| Questa era la loro abitudine ogni sera, e chi di notte rimaneva in città, veniva aggredito e ucciso dalle scimmie. Di giorno invece queste andavano via, mangiavano frutta rubata nei giardini e dormivano sui monti fino a sera, per poi ritornare nella città. Questa città si trovava nelle più remote contrade della Nigrizia. Ma la cosa più strana che mi accadde fra i suoi abitanti fu che un tale con cui avevo passato la notte sul battello, a un certo punto, mi disse: «Signore, tu qui sei straniero: hai un mestiere da praticare?». «No, – gli risposi. – Per Allâh, fratello, non ho nessun mestiere né so far nulla: sono un mercante ricco e facoltoso. Avevo una nave di mia proprietà carica di molti beni e di merci varie, che tuttavia si squarciò in mare, e tutto ciò che vi era sopra andò a fondo. Soltanto col permesso di Dio mi sono salvato perché Egli mi concesse di trovare un pezzo di tavola su cui salii e che mi salvò dal morire annegato».
Allora quell’uomo mi portò una bisaccia di cotone e mi disse: «Prendi questa bisaccia, riempila dei ciottoli di questa città, e va’ con gli abitanti di qui, ai quali ti farò accompagnare raccomandandoti a loro. Tu fa’ quello che faranno loro, e forse così riuscirai a realizzare qualcosa che potrà aiutarti a compiere il viaggio di ritorno al tuo Sindbad-scimmie-nocipaese». Ciò detto, mi prese con sé, mi portò fuori della città dove scelsi piccoli ciottoli di cui riempii la bisaccia. Un certo numero di persone usciva dalla città; egli mi fece accompagnare con loro e a loro mi raccomandò con queste parole: «Costui è uno straniero: prendetelo con voi e insegnategli la raccolta. Forse riuscirà a fare qualcosa per vivere e voi ne avrete retribuzione e ricompensa divina». «Volentieri», risposero, e datomi il benvenuto si misero in cammino e mi condussero con loro.
Ciascuno aveva una bisaccia come quella che avevo io, piena di ciottoli. Continuammo a camminare fino a una vasta valle con alberi così alti che nessuno poteva salirci sopra; in quella valle vi erano molte scimmie che però, quando ci videro, s’impaurirono e fuggirono arrampicandosi sugli alberi. Allora gli uomini cominciarono a gettare i ciottoli che avevano nelle bisacce sulle scimmie, che, spiccati i frutti di quegli alberi, li gettavano sugli uomini. Guardai i frutti che gettavano le scimmie, e compresi che erano noci di cocco. Scelsi allora a caso un grande albero su cui c’erano molte scimmie, mi avvicinai e cominciai a scagliare anch’io ciottoli contro di loro. E quelle, di rimando, spiccate di quelle noci di cocco, me le buttavano addosso e io le raccoglievo, come facevano gli altri. Le pietre della bisaccia non erano ancora finite che io ne avevo raccolte molte. Finito quel lavoro, gli uomini raccolsero tutto ciò che avevano con sé, ognuno si caricò quello che poteva e facemmo ritorno in città quello stesso giorno.
Mi recai dall’amico che mi aveva accompagnato dalla comitiva e gli diedi tutto quello che avevo raccolto ringraziandolo per il favore fattomi. «Prendilo, – mi disse lui – vendilo e utilizzane il guadagno», e datami la chiave di un luogo della sua casa continuò: «Poni qui le noci di cocco che ti sono rimaste, e ogni giorno va’, come hai fatto oggi, con la comitiva e da quello che riporti scegli le noci di cocco non buone, vendile, e utilizzane il guadagno, conservando il resto qui in questo luogo. Forse così potrai raccogliere quel che ti aiuti a partire». «Iddio altissimo ti ricompensi», gli risposi, e feci quello che mi aveva detto.
Sindbad-apes
Ogni giorno riempivo il sacco di ciottoli e andavo con gli altri facendo come loro; essi presero a raccomandarmi l’un l’altro e a indicarmi gli alberi su cui c’erano più frutti. Andai avanti così per un bel pezzo: avevo riunito molte noci di cocco buone e ne avevo vendute molte altre, ricavandone molto denaro con cui compravo tutto ciò che vedevo e che mi piaceva. La mia situazione migliorò e crebbe il mio credito per tutta la città.
Mentre un giorno me ne stavo vicino al mare, una nave giunse in quella città e si ancorò a riva. Ne scesero mercanti con merci, e fecero compere, vendite e baratti delle noci di cocco e quant’altro con la loro merce. Andai allora dal mio amico e lo informai della nave che era giunta, aggiungendo che volevo imbarcarmi per il mio paese. «Come vuoi», mi rispose. Lo salutai e ringraziai per il bene che mi aveva fatto e, recatomi sulla nave, vidi il capitano a cui pagai il prezzo del viaggio, imbarcando sulla nave le noci di cocco e le altre cose che avevo. Partimmo quel giorno stesso e viaggiammo di isola in isola e di mare in mare; in ogni isola in cui facevamo sosta io vendevo e barattavo le noci di cocco, e Dio mi ricompensò in misura maggiore di quello che avevo avuto e avevo perduto.
Passammo per un’isola in cui vi era cannella e pepe in quantità. Alcune persone ci dissero che avevano veduto su ogni grappolo di pepe una grande foglia che lo ricopriva e Dulac-Deryabarlo preservava dalla pioggia quando pioveva; se poi cessava di piovere, la foglia si spostava e si abbassava a lato del grappolo. Io presi con me da quell’isola molto pepe e molta cannella in cambio di noci di cocco. Passammo anche per l’isola Asaràt dove vi è il legno d’aloe, e in seguito da un’altra isola, a distanza di cinque giorni, in cui si trova il legno di Cina che è ancor migliore del legno d’aloe. Gli abitanti di quest’isola vivono in condizioni peggiori e professano una religione peggiore di quelli dell’isola dell’aloe; ad essi infatti piace la vita dissipata e il bere vino, né conoscono l’appello alla preghiera né la preghiera stessa.
In seguito arrivammo ai luoghi dove si pescano le perle. Io diedi ai pescatori di perle un po’ di noci di cocco dicendo loro: «Tuffatevi secondo la mia sorte e fortuna». Essi si tuffarono in quello specchio d’acqua e portarono fuori molte grandi perle pregiate dicendomi: «Per Dio, signore, la tua fortuna è buona!», e io caricai sulla nave tutto quanto avevano portato fuori per me e partimmo con la benedizione di Dio altissimo.
Continuammo a viaggiare fino a Bassora ove sbarcai e mi fermai un po’ di tempo, per dirigermi da lì a Baghdad. Qui andai al mio quartiere e alla mia casa, salutai la mia famiglia e i miei amici che si felicitarono per la mia salvezza; misi in serbo tutte le merci e le robe che avevo, vestii gli orfani e le vedove, feci elemosine e regali anche alla mia famiglia, ai miei amici e conoscenti; e Iddio mi diede il quadruplo di quello che avevo perduto sicché per i molti guadagni e gli utili dimenticai quello che mi era successo e la fatica sofferta, e ripresi la vita di un tempo frequentando gli amici. Questo è quanto di più strano mi è accaduto nel quinto viaggio. Ora cenate e domani venite qui che vi racconterò quello che mi è successo nel sesto viaggio, ancor più meraviglioso.
(Le mille e una notte)
fonte https://lartedeipazzi.blog/2018/11/27/le-m...gio-di-sindbad/
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