| Osserva giustamente Calvino, in nota, che questa favola «s’apparenta alla più illustre di tutte le fiabe, Amore e Psiche», di cui, aggiunge, «si contano sessantun varianti orali italiane». La donna gravida che chiede invano asilo per la notte, e che deve arrangiarsi a partorire nel pollaio (richiamo evidente alla stalla della notte di Natale) non è semplicemente un tocco di «cristianesimo» sovrascritto a un’antica favola «pagana». È semmai vero il contrario: che la leggenda cristiana della notte di Natale abbia attinto la sua «materia prima» a una tradizione assai più antica, a una narrazione mitica i cui «frammenti» si trovano sparsi un po’ ovunque, a tutte le latitudini del Racconto.
… eccone, per esempio, qui uno: il gomitolo! E di nuovo il gomitolo è … tutto ciò che resta in mano a chi deve andar via e mettersi in cammino. E di nuovo … rotola (come la Testa «esiliata» dal resto del corpo) e, rotolando, si srotola fino al palazzo del Re Cristallo (o, come si narra altrove, fino alla Luna). Questo gomitolo è fatto di tutti i fili immaginali che s’intrecciano nella Testa (di Nunzia – di Psiche), è la matassa di tutte le «contemplazioni», di tutti i «miraggi» che ha, inconsciamente, registrato e inscritto nei suoi sguardi, è l’insieme di tutte le «sintesi passive» che ha sottoscritto a ciò che ha, di volta in volta, «veduto» (sotto un finocchio la Fuseli-Didonebotola per l’Altro mondo, sotto la Fame il Desiderio, sotto il Fulgore del Sole il Paese d’ombre della Luna, sotto il senso proprio il Senso Figurato).
Una volta, anzi: la prima volta che «esce di casa», la prima volta che la Testa (la Volpe) si fa portare fuori, all’Aperto, dai piedi (del Gatto), non dispone che del gomitolo delle sue «visioni» per interpretare il mondo. Ed ecco: va per minestra (Fame) e trova … il suo Sposo «sotterraneo» (Eros, Desiderio). Non si dice ancora che i bambini nascono sotto il cavolo? Sono le nostre «parti basse», i piedi, le gambe, gli inguini, le viscere a metterli al mondo. Sono le nostre parti «sotterranee» ad avventurarsi laggiù … dove si fa la Vita – dove le immaginazioni della Testa, se solo abdicano alla loro «coda», giungono nientemeno al di là delle Simplegadi a essere e a dare vita.
Non sarà dunque solo per un capriccio del Narratore, che la Favola vuole che il padre sia solo un modesto ciabattino. Il padre fa le scarpe agli altri, provvede al benessere dei piedi altrui: dei piedi, s’intende, che camminano. E perciò, quando dice alla (Testa della) figlia: «Alzati e cammina!», è perché vuole che faccia i primi passi nel mondo, e che si appropri dei piani bassi del suo corpo. Ma, l’abbiamo detto già troppe volte, laggiù – di sotto, c’è quel diavolo di un Gatto. Laggiù, bisogna fare i conti «alla rovescia».
Ma come si fa a contare i giorni e le notti, se laggiù è sempre Notte? Semplice, no? – si contano le lune. Laggiù, il Sole conta poco o niente! Laggiù, dimorano le Streghe che hanno tradito il Sole, che odiano la Luce, che tessono nascoste le loro trame. Di queste loro notturne trame è (prigioniero) travestito il Desiderio della nostra cara Nunzia, l’ultima, la più piccina, ma anche la più bella delle Tre Figlie del ciabattino. Se si chiama Nunzia, e non Psiche – è perché delle Tre è la sola che si avventura, appresso al Frank-amanti-lucertolepadre, fin nella Parola: Nunzia è colei che porta l’annuncio, l’Annunciatrice – ma anche l’Annunziata.
Delle Tre Figlie, delle Tre Anime, la sola Psiche che mette al mondo un figlio, è quella che parla! Quella, la cui Parola sarà capace di srotolare il filo del gomitolo delle sue «contemplazioni» per tutto il labirinto che va dal Talamo dei suoi desideri fin sulla soglia del Palazzo del Re Cristallo. Capace di tradurli dalle viscere e dalle bassezze sotterranee della Notte Eterna fino all’Eccelsa Dimora del Sole che giammai tramonta – fino al Mezzogiorno Perpetuo. Questo è il cammino, questa la via – secondo il Racconto.
Il Racconto intende: tutto ciò che resta laggiù, nel dominio delle Streghe al servizio di quel Diavolo d’un gatto cieco come la Notte, tutto ciò che rimane laggiù nelle viscere del «non detto», del «non conscio», tutto ciò che «non vede la luce» rimane laggiù sotto il finocchio – infinocchiato dalle stregonerie delle Tessitrici della vita e della morte. E allora, che fare? non c’è che un modo per liberare il Principe, Eros, dalle loro grinfie: privarle delle loro armi di difesa (il canto del gallo, l’orologio che suona le ore, ecc.) per inondarle, a sorpresa, di luce, sicché quando meno se l’aspettano, si mostrino nelle loro nude sembianze: non sono che serpenti, lucertole e ramarri. Nient’altro che lunatici spettri che, come d’incanto, si dissolvono … se solo diventano parole.
Perché solo la Parola può ciò che è impossibile all’Immaginazione. Solo la Parola può celebrare le «nozze» di un Principe (in attesa d’essere scoperto sotto il finocchio) e di una bambina (che in dote di natura ha soltanto un gomitolo di immaginazioni).
fonte https://lartedeipazzi.blog/2018/12/01/calv...re-nel-pollaio/
|