IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici in Etiopia

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Pagine nella categoria "Gruppi etnici in Etiopia"

Questa categoria contiene le 27 pagine indicate di seguito, su un totale di 27.
A

Afar (popolo)
Amhara (popolo)
Anuak
Argobba
Azebo Galla

B

Berta (popolo)
Borana (popolo)

C

Cunama

D

Daasanach

F

Falascia

G

Ghedeo
Guraghé

H

Habesha
Habr Ghedir
Hamer (popolo)
Hauia

I

Irob
Italo-etiopici

K

Karo (popolo etiope)
Konso (popolo)

M

Mursi

N

Nilotici
Nuer

O

Oromo

S

Saho
Sidama

T

Tigrini





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Afar (popolo)

Afàr o Dáncali (in lingua afar Qafár, in lingua ge'ez ዐፋር traslitterato in ʿĀfār, in arabo: عفار, in amarico አፋር, ʾAfar) è un gruppo etnico nomade del Corno d'Africa, che risiede principalmente nel deserto della Dancalia, nella Regione di Afar, in Etiopia. Presenti anche in Eritrea e Gibuti. La loro figura è snella e i loro lineamenti molto fini. I Dancali allevano cammelli e vendono il sale ricavato dal suolo, che si è impregnato grazie all'evaporazione di antichi laghi costieri. La forma delle abitazioni varia a seconda di diverse tecniche di costruzione e dei materiali disponibili sul luogo. In generale, si tratta di piccole capanne con armatura di rami, ricoperte di stuoie, a forma di cupola emisferica. In luoghi rocciosi, le abitazioni si annidano intorno alle caverne naturali, come piccoli alveari. Nelle regioni costiere, più povere di vegetazione, si costruiscono ricoveri di forma cilindrica, con pietre sovrapposte a secco, alti due metri e coperti con stuoie o pelli di bue.

Praticano l'Islam, al quale si convertirono attorno al X secolo sotto la pressione dei mercanti arabi.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Afar_(popolo)

 
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Amhara (popolo)


Gli Amhara o Amara sono un gruppo etnico dell'Etiopia centrale, di cui fanno parte circa 23 milioni di persone, cioè il 30,2% della popolazione etiope secondo i più recenti censimenti del 1994. Parlano l'amarico, la lingua ufficiale dell'Etiopia, e dominano la vita politica ed economica del loro Stato.

Etimologia

La derivazione del nome Amhara non è chiara; secondo alcuni viene dalla parola amari, che significa "piacevole, gradevole, bello e grazioso", ma secondo alcuni storici etiopi, come Ghetacciù Maconnèn Hasen, il nome è connesso a Himyariti[6]. Altri sostengono che derivi dalle parole in lingua ge'ez ዓም "ʿam", ossia "persone" e ሓራ "h.ara", cioè "libero" o "soldato", sebbene altri etimologi, come Donald Levine, abbiano escluso l'idea che la parola derivi alla tradizione linguistica popolare[7]. Ultimamente comunque, è sempre più diffusa l'idea che l'origine del nome derivi dalla provincia medievale di Amhara, corrispondente alla moderna regione di Amhara, in Etiopia centrale.
Cultura
Arte
Dipinto murale rappresentante San Giorgio, nella chiesa di Debre Berhan Selassie a Gondar.

L'arte Amhara è caratterizzata da dipinti a soggetto religioso. Una delle caratteristiche notevoli di questi dipinti sono i grandi occhi dei soggetti ritratti, che sono in genere figure bibliche. Si tratta generalmente di olio su tela o cuoio, alcuni di essi risalgono ancora al medioevo. L'arte Amhara comprende prodotti tessuti abbelliti da ricami. Opere in oro e argento si trovano in forma di gioielleria filigranata ed emblemi religiosi.
Agricoltura

Circa il 90% degli Amhara si dedicano ad attività rurali e vivono grazie all'agricoltura, principalmente nelle regioni montuose etiopi.

Orzo, grano, miglio, frumento, sorgo e teff, insieme a fagioli, peperoni, ceci e altri vegetali sono le colture più importanti; nelle aree di montagna un raccolto all'anno è normale, mentre nelle pianure ne sono possibili anche due. Vengono inoltre allevati bovini, pecore e capre.
Parentele e matrimoni

La cultura Amhara riconosce i legami di parentela, ma diversamente da altri gruppi etnici nella regione del corno d'Africa, hanno un ruolo relativamente minore. Le relazioni famigliari sono primarie e le funzioni maggiori economiche, politiche e culturali non sono basate su relazioni di parentela fra gli Amhara, ma piuttosto su capacità individuali. Ad esempio Donald Levine sostiene che l'influenza del clero tra gli Amhara è basata su «purezza rituale, conoscenza della dottrina, capacità di operare miracoli e capacità di fornire una guida morale».[8] I rapporti sociali nella cultura Amhara sono basati fondamentalmente su strutture gerarchiche e associazioni individuali.[9]

La famiglia e i parenti sono spesso coinvolti in organizzate semanya (ottanta legami matrimoniali, chiamati anche kal kidan), che sono stati molto comuni; il divorzio è ammesso.[10] Altre forme matrimoniali comprendono il qurban, che è solennizzato in chiesa, dove il divorzio è vietato, ed è usualmente osservato dai preti ortodossi.[11][12] La discendenza per via paterna è la norma.[11]
Cucina
Tipico piatto Amhara: enjera (pane tipo pancake) e vari tipi di wat (stufato).

La cucina Amhara consiste in numerosi vegetali o piatti di carne e antipasti, generalmente wat o stufato denso, servito su enjera, un ampio strato di pane sottile (tipo il sardo pane carasau) lievitato naturalmente e fatto di farina di teff.

Essi non mangiano carne di maiale né frutti di mare di ogni tipo, per motivi religiosi. È anche pratica culturale comune presso gli Amhara, mangiare in gruppo raccolto intorno alla tavola, attingendo al medesimo piatto posto al centro.
Religione

La loro religione predominante per secoli è stata il Cristianesimo, con la Chiesa copta, monofisita, a giocare un ruolo centrale nella cultura del paese e del gruppo etnico amarico. Secondo il censimento del 1994, l'81.5% della Regione degli Amhara dell'Etiopia (che è per il 91.2% amhara) è ortodossa etiope, il 18.1% è musulmana, e lo 0.1% è protestante (P'ent'ay).[13] La Chiesa ortodossa etiope mantiene stretti contatti con la Chiesa copta egizia, che tradizionalmente forniva il Primate. La Pasqua e l'Epifania sono le celebrazioni più importanti, festeggiate con cerimonie, banchetti e danze. Ci sono anche molti giorni di "digiuno" nel corso dell'anno, in cui si possono mangiare solamente vegetali o pesce.

I matrimoni sono spesso combinati, con gli uomini che si sposano verso i venti anni. Tradizionalmente le donne si sposavano quando avevano 14 anni, ma nel XX secolo, l'età minima è stata innalzata a 18, sotto imposizione del governo Imperiale. I matrimoni civili sono comuni, nonostante ci siano anche matrimoni nelle chiese. Dopo un matrimonio celebrato in chiesa, il divorzio non è più contemplabile. Ogni famiglia ospita una festa di matrimonio separata dopo la cerimonia.

Al momento del parto, un prete viene a visitare la famiglia per benedire il neonato e circonciderlo se è un maschio. La madre e il bambino rimangono nella casa, per quaranta giorni dopo la nascita di un maschio, per ottanta dopo la nascita di una femmina, prima di andare in chiesa per ricevere il battesimo.
Storia

Alcune tribù di lingua semitica, specialmente gli Agazyan, costituirono il Regno di Axum circa due millenni fa, il quale si estese su ciò che oggi è l'Eritrea e l'Etiopia del Nord, e in certi periodi su porzioni dello Yemen e del Sudan. Gli Amhara ereditarono la religione e la tradizione monarchica da Axum, così come pure i Tigrini.

La regione ora conosciuta come "Amhara" nell'era feudale era composta da alcune province con un'autonomia più o meno grande, comprese Beghemeder, Goggiam, Qwara e Làsta.

Ad un certo punto nel tardo medioevo, i linguaggi Amarico e Tigrino iniziarono a differenziarsi. I signori della guerra Amhara rivaleggiarono con i corrispettivi tigrini per il dominio del regno. Mentre molti rami della dinastia Imperiale provenivano da un'area in cui si parlava amarico, un'altra parte sostanziale proveniva dal Tigrè. Sembrò che gli Amhara prendessero il sopravvento con l'ascesa della cosiddetta linea di discendenza Gondar della dinastia Imperiale all'inizio del XVII secolo. Comunque, presto si passò all'era semi-anarchica Zemene Mesafint ("Era dei Principi"), in cui signori della guerra in rivalità si scontrarono per il potere e gli "inderasi" (o reggenti) Oromo di Yejju avevano il controllo effettivo, mentre gli imperatori erano solamente dei prestanome. I Tigrini fecero solamente un breve ritorno sul trono con Giovanni IV, la cui morte nel 1889 permise alla base di ritornare nella provincia, parlante amarico, di Scioà.

Gli storici generalmente pensano che gli Amhara siano stati l'élite comandante dell'Etiopia per secoli, rappresentata dalla discendenza di Imperatori che finì con Hailé Selassié. Molti commentatori, compreso Marcos Lemma, ad ogni modo, contestano la veridicità di questa affermazione, sostenendo che altri gruppi etnici sono sempre stati attivi nella politica del paese.

Una possibile causa di confusione per questo diverbio deriva dall'erronea classificazione di tutti coloro che parlano amarico come "Amhara", e dal fatto che molte persone di altri gruppi etnici hanno nomi amarici. Un altro elemento è che la maggior parte degli Etiopi può far risalire la sua ascendenza a molteplici gruppi etnici. In realtà, l'ultimo Imperatore, Hailé Selassié I, spesso si considerava un membro della tribù Guraghé per via della sua ascendenza, e la sua Imperatrice, Itege Menen Asfaw di Ambassel, era in gran parte di discendenza Oromo. L'uso esteso della lingua amarica deriva soprattutto dall'essere la lingua della corte che in seguito fu adottata a prescindere dalla sua utilità da molti gruppi non collegati, che divennero così conosciuti come "Amhara", qualunque fosse il loro gruppo etnico di origine.
Validità dello status di gruppo etnico

Fino all'ultimo quarto del XX secolo, "Amhara" era utilizzato solamente (nella forma amariñña) per riferirsi ad amarico, la lingua, o alla provincia medievale ubicata a Uollo (la moderna regione di Amhara). Anche oggi, molte persone etichettate dagli esterni come "Amhara," si riferiscono a loro semplicemente per indicare "Etiope", o alla loro provincia (ad esempio Goggiamé dalla provincia Goggiam). Secondo l'etnografo etiope Donald Levine, "Gli abitanti di Scioà che parlano amarico si considerano più vicini agli abitanti di Scioà che non parlano amarico piuttosto che ad altri che parlano amarico facenti parte di regioni lontane come Gondar".[14] Coloro che parlano amarico tendono ad essere un "gruppo sovra-etnico" composto di "etnie fuse".[15] Takkele Taddese descrive gli Amhara,

Si può dunque sostenere che l'Amhara esiste come etnia fusa, come un'etnia etiope sovraetnicamente cosciente che funge da "crogiolo" in cui tutti gli altri gruppi etnici si sono fusi. La lingua, l'amarico, serve come centro di questo processo di fusione malgrado sia difficile immaginare una lingua senza l'esistenza di un corrispettivo gruppo etnico distinto dagli altri che lo parli come madre lingua. Gli Amhara non esistono, comunque, nel senso di essere un gruppo etnico distinto che porta avanti i suoi interessi e presenta una filosofia e ideologia di razza pura come è stata presentata dall'élite dei politici. Il principio base di coloro che affermano l'esistenza degli Amhara come un gruppo etnico ben distinto, perciò, è che gli Amhara dovrebbero essere rimossi dalla posizione di supremazia ed ogni gruppo etnico dovrebbe essere liberato dalla dominazione amarica per avere uno status uguale a quello di chiunque altro. Questo senso dell'esistenza degli Amhara può essere considerato un mito.[15]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Amhara_(popolo)

 
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Anuak


Gli Anuak sono un popolo africano presente lungo i fiumi del Sudan del Sud e dell'Etiopia occidentale, nella regione di Gambella.

Gli Anuak del Sudan del Sud vivono in una regione erbosa pianeggiante priva di alberi. durante la stagione delle piogge, quest'area viene inondata diventando un territorio ricco di canali d'acqua.

Gli Anuak parlano l'anyua, una lingua nilotica parlata da 78.000 persone (52.000 in Sudan del Sud e 26.000 in Etiopia). Sono contadini e pastori. Credono di avere un'origine comune con gli Shilluk presenti a nord del loro territorio, ma dal punto di vista linguistico esiste un'affinità evidente soprattutto con gli Acholi, stanziati a sud.

Gli Anuak sono stati soggetti all'oppressione militare da parte del governo etiope. L'ONG Genocide Watch ha incluso la situazione degli Anuak nell'elenco dei genocidi in corso nel mondo.





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Argobba

Gli Argobba sono una popolazione dell'Africa orientale che vivono nel Corno d'Africa, principalmente in Etiopia.


Etnomie

A seconda delle fonti e dei contesti, l'etnia viene denominata in diversi modi: Argobbas, Argobbinya[1] o Argoba[2].
Popolazione

In Etiopia, secondo il censimento del 2007, su una popolazione totale di 73.750.932 persone, 140.820 si sono dichiarate «Argobba»[3].
Lingue
Gli Argobba parlano la lingua argobba, una delle lingue semitiche dell'Etiopia, però vengono pure utilizzate normalmente l'amarico e l'oromo[2].





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Azebo Galla


Gli Azebo Galla (talvolta scritto anche Azebo-Galla e Azebò-Galla) sono un'etnia appartenente al gruppo Oromo, insediatisi nella parte settentrionale dell'acrocoro etiopico probabilmente nel corso del XVI secolo. L'insediamento principale degli Azebo-Galla è Corbetta (1750 m s.l.m.). Noti come combattenti determinati e feroci e tradizionali avversari degli Amhara, nel corso della guerra italo-etiopica del 1935-36 si allearono con gli italiani, tra l'altro partecipando alla battaglia di Mai Ceu dove riportarono 1600 caduti. Con la nascita dell'Africa Orientale Italiana gli Azebo Galla furono inglobati nella colonia Eritrea, andando a costituire un Commissariato col nome di Paese dei Galla e con capoluogo la cittadina di Allomatà, che si trova sulla strada Asmara-Addis Abeba. Nel 1942 gli Azebo Galla si sollevarono contro le truppe britanniche che occupavano l'A.O.I., ancora una volta a fianco degli italiani, e le loro azioni di guerriglia durarono a lungo costituendo una minaccia alle comunicazioni militari inglesi sulla direttrice Dessiè-Macallè.





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Berta (popolo)


I Berta sono un popolo dell'Africa orientale, che vivono principalmente nell'ovest dell'Etiopia ed in Sudan.

Etnonimia

A seconda delle fonti e dei contesti, la popolazione viene definita con vari termini: Banu, Barta, Beni Changoul, Beni Shangul, Bertas, Bertat, Bertha, Burta, Changalla, Changul, Jebelawi, Wetawit[1].
Lingua

Essi parlano il berta, una lingua della famiglia linguistica langue nilo-sahariana, il cui numero totale di locutori è stimato da ethnologue in 367.000, di cui. 167.000 in Etiopia (censimento del 2007).[2]

La lingua amarica viene anche utilizzata per la vita quotidiana, mentre l'arabo viene usato per i riti religiosi, essendo i berta prevalentemente musulmani.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Berta_(popolo)

 
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Borana (popolo)


I Borana (detti anche Borena, od Oromo Borana) sono un gruppo etnico del Kenya settentrionale e dell'Etiopia meridionale. La loro lingua (afaani Boraana) è un dialetto dell'Oromo, parte delle lingue cuscitiche. Sono tradizionalmente nomadi e allevatori di zebù, dromedari, capre e pecore, ma recentemente hanno iniziato a trasformarsi in agricoltori. Sono fra gli ultimi gruppi etnici a utilizzare la suddivisione in classi generazionali detta gadaa.

I Borana oggi sono circa 500.000, divisi in due metà esogamiche, a loro volta composti da vari clan suddivisi in lignaggi e lignaggi minimi. Sono migrati a sud dall'Etiopia in seguito alla pressione esercitata nel nord dalle popolazioni cristiane.

La religione tradizionale è la stessa degli Oromo dell'Etiopia, fondata sulla concezione del Dio unico Waaka. I Borana hanno una leadership consuetudinaria altamente articolata. Sulla base del sistema generazionale gadaa ogni otto anni vengono nominati tre abbaa gadaaa e un numero elevato di hayyuu, rappresentativi dei principali clan. Questi leader dispongono di aiutanti, o leader di rango più basso, detti jallaaba. Ci sono poi 5 qaalluu, di cui 2 considerati istituzionalmente più importanti, la cui carica viene acquisita per via ereditaria.





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Cunama


I Cunama (o anche Baza) sono una popolazione africana di antica origine paleosudanese, che vive oggi in Eritrea, in Sudan e in Etiopia. Rappresentano circa il 2% della popolazione totale eritrea con circa 100 000 unità, quasi tutti stanziati nell'area compresa tra i fiumi Setit e Gash in Etiopia.

I Cunama un tempo vivevano nelle regioni dell'altopiano etiopico, dal bacino dell'Anseba al fiume Dinder, insieme con un'altra popolazione, i Baria, decentrati più a nord. Attualmente i Cunama vivono di agricoltura ed allevamento.

Nomi alternativi

I Cunama vengono chiamati Baza dagli Abissini o Sciangalla che in senso dispregiativo sta ad indicare "miserabili". Altri nomi con cui si indica popolazione sono: Baaza, Bazen, Baazen, Baazayn, Baden, Baaden, Bada, Baada, Diila.
Lingua

Numerosi sono i dialetti usati all'interno di questa etnia eritrea ed etiopica. Il principale è il barka (o berka), che è usato come lingua franca dalla maggior parte delle tribù Cunama.

Altri dialetti sono: marda, aimara (o aaimasa, aymasa, o odasa), tika, (o tiika, lakatakura-tika), ilit (o iliit, iiliit, iilit), bitama (o bitaama), sokodasa (o sogodas, sogadas), tacazzè-setit (osetiit, setit), tigray.





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Daasanach


I Daasanach (o Daasanech[1][2][3], Dassanetch[2], Dasenech[1], Dathanaik[1][3], Danathik[1][3]), conosciuti anche come Gallab[1][3][4] (o Galuba[1][3], Geleb(a)[1]), Meril(l)e[1][3][4], Reshiat[1] o Shangila[1] sono una tribù seminomade dell'Africa orientale, che vive tra l'Etiopia meridionale (in maggioranza), il Kenya e il Sudan[1][4][5]. A questa etnia appartengono circa 60.000 persone (di cui circa 50.000 in territorio etiope)[2][3][4][5][6], stanziate lungo la valle del fiume Omo[2][4][5][6] e lungo la sponda settentrionale del Lago Turkana[2].

Tra le etnie più isolate al mondo[4], è rimasto l'unico popolo stanziato lungo il fiume Omo[4].

Etimologia

Il termine Daasanach significa "popolo del delta".[4]
Habitat

I Daasanach vivono in territorio arido, in cui le temperature superano in 35° e in una zona malarica (dovuta anche alla presenza della mosca tse-tse).[4]
Storia

I Daasanach sono menzionati per la prima volta (con il nome di Reshiat) nel 1887-1888 in un resoconto di Ludwig von Höhnel, che assieme al conte Sámuel Teleki era a capo di una spedizione austro-ungarica nell'Africa orientale.[7]

Nel corso del XIX secolo, i Daasanach furono inglobati nell'Impero etiope.[2]

Tra l'inizio del XX secolo e gli anni quaranta del XX secolo, i Daasanach furono ingaggiati dapprima dagli amministratori etiopi e in seguito dagli amministratori italiani come guardie di sicurezza a difesa dei confini contro il Protettorato Britannico dell'Africa Orientale.[2] Questo periodo vide così i Daasanach in lotta con tribù di pastori kenioti quali i Gabra e i Turkana.[2]

Alla fine degli anni sessanta del XX secolo, la valle del fiume Omo fu descritta dall'antropologo Uri Almagor come una delle aree più inaccessibili dell'Africa.[2]

Nel 2013, fu pianificata la sedentalizzazione di 2.600 abitazioni daasanach, in quanto parte del territorio di questo popolo doveva essere ispezionato da una ditta petrolifera.[2]
Cultura
Organizzazione sociale

I Daasanach sono divisi in otto clan, chiamati en[1][2], il più consistente dei quali è rappresentato dagli Ikabelo.[1][2] Gli Inkabelo vivono lungo entrambe le sponde del fiume Omo e del suo delta assieme ad altri gruppi più piccoli, quali gli Oro, i Kuoro e i Riele[2]; altri clan sono quelli dei Randal e degli Elele, che vivono nella parte nord-occidentale del territorio daasanach[2], e quello degli Inkoria, che vivono lungo la sponda nord-orientale del Lago Turkana[2].

La classe più bassa è rappresentata dai Dies, ovvero le persone che hanno perso il loro bestiame e che vivono lungo il lago Turkana, dove cacciano coccodrilli e ippopotami.[1] I Dies possono tuttavia intrattenere degli scambi con i Daasanach "veri e propri" e rientrare nel loro gruppo.[1]

I Daasanach accettano nei propri villaggi anche persone di altri gruppi etnici, purché circoncisi.[1]

E mentre i ragazzi daasanach vengono circoncisi[1], le bambine daasanach vengono sottoposte in un'età compresa tra i 10 e i 12 anni all'escissione del clitoride[1][4]. Solo coloro che si siano sottoposte a tale pratica vengono considerate delle vere donne e possono indossare abiti e sposarsi[1]; coloro che non abbiano subito l'escissione vengono invece considerate alla stregua di maschi o animali[1].

I matrimoni avvengono intorno ai 17 anni per le donne e intorno ai 20 anni per gli uomini.[1] Il nucleo familiare tradizionale è costituito da uomo, dalla moglie di quest'ultimo e dai figli della coppia non sposati.[2]

Durante la stagione secca, ha luogo la cerimonia del Dimi, durante la quale un uomo daasanach fa benedire la propria figlia per assicurarle fertilità e un buon matrimonio.[1]
Abitazioni

Le abitazioni dei Daasanach sono a forma di basse cupole, hanno un tetto in lamiera e un pavimento ricoperto di stuoie.[1]

Tradizionalmente, queste abitazioni vengono costruite dalle donne.[1] La prima parte di queste abitazioni ad essere costruita è il magazzino, dove vengono custoditi prodotti quali il caffè e il tabacco.[1]
Un villaggio Daasanach
Abiti

L'abito maschile e rappresentato semplicemente da una stoffa a quadri legata attorno al torace.[1] Le donne indossano invece una gonna di pelle pieghettata.[1]
Lingua

La lingua daasanach appartiene al ceppo linguistico delle lingue cuscitiche.[1][3]

Si tratta di una lingua SOV[3], che, dal punto di vista grammaticale, si caratterizza per la presenza un gran numero di classi di sostantivi e di verbi irregolari[1].
Economia

Principali attività economiche dei Daasanach sono l'agricoltura, la pastorizia e la pesca.[1][2]

La pastorizia era un tempo l'attività prevalente, ma in seguito i Daasanach si sono votati perlopiù all'agricoltura, in particolare di prodotti quali mais, sorgo e piselli.[4]
Demografia

Al censimento del 2007, si contavano 60.730 persone appartenenti a questo gruppo etnico.[3] Di queste, 48.230 vivevano in Etiopia.[3]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Daasanach

 
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Falascia


I falascia (anche falascià o falasha) sono un popolo di origine etiope e di religione ebraica.

Sono noti anche col termine Beta Israel (ቤተ፡ እስራኤል o Bēta 'Isrā'ēl in lingua ge'ez; ביתא ישראל in ebraico), che significa Casa (di) Israele, ed è da loro preferito vista l'accezione negativa che la parola Falasha ha assunto in amarico, e che significa "esiliato" o "straniero".

Storia
Mappa che mostra l'emigrazione dei falascià verso Israele

Fin dal XV secolo esistono testimonianze storiche e letterarie che parlano di "ebrei neri". Essi non si distinguono dalle popolazioni delle terre di cui sono originari né per le lingue né per i tratti, ma solo per la religione professata, l'ebraismo. Secondo alcuni storici, essi deriverebbero dalla fusione tra le popolazioni autoctone africane e quegli ebrei fuggiti dal proprio paese in Egitto (ma questa indicazione geografica data dalla Bibbia potrebbe genericamente indicare tutto il Corno d'Africa) ai tempi della distruzione di Gerusalemme nel 587 a.C. o in successive ondate della diaspora ebraica. Dal punto di vista religioso, sarebbero i frutti dell'unione tra Salomone e la Regina di Saba. Questo creerebbe, secondo la visione dell'Ebraismo Ortodosso, alcuni problemi perché l'ebraicità è trasmessa in linea femminile, ed essendo la Regina di Saba non ebrea, in teoria neanche i discendenti dovrebbero esserlo.

Minacciati da carestie e dalle repressioni del governo etiope nel 1977-1979, emigrarono verso il Sudan, il cui governo fu però ostile nei loro confronti. Israele prima organizzò una missione segreta nel 1980/81, salvandone circa 5000. Successivamente il governo di Israele decise[4] di trasportarli nel proprio territorio in maniera massiccia attraverso un ponte aereo: si susseguirono così le tre operazioni denominate Operazione Mosè, Operazione Giosuè ed Operazione Salomone, fino al 1991 (vennero trasferiti circa 90.000 ebrei, l'85% della comunità presente).[5]

Le operazioni furono decise per risolvere in tempi ragionevoli la situazione di grave disagio, in realtà la emigrazione regolare di singoli o famiglie era in atto da anni assistita da associazioni di supporto, ma il contingentamento dei permessi di espatrio e le continue richieste di denaro dei governi locali per concedere tali permessi, li rendevano di fatto degli ostaggi.
Una protesta falascia in Israele.

Attualmente in Israele vivono diverse decine di migliaia (circa 135.000[6]) di ebrei falascià in progressiva integrazione, nonostante difficoltà di adeguamento ad un ambiente diversissimo da quello di origine (dalla società tribale tradizionale a quella omogeneizzata tecnologica moderna) Nonostante numerosi casi di alienazione e di degrado, i giovani tendono ad essere assimilati facilmente nella società israeliana; una forte azione di omologazione ed integrazione dei giovani è svolta dalle scuole e dall'arruolamento nelle forze armate. Molto diversa è la questione degli anziani, soprattutto maschi, che sono stati completamente privati del rapporto con la comunità tribale, e della loro funzione di essere supporto economico della famiglia, supporto che è divenuto inutile e che non riescono più a realizzare in una società per loro estranea; si sono avuti diversi casi di alienazione e suicidi, una parte consistente di anziani è comunque felicemente integrata in sorte di "tribù" succedanee costituite dal mantenimento di una rete di rapporti familiari, ed interfamiliari, ricostituiti ed allargati. Per contro è senz'altro migliore la situazione delle donne anziane che sono valorizzate maggiormente nella cultura moderna rispetto a quella tribale, e trovano continuità nella necessità di dover supportare le funzioni familiari.

Alcuni studiosi ebraici ritengono che questo gruppo di ebrei-etiopi sia ciò che rimane di una delle tribù perdute di Israele.[senza fonte]
I falascia nel cinema e nella letteratura

Nel 1999 il libro Il mistero del Sacro Graal di Graham Hancock narra della ricerca dell'Arca dell'alleanza che si dice sia custodita ad Axum, parla della cultura Falascià e dei collegamenti di questi con la religione ebraica e con il governo di Gerusalemme.
Nel 2005 è uscito nelle sale cinematografiche il film Vai e vivrai (titolo originale: Va, vis et deviens), del regista Radu Mihăileanu. Narra la vicenda di Salomon, un bimbo etiope che lascia i campi profughi del Sudan fingendosi falascià e approfittando così dell'operazione Mosè, nella speranza di avere un futuro migliore in Israele; là sarà creduto da tutti un vero falascià, vivendo le difficoltà di integrazione di tutti i falascià.
Nel 2005 il documentario Code Name Silence (Kod Schtika) di Yifat Kedar, parla di episodi criticabili imputabili ad alcuni collaboratori del Mossad durante l'operazione Mosè.
Nel 2019 il film Red Sea Diving di Gideon Raff, tratto dal romanzo Mossad Exodus di Gad Shimron, narra del salvataggio di 5000 rifugiati etiopi organizzato nel 1980-81 dal Mossad.

I falascia nella musica contemporanea

Nel 2010, in occasione del Romaeuropa Festival, è stata presentata l'opera LEILIT[7] del compositore israeliano Yuval Avital per 7 fisarmoniche, 7 flauti dolci, pianoforte, pianoforte ad arco, chitarra e due cantori Kes (Eli Wande Montesanut e Baruch Mesert) capi spirituali della comunità dei Falascià[8]. Molto famoso pure il sassofonista Abate Berihun creando un mix tra canzoni ebraiche ed Etiopi.

Nel 2020 la cantante israeliana di origini etiopi Eden Alene fu selezionata nel paese a rappresentare Israele all'Eurovision Song Contest 2020 con la canzone Feker libi; dopo l'annullamento dell'evento a causa della pandemia di COVID-19, l'artista fu riconfermata come rappresentante nazionale per l'edizione del 2021, con il nuovo brano Set Me Free.



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Ghedeo


I Ghedeo sono un gruppo etnico dell'Etiopia meridionale, di cui fa parte circa un milione di persone (1% della popolazione etiope) secondo il censimento del 2007. Parlano una lingua cuscitica.

I due terzi della popolazione risiedono nella omonima Zona amministrativa nella Regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud. Il principale centro urbano è Dila.
Scontri etnici

Nel 2018 si assisté all'acuirsi degli scontri etnici tra i Ghedeo e i limitrofi popoli Oromo, specialmente nella zona del Guggi Occidentale, nel contesto di crescente turbolenza politica in Etiopia, che sfociò nella nomina del nuovo primo ministro Abiy Ahmed, di etnia oromo.

I violenti scontri comportarono lo sfollamento di almeno 800.000 individui, prevalentemente Ghedeo, un numero molto elevato in un periodo brevissimo, provocando una crisi umanitaria poco pubblicizzata, ma molto grave[1].



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Ghedeo

 
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Guraghé


I guraghé sono un insieme di popoli che vivono nel sud-ovest dell'Etiopia, nella Regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud. Professano la religione islamica e cristiana. Emdeber è sede di un'Eparchia cattolica. In Ethiopia sono conosciuti come abili e capaci commercianti , bravi e veloci nei conti matematici , infaticabili nel gestire le loro attività commerciali . Altre caratteristiche loro riconosciute sono " l 'estrema parsimonia nello spendere denari " e l'abilità nel trattare gli affari , di qualsiasi tipo ed entità. Qualcuno dice che possano essere una delle dieci tribù scomparse , al pari dei loro cugini felascià , del nord Ethiopia. La quasi totalità di questi ultimi fu aviotrasportata in Israele con l'operazione Moshe. In diverse famiglie guraghe esiste l'usanza di accendere candele il venerdì e posizionarle in un sito riparato di una stanza della casa.

Secondo il censimento del 1994[2], i guraghé rappresentano il 4,3% della popolazione etiopica.



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Habr Ghedir

Quella degli Habr Ghedir[1] (in lingua somala Habargibir) è una sotto-cabila somala appartenente alla cabila Hauìa. Tra i personaggi di spicco membri della sottocabila degli Habr Ghedir, si annoverano: Abdullahi Issa, presidente della Lega dei Giovani Somali, e il primo primo ministro della Somalia Abdiqasim Salad Hassan, oltre Mohamed Farrah Aidid, signore della guerra e presidente del Congresso della Somalia Unita.



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Hamer (popolo)


Gli Hamer (talvolta scritto Hamar) sono un popolo omotico che vive nella valle dell'Omo nell'Etiopia sudoccidentale. Essi svolgono principalmente attività di allevamento, motivo per cui al bestiame è assegnato un ruolo centrale nelle loro cultura.
Demografia
Il censimento nazionale del 2007 ha contato 46 532 individui di etnia hamer, la cui maggioranza (il 99,13%) viveva nella regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud.



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Hauia


Gli Hauia[1] (in Somalo “Hawiye”) sono una tribù del gruppo etnico somalo, che vivono nel sud e nel centro del Paese, ma anche in Kenya e Etiopia, così come in altre comunità internazionali.

Secondo la Inter-Services Intelligence, gli Hauia sono il gruppo più numeroso della Somalia, anche se la commissione d'inchiesta Turk sulla Somalia indica al loro posto quello dei Darod.



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Irob


Il popolo Irob (Ge'ez: ኢሮብ ʾirōb, anche detto Erob) sono un gruppo etnico che occupa le montagne del nord DELLA Regione dei Tigrè in Etiopia. Parlano la lingua Saho, sono di religione cristiana e principalmente agricoltori. Sebbene i confini della terra Irob è identico in grandezza al woreda Irob.



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Italo-etiopici


Italo-etiopici sono gli italiani che immigrarono in Etiopia dopo il 1936, e i loro discendenti.

Storia
Piano regolatore di Addis Abeba, 1939

L'Etiopia è stata raggiunta da italiani (spesso missionari e commercianti) solo sporadicamente fin dai tempi medievali. Con l'inizio del colonialismo ottocentesco alcuni italiani iniziarono ad esplorare l'altopiano etiopico. La comunità italiana in Etiopia era molto piccola prima della conquista italiana dell'Abissinia: nel 1935 solamente 200 Italiani vivevano nel regno del Negus, quasi tutti ad Addis Abeba.

La colonizzazione italiana dell'Etiopia partì dalla Colonia eritrea a seguito della guerra d'Abissinia (1936). In quegli anni, molti immigrati italiani si trasferirono in Etiopia. Nell'ottobre 1939 gli italo-etiopici erano ufficialmente 35.441, dei quali 30.232 maschi (85,3%) e 5209 femmine (14,7%), quasi tutti residenti in zone urbane [1]. Spesso si trattava di militari ed amministratori appena venuti dall'Italia, in alcuni casi con le loro famiglie[2]. Solamente 3.200 agricoltori italiani si trasferirono in aree agricole, principalmente per via della guerriglia etiope.

La città di Addis Abeba nei progetti del Fascismo doveva diventare il fiore all'occhiello dell'Impero e fu dotata di fognature e servizi anteriormente inesistenti. Fu stabilito inoltre un Piano Urbanistico di completo riassetto della città, che tuttavia non fu avviato per via dell'inizio delle ostilità con l'Impero britannico[3]. Tra le altre infrastrutture in quegli anni venne costruita la Strada Imperiale tra Addis Abeba e Mogadiscio. Si ipotizzò la costruzione di una nuova ferrovia, si creò un nuovo ospedale ed alcuni uffici amministrativi.

Gli Italiani d'Etiopia diedero vita ad una serie di Compagnie (in forma di Società Anonime, quindi con afflusso di capitale estero), a ciascuna delle quali venne assegnato un campo di ricerca e di attività secondo lo schema del corporativismo fascista. Le più grandi furono: le Compagnie per il cotone d'Etiopia; per le fibre tessili vegetali; quella italiana Semi e Frutti oleosi; Compagnia etiopica del latte e derivati; etiopica per la lavorazione delle carni; Cementerie d'Etiopia; Compagnia italiana studi e allevamenti zootecnici; Tannini d'Etiopia per l'industria dei laterizi in Etiopia; Compagnie per le pelli gregge d'Etiopia; per le essenze legnose; Compagnia etiopica mineraria; quella nazionale imprese elettriche d'Etiopia; l'ufficio consorziale per forniture e impianti telegrafonici in AOI; la Compagnia per la flora etiopica; Compagnia etiopica degli esplosivi; Industria per la birra dell'AOI; Industria di vastissime proporzioni per i trasporti automobilistici coordinati da un'apposita agenzia (Citao). Nel quadro dell'attività di ogni singola compagnia si svilupparono numerose aziende particolari, filiali, officine ed indotto vario.

La resistenza della guerriglia etiope (arbegnuoc) e la successiva seconda guerra mondiale impedirono una stabilizzazione della presenza italiana. Vari italo-etiopi furono internati come prigionieri di guerra, altri presero parte alla guerriglia italiana in Africa Orientale fino al 1943.

Dopo la fine della guerra, i pochi italiani rimasti furono usati dal governo etiope nell'amministrazione dello Stato ed alcuni si integrarono con successo nella nascente borghesia etiope. Il Negus Hailé Selassié protesse la comunità italiana fino a quando non fu deposto da un colpo di Stato nel 1974. I circa 5.000 italo-etiopi rimasti in quell'anno furono costretti ad abbandonare in massa l'Etiopia e le loro proprietà furono nazionalizzate dal regime socialista di Menghistu. La loro principale organizzazione è l'Associazione Italiana Profughi dall'Etiopia ed Eritrea (AIPEE)[4]. Si stima che nel 1997 solo 80 pensionati italiani vivessero in Etiopia[5].

Negli anni duemila molte ditte italiane sono tornate ad operare in Etiopia, per cui vi è arrivato un gran numero di tecnici e manager italiani con le loro famiglie, residenti principalmente nell'area metropolitana della capitale etiope [6].
Lingua e religione

Tutti gli italo-etiopici sono cattolici e parlano l'italiano, ma parlano l'amarico e l'inglese come seconda lingua. I pochi italo-etiopici delle nuove generazioni sono completamente inseriti nella società etiopica, ma quasi tutti parlano solo amarico ed inglese (con solo qualche parola di italiano). Nella religione, quasi la metà dei membri delle giovani generazioni sono cattolici, mentre altri giovani ragazze o ragazzi si sono convertiti alle chiesa ortodossa etiope.[senza fonte]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Italo-etiopici

 
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Karo (popolo etiope)


I Karo sono un popolo etiope presente in Africa orientale.

Popolazione

I Karo vivono principalmente nella Bassa Valle dell'Omo, in Etiopia.

Per generazioni sono stati protetti dall'intrusione del mondo esterno grazie alle montagne, la savana e soprattutto grazie al fatto che l'Etiopia è l'unico paese africano a non essere mai stato colonizzato dagli Europei. Al giorno d'oggi ne rimangono poche centinaia.

A seconda dei contesti e delle fonti troviamo diverse forme del nome Karo, come ad esempio Cherre, Kere, Kerre [2].

Durante il censimento del 2007 in Etiopia, su 73 750 932 persone ben 1488 si sono dichiarate Karo.[3]
Lingue

I Karo parlano il Karo, una lingua omotica, ma usano anche la lingua Nyangatom.[4][5]
Usanze
Ragazzi Karo con il corpo dipinto

Le donne Karo praticano la scarificazione rituale per sancire il passaggio all'età adulta e per motivi estetici. I tagli vengono effettuati su alcune parti del corpo con un coltello o un rasoio, producendo motivi geometrici.[6]

Sul proprio corpo realizzano inoltre motivi pittorici astratti composti di linee, cerchi, spirali e impronte di colore bianco o giallo: sia gli uomini che le donne Karo praticano infatti il body painting, per motivi estetici e per incutere timore ai nemici.[6]





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Konso (popolo)

I Konso sono un gruppo etnico di lingua cuscitica, principalmente presente nell'Etiopia sud-occidentale, nella regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud, a sud del lago Abaya e a circa 90 km d'Arba Minch. Si trovano soprattutto in Konso, una località che porta il loro nome.

Alcuni vivono anche in Kenya.





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Mursi

I Mursi sono un gruppo etnico dell'Etiopia, localizzato nella zona dell'Omo meridionale, nella Regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli del Sud.

Secondo il censimento del 2007 i Mursi costituiscono una comunità di circa 7 500 persone.

La lingua parlata dai Mursi prende il nome di lingua mursi ed appartiene alla famiglia delle lingue surmiche.

L'etnia è particolarmente nota per l'abitudine delle donne di applicare un piattello nel labbro inferiore della bocca. A seguito di una incisione nel tessuto del labbro, vengono inseriti piattelli di dimensioni gradualmente maggiori.





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Nilotici


Con la definizione di popoli nilotici o niloti, nel suo uso contemporaneo, ci si riferisce ad alcuni gruppi etnici principalmente del Sudan del Sud, Uganda, Kenya, Tanzania settentrionale, Congo ed Etiopia occidentale, che parlano Lingue nilotiche, un vasto sottogruppo delle Lingue nilo-sahariane. Tra gli altri sono inclusi nei nilotici i gruppi etnici Kalenjin, Luo, Ateker, Dinka, Nuer, Shilluk, Maasai, Karamojong, Turkana e le popolazioni di lingua Maa.[1]

I termini Nilotico e Nilote venivano precedentemente usati come classificazione etnica, basandosi su osservazioni antropologiche della loro diversa morfologia corporea. Queste considerazioni sono state poi ampiamente scartate dagli scienziati,[2] ma oggi sono di nuovo sostenute nella genetica delle popolazioni.[3]

Questi termini sono ormai soprattutto usati per distinguere "le popolazioni nilotiche" da quelle etnicamente vicine (soprattutto bantu), sulla base di affiliazione etnolinguistica. Etimologicamente, i termini nilotico e nilote derivano dalla Valle del Nilo, in particolare l'Alto Nilo ed i suoi affluenti, dove vive la maggior parte dei sudanesi nilo-sahariani.[4]

Sono popoli africani che si erano stabiliti appunto lungo l'alta valle del Nilo, nella parte meridionale del Sudan odierno. Verso l'XI secolo molti di questi popoli sono scesi lungo il Nilo ed hanno occupato le terre che ancora oggi abitano.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Nilotici

 
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Nuer


I nuer, che chiamano se stessi nath, sono una confederazione di tribù stanziate nel Sudan del Sud e nella zona occidentale dell'Etiopia e formano uno dei più grandi gruppi etnici dell'Africa orientale, appartenenti al Gruppo dei Nilotici e sono dediti prevalentemente alla pastorizia. Sono stati oggetto delle ricerche sul campo svolte negli anni trenta del secolo scorso dall'antropologo britannico Edward Evan Evans-Pritchard, che operò nelle paludi e nelle savane del Nilo, nella regione di affluenza del Sobat e del Bahr al-Ghazal, per conto del governo del Sudan anglo-egiziano. Vengono soprannominati anche principi sudini o i duzzi.

Vita

I membri di ogni tribù vivono in villaggi rialzati sui tumuli ai lati dei fiumi, strutturati a grappolo, i kraal, durante la stagione delle piogge e si disperdono invece in accampamenti più piccoli durante quella secca, per dedicarsi alla caccia e alla pesca, attività che completano una dieta insufficiente di latte. Le coltivazioni principali sono costituite dal miglio, anche se, nei pressi delle capanne, trovano spazio il mais e i fagioli, insieme al tabacco. I nuer coltivano aree assai piccole nelle steppe lontano dai villaggi, non hanno cognizione della rotazione nelle colture, e sono costretti ad abbandonare i terreni sterili ogni cinque o dieci anni. Ogni tribù è guidata dagli anziani. Non è possibile individuare dei "capi", tra i nuer, anche se i membri del clan di ogni tribù che per prima si è insediata in quel territorio sono i più influenti, e ricevono il titolo onorifico di tut (lett. = tori). Il titolo di tut può anche essere attribuito per merito a chi si è distinto nelle attività belliche o venatorie.
Cultura

Il bestiame è sempre stato storicamente molto importante per i nuer, sia dal punto di vista sociale sia economico. Da uno studio pubblicato da Evans-Pritchard nel 1948, la proprietà del bestiame ha un ruolo fondamentale nella stipulazione dei matrimoni. È infatti attraverso il passaggio della proprietà del bestiame dalla famiglia di un uomo alla famiglia della donna che viene assicurata l'appartenenza dei figli alla discendenza dell'uomo.

Questa pratica, tramite quello che viene definito il matrimonio fantasma, si spinge ad assicurare la paternità dei figli di un uomo perfino dopo la sua morte. Infatti, se la donna concepisce con altri, sarà suo il bestiame che i suoi figli, sebbene non biologici, a loro volta porteranno in dote. Il bestiame ricevuto dalla famiglia della sposa sarà successivamente utilizzato come dote per i figli maschi. Una donna non sposata può perfino prendere una moglie. I figli della loro unione, frutto di incontri con uomini fuori dal matrimonio, diverranno membri della sua famiglia, e quindi essa avrà legalmente e culturalmente la loro paternità.

Negli anni '90, Sharon Hutchinson ritornò nella loro terra per aggiornare il resoconto di Evans. Scoprì che i nuer avevano imposto dei limiti severi sulla convertibilità del bestiame in moneta in modo da preservarne il valore per gli scambi matrimoniali. Scoprì anche che per la continua guerra che infieriva nello stato sudanese, le armi da fuoco avevano assunto molta dell'importanza rituale e simbolica precedentemente avuta dal bestiame.

I nuer ricevono delle cicatrici facciali (chiamati goar) come parte della loro iniziazione all'età adulta, all’età di diciotto anni. Il disegno varia a seconda della tribù di appartenenza o al sottogruppo etnico. Il disegno più frequente negli uomini consiste di sei linee orizzontali che attraversano la fronte, con un piccolo avvallamento sopra il naso. Disegni con punti sono comuni nei gruppi bul nuer e tra le donne.

Le tribù nuer si cibano principalmente di manzo, capre, latte di mucca, mango e sorgo, cucinato in tre modi:

kop, finemente tritato e bollito
wal wal, tritato e bollito fino a farne un porridge dalla consistenza solida
injera, come farina per un pane lievitato con lievito.

Ogni tribù agisce come unità politica indipendente nei confronti delle altre tribù. I villaggi che compongono ogni tribù possono entrare in faida tra loro, ma si riaggregano quando si profila una minaccia esterna. In questa società dilaniata dai conflitti, svolge un ruolo fondamentale la figura del paciere, che agisce da mediatore nei conflitti intertribali e, a garanzia d'imparzialità, non appartiene ai clan dominanti.
Religione
La religione dei nuer è incentrata sul culto del Kwoth, creatore, dispensatore di morte e guardiano della moralità. Sebbene sia uno ed onnipotente, Kwoth si manifesta in tutte le cose. I nuer venerano anche i loro antenati, sebbene essi non svolgano che un ruolo marginale.



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Oromo


Gli oromo (precedentemente noti anche come galla, termine caduto in disuso in quanto considerato dispregiativo) sono un gruppo etnico africano diffuso in Etiopia e Kenya. In Etiopia rappresentano il 32% della popolazione (circa 24 milioni di persone), e sono il primo gruppo etnico (censimento del 1994). La lingua nativa degli oromo è l'oromonico (noto anche come oromigna, oromiffa, afaan oromoo, galligna o gallinya). Le principali religioni degli oromo sono: islam sunnita, cristianesimo ortodosso etiope, cristianesimo protestante e waaq (la religione tradizionale).

Storia

Sebbene le origini degli oromo non siano ancora state completamente accertate, essi derivano certamente da un'antica popolazione di nomadi pastori etiopi. Hanno convissuto a lungo con gruppi semitici del nord; la loro tradizione orale è ricca di riferimenti a interazioni con questi gruppi, probabilmente risalenti almeno al VI secolo. Fin da tempi antichi gli oromo occuparono numerose zone dell'Etiopia meridionale; secondo alcuni studiosi, la loro terra d'origine sarebbe probabilmente la regione di Borana.

Nel XVI secolo, durante le guerre fra l'Impero d'Etiopia e il Sultanato di Adal, gli oromo si espansero verso nord, nelle zone di Arsi, Shewa, Welega, Gojjam, Hararghe e Wollo. Il monaco etiope Bahrey, nel suo Storia dei galla (1593), attribuì i successi militari degli oromo alla presenza nella loro società di una classe di guerrieri ben addestrati e coordinati (cosa che mancava agli Etiopi); il brano di Bahrey costituisce anche il primo riferimento scritto agli oromo.

Gli oromo iniziarono a integrarsi con i propri vicini di lingua amarica almeno a partire dal XVIII secolo. Molti capi oromo ottennero ruoli di potere all'interno della monarchia etiope, soprattutto durante il regno dell'imperatore Iyoas I, periodo in cui la lingua oromo divenne la lingua ufficiale della corte di Gondar. Questo diede inizio a un'epoca nota in Etiopia come Zemene Mesafint, in cui i capi guerrieri della dinastia oromo di Yejju spesso controllavano, di fatto, la politica degli imperatori etiopi. Questo stato di cose perdurò fino agli inizi del XX secolo. Al fine di integrarsi in modo più intimo con il potere imperiale etiope, molti oromo si convertirono al cristianesimo.
Sottogruppi

Oggi esistono 12 diversi gruppi etnici che possono essere definiti sottogruppi degli oromo:

i welega, che vivono nella regione di Oromia, a ovest del fiume Dindessa;
i macha, che vivono fra il Dindessa e il fiume Omo, e a sud nella regione di Gibe;
i tulama, che vivono in Oromia nella zona di Addis Abeba;
i wollo, il gruppo più settentrionale, che vivono soprattutto nella zona Oromia della regione di Amhara, fino al lago Ashenge;
gli ittu, che vivono nella regione Oromia dal fiume Auasc a est fino a una zona a sud di Dire Daua;
gli ania, che vivono a sud degli Ittu e a ovest del fiume Erer;
gli afran qallo, che vivono a ovest della città di Harar e del fiume Erer, e fra gli ittu e gli ania;
i nole, che vivono a est di Dire Daua e a nord di Harar;
i babille, uno dei gruppi più orientali, a est del fiume Erer, e a sud dell'altro gruppo orientale, i jarso;
i jarso, che vivono nell'angolo nordorientale della zona di Misraq Hararghe;
gli arsi o arussi, che vivono nell'omonima zona di Arsi;
i borana, il gruppo più meridionale, che vivono nel sud della regione Oromia e nel nord del Kenya.

Cultura e religione

La società oromo era tradizionalmente basata sul sistema di classi sociali detto gadaa, oggi in uso soprattutto fra i borana, che prevede una stratificazione dei maschi in classi d'età.

Nella religione tradizionale oromo esiste un dio supremo, detto Waka o Waaq. Waka crea e regola l'esistenza di ogni essere vivente e non vivente, esiste in ogni cosa e mantiene l'ordine cosmico. Il concetto dell'ordine, o dell'equilibrio (fra giovani e vecchi, fra uomini e donne, fra fisico e spirituale) è alla base di gran parte della cultura oromo. Gli oromo chiamano l'equilibro safuu, la cui perdita significherebbe il regno del caos. Gli oromo rappresentano il safuu con un simbolo tricolore detto faajjii walaabuu che potrebbe essere considerato in analogia allo yin yang orientale. Nel faajjii walaabuu, il bianco rappresenta il passato (le ossa degli antenati), il rosso il presente (la carne e il sangue), e il nero il futuro (l'ignoto, l'anima e lo stesso Waka). Il faajjii walaabuu mette i tre colori in relazione, mostrandoli come tre aspetti indivisibili e interconnessi della realtà.
Politica

Numerose organizzazioni politiche sono nate con lo scopo di promuovere gli interessi del popolo oromo. La Mecha and Tulama Self-Help Organization, fondata nel gennaio del 1963, fu sciolta nel 1966 dal governo etiope in seguito a numerosi contrasti. Altri gruppi hanno spesso sostenuto posizioni indipendentiste; alcuni esempi sono Oromo Liberation Front (OLF), United Liberation Forces of Oromia (ULFO), Islamic Front for the Liberation of Oromia (IFLO), Oromia Liberation Council (OLC), e Oromo National Congress (ONC). La Oromo People's Democratic Organization (OPDO) è attualmente uno dei quattro partiti politici al governo in Etiopia.

Il primo ministro Abiy Ahmed è il primo Oromo a rivestire tale carica di governo[7], ma ciò non ha impedito ad alcune frazioni di continuare a lamentare la marginalizzazione della loro etnia[8].



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Oromo

 
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Saho


I Saho, talvolta chiamate Soho, sono un gruppo etnico che vive prevalentemente a sud e a nord del mar Rosso, che sono regioni dell'Eritrea, ma alcuni vivono in parti adiacenti dell'Etiopia. Sono in maggioranza musulmani. Pochi i cristiani, che sono conosciuti come Irob, e che vivono lungo il confine sud dell'Eritrea e alcuni in Etiopia.
È difficile stimare il numero esatto di Saho, poiché non c'è un censimento in Eritrea dai tempi della sua nascita.
Si stima sia tra il 4% e il 10% della popolazione eritrea, tra le 120.000 e le 320.000. Parlano la lingua saho.
Hanno un'organizzazione a clan, 11 attualmente, che sono divisi in gruppi di parentela. Nella politica Saho la fedeltà è fattore importante.
Tribù Saho

Idda
Asaworta
Irob



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Sidama

Sidama è la tribù più numerosa del Sud dell'Etiopia, cui corrisponde una divisione amministrativa nella Regione di Sidama.

La lingua parlata è il sidamigna.



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Tigrini


I Tigrini (in lingua tigrina: ተጋሩ, Tigriña) sono un gruppo etnico originario e residente dell'area del Corno d'Africa, nativi dell'altopiano dell'Etiopia maggiormente nella regione del Tigrè e dell'Eritrea.

Vengono altresì denominati: Tegaru, Agazian, Geezawian, Oritawian.

Lingua
Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua tigrina.

Il Tigrino è una lingua semitica, scritta in caratteri ge'ez. Gli unici in Africa, hanno lingua, scrittura, numerazione, calendario proprio dai tempi antichi fino ai giorni nostri. Non va confusa con l'affine lingua tigrè, parlata dall'egualmente affine etnia, nei pressi di Massawa, in Eritrea.
Religione

I tigrini sono in maggioranza cristiani appartenenti alla chiesa Chiesa ortodossa copta ed a quella autocefala dell'Eritrea con minoranze di cattolici e protestanti. Le liturgie si svolgono tradizionalmente nell'antica lingua ge'ez.

La restante parte dei tigrini sono di religione islamica sunnita, conosciuti come Jeberti.

Di lingua tigrina sono anche circa il 15% dei Falascia, di religione ebraica, oggi per lo più trasferiti in Israele.
Storia

La regione abitata dai tigrini è quella in cui si è storicamente sviluppata la cultura Habesha (abissina) ed era il centro del Regno di Axum.

Successivamente i tigrini persero l'egemonia regionale in favore degli Amhara, che imposero all'Impero d'Etiopia la propria lingua.

I tigrini sconfissero in Eritrea (allora parte dell’Etiopia) le truppe italiane durante la Battaglia di Dogali prima, il 26 gennaio 1887 e il 1º marzo 1896 ad Adua, sotto la guida del Negus Yohannes IV e del suo fedelissimo Ras Alula.

Fu proprio tra i tigrini che esplose l'insofferenza verso il regime del Derg che condusse, nel 1991, alla fine del regime di Menghistu Hailé Mariàm e, contemporaneamente, dopo 30 anni di lotta di liberazione, all'indipendenza dell'Eritrea. Furono infatti i tigrini del Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè (o TPLF: Tigray People's Liberation Front) e gli eritrei (di tutte le etnie) del Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo, ad assumere la leadership militare della rivolta contro il regime di Addis Abeba.
Presenza nel mondo
Oltre che in Eritrea ed Etiopia vi sono importanti comunità tigrine in tutto il mondo dal 1960 in Italia dopo il colonialismo, ma grandi presenze si registrano anche in Israele, Sudan, Yemen, Stati Uniti d'America, Canada, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia ed in diversi paesi Arabi.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tigrini

 
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