IL FARO DEI SOGNI

Storia dell'Africa

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Secondo il modello paleoantropologico dominante, è in questo continente che avviene la comparsa dell'Homo sapiens. Dall'Africa si sono altresì originate e da lì sono poi migrate, in epoche preistoriche e protostoriche, le prime culture umane, come la cultura litica olduvaiana, aree di pertinenza di paleontologia e archeologia.

La storiografia basata sui ritrovamenti archeologici con documentazione scritta di varie culture, ci è nota a partire dalla nascita e lo sviluppo della civiltà egizia, del regno nubiano, di altri regni e società e della loro interazione.

Dal VII secolo d.C., l'Africa ha ricevuto una forte influenza islamica, sia sulle coste orientali, sia in Egitto, nelle regioni del Maghreb e del Sahel. La tratta degli schiavi, avviata dagli Arabi sin dal X secolo e proseguita con maggiore intensità verso la tratta atlantica gestita dagli Europei dal XVI secolo in poi, ha interessato tutto il continente fino al XIX secolo e preceduto il colonialismo. Occorre però dire che nella zona di influenza islamica la schiavitù è rimasta una realtà viva sino ad oggi. La stagione delle indipendenze è iniziata nel 1951, quando la Libia è formalmente diventata una nazione libera.

La storiografia che interessa l'Africa è stata a lungo appannaggio del pensiero culturale europeo. Dopo la pubblicazione, nell'ultimo quarto del XX secolo, della Cambridge History of Africa e della UNESCO General history of Africa (quest'ultima con la partecipazione di tutti i più importanti storici africani), si è giunti ad un nuovo approccio che tiene conto di documentazione prima non presa in considerazione.





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Fonti e tradizione orale

La civiltà africana è stata definita la "civiltà della parola": proprio questa scarsità di fonti stabili per la storiografia (di fonti in generale, di fonti scritte in particolare, tanto più se si considerano le fonti elaborate dagli africani stessi) determinano una grande difficoltà a ricostruire la storia di questo continente.[1]

Le fonti scritte coprono un periodo di tempo molto limitato (all'incirca gli ultimi 4000 anni) e si riferiscono solo ad alcune zone specifiche del continente. La scrittura si è infatti diffusa in Africa - con l'eccezione eccellente dell'Egitto in cui risale al IV millennio a.C. - a partire dal I millennio a.C. e quasi esclusivamente nei territori interessati dallo sviluppo di società di tipo statale: Nubia, Etiopia, costa dell'Africa orientale, Africa occidentale e tra le popolazioni berbere del Sahara.

È solo con gli Arabi, nell'VIII secolo, che la scrittura fa la sua comparsa nell'Africa subsahariana. Di fatto, sono esistiti nell'Africa occidentale sistemi indigeni di scrittura, ma non hanno avuto una tale diffusione da essere considerati vera e propria scrittura. Le tradizioni di scrittura del Corno d'Africa e della valle del Nilo sono antichissime. Tra il V e il VI secolo viene tradotta in lingua ge'ez la Bibbia. Il geez è una lingua semitica, per lungo tempo lingua franca del Regno di Axum: in geez è stato redatto il Kebra Nagast (IV-VI secolo).[2]

Le fonti in arabo, sorte dopo l'espansione dei secoli VIII e IX, menzionano aspetti della vita africana, la geografia, la politica, il commercio. Del X secolo sono gli scritti di al-Masʿūdī, dell'XI quelli di al-Bakrī, del XII quelli di al-Idrīsī. Sono invece del XIV secolo gli scritti di Ibn Khaldūn e di Ibn Baṭṭūṭa, che passò da Gao nel 1358. Gli Arabi chiamavano bilād al-Sūdān ("paese dei neri") la regione tropicale a sud del Sahara: fu qui che, tra il X e il XVI secolo, sorsero i regni Tekrur, Wagadou (o impero del Ghana), Manden (o impero del Mali) e Songhai, dediti in particolare al commercio di oro e cola. Alcune cronache arabe, composte nel XVI o nel XVII secolo, si riferiscono a questa zona, come ad esempio il Taʾrīkh al-Sūdān ("Storia del paese dei neri") di Abd al-Rahman al-Saʿadi e il Taʾrīkh al-fattāsh ("Storia della conquista") di Mahmud Kati.[3]

Altra fonte importante è il geografo arabo al-Hasan ibn Muhammad al-Wazzan (papa Leone X lo ribattezzerà "Leone l'Africano"): nel 1550 fu pubblicata una sua Descrizione dell'Africa e delle cose notabili che ivi sono.[4]

Nei secoli XVII e XVIII si hanno notizie dell'Africa dai missionari cappuccini, installati in particolare nel Congo.[5]

Per le regioni interne del continente non esistono fonti documentarie anteriori al XIX secolo. Il XIX secolo vede un aumento delle fonti europee e ottomane. Ancora a questo punto, la scrittura non è diffusa in Africa che in una ristrettissima élite.[5] Inoltre, le fonti, incluse quelle indigene, continuano a riguardare quasi esclusivamente le zone costiere.

Alla netta prevalenza delle fonti orali, per una ricostruzione della storia d'Africa, si aggiungono altre difficoltà, tra cui la deperibilità dei reperti archeologici, l'assenza di religioni "del Libro", e quindi di tradizioni scritturali, prima dell'Ottocento, l'assenza di rogiti o catasti, a fronte dell'inesistenza di una proprietà fondiaria privata. Al carattere di "leggerezza" degli organismi statali che costellano la storia africana, per cui il potere "non esaurisce tutti gli aspetti della sovranità e [...] non ha la pretesa di dirimere tutti i casi della vita sociale", corrisponde una scarsa necessità di ostentazione e l'utilizzo di capitali itineranti, sistema attraverso cui i regnanti potevano spostare l'attenzione da una parte all'altra del paese.[5]

La tradizionale prospettiva eurocentrica sulla storia dell'Africa, impostasi nei secoli XIX e XX, è "venata di razzismo" e colloca "tutte le manifestazioni della vita associata in Africa [...] a un ordine inferiore".[5] Una prima solida formulazione di questa prospettiva può essere attribuita all'influente antropologo britannico Charles Gabriel Seligman (1873-1940), che riprese la cosiddetta "ipotesi camitica", secondo la quale i contributi più rimarchevoli del continente africano alla storia umana sono in realtà da attribuire a "popolazioni non africane o, se africane, non nere".[6]





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L'immagine dell'Africa
L'Africa come raffigurata nella Cosmografia ravennate (VII secolo)

L'immagine dell'Africa per lungo tempo non è stata il prodotto autonomo delle popolazioni africane: a pesare sull'immagine del continente è stata "l'esperienza del rapporto diseguale" con l'Europa e con la civiltà occidentale, che ha collocato l'Africa in una posizione periferica.[7] La toponomastica africana origina spesso da un apporto esterno:[7]

"Africa" è il nome usato dai Romani per indicare la costa fra le attuali Tunisia e Algeria, dove essi avevano costituito la provincia d'Africa
"Etiopia" è il nome che gli antichi Greci usavano per indicare la terra dei popoli di pelle scura ("faccia bruciata")
"Sudan" è il nome usato dagli Arabi per indicare l'Africa subsahariana (bilād al-Sūdān, "paese dei neri")
"Guinea" è il nome usato dai Berberi (con significato analogo a "Sudan")

Anche successivamente, le informazioni intorno al continente africano sono state strutturate su impianti concepiti da altri popoli e, a partire dall'epoca del colonialismo, da amministratori e missionari europei, informati ad un concetto di evoluzione centrato sulla cultura e la tecnologia europea. L'immagine dell'Africa è stata dunque prodotta al suo esterno, non solo, però, a beneficio degli altri popoli: il continente (e gli stessi popoli africani) "ha dovuto accettarsi così come lo hanno descritto gli altri".[8]

Nelle cartografie del I secolo d.C. l'Africa veniva divisa in tre parti: Egitto, Libia ed Etiopia (il nome "Libia" venne utilizzato anche per indicare l'intera Africa e così anche "Etiopia", ma in particolare per l'Africa subsahariana).[8] Il nome "Etiopia" è menzionato nei Salmi:

«l'Etiopia s'affretterà a tender le mani verso Dio[9]»

Ethiopia Unbound ("Etiopia liberata") è invece il titolo del primo pamphlet per la liberazione dei popoli africani colonizzati, opera di John Casely-Hayford del 1911.[8] Ma l'utilizzo del termine "Etiopia" per indicare l'intero continente africano era già in declino a partire dal XV secolo, con le esplorazioni portate avanti dagli Europei e l'adozione del nome "Nigritia", dal latino niger[10] ("nero").[11]

L'esperienza del colonialismo europeo ha deprivato l'Africa della continuità di una coscienza della propria storicità. Discipline come l'antropologia, sorte proprio nel contesto storico del colonialismo, hanno descritto le strutture sociali africane destoricizzandole e trattandole come "sistemi chiusi".[12] Il panafricanismo e poi il nazionalismo delle "piccole patrie" non hanno voluto riallacciare questo filo interrotto, preferendo concentrarsi "fra il presente rappresentato dalla geopolitica del colonialismo e un futuro caricato dall'attesa di un'improbabile palingenesi".[12]

Una prospettiva teorica che rendesse possibile studiare e scrivere la storia di culture non occidentali "prima della presenza degli occidentali, o prescindendo da essa" fu offerta dalla École des Annales.[13] In precedenza, l'Africa era intesa tradizionalmente come un "continente senza storia", secondo quanto opinato da Georg Hegel:

«L'Africa non è una parte storica del mondo [...] è lo spirito senza storia, lo spirito non sviluppato, ancora avvolto nelle condizioni naturali[14]»

Influente, sempre nel solco hegeliano, anche il giudizio di Hugh Trevor-Roper il quale, intendendo per "Storia" un "movimento propositivo [...] per uscire dalla barbarie", affermava che "forse nel futuro ci sarà una qualche storia africana [...] ma al presente non ce n'è nessuna, c'è solo la storia degli europei in Africa".[15]

Due momenti importanti della produzione storiografica sul continente africano sono state le opere The Cambridge History of Africa[16] (1975-1986), otto volumi in lingua inglese, curata da John Donnelly Fage e Roland Oliver ("un po' il monumento a sé stessa della storiografia europea sull'Africa nella sua variante postcoloniale e tendenzialmente liberale"[17]) e la successiva UNESCO General history of Africa, curata da Joseph Ki-Zerbo e Jacob Festus Ade Ajayi, in otto volumi, presentata nel 1979 e completata nel 1999[18] (edizioni in inglese, francese e arabo).[17] L'opera sostenuta dall'UNESCO, pur non contenendo differenze così nette rispetto alla "occidentale" versione Cambridge, era il frutto delle pressioni di diversi africani, che reclamavano "una 'loro' storia". Va comunque considerato che tra gli illustri storici africani invitati a far parte del gruppo di 230 cattedratici coinvolti nell'opera dell'UNESCO la gran parte si era formata negli ambiti accademici occidentali, ad esempio perché docenti in università occidentali o ricercatori per conto di istituti internazionali.[17]





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Nubia

Piramidi nubiane a Meroe

Etimologicamente, il termine "Nubia" deriva dall'antico egizio "NWB", che significava "oro", essendo concentrata nella regione l'estrazione di gran parte del prezioso metallo, dai tempi più remoti fino ai primi secoli dell'era cristiana, tanto che, in età ellenistica, nel pieno deserto nubiano, accanto alle miniere maggiormente prolifiche sorse la città di Berenice Pancrisia, recentemente portata alla luce da una spedizione archeologica italiana (1989).

Non disponiamo di notizie certe del periodo protostorico della Nubia, se non da scarsi ritrovamenti archeologici. Nel periodo arcaico e nel periodo classico, è praticamente impossibile separare la civiltà nubiana da quella egizia, in quanto la Nubia fu più volte vassalla (ed - in certuni periodi - pure annessa al potente regno egizio). Fino al 280 a.C., addirittura, la scrittura nubiana era il geroglifico. Tutte le fonti storiche di cui disponiamo sul paese sono di provenienza egizia. Dai dati più recenti sembra emergere che, prima dell'avvento del regno unitario del faraone Narmer, l'Alto Egitto estendeva il suo territorio circa fino alla Terza Cateratta, quindi comprendente gran parte della Nubia classica e l'intero Dodecascheno.

Da sempre i faraoni tentarono direttamente o indirettamente di controllare le miniere ed i commerci che transitavano attraverso la Nubia (una via delle spezie, che partiva dalla regione di Punt, localizzabile presso le attuali Somalia ed Eritrea, nonché dal Regno di Axum, nell'attuale Etiopia, raggiungeva l'Egitto attraverso la regione di Kush e la città nubiana di Kerma, nella Nubia a ridosso del confine egizio).

Intorno al 2600 a.C., preso a modello il regno egiziano, sorse il primo regno nubiano protokushita, il Regno di Kerma, che raggiungerà l'apice del suo splendore verso il 1800 a.C. con commerci diretti verso l'Arabia (forse verso la città di Ubar, nell'Oman), verso l'Africa interna, verso l'Egitto e verso i nomadi degli attuali stati del Ciad, Niger e Mali. Nubiani erano anche gran parte dei mercenari che combattevano nelle file dell'esercito egizio, assieme a Siriani, Garamanti ed a Libici. Frequenti furono le spedizioni militari egizie nel corso dell'Antico Regno e Kerma si trovò più volte invasa dalle armate egizie all'epoca della fine dell'Antico Regno stesso. In questo periodo sono anche attestati i rapporti commerciali tra Kerma e i vicini Regni sudarabici (il Regno di Saba in primis), insediati nell'attuale Yemen.
Con l'avvento del Medio Regno in Egitto, riprese l'espansionismo faraonico verso meridione e Kerma divenne uno Stato vassallo. Ma, alla caduta del Medio Regno, il Regno di Kerma iniziò ad espandersi verso settentrione, arrivando a controllare il territorio egizio fino alla città di Syene (l'attuale Assuan).
La nascita del Nuovo Regno dell'Egitto segnò la fine del Regno di Kerma, che venne annesso definitivamente al regno egizio. Thutmose I completò, infatti, la conquista della Nubia nel 1520 a.C., spostando il confine meridionale del regno egiziano alla Quinta cataratta sul Nilo.

Il vuoto di potere in Nubia non durò, però, a lungo, in quanto iniziò ad affermarsi il regno di Kush. La parabola ascendente dei Kushiti inizia attorno al 2100 a.C., in una zona dell'Alto Nilo al riparo dalle mire espansionistiche degli Egizi. Attorno al 1700 a.C., Kush annetté un'intera regione situata all'incirca presso le attuali città di Dongola e di Atbara nell'odierno Sudan. Nel 1580 a.C. l'Egitto invase una prima volta Kush. Finché l'Egitto fu potente, Kush si espanse unicamente verso meridione, anche se non sono tuttora noti i suoi confini in queste regioni. Addirittura alcuni ipotizzano che potessero comprendere il corso del Bahr al-Jebel nella conca paludosa del Sud, il Bahr al-Ghazal e le attuali regioni del Kurdufan e del Darfur. All'inesorabile e lento declino dell'Egitto, corrispose un'affermazione progressiva di Kush. Già nel 1320 a.C. inizia l'espansione verso settentrione, nell'attuale regione egiziana di Abu Simbel. Ma, verso il 1000 a.C., venne raggiunta la zona di File e di Elefantina. La piena indipendenza dall'Egitto venne conquistata nel 784 a.C. I commerci erano molto fiorenti, tanto che alcuni storici sono portati a ritenere che il biblico territorio di Ofir, sede delle Miniere di re Salomone, corrispondesse proprio alla regione di Kush.
Faraoni nubiani

Addirittura la XXV dinastia egizia (la "Dinastia dei Faraoni Neri"), che regnò dal 762 a.C. al 656 a.C., quando fu abbattuta dall'invasione degli Assiri, era nubiana d'origine. Infatti, il re kushita Kashta (821 a.C. - 759 a.C.), figlio di un alto sacerdote tebano esule nel 951 a.C. presso Kush, (i sacerdoti tebani furono cacciati dai faraoni d'origine libica), approfittando dell'anarchia imperante in Egitto, invase il paese e si fece incoronare faraone a Menfi. Suo figlio Piankhi (783 a.C. - 714 a.C.), eliminò progressivamente tutti i pretendenti al trono. Fu l'apogeo del regno kushita. I suoi successori infatti non furono molto abili. Le continue scaramucce di confine tra Egitto ed il potente Impero Assiro, lungo il Torrente d'Egitto (attuale fiume al-ʿArīsh), fecero precipitare la situazione. Il re assiro Assurbanipal (691 a.C. - 627 a.C.) rase al suolo Tebe (671 a.C.) e sconfisse ripetutamente l'armata egiziana. Il faraone Tenutamon nel 656 a.C. fu costretto ad abbandonare definitivamente l'Egitto ed a rifugiarsi nella natale Nubia.
I rapporti tra Nubia ed Egitto, progressivamente, declinarono, sebbene nel 591 a.C. l'Egitto occupò militarmente per breve tempo la Nubia fino a Napata. Per prevenire ulteriori attacchi kushiti, i faraoni stanziarono sul confine meridionale gli Ebrei filoegizi che fuggirono da Gerusalemme l'8 luglio 587 a.C., prima della caduta in mano dei Babilonesi di re Nabucodonosor (634 a.C. - 562 a.C.), in seguito alla rivolta del re Sedecia (654 a.C. - 586 a.C.).
Un tentativo fallito d'invasione della Nubia avvenne, invece, verso il 523 a.C. ad opera dei Persiani. Nel frattempo, i kushiti ritennero maggiormente sicura la posizione di Meroe come capitale in sostituzione di Napata, troppo esposta alle incursioni dall'Egitto. Il re Harsiotef (427 a.C. - 369 a.C.) fu l'ultimo ad utilizzare l'alfabeto egizio. I suoi successori iniziarono ad adottare il meroitico, oramai largamente diffuso a livello popolare. Il trasferimento della capitale fu concluso da re Arkekamani, attorno al 265 a.C.. Nel frattempo, i rapporti con l'Egitto caduto prima sotto il dominio persiano (525 a.C. - 332 a.C.) divennero più ridotti.
I rapporti commerciali con i Tolomei furono invece buoni. Molto meno, all'inizio, furono invece i rapporti coi Romani, tanto che nel 24 a.C. un'incursione meroitica della regina Candace provocò una situazione di guerra: un'orda nubiana si spinse sino a File e saccheggiò il tempio di Iside e ne riportò a Meroe alcune statue di Augusto, che gli archeologi hanno ritrovato recentemente. I Romani ricacciarono gli invasori verso sud fino a Napata che distrussero. Candace chiese e ottenne di trattare direttamente con Ottaviano e ottenne di segnare il confine tra Roma e Meroe a Maharraka nel 22 a.C.. Il patto di pace coi Meroiti tenne fino al 270.

I rapporti tra l'Impero Romano e i Nubiani furono ottimi. Due centurioni compirono addirittura nel 66 un viaggio esplorativo alla ricerca delle sorgenti del Nilo (che dissero nascere da due alte montagne, probabilmente nella regione del Bahr al-Ghazal o forse addirittura nell'Uganda[23]). Nel 395 l'Impero romano d'oriente ereditò l'Egitto e fece costruire numerose fortezze confinarie in Nubia, quale quella di Ikhmindi ma senza particolari conflitti. Anche coi Bizantini furono buone le relazioni diplomatiche, tanto più che, nel frattempo, la Nubia era divenuta cristiana proprio per la sua vicinanza all'Egitto (280 - 310). Da quegli anni, tuttavia, il regno di Kush divenne vassallo del meridionale regno di Axum. Re Ezana III di Axum (294 - 356), convertitosi al cristianesimo (323), represse una rivolta cancellando definitivamente il regno di Kush nel 352.

Il cristianesimo ("Chiesa delle cateratte") sopravvisse fino al 1317 nella Nubia, quando oramai l'Egitto era stato islamizzato da secoli. Sulle ceneri del Regno Kushita sorse, nel 580 il regno cristiano di Makuria, che resistette all'islamizzazione assai tenacemente fino al 1272.





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Cartagine


I fenici fondarono varie colonie lungo tutta la costa mediterranea dell'Africa, normalmente ad un giorno di navigazione una dall'altra, già prima dell'anno 1000 a.C. Alcune di queste, come Cartagine fondata sulle coste dell'attuale Tunisia, diventarono città autonome e addirittura stati nazione con un vasto raggio di controllo nel Mediterraneo.

Secondo lo storico greco Timeo, la fondazione di Cartagine risalirebbe all'814 a.C. (l'826 a.C. per Giuseppe Flavio). Cartagine venne fondata da coloni fenici provenienti dalla città di Tiro. Numerosi sono i miti relativi alla fondazione, che sono sopravvissuti attraverso le letterature greca e latina.

Durante il VI secolo a.C., Cartagine cominciò ad acquisire il dominio dell'area del Mediterraneo Occidentale. Mercanti ed esploratori costruirono una vasta rete di commerci che portarono una grande prosperità e un largo potere alla città-stato. Si tramanda che già all'inizio del VI secolo a.C. Annone il navigatore si sia spinto lungo la costa dell'Africa fino alla Sierra Leone; contemporaneamente sotto la guida di Malco, la città iniziò la conquista sistematica delle regioni costiere dell'Africa e del suo interno.
Rovine di Cartagine.

All'inizio del V secolo a.C., Cartagine era il più importante centro commerciale della regione, una posizione che avrebbe mantenuto fino alla sua caduta per mano romana. La città-stato aveva conquistato i territori delle antiche colonie fenicie (Adrumeto, Utica, Kerkouane...) e le tribù libiche, allargando la sua dominazione su tutta la costa dell'Africa dall'odierno Marocco ai confini dell'Egitto. La sua influenza si allargava inoltre nel Mar Mediterraneo con il controllo di limitate aree costiere dell'isola di Sardegna, di Malta, delle isole Baleari e la parte occidentale della Sicilia. Erano state stabilite colonie anche in Spagna. In tutto il Mediterraneo occidentale resistevano all'imperialismo commerciale cartaginese solo Marsiglia (colonia greca focese), le colonie greche della costa italiana e i commercianti etruschi, che a malapena mantenevano il controllo delle coste italiane del Mar Tirreno e lottavano per la Corsica.

Particolarmente lungo e cruento fu lo scontro che contrappose i Cartaginesi ed i Greci per il controllo del Mediterraneo occidentale ed in particolare della Sicilia tra il 600 e il 265 a.C., le cosiddette guerre greco-puniche. Di fatto furono le guerre tra Cartagine e Siracusa, visto che le due città rimasero, uniche non espugnate, a contendersi l'egemonia sull'isola sino al 265 a.C., anno dell'arrivo dei Romani.

Con l'avvento di Roma sullo scenario del Mediterraneo occidentale, iniziò quella serie di tre guerre combattute tra il III e II secolo a.C. conosciute come puniche in quanto i romani chiamavano punici i Cartaginesi. La terza e ultima guerra si concluse con il porto cartaginese bruciato e la città rasa al suolo.

Il sito era però troppo ben scelto perché rimanesse disabitato a lungo e una nuova città nacque e crebbe diventando la seconda città nella parte occidentale dell'Impero Romano e la città principale della Provincia romana "Africa".
Con l'avvento del Cristianesimo, la nuova Cartagine divenne un centro di primaria importanza della nuova fede tanto da essere scelta come sede per un concilio a cui parteciparono non meno di settanta Vescovi e vide la presenza importante di sant'Agostino di Ippona.

Nel 439 Cartagine e le città vicine furono conquistate da Genserico re dei Vandali che sconfisse la guarnigione romana facendo di Cartagine la sua capitale fino alla caduta del regno per mano dei Bizantini nel VI secolo.





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Regni berberi

Per quanto se ne sa, i Berberi sono un popolo indigeno del Nord-Africa. I fossili umani paleolitici affini ai Berberi propriamente detti, sono noti in paleo-antropologia con il nome di uomo di Mechta-Afalou, una variante del paleo-europoide del tipo di Cro-Magnon databile intorno al 20.000 a.C.

Nell'antichità le popolazioni nordafricane erano note sotto varie denominazioni: gli antichi egizi conoscevano i ṯḥnw (nominati dal "Re Scorpione" di età predinastica, intorno al 3000 a.C.), i ṯmḥw, i Rbw (probabilmente da leggere Libu, "Libi"), i mšwš. Capi dei mšwš divennero addirittura faraoni intorno al 1000 a.C. Nello spirito di riscoperta delle proprie tradizioni che anima da alcuni decenni alcuni intellettuali berberi, molti Berberi oggi fanno iniziare il loro calendario dal 950 a.C., approssimativa data di ascesa al trono di Sheshonq I, iniziatore della XXII dinastia, anche se probabilmente era già libica anche la dinastia precedente.

In epoca successiva, molti nomi di popoli e tribù ci giungono da storici greci e latini, a partire da Erodoto.
Popolazioni berbere citate da Erodoto

In particolare, si ricordano i Libi nelle regioni più occidentali, i Numidi nella zona dell'attuale Algeria, i Mauri nell'attuale Marocco, mentre nell'interno vi erano soprattutto i Garamanti e i Getuli.

A partire dal I millennio a.C., il Nordafrica conobbe la colonizzazione di vari popoli. Da principio Fenici e Greci (Cartagine è fondata intorno all'814 a.C., Oea-Tripoli nel VII secolo a.C., Cirene intorno al 630 a.C.). In seguito fu il turno dei Romani, che contesero ai Cartaginesi la supremazia sulla regione.

Intorno al III secolo a.C. si cominciano ad avere notizie precise su veri e propri Stati berberi, con propri re e una propria organizzazione: i regni di Numidia e di Mauretania. A quest'epoca risalgono alcune figure celebri come Massinissa, Giugurta, Giuba II, ecc.

Dopo diverse vicende, che li videro sempre meno autonomi, i regni berberi persero definitivamente la loro indipendenza nel 40 d.C., sotto Caligola.

Durante la dominazione romana molti Berberi emersero nelle arti, nella politica e nella religione, esprimendosi nella lingua scritta del tempo: il latino. Vi furono così scrittori (da Terenzio a Marziano Capella, Frontone, Apuleio, o Tertulliano), santi cristiani (dai martiri scillitani a San Cipriano, San Vittore, Sant'Agostino e Santa Monica), papi (Vittore I, Melchiade, Gelasio I) e perfino alcuni imperatori (dal libico-punico Settimio Severo, fondatore di una dinastia, ai mauri Macrino e Emiliano).

Dopo essere rimasto per lungo tempo sotto la dominazione romana, il Nord Africa subì nel V secolo le invasioni dei Vandali di Genserico, che costituirono regni nordafricani, finché nel 534, una spedizione condotta da Belisario, inviata da Giustiniano lo riconquistò alla sovranità di Bisanzio.
Zona dell'attuale Somalia
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Paese di Punt.
La Somalia era una delle tappe della via della seta che collegava l'Europa meridionale alla Cina.
Le rovine di Qa'ableh.

Le prime testimonianze di insediamenti umani in Somalia risalgono al Paleolitico: esempi di pittura rupestre risalenti al IX millennio a.C. sono stati ritrovati nella parte settentrionale del Paese.[27] I più famosi sono quelli ritrovati a Laas Gaal, dove si trovano alcune fra le più antiche testimonianze del continente africano, fra cui alcune iscrizioni non ancora decifrate.[28] Durante l'età della pietra, si registrano varie testimonianze di più culture, fra cui la comunità di Hargheisa (perlopiù autoctona) e quella di Doia (probabilmente proveniente dal Nordafrica).[29]

Sempre nel Paese sono state rintracciate le prime testimonianze, risalenti al IV millennio a.C., di sepoltura nel corno d'Africa.[30] Gli utensili in pietra trovati nel sito archeologico di Jalelo, nel nord della Somalia, sono stati definiti "il più importante collegamento, considerando tutto il Paleolitico, fra Oriente e Occidente".[31]

Ci sono poi varie testimonianze di edifici e altre costruzioni (strutture piramidali, tombe, rovine di città e muri di pietra), fra cui il Muro di Wargaade, che evidenziano l'esistenza di una civiltà piuttosto avanzata nella penisola somala[32] (probabilmente riconducibile al leggendario Paese di Punt),[33] la cui scrittura resta ancora oggi non decifrata[34] e che aveva rapporti commerciali con l'antico Egitto e la civiltà micenea a partire perlomeno dal II millennio a.C.

I commercianti di Punt "commerciavano non solo la propria produzione di incenso, ebano e bovini dalle corna corte, ma anche merci delle regioni confinanti, compreso oro, avorio e pelli animali".[35] Si ha inoltre testimonianza dell'addomesticamento del dromedario durante il III millennio a.C., da cui poi si è diffuso nell'antico Egitto e poi nel Nordafrica.[36] Nel periodo classico, le città-stato di Mossilone, Opone, Malao, Mundus e Tabae svilupparono una lucrosa rete commerciale con i mercanti di Fenicia, Egitto, Grecia, Impero partico, Saba, Nabatea e Impero romano.

Dopo la conquista della Nabatea da parte dei Romani e l'instaurazione di una presenza navale ad Aden per combattere la pirateria, i mercanti arabi e somali impedirono alle navi indiane di entrare nei porti della penisola araba,[37] mantenendo così il monopolio della tratta Mar Rosso-Mar Mediterraneo.[38] Tuttavia, i mercanti indiani continuavano ad avere libero accesso ai porti somali, liberi dalle interferenze romane.[39]

Per secoli, la cannella fu fra le merci più importate da Sri Lanka e Indonesia verso i porti arabi e somali, i cui mercanti poi la esportavano verso il Nordafrica, il Vicino Oriente e l'Europa con fortissimi ricarichi (concordati con i loro colleghi indiani e cinesi).[38] La provenienza della spezia fu uno dei segreti meglio tenuti dai mercanti, al punto che Greci e Romani pensavano che provenisse dall'Arabia e dalla Somalia.[40]





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Espansione bantu

Il nome Bantu (o Bantù) si riferisce a un vasto gruppo etno-linguistico che comprende oltre 400 etnie dell'Africa subsahariana oggi distribuite dal Camerun all'Africa centrale, orientale e meridionale. Questa famiglia di etnie, pur largamente diversificata, condivide sia tratti linguistici sia culturali, retaggio di una storia comune che ha avuto origine nell'area intorno all'odierno confine fra Nigeria e Camerun, in un'epoca compresa fra 3000 e 5000 anni fa. La storia dei Bantu è in gran parte ignota. Le teorie moderne, largamente speculative, si basano principalmente sullo studio di reperti archeologici e sull'analisi delle cosiddette "lingue bantu" ancora oggi in uso. I Bantu non avevano una lingua scritta, e la loro tradizione orale si è estinta.

Ciò che è certo è che intorno al secondo millennio a.C., forse in seguito all'inaridimento del Sahara e alla pressione delle popolazioni che cercavano di allontanarsene, i Bantu si espansero nelle foreste pluviali dell'Africa centrale, in quella che vien detta la "fase 1" della loro espansione. Circa 1000 anni dopo, cominciarono una fase di espansione più rapida in Africa meridionale e orientale ("fase 2"). Durante il primo millennio, nuove tecniche agricole e nuove coltivazioni vennero introdotte in Zambia, probabilmente importate dal Sudest asiatico attraverso il Madagascar. A seguito di queste innovazioni, iniziò una nuova espansione dei Bantu in cui lo Zambia era la regione dominante ("fase 3").

Queste migrazioni influirono in modo sostanziale sulla storia dell'Africa subsahariana. Diversi gruppi bantu si insediarono in regioni dove esistevano popolazioni autoctone, assimilandole o venendone assimilati, e dando quindi origine a una varietà di culture e lingue miste; attraverso i bantu si diffusero non solo l'agricoltura e la lavorazione dei metalli, ma anche l'allevamento, che i bantu appresero probabilmente dai popoli dell'Africa orientale.
Africa centrale
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Pigmei.
Una famiglia appartenente alle moderne etnie pigmee, discendente dei primi antichi abitanti dell'Africa centrale.

I pigmei sono molto probabilmente la popolazione più antica che abbia abitato le foreste equatoriali e tropicali dell'Africa centrale.

In Egitto sono state ritrovate iscrizioni del II millennio a.C. che si riferiscono ai pigmei come "Danzatori degli Dei". Anche da questi antichi contatti con la civiltà egizia si desume che i pigmei vivessero un tempo in regioni molto più a nord di quelle che abitano oggi, forse fino all'Alto Nilo.

Successivamente le migrazioni bantu impattarono sicuramente in modo decisivo sulle popolazioni pigmee. Infatti, dopo un periodo di iniziali rapporti di scambio basati sul baratto dei prodotti di queste tribù di cacciatori con i prodotti dell'agricoltura bantu, i Bantu, profittando della conoscenza dell'arte metallurgica ignota ai Pigmei, ridussero in servaggio e spesso in schiavitù i Pigmei o li costrinsero a ritirarsi in zone sempre più limitate di territorio.
Questa fase iniziò fin dal secondo millennio prima di Cristo e vedette le popolazioni bantu raggiungere i Grandi Laghi dell'Africa orientale intorno al 1000 a.C. e intorno al 500 a.C. giungere fino all'attuale Angola.





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Africa australe

Due moderni boscimani intenti ad accendere il fuoco

Dall'inizio del Periodo Paleolitico Superiore, gruppi di cacciatori-raccoglitori, conosciuti come i sangoani occuparono il sud dell'Africa in aree aride.[48] Questo popolo della tarda età della pietra, fu il predecessore dei Khoisan che abitavano il deserto del Kalahari. Probabilmente, in seguito alla carenza di candidati alla domesticazione, i Khoisan non ebbero terreni coltivati o animali addomesticati fino a poche centinaia di anni fa, quando adottarono gli animali (toro, mucca, bue e le pecore) dei Bantu.[49] I Bantu, che possedevano un'agricoltura avanzata e la tecnologia per lavorare i metalli, sviluppata nell'Africa del Ovest fin dal 2000 a.C., li sconfissero. Vi fu quindi uno scambio genetico (interbreed) con i Khoisan negli anni successivi al contatto ed i Bantu divennero la popolazione dominante nel dell'Africa meridionale.
Ancora oggigiorno i San (i cosiddetti Boscimani), i Khoi e i Nama (i cosiddetti Ottentotti) assomigliano agli antichi resti di scheletri dell'epoca sangoana.

In particolare i Boscimani appaiono come i più antichi abitanti dell'Africa australe dove vivono da almeno 20.000 anni. Questo popolo nomade di cacciatori e raccoglitori occupava una volta buona parte dell'Africa australe. L'arrivo successivo degli Ottentotti, allevatori che parlavano una lingua della stessa famiglia, e delle popolazioni di agricoltori bantu ha decimato questa popolazione e l'ha spinta verso meridione.
L'Africa pre coloniale tra 500 e 1800

Uno snodo epocale per la storia africana fu rappresentato dalla conquista nel VII secolo dell'area mediterranea da parte degli Arabi musulmani. Nella zona, precedentemente inglobata nell'Impero Romano, si erano già concretizzate nel V e VI secolo le conquiste dei Vandali e dei Bizantini. Vari regni berberi ‒ convertiti alla nuova religione ‒ favorirono la repentina diffusione dell'Islam, della cultura e dei costumi arabi in tutta la regione del Sahara, del Sahel e alle zone limitrofe fino al fiume Niger, con l'eccezione dell'impero cristiano etiope. L'ulteriore penetrazione dell'Islam nell'Africa subsahariana fu invece lunga e paziente e la conversione degli africani alla religione musulmana - favorita dai commercianti arabi - risultò spesso preceduta da periodi di coabitazione con i culti locali generando sintesi inedite e originali con le credenze animistiche e i costumi tradizionali.

A partire dal periodo della penetrazione araba nel Nord, l'Africa centrale e occidentale conobbero lo sviluppo di una serie di interessanti regni. Importante fu il Regno del Ghana che conobbe una lunga epoca di fioritura culturale ed economica fino all'XI secolo, ancora maggiori furono il Regno del Mali, tra XIII e XV secolo, e l'Impero Songhai tra X e XVI secolo. Nella zona occidentale sorse anche, tra XIV e XIX secolo, il Regno del Benin mentre nella regione orientale intorno al lago Ciad si susseguirono vari regni, tra cui quello del Kanem-Bornu tra XIII e XIV secolo.

La zona centro meridionale vide, come già anticipato, la continua espansione Bantu, che portò tra l'altro alla formazione, tra XIII e XIV secolo, del Regno del Congo e del Regno di Monomotapa relegando a ruolo sempre più marginale le preesistenti società dei Pigmei, degli Ottentotti e dei Boscimani.





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Africa settentrionale


L'interazione tra le varie regioni mediterranee, favorita dall'appartenenza all'Impero Romano, continuò - fatto salvo il periodo di dominio dei vandali (V secolo) di buona parte delle ex province romane del nord Africa - con l'ascesa dell'Impero bizantino che rinnovò il controllo su tutta la costa meridionale del Mediterraneo.
La situazione cambiò drasticamente nel VII secolo quando gli arabi conquistarono l'Egitto e le regioni dell'attuale Maghreb diffondendo l'Islam come religione. Le Chiese cristiane sparirono, con l'eccezione della Chiesa Copta monofisita d'Egitto, e si creò una divisione tra il nord del mediterraneo (cristiano) ed il sud (islamico) destinata a condizionare fortemente i successivi sviluppi geopolitici e culturali nel Nord Africa, in Vicino Oriente e in Europa fino ai giorni nostri.

Le popolazioni beduine che abitavano la penisola arabica erano considerate da secoli una minaccia innocua dai due grandi imperi che si contendevano la zona mediorientale: quello bizantino e quello persiano sasanide.
Le varie tribù erano infatti costantemente in lotta e i regni arabi della zona risultavano di fatto Stati vassalli dell'una o dell'altra potenza.
L'equilibrio iniziò a incrinarsi quando l'Impero di Axum, alleato di Bisanzio, conquistò lo Yemen (intorno al 520), ripreso alla fine del VI secolo dai Persiani. Queste guerre destabilizzarono fortemente l'area e costrinse un'ampia fetta di popolazione a migrare verso nord, aumentando la popolazione e l'importanza di città quali La Mecca e Medina. All'inizio del VII secolo, Maometto riuscì poi a fare degli Arabi una nazione, portando coesione attraverso la nuova comune spiritualità. Alla morte del Profeta, nel 632, Bizantini e Sasanidi, ormai stremati da un durissimo conflitto protrattosi per circa un secolo, non seppero opporsi all'avanzata arabo-islamica, tanto potente quanto inaspettata.
L'Emirato aghlabide al suo apogeo.

Nei trent'anni del califfato elettivo (632-661) le conquiste degli Arabi furono sorprendentemente rapide e durature. L'espansione in Africa iniziò con la conquista dell'Egitto (639-646) e proseguì fino alla Nubia, a sud, e alla Tripolitania, ad ovest.
Successivamente, con l'avvento della dinastia omayyade (661-750), venne annessa la restante parte dell'Africa del Nord (il Maghreb, dal 647 al 663). Dal 700 Tunisi divenne un importante porto, grazie anche al trasferimento di un centinaio di famiglie egiziane esperte nella navigazione e nella costruzione navale. Entro il 705, il "lontano Occidente" del Marocco era in mano agli arabi e si iniziava il lento e faticoso processo di islamizzazione delle popolazioni berbere, estranee alla civilizzazione romana e cristianizzate solo di recente.

Dopo la fine, nel 750, del Califfato omayyade il nord Africa passò sotto il controllo della dinastia Abbaside che non seppe però amministrare saggiamente le periferie del suo impero e ne perse velocemente il controllo. Per quanto riguarda l'Africa, nell'VIII secolo il Maghreb si era già distaccato dal califfato e il secolo dopo fu l'Egitto tulunide a far valere il proprio diritto all'auto-amministrazione.
L'impero ottomano nel XVI secolo

In Africa settentrionale, sorsero diversi emirati e reami, spesso retti da elementi islamici di diverso orientamento teologico: kharigiti, sciiti e ismailiti.
Tra l'808 ed il 930 a Fez, nell'attuale Marocco, regna la dinastia alide degli Idrisidi, mentre i kharigiti Rustemidi s'insediano nell'attuale Algeria, eleggendo a propria capitale Tāhert.
A Qayrawān e a Raqqāda, dall'801 al 909, comandano gli Aghlabidi. Tra l'868 e il 905, invece, sull'Egitto (e in parte della Siria) regnano i capaci Tulunidi, sostituiti tra il 935 ed il 969 dagli Ikhshididi, fin quando almeno non s'impadroniscono del potere gli ismailiti Fatimidi. I Fatimidi, che creano la loro capitale nel 967, chiamandola al-Madīnat al-Qāhira, "La città vittoriosa", cioè Il Cairo, reggeranno l'Egitto dal 969 al 1171. Durante il loro regno, però l'Egitto sarà oggetto di scontri armati: con gli Ziridi (972-1167) innanzi tutti, con i Selgiuchidi dalla Siria e infine con i Crociati. I Fatimidi furono infine soppiantati dagli Ayyubidi (1171-1250), dinastia fondata da Ṣalāḥ al-Dīn ibn Ayyūb, noto come Saladino. Tra il XII e XIII secolo, l'Egitto sarà invece governato dai Mamelucchi turchi centro-asiatici e, in seguito, da quelli circassi, sconfitti nel 1517 dagli Ottomani del sultano Selim II Yavuz.
L'impero degli Almoravidi rappresentato in verde.

Anche le zone più occidentali, corrispondenti all'attuale Marocco, videro alternarsi varie dinastie islamiche. Ai già citati Idrisidi, si sostituirono tra la fine dell'XI e gli inizi del XII secolo gli Almoravidi, una dinastia berbera, proveniente dal Sahara, che finì per regnare sul Maghreb e sulla Spagna.
Agli Almoravidi, fondatori di Marrakesh, fece seguito un'altra dinastia di regnanti di origine berbera, gli Almohadi, che regnò fino al 1269, controllando un grande territorio, che oltre al Marocco, comprendeva l'Algeria, la Tunisia, la Libia e alcune regioni della Spagna e del Portogallo. Dal 1215, i Merinidi iniziarono a combattere i loro correligionari per sostituirsi ad essi nel governo della parte occidentale del Maghreb, riuscendo nell'impresa in una quarantina d'anni. Il loro nuovo dominio si estendeva dal Mar Mediterraneo ai monti del Rif e dell'Atlante, all'Oceano Atlantico. La dinastia almohade cadde ufficialmente nel 1269, con la presa di Marrakesh, ultimo loro baluardo.
I Wattasidi, succeduti ai Merinidi, non riuscirono a contrastare l'avanzata nel continente africano degli europei, tanto che nel 1497 Melilla cadde in mano spagnola. Dove fallirono i Wattasidi, riuscirono invece i rappresentanti della dinastia dei Sa'didi, che nel 1541 sconfissero i portoghesi ad Agadir, fermandone l'espansione in Marocco, e pochi anni più tardi, nel 1554, succedettero definitivamente ai Wattasidi. A questi successi militari fece seguito un periodo di pace e stabilità sociale che favorì un importante sviluppo delle arti e delle scienze. Intorno al 1660 salì infine al potere la Dinastia alawide, che ancor oggi regna in Marocco. A questa dinastia appartiene Moulay Ismail ibn Sharif, che regnò dal 1672 al 1727 e combatté efficacemente gli europei, a cui strappò diversi porti africani, e gli Ottomani.





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Nubia e Corno d'Africa


Il Cristianesimo fu introdotto in Nubia terzo o nel IV secolo, ma già intorno al 640 fece la sua comparsa l'Islam, proprio quando già tre regni che sorsero a seguito della caduta del regno di Kush (Nobazia, Makuria, Alodia) erano stati convertiti al cristianesimo. La coesistenza fra le due fedi sarebbe rimasta accettabilmente pacifica sino all'inizio del XIV secolo, anche perché spesso i regni nubiani si trovarono in posizione di forza rispetto ad un Egitto diviso e instabile. A partire dalla metà del XII secolo il dominio economico nella Nubia feudale fu gradualmente assunto da una classe di mercanti arabi, mentre l'Egitto diventava sempre più aggressivo verso gli impoveriti regni nubiani. Nel 1512 l'Egitto cadde sotto il dominio dell'Impero ottomano e la stessa sorte toccò a Makuria (Nord dell'attuale Sudan) nel 1517. Nel 1504 al regno cristiano di Alodia (attuale Sudan centrale) era succeduto il sultanato islamico di Sennar. A partire dal 1820 il Sudan venne a cadere sotto il controllo dell'Egitto, quando il Pascià ottomano Mehmet Ali, wālī d'Egitto, inviò un esercito agli ordini di suo figlio Ibrāhīm Pascià e di Muhammad Bey per occupare il Sudan orientale. La conquista fu completata dal figlio di Ibrahim, Ismāʿīl Pascià (poi Ismāʿīl I), con la sottomissione della regione meridionale del paese nel 1839 e nel 1861.

Nella regione dell'attuale Etiopia il Regno di Axum che era giunto a controllare nel IV secolo d.C. anche l'Eritrea, il Sudan settentrionale, parte dell'Egitto meridionale, Gibuti, la Somalia occidentale, lo Yemen e l'Arabia Saudita meridionale (confinando con l'Impero Romano) iniziò a declinare dopo il VI secolo. Le cause di questo declino non sono ben note. Nei secoli successivi emerse una nuova dinastia reale axumita, la dinastia Zagwe, che non riuscì comunque a riportare il regno ai fasti del millennio precedente.
Intorno al 1270, Yekuno Amlak depose l'ultimo re Zagwe, fondò un nuovo regno e una nuova dinastia. Questa nuova linea dinastica, nota come dinastia salomonica perché rivendicava la discendenza diretta dal biblico Re Salomone, adottò il titolo di Negus o Negus neghesti (letteralmente "Re dei Re") e il nuovo stato divenne l'unico regno cristiano del continente africano dopo le conquiste islamiche nel nord del continente. L'Impero etiope riuscì più volte a respingere gli eserciti arabi e turchi che si susseguirono negli anni nel tentativo di sottomettere tutta l'area, sfruttando anche - seppur con alti e bassi - relazioni tendenzialmente amichevoli con diversi paesi europei (riuscendo anche ad evitare la colonizzazione durante il XIX secolo).
Il secolare scontro tra i regni islamici della zona e l'Impero etiope vide un momento particolarmente aspro nella guerra che contrappose, tra il 1528 e il 1540, l'Impero al Sultanato di Adal.

Il Sultanato di Adal (circa 1415 - 1577) fu un regno medievale musulmano multietnico situato nel corno d'Africa che giunse a controllare gran parte dell'attuale Somalia, Etiopia, Gibuti ed Eritrea. Tuttavia, fatto salvo il periodo sotto Adal, il territorio dell'attuale Somalia fu parte integrante del Sultanato di Ajuuraan per tutto il Medioevo e fino alla fine del 17 secolo. Nel secolo successivo varie città somale caddero sotto il controllo del Sultanato dell'Oman prima del Sultanato di Zanzibar poi. Il sultano di Zanzibar, che dominava una parte rilevante della costa orientale africana, nota come Zanj, comprendente Mombasa e Dar es Salaam, e controllava le rotte commerciali che si estendevano molto all'interno dell'Africa, come Kindu sul fiume Congo, perdette il suo ruolo solo alla fine del 1800 a causa dell'acuirsi del colonialismo europeo.
Africa centrale
Il Regno del Congo nel 1711

I primi abitanti della regione erano popolazioni pigmee. I pigmei sono stati spinti verso altre zone o verso l'interno delle foreste con l'arrivo delle migrazioni bantu, che sono arrivati nella regione verso il 1000 a.C. Con il tempo, le popolazioni bantu hanno iniziato a muoversi verso un'organizzazione sempre più centralizzata. Questo ha portato alla creazione di regni quali il Regno del Congo - che già nel XV secolo erano in contatto con l'Europa -, il regno di Lunda e quello di Luba e, nella zona dei Grandi Laghi, quelli Baganda, Toro e Bunyoro. Anche gli attuali Burundi e Ruanda ricalcano antichi regni.
Africa australe
L'uccello di Zimbabwe
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del Sudafrica e Storia dello Zimbabwe.

La storia dell'Africa australe è ancora al centro di controversie sul come interpretare i reperti archeologici. Molto è stato fatto per ricostruire il periodo neolitico - vasellame, ossa, pitture rupestri in tutta la regione hanno permesso un buon lavoro - mentre rimane il problema di ricostruire il movimento di popolazioni bantu, e forse anche nilotiche, nella regione. Non pochi misteri pone una corretta interpretazione della storia di Grande Zimbabwe e dell'Impero di Monomotapa.
La presenza di popolazioni europee sin dal XVI secolo da una parte permette di conoscere alcuni sviluppi, registrati dai coloni olandesi. Dall'altra pone il problema dell'interpretazione e della veridicità di alcune affermazioni.





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