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| O Messina, Messina, un dì sarai meschina!
Il Re restò assai stupito, e volle portarsi Cola Pesce a Napoli per vedere il fondo dei vulcani. Cola scese giù e poi raccontò che aveva trovato prima l’acqua fredda, poi l’acqua calda e in certi punti c’erano anche sorgenti d’acqua dolce. Il Re non ci voleva credere e allora Cola si fece dare due bottiglie e gliene andò a riempire una d’acqua calda e una d’acqua dolce. Ma il Re aveva quel pensiero che non gli dava pace, che al Capo del Faro il mare era senza fondo. Riportò Cola Pesce a Messina e gli disse: «Cola, devi dirmi quant’è profondo Giussani-subil mare qui al Faro, più o meno».
Cola calò giù e ci stette due giorni, e quando tornò su disse che il fondo non l’aveva visto, perché c’era una colonna di fumo che usciva da sotto uno scoglio e intorbidava l’acqua. Il Re, che non ne poteva più dalla curiosità, disse: «Gettati dalla cima della Torre del Faro». La Torre era proprio sulla punta del Capo e nei tempi andati ci stava uno di guardia, e quando c’era la corrente che tirava, suonava una tromba e issava una bandiera per avvisare i bastimenti che passassero al largo.
Cola Pesce si tuffò di lassù in cima. Il Re aspettò un giorno, ne aspettò due, ne aspettò tre, ma Cola non si rivedeva. Finalmente venne fuori, ma era pallido come un morto. «Che c’è, Cola?», chiese il Re. «C’è che sono morto di spavento – disse Cola. – Ho visto un pesce, che solo nella bocca poteva entrarci intero un bastimento! Per non farmi inghiottire mi son dovuto nascondere dietro una delle tre colonne che reggono Messina!». Il Re stette a sentire a bocca aperta; ma quella maledetta curiosità di sapere quant’era profondo il Faro non gli era passata. E Cola: «No, Maestà, non mi tuffo più, ho paura».
Visto che non riusciva a convincerlo, il Re si levò la corona dal capo, tutta piena di pietre preziose che abbagliavano lo sguardo, e la buttò in mare: «Va’ a prenderla, Cola!». «Cos’avete fatto, Maestà? La corona del Regno!». «Una corona che non ce n’è altra al mondo – disse il Re. – Cola, devi andarla a prendere!» «Se voi così volete, Maestà, – disse Cola – scenderò. Ma il cuore mi dice che non tornerò più su. Datemi una manciata di lenticchie. Se scampo, tornerò su io; ma se vedete venire a galla le lenticchie, è segno che io non torno più». Gli diedero le lenticchie, e Cola scese in mare. Aspetta, aspetta; dopo tanto aspettare, vennero a galla le lenticchie. Cola Pesce s’aspetta ancora che torni.
(Calvino, Fiabe italiane: 147)
https://lartedeipazzi.blog/2018/12/08/calvino-cola-pesce/ fonte
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