| Ma come detto non è questo il problema riguardante il farmaco. Come per qualsiasi sostanza farmacologica posta in vendita, anche il Tamiflu, prima della commercializzazione, è stato sperimentato ed i risultati dei test (in particolare lo studio del prof. Laurent Kaiser, svizzero) dicevano che fosse efficace per migliorare i sintomi dell'influenza, modificarne il decorso e diminuire il rischio di complicazioni. Esperimenti riusciti, vendita autorizzata, milioni di confezioni vendute in farmacia ed ai governi di mezzo mondo. Tutto lineare e standardizzato, quando si parla di medicine. Le affermazioni della Roche sul suo farmaco erano piuttosto precise e dettagliate, come spiegato dal BMJ (British Medical Journal, una delle riviste mediche più prestigiose al mondo) che nel frattempo aveva iniziato a seguire la vicenda perché direttamente coinvolto nella pubblicazione delle ricerche sulla molecola:
Oseltamivir (brand name Tamiflu) is a multi-billion dollar drug that Roche claimed reduced hospital admissions by 61% (Tamiflu media briefing, 7 Sept 2009); secondary complications (including bronchitis, pneumonia, and sinusitis) by 67% in otherwise healthy individuals; and lower respiratory tract infections requiring antibiotics by 55% (Tamiflu media briefing, 7 Sept 2009). These statements, Roche said, were based on the conclusions of the Kaiser paper.
(trad.) L'oseltamivir (nome commerciale Tamifli) è un farmaco che fa ricavare miliardi di dollari e che la Roche definisce capace di ridurre i ricoveri del 61% (Tamiflu media briefing, 7 settembre 2009), le complicazioni secondarie (incluse bronchiti, polmoniti e sinusiti) del 67% in soggetti sani ed infezioni delle basse vie respiratorie che richiedono antibiotici del 55% (Tamiflu media briefing, 7 settembre 2009). Queste affermazione, dice Roche, sono basate sulle conclusioni del lavoro di Kaiser
Anche la maggioranza dei governi che decisero di fare scorta del farmaco si basarono sullo studio di Laurent Kaiser per il quale però sorgeva un "piccolo" problema, anche se in realtà già nel 2000 la FDA inviò alla Roche un avvertimento per pubblicità ingannevole sul farmaco.
Visto che la vicenda è intricata e complessa provo a schematizzarla, non è possibile raccontare tutti i particolari (vi è una corrispondenza fittissima, tantissimi documenti ed un numero impressionante di dati, servirebbero pagine su pagine e diventerebbe tutto molto complicato) e quindi tratterò solo quelli essenziali per comprenderla meglio. Un pediatra giapponese, Keiji Hayashi, cominciò a dubitare dei risultati di quegli studi che sembravano confermare l'efficacia del farmaco (lo studio di Kaiser e le revisioni che ne seguirono). Andando a scavare più in fondo, gli stessi autori di alcuni di questi studi si chiesero se non fosse il caso di ricontrollare i dati, le statistiche, i numeri alla fonte, questo perché ciò su cui si basavano queste "conferme di efficacia" era troppo poco (studi presentati solo a congressi, non pubblicati, report di riunioni aziendali, eccetera). Fu così la Cochrane (organizzazione scientifica specializzata nella revisione degli studi scientifici su un certo argomento) che chiese all'azienda produttrice di fornire tutti i dati a sua disposizione per ricontrollarli e revisionarli, ma arrivò un no. Non secco, inizialmente un "tira e molla", un continuo rimandare la consegna di quei dati, poi una nuova promessa ed un altro rinvio uniti a misteriosi smarrimenti di report (il prof. Kaiser, autore del primo studio che misurava l'efficacia del farmaco parlò di smarrimento dei dati invitando a contattare direttamente la Roche), insomma, dopo anni (e fino ad oggi), la Roche non ha consegnato tutti i dati (che sosteneva di possedere) relativi al suo prodotto. Ci fu un altro episodio "strano". Tom Jefferson, italiano, componente proprio di quella Cochrane che doveva ricontrollare i dati, fu invitato dalla Roche a firmare un documento in cambio del rilascio delle pubblicazioni. Il problema fu che Jefferson doveva sottoscrivere di non rivelare l'esistenza di quell'accordo e di non utilizzare i dati che avrebbe visto per altre ricerche ma Jefferson rifiutò e questo provocò un ulteriore "irrigidimento" dell'azienda, lo studioso italiano ha pubblicato tutta la corrispondenza con Roche. La storia cominciò a diffondersi, furono anche alcuni cronisti inglesi (Tom Clarke della rete Channel4) che provarono a trovare un punto di contatto tra l'azienda e gli studiosi ma niente, non ci fu verso di rendere disponibili quei dati (l'azienda rispose anche che i dati li aveva forniti a sufficienza, sia alla FDA che all'EMA, le agenzie sui farmaci statunitense ed europea). Nel 2009 l'azienda invia una risposta "punto per punto" al BMJ nella quale confutava, a suo dire, ogni dubbio ma continuando di fatto a nascondere i dati richiesti. Si riuscì comunque a consultare alcuni dei dati che avrebbero dovuto fornire prove sull'efficacia del Tamiflu ma queste prove non erano così evidenti, anzi, di fronte ad un beneficio molto limitato (circa 1 giorno in meno di malattia rispetto al placebo) vi erano forti sospetti di effetti collaterali (assieme ad alcune segnalazioni poco attendibili ne esistevano altre particolarmente preoccupanti), in particolare l'allarme dei medici si basava su gravi effetti di tipo neuropsichiatrico che inizialmente erano stati imputati alle conseguenze dell'influenza ma che con i sintomi dell'influenza non hanno nulla a che vedere. Il punto principale comunque era proprio l'efficacia del farmaco. Arriviamo ai giorni nostri. Un divulgatore scientifico molto noto in Gran Bretagna (per me un vero mito), Ben Goldacre, dopo aver smascherato ciarlatani, alternativi, omeopati ed imbonitori, pubblica un libro sui "trucchi" delle aziende farmaceutiche e racconta la storia del Tamiflu. Questo fa conoscere la storia al pubblico e nel frattempo il BMJ assieme ad altri scienziati, divulgatori e medici, iniziano una battaglia per l'accesso libero e pubblico dei dati riguardanti un farmaco. Alla campagna si unisce la Cochrane e persino alcune aziende farmaceutiche si dicono disponibili a sottoscrivere l'impegno, anche l'EMA (Agenzia europea del farmaco) si è occupata della storia creando un gruppo di lavoro apposito e dicendosi convinta che l'accesso libero ai dati delle sperimentazioni sia un passo ormai inevitabile. Il BMJ ha chiesto chiarimenti anche all'OMS che ha ribadito di essersi occupato della vicenda commissionando degli studi sull'efficacia del farmaco che presto saranno pubblicati. Come si vede non si tratta di una storia "nascosta" o "secondaria", qui entrano in gioco le maggiori autorità mediche del mondo e tutte convergono su un'unica conclusione: i dati degli esperimenti sui farmaci devono essere pubblici e quelli sul Tamiflu, venduto come farmaco utile e costato milioni a diversi governi devono essere forniti o l'azienda produttrice si dimostrerebbe scorretta, anche se già l'atteggiamento mantenuto finora non può che definirsi sospetto.
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