchio il Reale) ecco apparire la beltà ulteriore. La beltà promessa ai poeti impazziti d’amore, e ai Dottori che andarono per guarire e finirono per ammalarsi … di nostalgia. Perciò, i più saggi fra loro si astennero dall’allungare le mani sulla pelliccia di Dio.
fonte https://lartedeipazzi.blog/2018/11/25/cauc...rese-di-ajsana/
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