IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici in Estonia

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Pagine nella categoria "Gruppi etnici in Estonia"

Questa categoria contiene le 7 pagine indicate di seguito, su un totale di 7.
E

Estoni

R

Russi
Russi del Baltico
Russi in Estonia

S

Setos
Svedesi d'Estonia

T

Tedeschi del Baltico







......................................................................................




Estoni

Gli Estoni sono il gruppo etnico che vive in maggioranza in Estonia.

È una delle etnie ugrofinniche europee, insieme ai Finlandesi ed Ungheresi.

Parlano la lingua estone, una delle lingue ufficiali dell'Unione europea e parte della famiglia delle lingue finniche.
Storia

Si pensa che il nome "Eesti", o "Estonia", derivi dalla parola Aestii, il nome dato dagli antichi popoli germanici ai gruppi che vivevano a nord-est del fiume Vistola. Lo storico romano Tacito, nel 98 fu il primo a menzionare il popolo "Aestii", mentre gli antichi scandinavi chiamarono le terre a sud del golfo di Finlandia "Eistland" e le genti ivi stanziate "eistr". I primi estoni (così come gli altri gruppi di lingua finlandese) furono denominati anche Ciudi, con significato dispregiativo, (чудь) nelle antiche cronache degli slavi.
Danza tradizionale estone all'Estonian Cultural Festival di San Francisco

La lingua estone appartiene al ramo balto-finnico del gruppo linguistico ugro-finnico, così come la lingua finlandese. Il primo libro in estone è stato stampato nel 1525, mentre i più antichi esempi conosciuti di estone scritto provengono da cronache del XIII secolo.

Gli Estoni hanno solidi legami con i paesi nordici, derivanti da forti influenze culturali e religiose acquisite nei secoli durante il dominio e l'insediamento scandinavo e tedesco.

Durante il governo sovietico di Stalin la percentuale di Estoni indigeni in Estonia diminuì: ciò fu dovuto principalmente alle deportazioni perpetrate tra il 1940 e il 1953 (anno della morte di Stalin e inizio del periodo della destalinizzazione) e al programma di immigrazione di massa dalla Russia e da altri luoghi dell'ex Unione Sovietica in aree urbane industriali dell'Estonia, tristemente chiamato russificazione. Tuttavia, fu soprattutto l'emigrazione in tempo di guerra a dare il maggior contributo.

Dal restauro dell'indipendenza in Estonia, la popolazione etnica estone sta crescendo costantemente, per arrivare ora a circa il 69%.

La maggior parte degli emigrati estoni vive in Russia, Finlandia, Svezia, Stati Uniti, Canada o altri paesi occidentali. Nella vicina Lettonia ci sono circa 2 700 estoni (censo del 1997) ed in Lituania il numero era di 600 nel 1989.
Emigrazione
Durante la seconda guerra mondiale, quando l'Estonia è stata invasa dall'Armata Rossa nel 1944, un gran numero di Estoni abbandonò la propria terra natia su navi o piccole imbarcazioni nel Mar Baltico. Molti di questi profughi che sono sopravvissuti al rischioso viaggio in mare verso la Svezia e la Germania, si sono spostati successivamente da lì e si sono stabiliti in Canada, negli Stati Uniti e in Australia. Vennero effettuate deportazioni sovietiche di massa dall'Estonia verso la Siberia. Dopo che il paese ha ristabilito la sua indipendenza nel 1991, alcuni dei rifugiati e i loro discendenti sono tornati in Estonia, facendo risalire di quasi il 10% la percentuale di estoni nella loro terra d’origine.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Estoni

 
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Russi


I russi (in russo русские?, russkie) sono il gruppo etnico di maggioranza della Russia, dove rappresentano l'80% della popolazione totale con quasi 116 milioni di individui.[1]

Con il termine russi ci si riferisce di solito al popolo della Russia nella sua globalità, a discapito, molto spesso, delle numerose minoranze etniche presenti nel paese.[32] Russo nel senso di "abitante della Russia" si dice in lingua russa rossijanin (россиянин, plurale: россияне, rossijane), mentre a un russo etnico ci si riferisce con il termine russkij (русский, plurale: русские; russkie).

Popolazione

I russi sono il più grande gruppo etnico europeo ed uno dei più grandi del mondo, con una popolazione totale di circa 137 milioni di persone sparse per il globo. Di queste, circa 116 milioni vivono in Russia, mentre altri 18 milioni vivono nelle regioni adiacenti. Una significativa porzione di russi (circa 3 milioni) si è stabilita in Nord America e in Europa Occidentale ma la maggioranza vive in Europa dell'Est e in Asia (anche in Cina, dove fanno parte dei 56 gruppi etnici riconosciuti ufficialmente dalla Repubblica Popolare Cinese).
Religione
Matrimonio secondo la tradizione rodnovara russa.
Lo stesso argomento in dettaglio: Religione in Russia.

In Russia una percentuale stimata del 43,5% della popolazione si dichiara non religioso secondo il censimento del 2010.[33] Il cristianesimo ortodosso della Chiesa ortodossa russa è la fede predominante tra coloro che professano una religione con il 41% (c. 58 milioni) di aderenti sul totale della popolazione.[33] Esso ha giocato un ruolo importante nello sviluppo della identità nazionale russa. Il 6,5% della popolazione russa (c. 9 milioni) è di fede islamica; si tratta soprattutto di popoli rossijane (cittadini russi) turco-mongolici, e non di russkie (russi etnici slavi).[33] A partire dagli ultimi anni dell'Unione Sovietica e specialmente dopo il suo crollo, dagli anni 1990, si è diffuso rapidamente tra i russi un movimento di ritorno alla religione pre-cristiana, la rodnoveria, cui aderisce circa l'1,2% (c. 2 milioni) della popolazione.[33]
I russi al di fuori della Russia

I russi etnici migrarono attraverso l'area dell'Impero russo prima e dell'Unione Sovietica poi, a volte incoraggiati a stanziarsi nelle terre di frontiera. Alcune comunità di russi etnici, come i Lipovani stanziati presso il delta del Danubio o i Doukhobor in Canada, sono il risultato delle ondate migratorie di gruppi di dissidenti religiosi che si opposero al governo centrale. Oggi le più grandi comunità di russi etnici del mondo si trovano in Ucraina (circa 8 milioni), Kazakistan (4 milioni), Bielorussia (1,2 milioni), Israele (1,1 milioni), Lettonia (700 000), Uzbekistan (650 000) e Kirghizistan (500 000). Nelle isole Svalbard, appartenenti alla Norvegia, sebbene siano in poche centinaia, rappresentano la principale minoranza insieme agli Ucraini. Vi sono anche piccole comunità di russi nei Balcani o in nazioni dell'Europa Centrale come la Repubblica Ceca, come anche in Cina e in America Latina. I componenti di queste comunità possono identificare loro stessi come membri dell'etnia russa o di etnie di altri paesi, oppure di entrambe, a seconda dell'influenza culturale delle proprie origini.

I governi e la maggioranza della pubblica opinione in Estonia e Lettonia, dove è raccolta la più grande fetta di russi tra i Paesi baltici, sono del parere che i russi etnici siano arrivati in questi paesi come parte delle ondate migratorie dell'era sovietica e che abbiano imposto una sorta di "russificazione" ai residenti storici come conseguenza della "colonizzazione" imposta da Mosca, cambiando gli equilibri etnici della regione. Tra i Russi che migrarono nei Paesi baltici, molti scelsero queste regioni per meri motivi economici, mentre a molti altri questo spostamento fu imposto.

Le persone che arrivarono in Lettonia e in Estonia durante l'era sovietica, in larga parte russi, avevano spesso un'unica scelta: quella di acquisire la cittadinanza dopo aver superato un test per dimostrare la conoscenza della lingua nazionale e degli usi e costumi del paese ospitante. La questione della lingua è una questione dibattuta ancora oggi, particolarmente in Lettonia, dove i russi hanno spesso protestato contro i piani governativi che avallano l'uso della lingua nazionale al posto del russo. Sin dal 1992, l'Estonia ha naturalizzato circa 137 000 residenti di cittadinanza non definita, in larga parte russi. Tuttora, circa 84 000 russi etnici, ovvero il 7% della popolazione totale, resta senza cittadinanza.

Anche se non in modo massiccio come altri gruppi etnici, molti russi sono emigrati in passato in varie parti del mondo, in particolare in Canada, negli Stati Uniti e in Australia. Brighton Beach, nella zona di Brooklyn a New York, è un esempio di comunità di immigrati russi. Un altro è Sunny Isles Beach, un sobborgo a nord di Miami. Al contempo, molti Russi etnici sono emigrati dai territori della ex Unione Sovietica a quelli dell'odierna Russia fin dai primi anni novanta. Molti di loro divennero rifugiati di molti Stati dell'Asia Centrale e del Caucaso (così come i rifugiati russi della Cecenia, costretti ad emigrare dalla politica ostile ai russi condotta dalle autorità cecene negli anni passati). A tal proposito, sia l'Unione europea che il Consiglio d'Europa, così come il governo russo, hanno espresso le loro preoccupazioni per i diritti delle minoranze in parecchi paesi europei, principalmente in Lettonia.
Cinesi russi

In Cina, i russi (俄罗斯族, pinyin: Èluósī zú) sono una delle 56 etnie ufficialmente riconosciute dalla Repubblica popolare Cinese. Vi sono all'incirca 15 600 russi etnici in Cina, molti dei quali stanziati a nord della provincia di Xinjiang, nella Mongolia Interna e in Heilongjiang.
I russi come gruppo etnico

I primi antenati dei russi furono le tribù dei primi Slavi orientali, che migrarono verso le regioni orientali europee nell'Alto Medioevo. Le principali tribù slave stanziate all'epoca nelle regioni dell'odierna Russia europea sono i Vjatič, i Krivič, i Severiani e gli Slavi dell'Ilmen. Dall'XI secolo, gli Slavi orientali assimilarono le tribù ugrofinniche dei Merja e dei Muromiani.
Russi famosi

Essi cominciarono a riconoscersi in un'etnia separata e distinta nel corso del XV secolo, quando cominciò a diffondersi l'appellativo di "Russi Moscoviti", durante il consolidamento della Moscovia.

Tra il XII e il XVI secolo i russi conosciuti come "Pomori" migrarono verso nord e si stanziarono sulle coste del Mar Bianco. Come conseguenza delle migrazioni e delle conquiste russe (dopo la liberazione dal dominio del Khanato dell'Orda d'Oro mongolo) durante i secoli XV e XVI, molti gruppi di russi si stanziarono nelle regioni degli odierni circondari federali del Volga, degli Urali e Meridionale. Tra il XVII e il XIX secolo essi si spostarono poi verso le interminabili distese della Siberia e dell'Estremo Oriente. Un ruolo determinante in queste espansioni territoriali e ondate migratorie fu giocato dai Cosacchi.

Secondo la maggior parte degli etnologi, i russi etnici sono i discendenti del popolo dei Rus' (slavi orientali della Rus' di Kiev); gradualmente, essi si sono evoluti in un'etnia separata, differenziandosi dai gruppi che sono poi diventati bielorussi e ucraini. Altri etnologi affermano invece che i russi erano un gruppo di origine slava distinto già prima dell'avvento della Rus' di Kiev. Altri ancora credono che il momento storico della distinzione di un gruppo etnico russo non si colloca nel periodo della separazione di questi dai Rus' occidentali e che l'etnia russa sia un misto di tribù slave orientali e tribù non slave (come, per esempio, i popoli finno-ugrici, i baltici e i turchi). In ultima analisi, l'origine stessa dei popoli slavi non è chiara e non vi può quindi essere un consenso definito sull'origine di una etnia russa.


https://it.wikipedia.org/wiki/Russi
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Russi del Baltico

I russi del Baltico sono tutti quei cittadini di etnia russa o che parlano come prima lingua quella russa i quali vivono in Estonia, Lettonia e Lituania. Nel 2017 si contava 1 milione di russi etnici negli Stati baltici,[1][2][3] un dato in calo rispetto agli 1,7 milioni del 1989, l'anno dell'ultimo censimento avvenuto in epoca sovietica.[4][5]

Storia

La maggior parte degli odierni russi del Baltico sono migranti dell'epoca sovietica o vantano discendenti che provenivano dalla RSFS Russa,[6] sebbene una parte relativamente piccola di loro possa far risalire la loro ascendenza nell'area anche ai secoli precedenti.

Secondo le statistiche ufficiali, nel 1920, i russi etnici (la maggior parte dei quali risiedevano lì dai tempi dell'Impero) costituivano il 7,82% della popolazione nella Lettonia indipendente, crescendo al 10,5% nel 1935.[7] La quota di russi etnici nella popolazione dell'Estonia indipendente era di circa l'8,2%, di cui circa la metà erano uomini e donne che vivevano nelle aree urbane e circostanti di Pečory e Izborsk, città assegnate al territorio estone di concerto con il trattato di Tartu del 1920, ma in seguito trasferite alla RSFS Russa dalle autorità sovietiche nel 1945.[7] Le restanti contee del Paese baltico più settentrionale erano per il 97,3% popolate da estoni nel 1945. La quota di russi etnici nella Lituania indipendente (esclusa la regione di Vilnius, allora annessa dalla Polonia era ancora minore, ovvero circa il 2,5%.[8]

In accordo con i termini del patto Molotov-Ribbentrop del 1939, l'Unione Sovietica invase e successivamente annesse (legittimamente secondo la storiografia sovietica, illegittimamente secondo il giudizio delle potenze occidentali) Estonia, Lettonia e Lituania come repubbliche socialiste nel 1940. La Germania nazista si spinse verso est quando dichiarò guerra all'URSS nel 1941 e si insediò una settimana più tardi della prima deportazione di massa coordinata da Mosca. I membri del partito comunista giunti nel 1940 si ritirarono in aree interne dell'URSS e i regimi fantoccio installati vennero smantellati; chi cadde in mano dei tedeschi fu trattato duramente o assassinato. L'Unione Sovietica rioccupò gli Stati baltici nel 1944-1945 quando la seconda guerra mondiale volgeva al termine.

Immediatamente dopo la chiusura del conflitto, negli Stati baltici si verificò un forte afflusso di persone da altre repubbliche dell'URSS come parte di un processo di russificazione e sovietizzazione.[9] I nuovi migranti parteciparono al processo di industrializzazione dell'economia lettone, trattandosi più che altro di operai edili o impegnati nella manifattura, nel metalmeccanico e nel tessile che si stabilirono nelle principali aree urbane. Oltre ai civili, la costituzione di strutture militari comportò l'afflusso del personale militare e di quello associato alla manutenzione, poiché gli stati baltici risultavano de facto tra i paesi a ridosso del blocco occidentale sul Mar Baltico. Molti soldati dell'Armata Rossa optarono per non far ritorno nelle proprie aree di provenienza dopo il pensionamento, attratti dalla qualità della vita relativamente migliore rispetto al resto dell'URSS. Nacquero per questo motivo aspre controversie con la Russia sulla questione delle pensioni militari ancora da pagare dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica.[10]

Dopo la morte di Stalin nel 1953, la spinta migratoria verso la RSS Lituana subì una brusca frenata, a causa delle diverse politiche sull'urbanizzazione, sull'economia e su altri ambiti rispetto a quelle perseguite dalla RSS Lettone e dalla RSS Estone.[11] Comunque sia, l'andirivieni di russi che si spingevano verso la repubblica baltica più meridionale non si arrestò del tutto e nuove frotte di lavoratori russi giunsero per partecipare a importanti progetti di costruzione, come nel caso delle centrali elettriche.[11]

In Lettonia ed Estonia, il quadro demografico negli anni '80 vedeva una forte presenza di cittadini di etnia straniera: i russi costituivano circa un terzo della popolazione in Estonia, mentre in Lettonia i baltici erano poco più del 50%. In Lituania, invece, nel 1989 circa il 20% rientrava tra le minoranze.[12][13][14]

Diversi giuristi hanno fatto notare in seguito che "in conformità con l'articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra, sottoscritta anche dall'URSS nel 1949, l'insediamento dei russi negli Stati baltici durante il secondo dopoguerra era contrario alle norme di diritto internazionale" ("La potenza occupante non deve deportare o trasferire gruppi della propria popolazione civile nel territorio che occupa").[15][16][17] Dal canto suo, Mosca segnalava che poiché gli Stati baltici aderirono volontariamente all'URSS nel 1940, la convenzione risultava inapplicabile per le tre repubbliche socialiste.

Continuando ad operare tramite ambasciate o governi in esilio, e fiduciosi dal punto di vista del diritto internazionale e dei trattati in vigore al momento della prima occupazione sovietica, gli stati baltici continuarono a considerare la presenza sovietica sul suolo estone, lettone e lituano alla stregua di un'occupazione illegittima per tutta la sua durata.[18][19] Secondo tale assunto, noto come continuità legale, il primo periodo di indipendenza per i tre stati non sarebbe mai cessato e pertanto, per questa ragione, dopo il 1990 si procedette a ripristinare le vecchie disposizioni normative, le costituzioni e i trattati stipulati prima della seconda guerra mondiale: ovviamente, nel corso degli anni antecedenti al XXI secolo, le leggi subirono un articolato processo di revisione, soprattutto in tema di cittadinanza e linguistico.[nota 1]

Alcuni russi del Baltico, in particolare quelli che si erano stanziati a vivere nella regione non molto tempo prima che i tre paesi riottenessero l'indipendenza nel 1991, si spostarono di nuovo in Russia e in altre ex repubbliche sovietiche (come il Kazakistan per esempio) all'inizio degli anni '90.[20][21][22] La Lituania, meno toccata dall'immigrazione, concesse in maniera automatica la cittadinanza. In Lettonia ed Estonia, coloro che non avevano legami familiari con la Lettonia prima della seconda guerra mondiale non ricevettero lo stesso trattamento. Chi non richiese la cittadinanza russa durante il periodo di tempo messo a disposizione, conseguì lo status di "non cittadino" residente in maniera stabile.[23]
Status attuale

I russi lituani risiedono soprattutto nelle città: nella capitale Vilnius, costituiscono il 14% della popolazione, nella terza città lituana Klaipėda non superano il 20%.[24] Altre città lituane, incluso il secondo agglomerato più grande Kaunas, contano percentuali inferiori di russi, mentre nella maggior parte dei piccoli centri e villaggi la presenza è trascurabile (ad eccezione di Visaginas con il 52,4%).[24] In totale, il 5,88% della popolazione lituana è di etnia russa.[25]

Discorso diverso per la Lettonia, dove i russi costituiscono quasi la metà della popolazione della capitale Riga. A Daugavpils, secondo centro più importante, dove già prima della Grande Guerra i russi erano il secondo gruppo etnico più nutrito dopo gli ebrei,[26] i lettoni risultano in minoranza. Ad oggi, circa il 25% della popolazione lettone è di etnia russa.[27]

In Estonia, i russi sono concentrati nelle aree urbane, in particolare a Tallinn e nella contea nord-orientale di Ida-Virumaa. Nel 2011, il 38,5% della popolazione di Tallinn era di etnia russa, ma un dato ancora più sorprendente è che il 46,7% parlava il russo come lingua madre.[28] Nel 2011, il censimento nazionale ha svelato comunità russe a Narva (82%),[29] Sillamäe (circa 86%)[30] e Kohtla-Järve (70%).[31] Nella seconda città più grande dell'Estonia, Tartu, l'etnia russa costituisce circa il 16% della popolazione.[32] Nelle zone rurali la percentuale scende (13 delle 15 contee dell'Estonia sono per oltre l'80% di etnia estone). Nel complesso, i russi etnici costituiscono il 24% della popolazione dell'Estonia (la proporzione di russofoni è, tuttavia, leggermente più alta, perché il russo è la lingua madre di molti ucraini, bielorussi ed ebrei residenti in maniera stabile nel paese).[33]

La domanda di lavoratori dell'industria ha spinto i russi a stabilirsi nelle città più grandi. In tutti e tre i paesi, gli insediamenti rurali sono abitati quasi interamente dai principali gruppi etnici nazionali, ad eccezione di alcune aree dell'Estonia orientale e della Lettonia con una storia più lunga di villaggi russi e misti. La città lituana di Visaginas è stata costruita per i lavoratori della centrale nucleare di Ignalina e quindi ha una maggioranza straniera. Uno studio del 2014 ha rilevato che molti russi si identificavano con il luogo in cui vivevano.[34]

Dopo l'adesione di Estonia, Lettonia e Lituania all'Unione europea il 1º maggio 2004, molti russi del Baltico si sono trasferiti in altri paesi dell'UE. In particolare, decine di migliaia di essi (soprattutto quelli con cittadinanza UE) sono giunti nel Regno Unito e in Irlanda, ovvero le prime realtà di ingresso meno recente ad aprire i loro mercati del lavoro ai nuovi membri dell'Unione. Provenienti dalle tre capitali baltiche, la rotta seguita con il proprio passaporto europeo li ha spinti a Londra, Dublino e in altre città delle due isole.[35] Tali cittadini costituiscono una parte sostanziale della comunità di lingua russa nella capitale inglese, pur non esistendo statistiche affidabili sul loro numero esatto: nel Regno Unito, essi sono infatti conteggiati come cittadini dei paesi baltici e non come russi.[36]
Cittadinanza

Dopo il ripristino dell'indipendenza nel 1991, la Lettonia e l'Estonia hanno riportato in vigore le leggi sulla cittadinanza pre-1940 sulla base della continuità giuridica della loro statualità per tutto il periodo 1940-1991, riconoscendo automaticamente la cittadinanza secondo il principio dello ius sanguinis per le persone che disponevano della cittadinanza prima del 16 giugno 1940 e per i loro discendenti. La maggior parte di coloro che si erano stabiliti nel territorio di queste repubbliche dopo l'annessione dell'URSS ha conseguito il diritto di ottenere la cittadinanza attraverso la procedura di naturalizzazione, la quale non scattava pertanto in automatico. Una simile politica ha interessato non solo i russi, ma anche i discendenti di quegli estoni e lettoni emigrati da questi paesi prima della proclamazione dell'indipendenza nel 1918.[37] L'Estonia è stata inoltre la prima nazione al mondo a introdurre la cittadinanza digitale.[38] La doppia cittadinanza non è stata consentita, tranne per coloro che hanno acquisito la cittadinanza per nascita.[39]

La conoscenza della rispettiva lingua ufficiale e in alcuni casi della legge fondamentale e/o della storia e un giuramento di fedeltà all'ordinamento costituzionale stabilito sono stati posti come condizione per ottenere la cittadinanza per naturalizzazione. Tuttavia, la presunta difficoltà dei test di lingua è diventata materiale di contesa internazionale, poiché il governo della Russia, il Consiglio d'Europa e diverse organizzazioni per i diritti umani sostenevano fosse stato reso impossibile per molti russi in età avanzata cresciuti nella regione baltica conseguire lo status sperato. Di conseguenza, la procedura è stata modificata,[39] ma un'ampia fetta di russi in Lettonia ed Estonia è ancora non cittadino o straniero.[39] Una conseguenza sociale interessante riguarda coloro che non hanno presentato domanda di cittadinanza, visti con sospetto e come soggetti che evitano deliberatamente il processo di naturalizzazione.[40] Per molti, un motivo importante per non presentare la richiesta è data dal fatto che la Russia offre un trattamento di favore ai non cittadini: essi sono infatti agevolati nel conseguire una professione o nel visitare i parenti in Russia. I cittadini degli stati baltici, invece, devono richiedere il visto.[40]

La questione della lingua è ancora controversa, in particolare in Lettonia, dove ci sono state proteste contro i piani per richiedere che almeno il 60% delle lezioni nelle scuole superiori di lingua russa finanziate dallo stato venissero insegnate in lettone (nella prima versione della legge sull'istruzione questa era del 100%).[41][42]

Al contrario, la Lituania ha concesso la cittadinanza a tutti i suoi residenti al momento del giorno della ridichiarazione dell'indipendenza per chi la desiderasse, senza che fosse necessario sostenere un esame di lituano.[43] Probabilmente il motivo principale per cui la Lituania ha adottato un approccio meno restrittivo rispetto a Lettonia ed Estonia è determinato dalla circostanza che, mentre nel primo di questi ultimi due paesi i lettoni etnici costituivano solo una piccola maggioranza della popolazione totale, e nel Paese baltico più settentrionale gli estoni costituivano circa il 70%, più a sud i lituani etnici erano circa l'80% della popolazione.[44] Pertanto, per quanto concerne il voto alle elezioni nazionali o ai referendum, le opinioni dei lituani etnici avrebbero probabilmente avuto la meglio se ci fosse stata una differenza di opinione tra i lituani e le minoranze più grandi (russi e polacchi),[25] ma questo era meno scontato a nord, soprattutto in Lettonia.

Alcuni rappresentanti delle comunità etniche russe in Lettonia ed Estonia hanno talvolta segnalato casi di discriminazione da parte delle autorità: queste chiamate sono spesso state fatte notare dalla Russia. Dal canto loro, la Lettonia e l'Estonia respingono le accuse, rivolgendosi anzi a Mosca come desiderosa di sfruttarle per scopi politici. Negli ultimi anni, quando esponenti di spicco nella politica russa hanno iniziato a parlare del "vecchio spazio sovietico" come parte della loro sfera di influenza,[45] tali affermazioni hanno infastidito, se non allarmato, le repubbliche baltiche.[46]

Estonia, Lettonia e Lituania dal 2004 sono frattanto diventate membri della NATO e dell'Unione europea.[47] Per soddisfare una condizione preliminare per la loro ammissione nell'UE, sia l'Estonia che la Lettonia hanno leggermente modificato le loro politiche in materia di cittadinanza in risposta al monitoraggio e alle richieste di Bruxelles. Le obiezioni sui diritti fondamentali mosse dai russi e da altre minoranze sembrano avere avuto da allora meno risonanza rispetto agli anni in cui le domande di adesione alla comunità europea dei paesi baltici erano ancora pendenti.[48]
Attività politica
Nils Ušakovs, il primo sindaco di etnia russa di Riga nella Lettonia indipendente

Esiste un discreto numero di movimenti ed esponenti politici negli stati baltici che affermano di rappresentare la minoranza di lingua russa. Simili formazioni sostengono i diritti di chi parla la lingua russa, chiedono la cittadinanza per tutti i residenti a lungo termine in Lettonia ed Estonia e tendono ad avere visioni di sinistra in altri ambiti.[49] In Lettonia, il loro peso politico è maggiore: si pensi all'Unione Russa di Lettonia, la quale conta un seggio nel parlamento europeo tenuto da Tatjana Ždanoka e al più moderato partito Partito Armonia, attualmente la più grande fazione del Saeima con 24 deputati su 100. Si considerino inoltre il partito dell'ex sindaco di Riga Nils Ušakovs e al rappresentante nominato nel 2014 al Parlamento europeo Andrejs Mamikins.[50]

Anche in Estonia esiste il Partito della Sinistra Unita Estone: tuttavia, esso non vanta seggi nel Riigikogu e il Partito di Centro Estone è quello ritenuto più rappresentativo per i russi estoni.[49] Ciò è in parte dovuto al suo accordo di cooperazione con la Russia Unita, alla sua difesa di legami più amichevoli con il governo russo rispetto ad altri partiti estoni tradizionali e alla prevalenza di russi e russofoni tra i consiglieri municipali del partito e parlamentari.[51]

Nel 2011, alcuni gruppi russofoni in Lettonia hanno raccolto firme sufficienti per avviare il processo di modifica della Costituzione per conferire al russo lo status di lingua ufficiale: il 18 febbraio 2012 si è tenuto il referendum costituzionale sull'opportunità di adottare il russo come seconda lingua.[52] Secondo la Commissione elettorale centrale, il 74,8% ha votato contro, il 24,9% ha votato a favore e l'affluenza alle urne è stata del 71,1%.[53] La comunità dei non cittadini (290.660, ovvero il 14,1% dell'intera popolazione lettone) non disponeva del diritto di voto.[54]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Russi_del_Baltico

 
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Russi in Estonia


La comunità dei russi in Estonia è stimata in 320.000 cittadini,[1] la maggior parte dei quali vive nelle aree urbane delle contee di Harju e Ida-Viru. L'Estonia vanta una storia tricentenaria di insediamenti su piccola scala costruiti dai Vecchi credenti russi lungo il lago dei Ciudi. La maggior parte dei russi trasferitisi in Estonia si è spostata nel periodo sovietico.

Primi contatti

I termini estoni per indicare i russi, vene e venelane, derivano dall'antico prestito germanico veneð, usato in riferimento ai Venedi, i quali si esprimevano in una lingua slava e vivevano sulla costa meridionale del Mar Baltico.[2][3]

Il principe Jaroslav I della Rus' di Kiev sconfisse i Ciudi nel 1030 e costruì il forte di Jurjev (nell'odierna Tartu),[4] sopravvissuto fino al 1061, anno in cui gli abitanti di Kiev furono scacciati dalla tribù dei Sosoli.[5][6]

Un insediamento proto-russo medievale era quello di Kuremäe, in Vironia. La comunità ortodossa della zona costruì una chiesa nel XVI secolo e nel 1891 nacque il convento di Pühtitsa proprio su quel sito.[7] L'influenza culturale dei russi lasciò un segno sulla lingua estone, come evince da una serie di parole quali "turg" (commercio) e "rist" (croce) adottate dallo slavo orientale.[8]

Nel 1217, un esercito congiunto di ugauni e novgorodiani difese la roccaforte di Otepää dai crociati tedeschi, i quali avevano cominciato ad affacciarsi nei Paesi baltici. Il principe sostenuto dai novgorodiani Vetseke morì nel 1224 con tutta la sua družina per non consentire ai Cavalieri portaspada guidati da Alberto di Riga di espugnare la fortezza di Tarbatu.[9]

Le chiese ortodosse e le piccole comunità di mercanti e artigiani orientali si stanziarono nelle città della Livonia, così come permasero i da poco intrattenuti legami commerciali con la Repubblica di Novgorod e i principati di Pskov e Polack. Nel 1481, Ivan III di Russia pose l'assedio al castello di Fellin (Viljandi) e conquistò in breve diverse città della Confederazione livoniana in risposta a un precedente attacco a Pskov.[10] Tra il 1558 e il 1582, Ivan il Terribile conquistò gran parte della Livonia continentale nel corso della guerra di Livonia, ma alla fine i russi dovettero piegarsi agli eserciti lituano-polacchi e svedesi. Lo zar Alessio conquistò nuovamente le città della Livonia orientale, tra cui Dorpat (Tartu) e Nyslott (Vasknarva) tra il 1656 e il 1661, ma dovette cedere queste terre alla Svezia.
Dal XVII secolo al 1940
Un villaggio russo di vecchi credenti con una chiesa a Piirissaar, sul lago dei Ciudi

L'inizio del continuo processo di insediamento russo in quella che oggi è l'Estonia risale alla fine del XVII secolo, quando diverse migliaia di Vecchi credenti russi, sfuggiti alla persecuzione religiosa in Russia, si stabilirono in aree allora una parte dell'Impero svedese vicino alla costa occidentale del lago dei Ciudi.[11]

Nel XVIII secolo, dopo la grande guerra del nord, i territori dell'Estonia divisi in Governatorato dell'Estonia e della Livonia entrarono a far parte dell'Impero russo ma preservarono l'autonomia locale e furono amministrati in modo indipendente dalla nobiltà tedesco-baltica locale attraverso un Consiglio regionale feudale (in tedesco: Landtag).[12] La seconda ondata migratoria giunse in concomitanza della conquista della regione del Baltico settentrionale, inclusa l'Estonia, a scapito della Svezia nel 1700-1721. Sotto il dominio russo, il potere nella regione rimase principalmente nelle mani della nobiltà tedesca, ma un numero limitato di incarichi amministrativi fu gradualmente assunto dai russi, stabilitisi a quel tempo presso Reval (Tallinn) e in altre grandi città.

Un numero relativamente più alto di lavoratori di etnia russa si stabilì a Tallinn e Narva durante la fase di sviluppo industriale alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX secolo. Dopo la prima guerra mondiale, la quota di etnia russa nella popolazione dell'Estonia indipendente ammontava al 7,3%.[13] Circa la metà di questi erano russi che vivevano a Narva, Ivangorod, nell'Ingria estone e nella contea di Petseri, annesse al territorio dell'Estonia ai sensi del trattato di pace di Tartu del 1920, per poi ritornare in mano alla RSFS Russa (eccezion fatta per Narva) nel 1944.

Nel periodo interbellico, i russi, in armonia con una legge del 1925 che tutelava le minoranze etniche, istituirono autogoverno culturali.[14] Lo stato tollerò la presenza della Chiesa ortodossa russa e divenne la patria di molti emigrati che decisero di trasferirsi all'indomani della Rivoluzione d'ottobre del 1917.[15]
Seconda guerra mondiale e RSS Estone
Mappa dell'Estonia immediatamente antecedente al 1940. La maggior parte dei russi si era stanziata nelle regioni orientali del Paese

Ai sensi del patto Molotov-Ribbentrop del 1939, l'Unione Sovietica occupò gli Stati baltici nel 1940:[16] seguì dunque un'intensa repressione degli estoni etnici. Secondo Sergei Isakov, quasi tutte le società, i giornali, le organizzazioni di etnia estone furono chiuse nel 1940 e i loro attivisti perseguitati.[17] La vecchia nazione, rinominata in Repubblica Socialista Sovietica Estone, rimase annessa all'URSS fino al 1991, ad eccezione del periodo di occupazione nazista tra il 1941 e il 1944. Dopo che infatti la Germania dichiarò guerra a Mosca nel 1941, i Paesi Baltici caddero in brevissimo tempo sotto il controllo tedesco e molti russi, soprattutto membri dei partiti comunisti locali giunti nella zona nei mesi precedenti, si ritirarono: chi cadde in mano alla Wehrmacht fu fatto prigioniero è, il più delle volte, ucciso.[18] A guerra terminata, gli abitanti di Narva precedentemente evacuati dai tedeschi non furono per la maggior parte autorizzati a fare ritorno.[19]

Durante l'epoca sovietica, il governo centrale seguì un programma di rimpiazzo dell'elemento estone prevedendo misure favorevoli per chi interesse trasferirsi verso ovest (russificazione).[20] Nel corso delle drammatiche deportazioni, migliaia di cittadini estoni furono deportati nelle aree interne della Russia (principalmente in Siberia)[21] e un gran numero di cittadini sovietici di lingua russa continuò ad essere incoraggiato a stabilirsi in Estonia. Nelle contee di Ida-Viru e Harju, città come Paldiski, Sillamäe e Narva andarono incontro ad una pulizia etnica e gli estoni finirono per diventare una piccola minoranza. A fronte di tale politica, la popolazione russa in Estonia è cresciuta dalle circa 23.000 persone nel 1945 alle 475.000 nel 1991, con un totale della popolazione slava[nota 1] che misurava 551.000, ovvero il 35% (percentuale massima raggiunta) della popolazione totale.[22][23]

Nel 1939 l'etnia russa rappresentava quasi l'8% della popolazione; tuttavia, in seguito al trasferimento di circa 2.000 km² dalla RSS Estone alla RSFS Russa, la percentuale era scesa perché molti vivevano a Ivangorod (allora sobborgo orientale di Narva) e nella contea di Petseri. Dei 20.000 russi stimati rimasti in Estonia, la maggioranza apparteneva alla storica comunità dei Vecchi credenti.[24]

La maggior parte dei russi presenti oggi in Estonia sono discendenti di coloro che si stabilirono durante l'occupazione sovietica tra il 1945 e il 1991. Nel 1989, i russi etnici costituivano il 30,3% della popolazione in Estonia.[22] In concomitanza con la Rivoluzione cantata, l'Intermovimento, ovvero il "Movimento Internazionale dei Lavoratori della RSS Estone", si preoccupò di salvaguardare la comunità russa e i rifugiati bianchi nelle fasi del processo di riottenimento dell'indipendenza da parte dell'Estonia, facendosi portavoce dei bisogni della più grande minoranza presente nella nazione che di lì a poco sarebbe stata ripristinata.[25]
Estonia indipendente (dal 1990)

Oggi la maggior parte dei russi risiede a Tallinn e nelle principali città nord-orientali di Narva, Kohtla-Järve, Jõhvi e Sillamäe. Le aree rurali risultano abitate quasi interamente da etnie estoni, ad eccezione della costa del lago dei Ciudi, che vanta la sopraccitata presenza di lunga data dei Vecchi credenti. Nel 2011, la docente di sociologia dell'Università di Tartu Marju Lauristin e altri studiosi hanno operato un'analisi con il patrocinio del Ministero della cultura estone relativa ai gradi di integrazione del 2008 e del 2011 con i seguenti risultati:[26]

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Sono stati eseguiti dei tentativi da parte del governo estone volti a migliorare i legami con la comunità russa: si pensi al primo ministro Jüri Ratas, il quale ha scelto di apprendere il russo per comunicare meglio con loro.[27] La generazione più giovane si integra meglio con il resto del paese, arruolandosi nell'esercito tramite la coscrizione e migliorando le proprie competenze linguistiche in estone rispetto ai genitori.[27]
Cittadinanza

La repubblica restaurata ha riconosciuto la cittadinanza solo ai cittadini presenti in Estonia prima del 1940 o ai loro discendenti (compresi i coloni russi stanziatisi sulla costa del lago dei Ciudi e i 10.000 residenti della contea di Petseri),[28] piuttosto che concedere la nazionalità estone a tutti i cittadini sovietici residenti sul suolo nazionale. La legge sulla cittadinanza prevede i seguenti requisiti per la naturalizzazione di coloro che giunsero nel paese dopo il 1940,[29] la maggior parte dei quali di etnia russa: conoscenza a livello medio della lingua estone, dei principi della costituzione e giuramento di fedeltà all'Estonia.[30] Il governo offre corsi di preparazione gratuiti per l'esame sulla Costituzione e sulla legge sulla cittadinanza e rimborsa fino a 380 euro per gli studi linguistici.[31]

Secondo la disposizione normativa, i residenti privi di cittadinanza non possono partecipare alle elezioni del Riigikogu (il parlamento nazionale) né del Parlamento europeo, ma possono prendere parte alle elezioni comunali.[32] Al 2 luglio 2010, l'84,1% dei residenti estoni risultano cittadini estoni, l'8,6% sono cittadini di altri paesi (principalmente Russia) e il 7,3% rientra tra "persone con cittadinanza indeterminata".[33]

Tra il 1992 e il 2007 circa 147.000 persone hanno acquisito la cittadinanza estone o russa o hanno lasciato il paese, portando la percentuale di residenti apolidi dal 32% all'8% circa.[32] Secondo il rapporto 2015 di Amnesty International, circa il 6,8% della popolazione estone non vanta alcuna cittadinanza.[34]

Alla fine del 2014 è stato proposto un emendamento alla legge che avrebbe consentito una facile naturalizzazione dei figli di genitori non cittadini che risiedevano in Estonia da almeno un lustro.[35] L'Estonia è stata inoltre la prima nazione al mondo a introdurre la cittadinanza digitale.[36]
Requisiti linguistici e attenzione politica estera

La presunta difficoltà delle prove di lingua è diventata materiale di contesa internazionale, poiché il governo della Russia, il Consiglio d'Europa e diverse organizzazioni per i diritti umani sostenevano fosse stato reso impossibile per molti russi in età avanzata cresciuti nella regione baltica conseguire lo status sperato. Di conseguenza, la procedura è stata modificata,[37] ma un'ampia fetta di russi in Lettonia (che ha agito in tale materia in maniera simile) ed Estonia è ancora non cittadino o straniero.[37] Secondo i funzionari estoni, nel 1992, il 32% dei residenti era privo di qualsivoglia forma di cittadinanza, mentre nel maggio 2009 il registro della popolazione ha riportato da una parte che il 7,6% dei residenti ha una cittadinanza indefinita, dall'altra che l'8,4% ha la cittadinanza straniera, per lo più russa.[38] Alcuni rappresentanti delle comunità etniche russe in Lettonia ed Estonia hanno talvolta segnalato casi di discriminazione da parte delle autorità: queste chiamate sono spesso state fatte notare dalla Russia. Dal canto loro, la Lettonia e l'Estonia respingono le accuse, rivolgendosi anzi a Mosca come desiderosa di sfruttarle per scopi politici. Negli ultimi anni, quando esponenti di spicco nella politica russa hanno iniziato a parlare del "vecchio spazio sovietico" come parte della loro sfera di influenza,[39] tali affermazioni hanno infastidito, se non allarmato, le repubbliche baltiche.[40]

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fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Russi_in_Estonia

 
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Setos


I Setos, detti anche Setoq o Setu,[1] rappresentano una etnia e una minoranza linguistica che vive come popolo autoctono tra il sud est dell'Estonia e il nord ovest della Russia. Prima dell'abolizione delle provincie estoni si trovavano in quella di Setumaa.

Parlano il dialetto seto, affine alle lingue: finlandese, estone e voro appartenente alla famiglia linguistica baltico-finnica all'interno del gruppo ugro-finnico; è considerata uno dei dialetti Võro, che ha circa 5.000 parlanti.

Il popolo Setu è noto per la radicata tradizione poetica, la maggioranza professa il cristianesimo ortodosso della Chiesa ortodossa apostolica estone, che convive con la religione precristiana che convive sincreticamente.

Localizzazione
Mappa Võromaa (con giallo) e Setumaa (con verde).

Ci sono circa 13.000 Seto nel mondo.[N 1]

La maggior parte di loro però si trovano nella regione Seto (Setomaa) che è divisa tra il sud-est dell'Estonia (tra le regioni Põlvamaa e Võrumaa) ed il nord-ovest della Federazione Russa nella regione di Pskov-contea di Petseri.

A causa del confine sud-orientale non ancora stabilito fra Estonia e Russia, questo popolo è destinato per il momento a vivere diviso tra le due nazioni.[2]

I più importanti insediamenti di Seto in Estonia sono Meremäe, Obinitsa e Värska, sul lato russo Izborsk e il Monastero di Petseri. Attualmente ci sono tra 10.000 e 20.000 residenti a Setu, di cui tra 3.000 e 6.000 vivono ancora nella loro zona tradizionale. Fuori Setumaa, ci sono persone Setu soprattutto a Võru e Põlva, così come a Tartu e Tallinn. Secondo il censimento del 2010, 214 residenti di Setu vivono dalla parte russa a Petserimaa, la maggior parte dei quali sono anziani. I discendenti dei Setu vivono anche nel territorio di Krasnojarsk, dove all'inizio del XX secolo si trasferirono più di 8.000 persone russificandosi successivamente.
Nome

I setu furono menzionati per la prima volta in una fonte storica solo a metà del XIX secolo, quando a Pskov si parlava di estoni. Un altro nome era poliverzia. Il nome Setu è stato gradualmente introdotto. Secondo Julius Mäginen, inizialmente era una presa in giro formata dalla forma participio del pronome usato dai Setu, o dall'uso di pronomi e tuon in parallelo. Setu era usato come soprannome soprattutto per le persone Setu che si trasferivano in città per lavorare. Gli stessi Seto sperano di usare il nome Seto riferito a se stessi, ma l'Ufficio della lingua finlandese ha dato loro la designazione ufficiale di Setu.
Storia
Setu donna
Origini e Medioevo

Secondo un'opinione ampiamente accettata, il popolo Setu discende dai finlandesi baltici giunti in Estonia. Tuttavia, alcuni studiosi russi hanno avanzato la teoria che il popolo Setu fosse di origine slava. Questa percezione è stata avvertita anche dagli estoni di antica origine russa che abitano le rive del lago Peipus. Secondo il linguista Julius Mäginen, il popolo Setu potrebbe essere discendente di immigrati giunti a Setumaa da Vőrumaa solo nel XVII secolo. L'archeologo Harri MooranSecondo lui, il popolo Setu discende dai finlandesi baltici che avevano già abitato la zona prima degli slavi, anche se ha anche affermato che l'influenza degli immigrati dall'Estonia era stata grande.

Le informazioni sull'antica storia dei Setu sono incomplete. Secondo la Cronaca degli anni passati di [[Nestore di *Nestore di Pečers'k, monaco, scrittore e storico ucraino|Nestore]], la Russia fu chiamata a governare da tre fratelli vichinghi: Rurik, Sineus e Truvor, tra essi Truvor rilevò il castello di Izborsk che dista cinque chilometri dal primo villaggio Setu. La fortezza costruita dagli slavi nel VII o VIII secolo in un'area abitata dai finlandesi baltici. Ibrosk era probabilmente un centro importante per i finlandesi del Mar Baltico prima della sua occupazione slava tra i secoli X e XI. Le chiese iniziarono a essere costruite nella zona nel XIII secolo e il monastero di Petser fu costruito nel 1473. Il passaggio alla fede ortodossa fu abbastanza indolore.
Prime testimonianze ed Età contemporanea

Le prime testimonianze di differenze socioculturali tra popolo Setu ed estoni risalgono al XIX secolo benché esistano da molto tempo. Negli anni '60 dell'Ottocento molti immigrati iniziarono a venire in Estonia dalla regione di Pskov e alcuni di loro si stabilirono a Setumaa. All'inizio del XX secolo, i Setu erano rimasti indietro rispetto agli estoni nello sviluppo. Infatti, nel 1908, solo il 20% dei bambini di Setu frequentava regolarmente la scuola. Vi erano due sole scuole estoni nell'area di Petseri data la scarsa frequenza dovuta all'insegnamento in lingua russa.
Nell'Estonia fino all'occupazione russa dell'Estonia nella seconda guerra mondiale

Setumaa apparteneva alla Russia fino a quando non fu annessa all'Estonia indipendente e alla sua provincia di Petserimaa nel 1920. Nell'Estonia indipendente era prevista un'istruzione obbligatoria di sei anni. La lingua di insegnamento della scuola era l'estone. Nel 1922 e nel 1924 furono pubblicati due volumi della biblioteca nella lingua della famiglia Setu, ma non furono introdotti nelle scuole della regione di Setu. Il primo congresso dei Setu si tenne nel 1922. Negli anni '30 iniziarono a tenersi le giornate estive di cultura Setu, svoltesi anche a fini di maggiore interazione civile. Prima della seconda guerra mondiale c'erano circa 18.500 Setu.

Durante la seconda guerra mondiale, l'Unione Sovietica conquistò l'Estonia col territorio ancestrale Setu. Il confine tra le repubbliche socialiste sovietiche russa ed estone fu subdolamente spostato a guerra in corso nel 1944, dividendo in due Setu.
Anni nella RSS Estone

Durante l'epoca sovietica, lo status del dialetto Seto e della tradizione del canto si deteriorò rapidamente e il popolo Setu temeva di fondersi completamente con le nazionalità circostanti. Dopo la Perestrojka tuttavia, la cultura riprese vita e, ad esempio, iniziarono a essere riorganizzate le feste canore tra cui quella denominata Setu Selts o Setukaisseura.
Dopo la fine dell'URSS

Quando l'Unione Sovietica si è sciolta nel 1991 e l'Estonia ha riguadagnato la sua indipendenza, questo confine è rimasto in vigore, anche se l'Estonia ha chiesto di cambiarlo. Dietro il confine orientale dell'Estonia c'erano ben 74 insediamenti.

Dopo l'indipendenza dell'Estonia, è stata istituita l'Associazione di Petserimaa per difendere i diritti di Petserimaa. Il Terzo Congresso di Setu si è tenuto nel 1993. Nel 2002, il Congresso di Setu ha dichiarato il popolo di Setu un popolo indipendente. Nel 2010, l'amministrazione della regione di Pskov ha presentato domanda per lo status di popolo Setu in Russia. La stazione mira a garantire la sopravvivenza delle persone. Alla stazione di confine occidentale della città di Petseri, si può vedere un gran numero di Setu in coda alle loro radici. Molti di loro hanno ancora genitori o nonni che vivono dietro il confine.

La maggior parte dei residenti di Setu ritiene che il governo del primo ministro Andrus Ansip abbia tradito non solo i desideri del popolo di Setu, ma anche gli interessi dell'intera Repubblica di Estonia, quando il ministro degli Esteri Urmas Paet ha rilasciato una dichiarazione alla Russia nella primavera del 2005 affermando che l'Estonia non aveva rivendicazioni territoriali contro la Russia. Così, ogni anno in occasione dell'anniversario del Trattato di pace di Tartu, il 2 febbraio, le organizzazioni di fronte organizzavano dure manifestazioni contro l'azione del governo. Le proteste più grandi si vedono tradizionalmente davanti al luogo in cui è stato firmato lo storico trattato di pace, in via Vanemuine a Tartu.

Inara Luigas, un membro del Parlamento che rappresenta il popolo Setu nel Riigikogu estone, ha suggerito nel 2011 che Estonia e Finlandia dovrebbero tenere una conferenza sulle regioni oltre il confine orientale, Carelia e Setomaa, dove i rappresentanti dei paesi potrebbero scambiare esperienze e provare presentare obiettivi all'amministrazione russa.
Cultura
Costumi nazionali estoni, donna Setu al terzo posto.
Lingua

La lingua Seto parlata dal popolo Setu è solitamente classificata come un dialetto di Võro e talvolta è definita come Võro-Seto. I Setu chiamano la loro lingua Seto kiil, la lingua di Seto. I parlanti di dialetti nell'Estonia settentrionale e occidentale potrebbero avere difficoltà a capire il Seto parlato. La lingua ha molte delle stesse parole del finlandese e ha una vocalizzazione simile e risulta maggiormente influenzata nella terminologia dal Russo.
Leelo

Molte caratteristiche precristiane sono state preservate tra i Setu e la loro cultura, basata sulla poesia cantata, è unica tra i popoli del Mar Baltico. Il canto corale si chiama Seto leelo ed è considerato una delle caratteristiche più importanti della cultura dei Seto. Nel canto tipico denominato Leelo, il cantante canta una strofa le cui ultime parole sono d'accordo con il coro che la ripete (canto polifonico). Nel canto torrõ, diversi cantanti suonano una melodia leggermente modificata del cantante. Un cantante accompagna il protagonista con una voce cantata (killõ).
Pekko

Sebbene la maggior parte dei leelo sia stata copiata da artisti precedenti, la capacità del cantante solista di improvvisare è notevole. I migliori cantanti solisti possono padroneggiare fino a 20.000 versi diversi. Il canto faceva parte della vita di tutti i giorni, ma oggi viene eseguito quasi esclusivamente sul palco. Leelo è stato iscritto nella Lista dei Patrimoni orali e immateriali dell'umanità UNESCO nel 2009.
Religione

A differenza della maggior parte degli estoni, i Setu sono ortodossi. Di solito sono molto religiosi e tradizionalmente ogni casa ha un angolo riservato alle icone. Ogni villaggio, invece, ha una piccola cappella chiamata Tsässön. Le cappelle sono solitamente chiuse, ma l'anziano del villaggio le apre durante la festività principali. Nei giorni festivi le persone si radunano nel luogo di culto per onorare le anime degli antenati. Dopo la funzione, la cappella è circondata dalla processione. Dopo i pasti vengono consumati presso le tombe, affinché una parte del cibo possa essere lasciata alle anime dei parenti defunti.
Pekko
L'epopea contadina Pekko è stata pubblicata nel 1995 in Finlandia dallo Snellman Institute. La versione finlandese del 2006 ha il nome Pekko ed è stato tradotta da Seppo Suhonen e pubblicata dalla Società letteraria finlandese. Pekko era il dio della fertilità del popolo Setu, ed è spesso descritto come una statua di legno o una grande candela. Era conservato nel cereale, venendo adorato durante le stagioni di semina e raccolto. Il primo sabato di agosto di ogni anno, il popolo Setu tiene un evento chiamato Seto Kingdom Day, in cui viene eletto il re del popolo Setu, il vice di Pekko sootska. Sootska è eletto democraticamente in modo tale che i sostenitori di ogni candidato facciano la coda dietro di lui e la coda più lunga dietro il vincitore. Il dio dell'orzo Pekko, è presente anche nel folklore finlandese.




https://it.wikipedia.org/wiki/Setos
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Svedesi d'Estonia

Gli svedesi d'Estonia, svedesi estoni (in svedese estlandssvenskar, in estone eestirootslased), o svedesi costieri sono una minoranza di lingua svedese tradizionalmente residente nelle zone costiere e nelle isole dell'attuale Estonia occidentale e settentrionale. L'inizio dell'insediamento degli svedesi estoni in quest'area (nota come Aiboland) risale al XIII e al XIV secolo, quando i loro antenati svedesi arrivarono in Estonia da quelle che oggi sono Svezia e Finlandia. Quasi tutta la minoranza di lingua svedese dell'Estonia è fuggita in Svezia durante la Seconda guerra mondiale e solo i discendenti di alcuni individui che sono rimasti in Estonia risiedono ancora nel paese. Poiché le aree abitate dagli svedesi in Estonia si sono contratte nel tempo, limitandosi in seguito solo alla costa e alle isole, si può presumere che nel tempo alcuni svedesi estoni siano stati pienamente assimilati dalla popolazione estone.

Storia
Lo spazio linguistico svedese: il colore varia a seconda dei dialetti.
Storia antica

Lo svedese è parlato in Estonia da circa 650 anni. La prima menzione scritta della popolazione svedese in Estonia risale al 1294, nelle leggi della città di Haapsalu. Ulteriori menzioni sono presenti in documenti del 1341 e del 1345 (quando il monastero di Padise vendette "la tenuta di Laoküla" e l'isola di Suur-Pakri a un gruppo di svedesi). Sulla base di alcuni toponimi è possibile supporre che la presenza svedese in Estonia sia ancora più antica. Durante il XIII e il XV secolo, un gran numero di svedesi giunsero nell'Estonia costiera dalle parti di lingua svedese della Finlandia, che faceva parte del Regno di Svezia (e lo sarebbe rimasta fino al 1809), stabilendosi spesso su terreni di proprietà della Chiesa. La prima menzione dell'isola di Ruhnu ( in svedese Runö), e della sua popolazione svedese è una lettera del 1341 inviata dal vescovo di Curlandia che confermava il diritto degli isolani di risiedere e gestire le loro proprietà in conformità con la legge svedese.
Estonia svedese
L'Impero svedese nel 1658, comprendente l'Estonia svedese e la Livonia svedese (l'odierna Estonia meridionale).

Nel 1561, la Svezia stabilì il possedimento dell'Estonia svedese, che mantenne fino al 1710 (formalmente fino al 1721, quando il territorio fu ceduto alla Russia in base al Trattato di Nystad). Gli svedesi estoni prosperarono durante questo periodo. Lo svedese, insieme al tedesco e all'estone, era una delle lingue ufficiali del territorio.
Il dominio russo

Dopo che l'Ordine Teutonico perse gran parte del suo potere nel XVI secolo e l'Estonia svedese fu ceduta alla Russia in seguito alla Grande Guerra del Nord (1700–1721), le condizioni degli svedesi in Estonia peggiorarono sensibilmente: le terre furono spesso confiscate alla Chiesa e date alla nobiltà locale, e le tasse aumentarono. La sofferenza degli svedesi estoni continuò a lungo poiché le riforme agrarie che liberarono la servitù estone nel 1816, non si applicavano agli svedesi estoni (la cui maggioranza non era mai stata parte della servitù locale).
Emigrazioni forzate

In seguito alla proclamazione del Governatorato dell'Estonia, gruppi di svedesi estoni furono costretti a lasciare l'Estonia per raggiungere altre parti dell'Impero russo. In particolare, nel 1781 l'imperatrice Caterina II di Russia costrinse 1000 svedesi di Hiiumaa (in svedese Dagö) a trasferirsi nel sud della Russia (sull'odierno litorale ucraino), dove fondarono la comunità di Gammalsvenskby (oggi parte dell'Oblast di Kherson). Ancora oggi una forma molto arcaica del dialetto svedese di Hiumaa è parlata da una decina di abitanti di Gammalsvenskby, perlopiù anziani.
Miglioramento delle condizioni

Le condizioni degli svedesi estoni migliorarono durante gli anni 1850 e 1860 a causa di ulteriori riforme agrarie, ma la discriminazione si protrasse per tutto il resto del periodo del dominio zarista in Estonia. Nel 1918 venne proclamata la Repubblica di Estonia. La costituzione dell'Estonia indipendente garantiva alle minoranze etniche la possibilità di ricevere l'istruzione nella propria lingua, il diritto di formare istituzioni per i loro diritti nazionali e sociali, quello di mantenere la lingua madre come idioma ufficiale nei territori in cui formavano la maggioranza della popolazione, e la scelta della nazionalità. Svedesi, tedeschi del Baltico, russi ed ebrei avevano tutti ministri nel nuovo governo nazionale. La maggior parte degli svedesi estoni si riunì inoltre nella Svenska Folkförbundet, la Lega del popolo svedese. Nel 1925 fu approvata una nuova legge che conferiva alle minoranze una maggiore autonomia culturale, sebbene i russi e gli svedesi estoni non si avvalessero di queste nuove libertà, principalmente per motivi economici.
La Seconda guerra mondiale

Nel 1939, l'Unione Sovietica costrinse l'Estonia a firmare un trattato relativo alle basi militari. Molte delle isole su cui vivevano gli svedesi estoni furono confiscate, furono costruite basi su di esse e i loro abitanti furono costretti a lasciare le loro case. Un anno dopo, l'Estonia fu occupata e annessa all'Unione Sovietica e la loro voce nel governo fu persa. Gli svedesi estoni furono arruolati nell'Armata Rossa e, durante l'occupazione tedesca, nella Wehrmacht. La maggior parte dei restanti svedesi estoni fuggirono in Svezia prima della seconda invasione dell'Estonia da parte dell'esercito sovietico nel 1944. Nel 1945 la Svezia contava 6.554 svedesi estoni e 21.815 rifugiati di etnia estone presenti sul suo territorio.
Oggi
Maria Murman (1911-2004), svedese estone rimasta in Estonia dopo la seconda guerra mondiale, a Vormsi (Ormsö) nel 1994.

Oggi, piccoli gruppi di svedesi estoni si stanno riorganizzando per riscoprire la lingua e la cultura svedesi. Il villaggio di Noarootsi possiede una scuola svedese, e gran parte degli insediamenti di origine svedese ha mantenuto il toponimo originario a fianco a quello estone, come nel caso dei villaggi di Dirhami/Derhamn e Spithami/Spithamn. Nel 2000, gli svedesi erano il 21º gruppo etnico più numeroso in Estonia, composto da 300 persone.[1] Ci sono tuttavia molti svedesi estoni e discendenti di svedesi estoni residenti in Svezia.
Aree di popolazione e demografia
Una vecchia mappa svedese dell'arcipelago dell'Estonia occidentale, nel quale era concentrata la popolazione svedese estone.

Non esistono dati sulla popolazione durante i primi secoli dell'insediamento svedese. Alla fine del periodo teutonico, c'erano probabilmente circa 1.000 famiglie svedesi estoni, con circa 1.500 svedesi residenti nella sola capitale, Tallinn (in svedese Reval ), per una popolazione totale di circa 5-7 mila persone, all'epoca circa il 2-3% della popolazione estone.

Il censimento russo del 1897 menziona una popolazione svedese totale di 5.768 persone (l'1,39% del totale) concentrata nel Governatorato dell'Estonia. La maggior parte degli svedesi viveva nella contea di Wiek, dove rappresentava il 5,6% del totale.[2]

Il censimento del 1922 riscontrò una popolazione totale di 1.107.059 persone[3][4], di cui gli svedesi estoni costituivano solo lo 0,7% del totale, circa 7.850 persone,[3][5] la maggioranza delle quali viveva a Ruhnu (in svedese Runö), Vormsi (in svedese Ormsö) e Riguldi (in svedese Rickull ). Il numero scese leggermente a 7.641 nel 1934.[6] Al tempo della Seconda guerra mondiale, la popolazione svedese era pari a quasi 10.000 persone: circa 9.000 di queste fuggirono in Svezia. Città come Haapsalu (in svedese Hapsal ) e Tallinn ebbero una minoranza svedese fino al 1945.

Dopo la Seconda guerra mondiale i numeri rimasero abbastanza stabili: c'erano 435 estoni svedesi nel 1970, 254 nel 1979 e 297 nel 1989, quando si collocarono al 26º posto nell'elenco delle minoranze estoni (prima della seconda guerra mondiale erano terzi per numero, dopo russi e tedeschi). Il censimento del 2000 riporta un numero totale pari a 300, collocando gli svedesi al 20º posto nell'elenco dei gruppi minoritari estoni.[1] Tuttavia, solo 211 di loro sono cittadini estoni. Dal momento che non tutti rivendicano il loro vero background etnico, alcuni hanno stimato che il numero reale di svedesi estoni in Estonia sia pari a circa 1.000 persone.
Lingua
I dialetti svedesi estoni derivano dalle varietà orientali dello svedese standard. Ruhnu aveva un suo dialetto specifico, così come Vormsi, Noarootsi, Riguldi, Pakri e Vihterpalu. Il dialetto svedese parlato sull'isola di Hiumaa sopravvive ancora nel villaggio di Gammalsvenskby, in Ucraina, dov'è tenuto in vita da una decina di anziani.





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Tedeschi del Baltico
I Tedeschi del Baltico (detti anche Baltico-tedeschi o Baroni baltici; in tedesco Deutschbalten o Baltendeutsche) furono una popolazione di etnia tedesca che visse nei Paesi baltici dal Medioevo alla fine degli anni 1930, quando furono trasferiti in seguito allo scambio di popolazione tra Germania nazista e Unione Sovietica. Non si fusero mai con la popolazione locale ma mantennero cultura, lingua, tradizioni e religioni germaniche tipiche della loro terra d'origine, trasmettendo la loro impostazione e cultura anche alle popolazioni locali.[1][2]

I tedeschi si insediarono in Estonia e in Livonia in seguito a due movimenti migratori, contemporanei anche se in gran parte indipendenti: lo stabilirsi di reti commerciali tra le varie città mercantili che si affacciavano sul Baltico, legate nella Lega Anseatica, e le Crociate del Nord condotte dagli ordini monastico-militari.[3] I mercanti si insediarono soprattutto nelle città, mentre i monaci-soldati costruirono fortezze nelle campagne. Dopo la Crociata livoniana, ottennero rapidamente il controllo di tutte le amministrazioni del governo, della politica, dell'economia, dell'istruzione e della cultura di queste zone per oltre 700 anni, fino al 1918, pur non arrivando mai a costituire più del 10% della popolazione totale.[4] Il ceto tedesco costituì infatti la classe dirigente - politicamente, economicamente, culturalmente e militarmente - di Estonia e Livonia fino alla fine del XIX secolo, quando sorse il nazionalismo estone e lettone. Contribuirono a lasciare nei due stati ospitanti una forte impronta germanica, percepita tutt'oggi.[1][5] Alcuni di loro assunsero anche posizioni di rilievo nella vita militare e civile dell'Impero russo, in particolare a San Pietroburgo.

Nel 1881 circa 46.700 tedeschi vivevano in Estonia, pari al 5,3% della popolazione.[6] Secondo il censimento dell'Impero russo del 1897, in Lettonia vivevano 120.191 tedeschi, pari al 6,2% della popolazione.[7]

Storia

L'Ordine teutonico istituì un gruppo privilegiato di nobiltà germanica nei Paesi baltici nel Medioevo ed agli albori dell'epoca moderna. La futura capitale lettone Riga venne fondata nel 1201 dal canonico tedesco Albert von Appeldern. Proprietari terrieri germanici, mercanti, artigiani formarono una comunità che sin dal XIX secolo venne chiamata “i germanici del Baltico”. Tradizionalmente, i germanici del Baltico dominavano la vita politica, il commercio e la cultura, tuttavia il loro potere, con la rivoluzione industriale alla fine del XIX secolo, iniziò un progressivo declino. Estonia e Lettonia, rivendicarono la propria identità nazionale ed allo stesso tempo la struttura sociale della popolazione cominciò a cambiare per via dell'imposizione della russificazione, anche a svantaggio della minoranza germanica.[8]

Nel 1867 la popolazione di Riga era costituita al 42,9% da tedeschi.[9]

Nel 1918, Estonia e Lettonia divennero per la prima volta politicamente indipendenti e in seguito alle riforme agrarie, i germanici persero ovunque le loro proprietà terriere. Secondo il censimento del 1925, in Lettonia i tedeschi erano ancora 70.964 (il 3,8% della popolazione totale).[10]

L'influenza ed il numero dei germanici continuò a diminuire sino al 1939, quando Hitler li richiamò nel Reich. Per molti si trattava dell'unica possibilità di sopravvivere economicamente. Tuttavia il colpo di grazia alle popolazioni tedesche del Baltico si ebbe nel biennio 1945-1947, durante il quale l'URSS, uscita vincitrice dalla seconda guerra mondiale, si fece promotrice di un'opera di vera e propria pulizia etnica, costringendo migliaia di tedeschi ad abbandonare le proprie terre per trasferirsi nella Germania dell'Est, oppure facendone sparire centinaia senza che se ne sapesse più nulla.
Le testimonianze in Estonia

Iscrizioni in lingua tedesca decorano molti edifici in Estonia: arcate di case di campagna, chiese, scuole - una chiara indicazione di un lungo passato germanico-estone. Molto di ciò che ricordava la cultura tedesca, fu distrutto nel periodo in cui l'Estonia faceva parte dell'Unione Sovietica.[11]

Di questa esperienza rimangono un certo numero di parole di origine germanica nella lingua estone e la consapevolezza delle antiche affinità che esistono tuttora fra i due paesi. La comunità tedesca in Estonia è passata dalle 33.362 persone del censimento 1897[12] (il 3,5% della popolazione totale) ai 16.346 del 1934 (1,5%).[13]

La Repubblica d'Estonia, divenuta indipendente dalla Russia nel 1920, permise l'istituzione di scuole tedesche in lingua tedesca, sotto la supervisione della Gesellschaft Deutsche Schulhilfe, che faceva parte dell'Unione delle Società Tedesche in Estonia. Dopo l'adozione della legge sulle minoranze il 5 febbraio 1925, venne creato il Concilio Culturale dei Tedeschi del Baltico il 1º novembre 1925. Nel 1928 le scuole tedesche erano frequentate da 3.456 studenti.[14]

Con l'avvento del nazismo, fu incoraggiato il rimpatrio dei Volksdeutsche nel Reich e molti tedeschi etnici del Baltico furono re-insediati in Germania e nei territori annessi. I cittadini tedeschi che decisero di non tornare in Germania sono stati oggi pienamente assimilati nella cultura e nella società estone.[15] Secondo l'ultimo censimento del 2011 rimangono in Estonia solo 1.544 persone di etnia tedesca (lo 0,1%).[16]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tedeschi_del_Baltico

 
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