IL FARO DEI SOGNI

Ovidio – Scilla, Glauco e Circe

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(((claudio)))
view post Posted on 27/3/2024, 11:14 by: (((claudio)))     Top   Dislike
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Galatea aveva finito il suo racconto. Le Nereidi, sparpagliandosi, se ne vanno nuotando sulle placide onde. E se ne va anche Scilla, ma non osa avventurarsi in mare aperto, e così vaga senza vesti addosso sulla rena asciutta o, quando è stanca, trovata una caletta Dumont-Scilla-Glaucoappartata, si rinfresca le membra nell’acqua che lì si raccoglie.
Ed ecco che, fendendo i flutti, compare un nuovo abitante delle profondità marine: Glauco il quale, mutate le proprie sembianze ad Antedone di fronte all’Eubea, solo da poco [era divenuto un pesce e] viveva nell’oceano. Ecco, viene, vede la vergine e, preso dal desiderio di possederla, si arresta e le dice tutte le parole che pensa possano trattenerla.

Ma lei fugge e, resa veloce dalla paura, raggiunge la cima di un monte che sorge vicino alla spiaggia. È una grande altura che, salendo con lungo pendio dall’acqua verso il cielo, culmina in un’unica punta di fronte al mare.
Qui lei si ferma e, da quel posto sicuro, incerta se quell’essere sia un mostro oppure un dio, ne guarda stupita il colore, guarda i capelli che gli coprono le spalle giù sino al dorso, e si meraviglia nel vedere che dall’inguine in giù il suo corpo si affusola come un pesce.

Glauco se ne accorge e, aggrappandosi a uno scoglio lì vicino: «Non sono un mostro, vergine, né una belva feroce, ma un dio dell’acqua – dice. – E di me non hanno sul mare più potere Proteo, Tritone o Palemone, il figlio di Atamante. Prima però ero un mortale, ma a dire il vero già allora il mondo mio era il mare profondo e già allora la mia vita si svolgeva in mare. A volte trascinavo reti ricolme di pesci; altre, seduto su uno scoglio, pescavo con canna e lenza.

Al margine di un prato verde c’è una spiaggia: su una parte di questa si riversano le onde del mare, sull’altra si spande un’erba che nessuna giovenca selvatica ha mai violato coi suoi morsi, e che voi, placide pecore o irsute caprette, mai avete brucato. Mai lì, col loro zelo, le api colsero dai fiori il polline, mai lì si son fatte ghirlande per le feste, mai una mano armata di falce tagliente vi è passata. Io fui il primo a sedermi su quelle zolle, mentre le reti bagnate erano stese ad asciugare, e per contarli in bell’ordine sopra vi disposi i pesci catturati, quelli che il caso aveva sospinto nelle reti o la loro ingenuità sugli ami adunchi.

Ti sembrerà un’invenzione, ma inventare a che mi gioverebbe? A contatto con l’erba, la mia preda cominciò ad agitarsi, a saltare su un fianco e a guizzare sulla terra come fosse Spranger-Scilla-Glaucoin acqua. E mentre io trasecolo impietrito dallo stupore, l’intero branco si rituffa in mare lasciando la spiaggia e il nuovo padrone.
Rimango attonito, a lungo in dubbio e cerco di darmi una spiegazione: se sia stata opera di un nume o del succo di un’erba: “Ma quale erba può avere questo potere?”, mi dico, e con la mano intanto ne colgo un ciuffo e, quando l’ho colto, lo mordo con i denti.

La gola aveva appena assorbito quel succo misterioso, che improvvisamente sentii dentro di me un’agitazione e in petto il desiderio travolgente di un’altra natura. Non potei resistere a lungo. “Addio, terra, a cui più non tornerò!”, dissi e mi tuffai sott’acqua.
Gli dèi del mare mi accolgono, onorandomi come loro pari, e pregano Oceano e Teti di togliermi ciò che di mortale potevo ancora avere. Purificato sono da loro che, recitata nove volte la formula che lava dalle impurità, mi ordinano di esporre il petto al getto di cento fiumi. E subito fiumi scendono da ogni dove e mi rovesciano addosso una valanga d’acqua.



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