Il primo coinvolgimento francese
Partito Teodoro la lotta continua in una situazione di sostanziale stallo.
Da un lato, i còrsi insorti e padroni dell'isola, ma incapaci di conquistarne le fortezze costiere, dall'altro i genovesi serrati nei maggiori centri litoranei, privi di risorse umane e finanziarie per poter lanciare una controffensiva e riprendere il pieno controllo della Corsica.
È in queste circostanze che Genova, rimasta senza alternative - pur di malavoglia e con comprensibile diffidenza - prende una decisione che si rivelerà fatale e accetta l'interessato aiuto che la Francia le offre, desiderosa com'è di mettere le mani sulla Corsica (prevenendo possibili analoghe mosse inglesi o spagnole) pur senza causare un conflitto aperto europeo.
La strategia della Francia di Luigi XV sotto il governo prima del cardinale de Fleury e poi di Germain Louis Chauvelin e del duca de Choiseul, consisterà sostanzialmente nell'installare proprie truppe in Corsica con il pretesto di sostenere il governo genovese, cui però presenterà il conto del mantenimento dell'armata, ben sapendo che la Repubblica difficilmente troverà le risorse necessarie a saldare il debito contratto.
Così nel febbraio 1738 sbarcano in Corsica le prime truppe francesi al comando del generale de Boissieux, che si atteggia a mediatore, senza tuttavia accontentare nessuno.
A dicembre una colonna francese viene ignominiosamente messa in fuga dagli insorti a Borgo e Boissieux viene sollevato dall'incarico, affidato di seguito a Maillebois. Questi prende in mano la situazione e attacca gli insorti.
Già nel luglio del 1739 Giacinto Paoli (seguito dal figlio Pasquale) e Luigi Giafferi sono costretti a riparare in esilio verso l'Italia.
Nel 1741, considerando pacificata l'isola, Maillebois lascia Bastia senza che la Repubblica ligure, da sola, riesca a tenere davvero sotto controllo l'isola, che presto è di nuovo in fermento.
A nulla vale un nuovo compromesso offerto da Genova nel 1743, né la missione pacificatrice intrapresa sull'isola dal francescano Leonardo da Porto Maurizio, condotta nel 1744.
Nell'agosto 1745 una nuova Consulta rivoluzionaria convocata a Orezza mette un nuovo triumvirato alla testa della rivolta, composto da Gian Pietro Gaffori, Alerio Matra e Ignazio Venturini, mentre il còrso fuoriuscito Domenico Rivarola (ex podestà di Bastia nel 1724 e poi colonnello dell'armata sabauda) riesce a convincere Carlo Emanuele III di Savoia a tentare, con l'appoggio degli inglesi (anch'essi bramosi di mettere le mani sulla Corsica) e degli austriaci, una spedizione contro Bastia.
Tra il 1745 e il 1748, con l'aiuto inglese e sabaudo, Domenico Rivarola riesce a mettersi a capo di parte degli insorti e a impegnare duramente i Genovesi a Bastia, ma le divisioni tra i notabili còrsi minano i successi della sua iniziativa e nel 1748 Rivarola muore a Torino, ove s'era recato a cercare nuovi aiuti.
Messi di nuovo alle strette, i Genovesi dovettero ancora ricorrere alla Francia, che inviò a Bastia nuove truppe guidate dal Maresciallo de Cursay.
Questi, oltre a svolgere un ruolo di mediazione, avviò nella capitale dell'isola un'accademia e altre iniziative culturali che avevano lo scopo di installare e di irradiare la cultura francese nell'isola. Il troppo zelo dimostrato dal de Cursay nella sua azione propagandistica in favore della Francia esercitata presso i còrsi, suscitò le ire dei Genovesi.
La Repubblica reagì nel 1753, chiedendo e ottenendo la partenza del Maresciallo e delle sue truppe dall'isola. Frattanto alcuni sicari al soldo di Genova assassinavano il capo degli insorti, Gian Pietro Gaffori.
Va ricordato che queste ultime vicende si inquadrano nello svolgimento della Guerra di successione austriaca che, tra l'altro, porta all'occupazione di Genova da parte delle armate austriache (con il famoso episodio del Balilla, dicembre 1746), e a nuovi, durissimi colpi per la Repubblica, impoverita, invasa e costretta dall'ostilità dei Savoia ad affidarsi sempre più all'influenza della Francia.
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