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| Cinque passi per l’acqua
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha stanziato risorse per circa 4 miliardi di euro (ne avevamo parlato qui), per interventi volti a ridurre le perdite idriche, digitalizzare le reti, realizzare nuovi invasi, anche oltre gli usi civili. Lo 0,2 per cento del Pil, risorse chiaramente insufficienti.
Ma cosa si potrebbe fare di più? Partiamo dagli ambiti nei quali le azioni darebbero i maggiori benefici, ovvero dai grandi consumatori di acqua dolce: agricoltura e industria.
Il primo passo. L’agricoltura assorbe circa il 50 per cento dell’acqua dolce prelevata dall’ambiente. Dunque, ogni iniziativa di adattamento e mitigazione non può prescindere da un ripensamento sulle colture nel nostro paese. Possiamo ancora permetterci varietà o colture a elevato fabbisogno di acqua? Se non vogliamo rinunciarvi, ci sono esperienze, come quella israeliana, che ci indicano una via maestra: il riuso dell’acqua depurata in agricoltura, in particolare per le colture maggiormente idro-esigenti. Il potenziale anche qui sarebbe elevato, ma in Italia c’è ancora molta diffidenza, dettata sia dal timore di come potrebbe essere accolta dal consumatore una scelta di questo tipo, sia dal fatto che l’acqua utilizzata in agricoltura è oggi prelevata dall’ambiente in modo spesso non regolamentato e, soprattutto, a costi nulli o irrisori. Arera nella sua relazione annuale ci ricorda che riutilizziamo solo il 4 per cento dell’acqua depurata. Un recente studio Enea ha misurato che con il riuso potremmo soddisfare fino al 70 per cento del fabbisogno di acqua in agricoltura di una regione come l’Emilia-Romagna, riducendo del 30 per cento i costi per i concimi.
ra i principali ostacoli che si frappongono al riuso dell’acqua depurata vi è il basso costo dell’acqua prelevata dall’ambiente. Il riuso dell’acqua depurata necessita anche di reti per la distribuzione agli agricoltori. E dunque occorre chiarire se a pagarle debba essere chi utilizza l’acqua depurata (l’agricoltore) o chi, consumandola, l’aveva inquinata (i cittadini). Chiarito il punto (Salomone lo avrebbe risolto dividendo a metà l’onere) è sufficiente estendere il raggio di azione del servizio idrico, prevedendo l’obbligo da parte dei gestori di mettere a disposizione degli agricoltori l’acqua depurata per il riuso.
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