| Come possiamo notare dal picco, una forte dose di energia (radiazioni) è rilasciata a ridosso della superficie, dove raramente è localizzato il tumore. L'energia rilasciata decresce man mano che ci addentriamo nel corpo. Cosa vuol dire? Per semplificare, vuol dire che: (a) più il nostro bersaglio è nascosto il profondità, più dovremo sterminiare (anche) delle cellule buone; (b) il raggio attraversa tutto il corpo, lasciando danni anche quando ha oltrepassato il bersaglio.
I nostri proiettili arrivano ai nemici, insomma, ma colpiscono anche cellule sane davanti e dietro. Solitamente, per limitare i danni del fuoco amico, si irraggia il tumore da più direzioni, in modo da lsciare il tumore come area più bersagliata al centro, e distribuendo i danni sui tessuti intorno in modo da non concentrarli su una particolare area sana. Ma non sarebbe meglio se i proiettili (le particelle) colpissero solo il tumore? E qui entra in gioco la terapia adronica.
Terapia adronica: puntate, mirate, fuoco!
Anziché usare i fotoni (raggi X), che sono estremamente leggeri (non hanno massa), si possono usare particelle più pesanti. La terapia adronica utilizza gli adroni, in particolare: (a) i protoni oppure (b) gli ioni pesanti (di carbonio). Queste particelle sono più pesanti dei protoni (più massive), e rilasciano radiazioni in modo differente dai raggi X. Osserviamo il grafico di come viene dispersa l'energia dei protoni, in relazione alla distanza percorsa:
Immagine presa dal sito del Particle Therapy Cancer Research Institute, Oxford, Regno Unito [2] Gli adroni utilizzati per la terapia adronica rilasciano una massiccia dose di radiazioni concentrata in un solo punto del loro percorso, nel grafico identificata come picco di Bragg (Bragg Peak). Il percorso è dunque ben diverso dai raggi X: poca energia viene rilasciata man mano che le particelle entrano in profondità, e moltissima invece nel picco di Bragg. Possiamo regolare l'intensità della radiazione in modo da focalizzare il picco di Bragg sul cancro, con precisione letteralmente millimetrica, e rilasciare lì le radiazioni. Quindi: (a) il rilascio dell'energia avviene in una zona molto limitata a una profondità che determiniamo ad arte (b) la radiazione non attraversa tutto il corpo, ma si spegne poco dopo il picco di Bragg.
I nostri proiettili sono quindi molto più precisi rispetto ai raggi X. (A voler essere pignoli [1]: gli ioni pesanti rilasciano una certa dose di radiazioni anche dopo il picco di Bragg, mentre i protoni no; d'altro canto, gli ioni pesanti causano danni più ingenti, e rispetto ai protoni o ai raggi X sono più letali per le metastasi. Si tratta sempre di un compromesso rischi/benefici.).
Ma quali sono gli svantaggi? Prima di tutto, i costi. Per generare gli adroni serve un acceleratore di particelle, non è mica roba da poco (ne parliamo meglio più avanti), mentre la radioterapia può essere fatta con apparecchiature ben più economiche. Ovviamente, anche il costo di un'applicazione di terapia adronica (da 578 a 1300 Euro) è maggiore di quello dell'irraggiamento tradizionale (da 190 a 407 Euro) [3], ma naturalmente su questi costi grava anche la natura sperimentale della cura. La terapia adronica è una tecnica ancora sperimentale, in corso di studio al momento, mentre l'irraggiamento con i tradizionali raggi X è una tecnica consolidata da anni di pratica e già ottimizzata da decine di studi. Anche se le pubblicazioni sull'efficacia della terapia adronica sono decine [3], vi sono tuttavia alcuni studi che indicherebbero come marginali i vantaggi della terapia adronica rispetto al tradizionale irraggiamento [4]. Solo il tempo e l'evidenza statistica ed empirica degli esperimenti ci diranno di più. L'idea di base dell'adroterapia è sicuramente interessantissima, ed esistono già centinaia di casi documentati di applicazioni di terapia adronica a diversi casi particolarmente ostici di tumore con esiti molto positivi: tumori pediatrici, tumori all'occhio, alle ossa, al cervello, al tratto gastrointestinale, alla prostata, ai reni, ai polmoni, al seno [3].
Si pensi a un tumore localizzato dietro l'occhio: grazie alla terapia adronica, possiamo colpirlo senza danneggiare i tessuti attorno (l'occhio stesso, il cervello), e l'alternativa chirurgica implicherebbe la rimozione dell'occhio. Al momento nel mondo ci sono una trentina di strutture in grado di applicare l'adroterapia. Solo sei, tuttavia, possono utilizzare gli ioni pesanti [3]. E di queste sei, tre sono in Giappone, una è in Cina, una è in Germania e una è in Italia: il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica a Pavia.
Eccellenza italiana: il CNAO
Ho avuto la possibilità di visitare il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica durante la "notte dei ricercatori", evento pubblico gratuito verso la fine settembre 2013. L'istiuto è di recente fondazione, tanto che la fase sperimentale terminerà nel 2014, quando le cure ai pazienti entreranno a pieno regime (circa 2000 pazienti trattati all'anno). Quali tipi di pazienti? Come dicevamo prima, la terapia adronica si confà a casi di tumori dove le terapie convenzionali avrebbero scarse probabilità di successo, ad esempio tumori in zone critiche o radioresistenti. Vista la natura sperimentale della cura, la fondazione dell'istituto ha richiesto grandi sforzi tecnici, che hanno portato all'eccellenza. Disegnare e assemblare un sincrotrone (l'acceleratore di particelle usato per la terapia adronica), insieme a tutte le strutture pensate per contenerlo, non è un'impresa da poco! Non solo si sono formate quindi altissime competenze tecnologiche, quindi, ma c'è anche stato un grande risparmio di risorse: costruendo da sé il sincrotrone e struttura, si è risparmiato tra il 30% e il 50% dei costi rispetto a farselo assemblare da un'azienda specializzata.
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