| Virgilio da Dante al Rinascimento Eneide, Libro IV, 497. Illustrazione di François Gérard in un'edizione del 1798
La presenza di Virgilio è costante nello svolgimento della letteratura italiana. L'eco della sua poesia risuona sovente nelle opere dei nostri più grandi scrittori.
Per Dante Alighieri, l'Eneide diviene modello di alta poesia, fonte di ispirazione di tanti suoi versi. È vero, egli avverte il fascino anche di altri grandi autori del passato, di "Omero, poeta sovrano" di " Orazio satiro", "Ovidio", "Lucano", e poi "Tullio e Lino e Seneca morale" (Inferno, 4, 102 e passim), ma è Virgilio la sua guida, Virgilio "l'altissimo poeta" (ibid.,80). Dante riconosce la grandezza morale, il peso del pensiero antico e nella sua opera fa confluire insieme i valori dell'umanesimo classico e quelli cristiani. Si può considerare pertanto il primo umanista della nostra letteratura: un discepolo di Virgilio, al di là del pensiero medievale.[25] Dalla lettura delle sue opere apprese il senso di partecipazione al dolore universale, la pietas, intesa quest'ultima nel senso morale di adesione al cielo sì, ma anche di attenzione ai valori della terra. Egli si accosta al mantovano non solo per capire "come l'uom s'eterna", ma anche per perfezionare lingua e stile.
Con diversa e più moderna sensibilità si avvicina a Virgilio un cultore degli studia humanitatis come Francesco Petrarca. Il dolore umano alla scuola del poeta antico trova innumerevoli rivoli per elevarsi in una poesia soavemente malinconica. Da lui deriva l'amore per le belle lettere, la nobiltà dei sentimenti e del pensiero, da lui l'arte della perfezione stilistica. La lingua italiana diviene, come vuole de Sanctis, "la dolcissima delle lingue".[26] Intuisce e tramanda ai posteri i più alti segreti della poesia del mantovano. Virgiliano nell'anima, vive a lui unito nello spirito, gli dedica epistole. Petrarca venne salutato come il nuovo Virgilio, modello di poeta, elegante, raffinato: si colloca tra i più grandi lirici di tutti i tempi.
Nell'Umanesimo è ancora Virgilio, unitamente a Cicerone, l'autore più amato, più ricercato come guida di maestria linguistica. Con il ritorno al mondo classico nasce la nuova civiltà in cui confluisce l'antica e, nel contempo, una nuova visione della vita e del mondo. Mantova, Piazza Broletto, statua di Virgilio in cattedra[27]
La lingua latina per tutta la prima metà del Quattrocento domina incontrastata nella nostra letteratura, ed è una letteratura elegante, che raggiunge come per miracolo forme umanissime. Si pensi alle Neniae, le celebri ninne-nanne che il Pontano scrive per il suo bambino; alle Sylvae del Poliziano, ben due dedicate a Virgilio: Manto, carica di suggestioni e risonanze dell'antica bucolica in cui si celebra la poesia pastorale, e il Rusticus, che si ispira invece alle Georgiche, ricolma di immagini e di echi virgiliani. Il Poliziano, complice Virgilio, viene ritenuto il lirico più elegante che abbia scritto in latino.
Della riscoperta del mondo antico non solo la lingua latina viene a giovarsi, ma anche la lingua volgare quando si torna a prediligerla. Jacopo Sannazaro, considerato il "Virgilio cristiano" per il suo De Partu Virginis, nell'Arcadia riproduce la classica bucolica in una lingua armoniosa, piena di fluidità e di malinconia. Non si può non parlare della Fabula di Orfeo del Poliziano: Orfeo ed Euridice come nelle Georgiche rivivono il loro dramma d'amore in un canto accorato, di estrema eleganza. Riporta altresì a Virgilio quella sorta di immersione nell'universo e nella natura presente nella favola del giovane Julio nelle Stanze, così come la Giostra richiama la mente al senso di vaga malinconia delle ombre virgiliane della sera.[28]
Ancor più determinante è l'influsso di Virgilio nel Rinascimento. Il volgare, assurto a piena dignità letteraria, affronta temi alti, impegnativi e viene adottato dai grandi scrittori del tempo. Il riferimento è all'Ariosto e al Tasso.
L’Eneide non poco contribuisce a portare l'Orlando Furioso alle più alte vette della poesia rinascimentale e l'Ariosto tra i più grandi artisti del tempo. Qui Cloridano e Medoro ritrovano il fascino, l'umanità di Eurialo e Niso a rappresentare un sentimento alto come l'amicizia, nobile come la fedeltà; e molte analogie si possono trovare nella caratterizzazione dei guerrieri uccisi nel sonno dalle due coppie. Angelica vive all'unisono con la natura che la circonda, ama le cose semplici e umili, effonde intorno un sentimento virgiliano di pace, di serenità, appena velato di malinconia. Per non riferire di altri temi comuni ai due poeti: l'amore, la giovinezza, l'eroismo, la religione della vita, la rappresentazione dell'animo umano in tutte le sue variazioni.
E si arriva a Torquato Tasso, che da Virgilio eredita finezza e musicalità del dire. Le ingenue parole di Aminta, allorché descrive il primo sbocciare di un amore nuovo nella favola pastorale che da lui prende il nome (atto I, scena II), riportano insistentemente al mondo idillico popolato di prati, ninfe, pastori, boschi, nel quale regna una lieve, sospesa virgiliana malinconia. Il candore di Galatea torna a risplendere nella delicata figura di Erminia, che si desta al "garrir" degli uccelli tra alberi e fiori mentre "scherzan" con l'onda al suon di "pastorali accenti" (Gerusalemme liberata, VII, 5 e 6, passim). Al pari di Didone, Armida, creatura piena di mistero riscopre l'umanità nel dolore e nell'amore. Come l'eroica Camilla, desta commozione la fiera Clorinda. Nell'opera tutta aleggia quel senso di tristezza per il quale molti hanno ritenuto la Liberata il poema italiano forse più vicino all'Eneide[29], già a partire dall'incipit (il verso canto l'armi pietose e il capitano richiama immediatamente il virgiliano arma virumque cano).
Al sommo poeta latino sono intitolate l'Accademia Nazionale Virgiliana e il Liceo Classico di Mantova. Il Liceo, fondato nel 1584, è tuttora considerato uno dei più prestigiosi licei classici d'Italia.
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