| La telepatìa, detta anche trasmissione del pensiero, è l'ipotetica capacità di comunicare con la mente, cioè senza l'utilizzo di altri sensi o strumenti.[1][2] Il termine "telepatia" venne introdotto nel 1882 da Frederic William Henry Myers e deriva dal greco τηλε, tèle (lontano) e πάθεια, pàtheia (sentimento). Come la precognizione e la chiaroveggenza, la telepatia fa parte delle cosiddette percezioni extrasensoriali o ESP e più in generale, di quello delle presunte "facoltà paranormali", e rientra perciò nel campo di indagine della parapsicologia.[3]
Storia Lo stesso argomento in dettaglio: Parapsicologia e Joseph Rhine.
I primi studi su questa presunta facoltà paranormale furono condotti dalla Società per la Ricerca Psichica di Londra, verso la fine dell'Ottocento. Durante il XX secolo, furono, soprattutto, scienziati statunitensi, a produrre documenti frutto di ricerca in questo campo, allora ancora controverso, delle facoltà psichiche umane: tra i primi a distinguersi, durante gli anni '20, il professore canadese George Hoben Estabrooks, con un'indagine di valore quantitativo che coinvolgeva alcuni dei suoi studenti presso la facoltà di psicologia della Harvard Univerisity (Cambridge, Massachusetts).
Il primo vero e proprio laboratorio di parapsicologia fu aperto negli anni 1930 negli Stati Uniti d'America, quando il pioniere della parapsicologia a indirizzo di ricerca rigorosamente quantitativo, Joseph Rhine della Duke University di Durham (Carolina del Nord), condusse numerosi esperimenti, con l'ausilio ad esempio delle carte Zener, per accertare l'effettiva realtà della telepatia. Un esempio degli esperimenti con le carte è la serie Pearce-Pratt (dal nome rispettivamente del soggetto, lo studente Hubert Pearce, e dello sperimentatore, J. Gaither Pratt). Secondo quanto riportato da Rhine, nell'arco di oltre 300 esperimenti, Pearce avrebbe ottenuto una media di 9,9 successi per prova su 25. In una serie di 4 esperimenti, si ebbero 558 successi su 1.850 prove: l'aspettativa casuale era nettamente inferiore[4]. Martin Gardner rileva che i risultati di Rhine non furono mai duplicati[5]; Rhine più volte riprovò l'esperimento ma non mostrò mai i dati dei fallimenti[6].
Una completa e dettagliata presentazione degli esperimenti di Rhine è contenuta nel libro Extra-Sensory Perception After Sixty Years (a volte abbreviato come ESP-60), pubblicato nel 1940. L'opera fu accolta con interesse e recensita da varie riviste di psicologia, e nell'anno accademico 1940-1941 fu perfino adottata come libro di testo per corsi introduttivi di Psicologia a Harvard[7].
Secondo una concezione filosofica indiana antica e parzialmente rimodernata, la comunicazione telepatica si effettuerebbe attraverso una immensa rete di cui le persone costituirebbero le maglie, rete che comprende l'universo e nella quale il sensitivo è collegato con le altre parti e ogni cosa è collegata con il tutto[8]. Le sperimentazioni
Negli anni sono state condotte diverse sperimentazioni volte a dimostrare l'esistenza della telepatia. Se da un lato i parapsicologi affermano che dei risultati sono stati prodotti[9][10], dall'altro la comunità scientifica critica la stessa esistenza di tali risultati che sono da imputare a errori di metodo se non a vere e proprie frodi[11]. L'esperimento di Charles T. Tart
Nei primi anni sessanta il parapsicologo Charles T. Tart ricercatore dell'Istituto di Scienza Noetica condusse un esperimento:
«La persona A viene introdotta in una camera di deprivazione sensoriale e collegata elettricamente in modo da rilevare le onde cerebrali, la resistenza della pelle, il ritmo cardiaco, l'attività muscolare e le variazioni del respiro. La persona B viene introdotta in un'altra camera analoga, viene anch'essa collegata e colpita a intervalli casuali da scosse elettriche. Viene poi chiesto alla persona A di indovinare esattamente quando la persona B riceve la scossa»
I risultati, stando a quanto riporta Tart, furono i seguenti: le ipotesi coscienti di A "non mostrarono alcuna relazione con gli eventi reali". Invece, i suoi "tracciati" presentavano variazioni fisiologiche significative proprio in corrispondenza dell'istante in cui B riceveva la scossa. La conclusione: "Possiamo affermare che l'evento non viene registrato dalla 'mente cosciente' del soggetto, il quale, invece, è evidentemente cosciente dell'evento, a un livello biologico fondamentale. A quanto pare il corpo del soggetto sa di questi avvenimenti dei quali, invece, non è a conoscenza lo strato alto del cervello"[12] e discusso da Joseph Chilton Pearce in Exploring the Crack in the Cosmic Egg).»[13][14] Il metodo Ganzfeld
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