| Karma e bioetica nella filosofia buddhista. Secondo l'insegnamento buddista, vita e morte sono due fasi di un “continuum”: la vita non comincia alla nascita né finisce con la morte. Nel pensiero buddista l’esistenza umana assume un valore particolare quando l’uomo inizia un cammino che gli consente di liberarsi della sua condizione di sofferenza e di conoscere la felicità, la lucidità e la libertà interiore. L’essere umano è una successione di nascite e morti, una serie continua senza interruzioni: egli muore e rinasce in un continuum che scorre, guidato dalla forza morale. Anche le nostre vite individuali fanno parte di questo grande ritmo cosmico. Al contrario di quello che normalmente si crede, per i buddhisti la vita non si basa sul karma, come per gli indù; essi sostengono che noi siamo fondamentalmente liberi, ma fino a quando le nostre vite non si collegano al “grande voto”, conduciamo una vita da “comuni mortali “, regolata dal karma e soggetta alle sue vicissitudini. Tutti gli insegnamenti buddhisti insistono sul quale sia il miglior modo per trasformare un karma infelice in una vita colma di soddisfazione. Secondo la filosofia buddista, esistono due tipi di karma: mutabile e immutabile. La morte è un esempio di karma immutabile: fa parte della vita, e per quanto possa essere ritardata, alla fine nessuna delle nostre azioni potrà evitarla. In ogni religione, culto o credenza il tema della vita e della morte è talmente fondamentale da incidere sul modo in cui ognuno modella la visione di ogni cosa. Sin dalla sua nascita, il culto buddhista ha dato molta importanza al tema della morte che, insieme alla nascita, alla malattia e alla vecchiaia, è una delle quattro sofferenze fondamentali dell’esistenza umana. Un’altra peculiarità della credenza buddista è samadhi, inteso come partecipazione alla vita eterna. Per restare in uno stato perpetuo di samadhi, i monaci buddhisti iniziano a mummificarsi sin da vivi, essi scelgono questa pratica per mantenere la classica postura del loto: gambe incrociate, tecniche di yoga, aspirando in modo lento, arrivano a sembrare veri e propri cadaveri imbalsamati. Il Buddismo, in merito alle riflessioni sul diritto alla vita, all’eutanasia, il suicidio e l’aborto assume una posizione contraria e, infatti, ritiene che questi siano moralmente inaccettabili in quanto comportano la distruzione intenzionale della vita. L’aborto è visto come un atto grave ed è altamente criticato e disapprovato dal buddhismo. Lo stato di mentale in cui una persona muore potrebbe influire sulla sua prossima rinascita e il trauma di un aborto potrebbe portare il feto ad una rinascita meno favorevole. Il suicidio è condannato e criticato ripetutamente nei testi buddhisti per diverse ragioni, il buddhismo non dà importanza alla morte, ma alla vita: la morte è considerata un’imperfezione, un difetto della condizione umana, qualcosa da sconfiggere e, pertanto, chi sceglie la morte come soluzione alla sofferenza non ha compreso la base della Prima Nobile Verità, che insegna che la morte è il problema, non la soluzione. Per quanto riguarda l’eutanasia, uno degli aspetti dell’insegnamento buddhista più importante riguardo la decisione di fine vita è il concetto di ahiusà, ovvero un’idea pan-indiana condivisa da buddhismo, induismo e gianismo, tradotto letteralmente come “non-male”, “non-violenza”, nella sua accezione, 9 comprende anche il “rispetto per la vita”, ciò che in Occidente viene definito “inviolabilità della vita”. Sono però favorevoli alle cure palliative per la lotta al dolore fisico che accompagna il corpo umano negli ultimi istanti di una malattia (in Italia, a Castellina Marittima, esiste un luogo di ricovero dove si applicano tecniche buddiste di accompagnamento spirituale alla morte. E’ una struttura esterna a quella ospedaliera, legata a un monastero tibetano). Buddismo nel mondo (Sri Lanka, Myanmar, Bhutan). Il caso dello Sri Lanka è un chiaro esempio del peso che la religione buddhista assume a livello politico istituzionale. L’art. 9 Cost. stabilisce il dovere dello Stato di assicurare a tutte le confessioni il diritto di libertà religiosa e riconosce al buddhismo un ruolo preminente ponendo in capo allo Stato l’obbligo di proteggerlo e promuoverlo. In Sri Lanka, negli anni 2000 sono stati elaborati alcuni progetti di legge con lo scopo di riconoscere la personalità giuridica ad associazioni cristiane che operavano da tempo; tali progetti furono sottoposti al giudizio della Corte suprema, su impulso delle parti politiche che sostenevano il buddhismo. La principale accusa si sostanziava nella pericolosità delle stesse poiché svolgevano attività economiche accanto a quelle religiose in senso stretto, e manipolavano le persone per indurre a convertirsi al cristianesimo, violando così l'art. 10 Cost. che riconosce il diritto di libertà religiosa. La Corte suprema riconobbe fondate le argomentazioni e decise in senso favorevole ai ricorrenti. In Myanmar (ex Birmania) la costituzione del 2008 riconosce la speciale posizione del Buddhismo come fede professata dalla maggioranza dei cittadini. Le religioni, diverse dal buddhismo, sono riconosciute dalla costituzione come religioni presenti nell’unione. Gruppi nazionalisti guidati da monaci buddhisti nel 2015 hanno approvato leggi le cui norme erano segnatamente finalizzate a impedire o a rendere difficoltosa l’adesione a religioni diverse da quella buddista, ad es. norme che vietano la poligamia. Inoltre, è previsto che coloro che vogliono convertirsi ad una religione debbano sottoporsi agli interrogatori di una apposita Commissione che indaghi a fondo le ragioni della scelta. Anche in questo caso il Buddhismo ha discriminato le altre religioni ed ha dimostrato una chiusura verso l’integrazione. Oltre a ciò molto forte è la discriminazione verso la comunità mussulmana dei rohingya un gruppo etnico, di religione islamica, che vive nella parte settentrionale della Birmania, al confine con il Bangladesh. Secondo la legge sulla cittadinanza della Birmania, risalente al 1982, i Rohingya non fanno parte delle 135 etnie riconosciute dallo Stato e non hanno pertanto diritto alla cittadinanza birmana. Dalle repressioni del 2016 e 2017 sono rifugiati in campi profughi in Bangladesh. Secondo i rapporti delle Nazioni Unite essi sono una delle minoranze più perseguitate nel mondo. Anche in Bhutan la maggioranza della popolazione appartiene al Buddhismo. È una monarchia nella quale il sovrano, per legge, deve essere buddista. A livello costituzionale, il buddhismo, in quanto patrimonio spirituale del regno, è religione di Stato. Alle 10 associazioni religiose è stato vietato di convertire le persone attraverso la promessa di ricompense o incentivi. Il matrimonio. L’amore tra marito e moglie è considerato quasi religioso o sacro, definito “Sacra vita familiare”. Non è semplicemente l’unione di persone; la coppia si assume una grande responsabilità per tutta la vita, che si riflette nella struttura della società. Ognuno dei coniugi può influire in maniera positiva o negativa sulla crescita spirituale dell'altro. Importante è l’uso del termine Brahma: indica l’altissimo rispetto in cui è tenuta la relazione che unisce gli sposi. La cultura buddista si contraddistingue per il suo messaggio di pace, di equilibrio e serenità dell’anima che si raggiunge prestando attenzione ai piccoli dettagli della vita, anche quelli più semplici e quotidiani. Questa filosofia si adotta in tutti i momenti della propria esistenza, soprattutto in quelli di coppia dove l’armonia tra due esseri viventi è di fondamentale importanza. Le nozze, non essendo considerate sacramento, ma reciproco impegno degli sposi, non hanno valore legale. Questo rito ha una forte spiritualità, e l’intimità della coppia e dei loro sentimenti è condivisa con il resto della comunità. La cerimonia inizia con la lettura di alcuni capitoli del Sutra del Loto, in cui si sostiene la natura degli esseri viventi paritaria alla natura del Buddha. Molto bello e suggestivo è il rituale del sakè che coinvolge non solo gli sposi ma anche i testimoni (i protagonisti bevono ciascuno tre sorsi di questa bevanda a simboleggiare l’importanza delle proprie tre vite, quella del passato, quella presente e infine, quella del futuro). Nel momento in cui la coppia recita i propri voti può decidere di scambiarsi gli anelli, ma non si tratta di un passaggio obbligatorio; ciò che invece è necessario alla celebrazione, è ringraziare la statua del Buddha per la benedizione attraverso incenso e candele. Il luogo ideale ove celebrare un rituale simile sarebbe un Tempio, ma qualsiasi luogo a contatto con la natura andrà sicuramente bene. Nel matrimonio è importante la relazione che si viene a creare anche tra genitori e figli. I genitori sono “sacri” per i loro figli. Non è importante che tale vincolo sia riconosciuto giuridicamente dallo Stato. Buddhismo in Italia. Il Buddhismo in Italia è la terza religione più diffusa, dopo il Cristianesimo e l'Islam: i fedeli stimati sono circa 140.000, che si raccolgono intorno a più scuole di pensiero buddista, tra le quali vanno annoverate quelle di Soka Gakkai, Theravāda, Mahāyāna, Vajrayāna, Zen. Rispetto ad altri Paesi occidentali, l'Italia solo dopo il secondo dopoguerra ha avvertito le influenze della cultura buddhista, questo sia per l’assenza di immigrazione da Paesi a maggioranza buddista, sia per la mancanza di legami coloniali con il mondo buddista. Si è assistita a una propagazione del buddhismo negli anni ‘60 grazie alla presenza sul territorio di un’Associazione Buddhista Italiana fondata a Firenze.
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