| Forse deve essere qui spiegato che la definizione del contorno che distingue il Kamarupa dal corpo astrale è di natura completamente diversa dalla definizione che è stata descritta come un segno di progresso nel piano astrale dell'uomo prima della morte. Non può esserci alcuna possibilità di confusione tra le due entità, perché mentre nel caso dell'uomo collegato ad un corpo fisico i differenti livelli delle particelle astrali sono tutte mescolate in modo indivisibile e cambiano di continuo la loro posizione, dopo la morte la loro attività è molto più circoscritta, dal momento che infatti si raggruppano in base al loro grado di materialità, e diventano come una serie di guaine o gusci che lo circondano, trovandosi le più grossolane sempre all'esterno e dissolvendosi così prima delle altre. Questo dissolvimento non è necessariamente completo, essendo l'estensione al quale esso è portato governato dal potere del Manas per liberare se stesso dalle sue connessioni con qualsiasi dato livello; e da questo dipende anche, come si vedrà dopo, la natura delle “ombre”. L'idea poetica della morte come una livellatrice universale è una semplice assurdità generata dall'ignoranza, perché, nella grande maggioranza dei casi, la perdita del corpo fisico non fa alcuna differenza nel carattere e nell'intelletto della persona, e ci sono tuttavia così tanti differenti tipi di intelligenza tra coloro che chiamiamo morti come ce ne sono tra quelli che chiamiamo vivi. Il comune insegnamento della religione nell'occidente riguardo gli accadimenti del post mortem nell'uomo è stato per tanto tempo cosi ampiamente inaccurato che anche le persone intelligenti sono spesso terribilmente confuse quando, dopo essere morte, recuperano la coscienza nel kamaloka. La condizione nella quale i nuovi arrivati trovano se stessi differisce così radicalmente da quella che sono stati portati ad attendersi, che non è raro che inizialmente essi si rifiutino completamente di credere che hanno attraversato il portale della morte; in verità, di così piccolo valore pratico è la nostra presunta fede nella immortalità dell'anima che la maggior parte della gente ritiene il fatto che essi siano ancora coscienti una prova assoluta che non sono morti. Anche l'orribile dottrina della punizione eterna è grandemente responsabile della maggior parte del deplorevole e totalmente infondato terrore tra coloro che sono appena arrivati nel Kamaloka, i quali, in molti casi, trascorrono lunghi periodi di acute sofferenze mentali prima di potersi liberare dalla fatale influenza di quell'odiosa bestemmia, e comprendere che il mondo non è governato secondo il capriccio di qualche demone che gode degli umani tormenti, bensì secondo la benevolente e prodigiosamente paziente legge dell'evoluzione. Molti membri della classe che stiamo prendendo in considerazione realmente non hanno un apprezzamento intelligente di questo fatto, ma si lasciano trasportare attraverso il loro interludio astrale senza alcuno scopo, nello stesso modo nel quale hanno trascorso la porzione fisica della loro vita. Così nel Kamaloka, esattamente come sulla terra, ci sono pochi che capiscono qualcosa della loro condizione e che sanno come trarne il meglio, e molti che non hanno ancora acquisito questa consapevolezza; e là, proprio come qua, gli ignoranti sono raramente pronti a far tesoro degli avvertimenti e degli esempi dei saggi. Ma di qualsiasi grado possa essere l'intelligenza dell'entità, essa è sempre una quantità fluttuante e nel complesso in graduale diminuzione, perché il Manas inferiore viene attratto in direzioni opposte dalla Triade superiore che agisce sopra il suo livello e dal Kama che opera dal basso; e perciò essa oscilla tra due poli d'attrazione, con una sempre maggiore tendenza verso la prima giacché le forze kamiche si esauriscono. E qui arriva nell'inferno di quello che è chiamato nelle sedute spiritiche lo “sviluppo” di uno spirito attraverso un medium – un processo il cui obiettivo è di intensificare la trazione verso il basso esercitata dal Kama, per risvegliare la parte inferiore dell'entità (essendo ciò tutto quello che può essere raggiunto) dalla naturale e desiderabile inconsapevolezza che sta attraversando, e prolungare così in modo innaturale la sua permanenza nel Kamaloka. Il particolare pericolo di questo è evidente se pensiamo che l'uomo reale sta tutto il tempo ritirandosi fortemente dentro se stesso ed è perciò col passare del tempo sempre meno capace di influenzare o guidare questa porzione più bassa, che ciò nonostante, finché la separazione non è completa, ha il potere di generare karma, e in queste circostanze è altamente più probabile che aggiunga del male piuttosto che del bene ai suoi record. Cosicché il danno fatto è triplice: il primo è il ritardo nella separazione tra Manas e Kama, ed il conseguente spreco di tempo e il prolungamento dell'intervallo tra due incarnazioni; il secondo è l'estrema probabilità (per non dire la certezza) di aver determinato un grosso aumento del karma negativo dell'individuo, che dovrà essere espiato nelle nascite future; il terzo è il terribile pericolo che questa anormale intensificazione delle forze del Kama possa alla fine mettere in grado queste ultime di ingarbugliare in modo inestricabile l'intero Manas inferiore, causando così la perdita completa di un'incarnazione. Tuttavia un risultato come quest'ultimo menzionato è fortunatamente eccezionale; certo, è una cosa che è accaduta più di una volta, ma anche se in moltissimi casi il male non è stato in grado di determinare questa ultima possibilità, ciò nonostante l'individuo ha perso molto più del suo Manas inferiore per questo addizionale ingarbugliamento con il Kama di quanto ne avrebbe perso se fosse stato lasciato libero di ritirarsi dentro se stesso secondo il percorso naturale. Non si può negare che una certa quantità di bene può essere occasionalmente fatta da entità molto degradate, a circoli spiritualistici; ma l'intenzione della natura ovviamente è che tale assistenza dovrebbe essere data, come frequentemente lo è, da studenti di occultismo che sono in grado di visitare il piano astrale durante la loro vita terrena, e che sono stati addestrati da insegnanti competenti a trattare con qualunque metodo possa essere il più utile a seconda dei vari casi che incontrano. Si vedrà prontamente che un tale schema di aiuto, portando con sé, come di fatto fa, la possibilità di far immediato riferimento alle più alte autorità in caso di situazioni dubbie, è infinitamente più sicuro di qualsiasi assistenza casuale ottenuta attraverso un medium che può essere (e in genere lo è) totalmente ignorante delle leggi che governano l'evoluzione spirituale, e che è soggetto tanto al dominio del male o di influenze moleste quanto di quelle buone. Completamente a parte da qualsiasi questione di sviluppo attraverso un medium, c'è un'altra influenza, molto più frequentemente esercitata che può seriamente ritardare una entità disincarnata durante il suo cammino verso il Devachanico, ed è l'intenso e incontrollato lutto dei suoi amici o parenti viventi. E' uno tra i molti tristi risultati della terribilmente inaccurata e perfino irreligiosa visione della morte che abbiamo avuto per secoli in occidente, che non solo causa a noi stessi una immensa quantità di dolore completamente inutile circa questa temporanea separazione dai nostri cari, ma spesso causa anche seri danni a coloro verso i quali portiamo un affezione così profonda, per mezzo di questo grande rimpianto che sentiamo così acutamente. Come ci ha recentemente detto uno dei nostri più abili scrittori, quando il nostro fratello trapassato sta immergendosi serenamente e naturalmente nello stato di incoscienza pre-devachanica “un risveglio può essere causato dal dolore appassionato e dai desideri degli amici lasciati sulla terra, e questi, facendo vibrare violentemente gli elementi kamici nella persona disincarnata, possono causare vibrazioni nel Kamarupa del disincarnato, giungendo così e risvegliare il Manas inferiore che non si è ancora allontanato e riunito con la sua fonte, l'intelligenza spirituale. Così egli può essere risvegliato dal suo stato sognante e ricondotto al vivido ricordo della sua vita terrena appena lasciata
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