| Le tre teorie sull’Origine del Mito di Cristo Riguardo alle teorie plausibili per l’origine di Gesù in relazione alla fondazione del cristianesimo, la più probabile è da estrarre tra tre teorie in competizione: 1) storicità soprannaturale cristiana; 2) storicità naturale secolare; 3) a-storicità mitologica secolare. Riguardo alla a-storicità mitologica, che Carrier appoggia, essa presuppone a) Gesù era il nome di una divinità o entità celeste, subordinata a Dio, con la quale alcune persone ebbero “l’illusione” di parlare; b) un corpo umano incarnato fu crocifisso, così fu adempiuto il requisito religioso per un sacrificio di sangue umano/divino; c) Questi eventi si verificano nelle dimore delle divinità mitologiche (astrale degli Arconti nello gnosticismo); d) il vangelo ebbe inizio come allegoria mitica sul Gesù celeste, ambientata sulla Terra come avviene per la maggior parte dei miti. Carrier, recensendo “Come Gesù diventò Dio”, osserva: “Il punto chiave è che Gesù era considerato un essere umano preesistente e incarnato fin dalla più antica storia documentata del cristianesimo, persino di fatto prima degli scritti di Paolo, e questo non era nemmeno notevole e inedito nel giudaismo”. Circa la teoria della Storicità sovrannaturale, essa prevede: a) Gesù era un superuomo incredibilmente famoso che poteva camminare sull’acqua; b) Nascita di una divinità, da una madre umana, quindi un semidio umano; c) Un corpo umano celeste fu crocifisso, così fu adempiuto il requisito religioso per un sacrificio di sangue umano/ divino; d) Questi eventi si verificano sulla Terra; e) i vangeli sarebbero la versione veridica della sua storia. Infine, sulla storicità naturale abbiamo i punti che seguono: a) Nascita di un umano; b) Un corpo umano fu crocifisso; c) Questi eventi si verificano sulla Terra; d) i vangeli sono pura finzione con un nucleo di verità. Analizzando in dettaglio alcuni punti, per quanto concerne la Nascita della Divinità: la storia della creazione del Gesù celeste non è nota, ma come osserva Carrier, “Questo ‘Gesù’ molto probabilmente sarebbe stato lo stesso arcangelo identificato da Filone di Alessandria come già esistente nella teologia ebraica”. Filone conosceva questa figura con tutti quegli attributi che Paolo attribuiva a Gesù: il figlio primogenito di Dio (Romani 8:29), Immagine celeste di Dio (2 Corinzi 4:4) e l’agente della creazione di Dio (1 Corinzi 8: 6): in sostanza, per chi scrive, il primo Adam. Era anche il sommo sacerdote celeste di Dio (Ebrei 2:17, 4:14, ecc.) e il “Logos” di Dio. Filone scriveva che questo essere fosse identificabile con la figura chiamata “Gesù-Yeshua” nel libro del profeta Zaccaria. Circa la questione del corpo umano incarnato, quando Paolo scrive che Gesù “venne ad essere” dal seme di Davide, nel contesto dell’incarnazione di Gesù, ciò significava che un corpo umano adulto era cresciuto dal seme di David, affinché Gesù lo usasse (il precedente uso di Paolo del termine unico dal punto di vista del contesto greco: genomenos – venne ad essere – significa un corpo umano fabbricato da Dio). Se Gesù possedeva un corpo umano surrogato, quindi il requisito religioso per un sacrificio di sangue umano/divino era adempiuto durante la sua successiva crocifissione da parte degli Arconti (Paolo ne parla in 1 Corinzi 2:8). Circa l’incarnazione di Gesù, Carrier scrive: “ Paolo disse (in Fil. 2. 7) che Cristo non era in realtà un uomo, ma venne” nella somiglianza degli uomini “(homoiomati anthropon) e fu trovato in forma umana ‘(schemati euretheis hos anthropos) e, in Rom. 8.3, che è stato inviato solo “a somiglianza della carne peccaminosa” (gr. en homoiomati sarkos hamartias). Questa è una dottrina di un essere preesistente che assume un corpo umano, ma che non è completamente trasformato in un uomo, se non solo in apparenza, avendo un corpo in carne e ossa da abusare e uccidere”. Riguardo poi alle dimore delle divinità mitologiche definite Arconti dagli gnostici, occorre, secondo Carrier, rifarsi al misticismo cabalistico della Merkava, la scuola di misticismo ebraico antico, c. 100 BCE – 1000 CE, centrata su visioni come quelle documentate in Ezechiele (la visione del Carro) o nella letteratura degli Hekaloth (palazzi), riguardanti storie di ascese ai palazzi celesti e al trono di Dio. Riguardo alla differenza tra i cieli e il firmamento riguardo al luogo dell’incarnazione di Gesù, Carrier scrive: “Il mitismo colloca l’incarnazione di Gesù sotto i cieli, ossia l’intera vasta regione tra la terra e la luna (regno sublunare), concetto ben radicato nella cosmologia sia ebraica che pagana”. La conclusione di Carrier è che la verità dell’origine del cristianesimo (basata principalmente sui Vangeli) avviene tramite una combinazione della prima e della seconda teoria: Mitologica (che poggia sulle lettere di Paolo, che mai parlano del Cristo storico), e Soprannaturale (Vangeli).
I “Mitisti” ripetono che le fonti sullo Yeshua storico sono il Nuovo Testamento e poche altre. La cosa risulterebbe aggravata dal fatto che lo stesso Yeshua non abbia scritto alcunchè di suo pugno. Gli stessi vangeli sarebbero stati redatti diversi anni dopo la morte di Yeshua da personaggi che non lo conobbero. Testimonianze archeologiche dirette non ve ne sono. La Sindone resta ancora un enigma. Queste ipotesi di lavoro, come già visto, sono oggi conosciute come “Teorie del Mito di Yeshua”. Intanto, la tesi che nega la storicità di Yeshua è stata abbandonata dagli studi accademici francesi a partire dal 1933, grazie al lavoro critico dello storico laico Charles Guignebert. Daniel Marguerat, un protestante svizzero, ex professore di NT presso l’Università di Losanna, ha scritto: “Non siamo più nell’epoca dei Bruno Bauer o dei Couchoud. Oggi il dibattito riguarda il significato delle azioni e delle parole di Cristo, non la sua esistenza. Reimarus è la prima fonte di dubbi sull’affidabilità delle informazioni dei Vangeli sulla vita di Yeshua”. Nonostante ciò, il conflitto fra ricercatori dello Yeshua storico e “mitisti” infuria. Molto quotato dai Mitisti, Thomas Thompson, un americano, ora cittadino danese, ha pubblicato The Messiah Myth nel 2005. La sua tesi è spiegata dal sottotitolo: The Near Eastern Roots of Jesus and David. Egli sostiene che i Vangeli nascano da rielaborazioni di miti e leggende mediorientali, e Yeshua è solo un’astrazione frutto della rielaborazione di quei miti. Un libro recente di Bart Ehrman, Did Jesus Exist? (Yeshua è davvero esistito? Un’inchiesta storica, Mondadori 2013), è colmo di disprezzo verso la tesi del Mito di Yeshua. Ehrman critica i mitisti in quanto anti-cristiani, un’accusa spesso scagliata contro lo stesso Ehrman, e da lui puntualmente smentita. Carrier sostiene che Ehrman non abbia informato i propri lettori dell’esistenza di studiosi di livello accademico che sostengono la posizione mitista, come Thomas Thompson, il quale, nel suo libro The Messiah Myth, prevede la possibilità di uno Yeshua storico, ma conclude che il “Yeshua” del Nuovo Testamento è mitico, e chiede un rinnovato studio sulla questione della storicità in generale. Riferendosi al libro “Is This Not the Carpenter? The Question of the Historicity of the Figure of Jesus”, Carrier ricorda che: «Thompson (come co-autore) conclude che “si può talvolta dimostrare che l’accettazione acritica come storiche delle figure del Nuovo Testamento di Yeshua, Paolo e dei discepoli ignora e fraintende le funzioni implicite dei nostri testi” e la possibilità che Yeshua non sia esistito “ha bisogno di essere considerata in modo più esaustivo” di quanto l’atteggiamento sprezzante degli storicisti (come Ehrman) ha consentito. Al momento tutto quello che abbiamo, conclude Thompson, è “uno Yeshua storico che è un derivato ipotetico della cultura accademica”, che “non è più dato di fatto rispetto ad altrettanto ipotetici Mosè o Davide”». Inoltre, nota Carrier, Ehrman sembra contentarsi del fatto che nessun sostenitore del mitismo abbia una cattedra accademica, affermando al contempo che nessun mitista la otterrebbe proprio in quanto l’attuale mondo accademico rifiuterebbe di concederla. Se Ehrman, in quanto membro di questo mondo accademico, è fiero del fatto che non sia possibile per un mitista ottenere una cattedra, vuol dire che la situazione attuale è contraria alla libertà accademica, per lo meno circa l’accettazione della tesi miti
sta come ipotesi di rispetto, e che dunque la diffusione del mitismo può avvenire solo al di fuori delle università. Ehrman afferma che non bisogna stupirsi del fatto che Yeshua non sia citato da fonti coeve, in quanto «neppure […] la figura più potente e importante dei suoi giorni, Ponzio Pilato è menzionato da alcuna fonte romana di quell’epoca». Carrier fa invece notare che non solo esiste una citazione di Pilato ne La guerra giudaica di Giuseppe Flavio, e che il procuratore romano è nominato anche nell’opera Ambasciata a Gaio di Filone, ma che in questa stessa opera era contenuto un libro dedicato da Filone a Seiano e Pilato, per presentare all’imperatore (Gaio) Caligola le persecuzioni romane agli ebrei, ma che questo capitolo non fu preservato dai copisti cristiani, a differenza del resto dell’opera; e se questo libro avesse contenuto un riferimento alla vita di Yeshua, sarebbe stato verosimilmente copiato e tramandato. Inoltre Filone -vissuto ad Alessandria d’Egitto mentre i cristiani vi facevano conversioni e generavano sconcerto (stando agli Atti degli apostoli)- non fa menzione dei cristiani; la conclusione, dice Carrier, è che i testi cristiani non sono attendibili da questo punto di vista e che dunque «il silenzio di Filone è una testimonianza contro l’esistenza di Yeshua come descritta nei vangeli». Infine, a differenza di quella di Yeshua, l’esistenza di Pilato è testimoniata persino da un ritrovamento archeologico, un oggetto che verosimilmente fu commissionato dallo stesso Pilato: l’iscrizione di Pilato, una testimonianza originale dell’epoca di Pilato a lui direttamente riconducibile, cosa che per Yeshua non si può dire. Carrier fa notare che, naturalmente, si può affermare che Yeshua non fosse neppure lontanamente famoso come Pilato, e questa sarebbe una spiegazione accettabile. Ma non è ciò che si evince dai vangeli, e, soprattutto, non è la posizione scelta da Ehrman. Nel suo articolo, Ehrman afferma che: «per quanto riguarda Yeshua, abbiamo numerose testimonianze indipendenti della sua vita nelle fonti che giacciono dietro i vangeli (e gli scritti di Paolo), fonti che ebbero origine nella lingua nativa di Yeshua, l’aramaico, e che possono essere datate ad appena uno o due anni dalla sua morte (prima che la religione passasse a convertire frotte di pagani». Carrier, quindi, smentisce Ehrman: le fonti che giacciono dietro i vangeli non sono a nostra disposizione, sono solo ipotetiche (come la fonte Q) e messe in discussione da alcuni studiosi. Una testimonianza antica che abbiamo è il «credo» contenuto nella Prima lettera ai Corinzi 15:3-8, che Paolo dice di aver ricevuto. Carrier nota che tale credo non è in aramaico, che non sono parole di Yeshua, che non se ne conosce la data di composizione, che non contiene riferimenti a uno Yeshua vivente sulla terra: «Il fatto che non si dica che Yeshua è apparso o abbia insegnato o fatto alcunché prima della sua morte non è qualcosa da nascondere sotto il tappeto. Neppure che l’unica fonte fornita per la sua morte e sepoltura in questo credo è la scrittura, mentre la fonte per il suo ministero «successivo» (post-mortem) è detto essere il vederlo, e ciò solo durante le «rivelazioni» (Galati 1:11-12[…]). Allo stesso modo, si noti che molti uomini divini “morirono, furono sepolti, e risorsero”, o qualcosa di abbastanza simile, e dunque che Paolo riporti questo credo testimonia a favore della storicità di Yeshua non più di quanto faccia per quella di Osiride […]. Niente di tutto questo comporta che Yeshua non sia esistito, ma permette sicuramente che ciò sia possibile. Se Ehrman non se ne accorge, allora non è oggettivo o ragionevole». Ehrman sostiene nel suo articolo che «non abbiamo testimonianze di altri che siano nati da madri vergini e che morirono per il perdono dei peccati e che furono risuscitati dai morti (malgrado ciò che i sensazionalisti affermano ripetutamente nelle loro versioni propagandate)». Carrier fa notare che Ehrman ha ragione a dire che una tale figura non esista, ma che è scorretto da parte sua affermare che questa sia la posizione dei mitisti. Carrier afferma che: «Nessun mitista competente fa queste affermazioni. Invece sostengono che le divinità nate da vergini erano un fenomeno comune nella regione in quell’epoca e che divinità morte-e-risorte erano altrettanto comuni lì in quel tempo (come non lo erano altrove, ad esempio in Cina), e che il fatto che gli Ebrei inizino all’improvviso ad averne una anche loro sembra possa spiegarsi facilmente nei termini delle normali teorie di diffusione cultuale. […] Il sincretismo religioso è il processo di combinazione di idee provenienti da diverse fonti, spesso le idee più popolari o più utili, in un unico nuovo, realizzando una nuova religione. Tutte le religioni sono prodotte in questo modo, e questo vale certamente anche per il Cristianesimo. Il Giudaismo aveva una componente preminente di sacrifici in perdono dei peccati di un’intera nazione, una credenza nello spirito santo che rendeva i sovrani ebrei figli di Dio […], una tendenza alla denigrazione ascetica della sessualità. Il Paganesimo aveva una componente preminente di divinità salvatrici morte-e-risorte, che allo stesso modo offrivano modi di purificare i propri seguaci e fornire loro l’ingresso al paradiso – non necessariamente attraverso la loro morte, ma sempre in qualche modo, e spesso attraverso rituali battesimali che anticipavano di gran lunga l’adozione cristiana di un rituale uguale o simile […]; i pagani avevano molte tradizioni concernenti figli di un dio nati da vergini. Si noti cosa accade quando si combina la parte ebraica con quella pagana: si ottiene il Cristianesimo. Questo è in effetti quello che quasi certamente è accaduto, e perciò non dovrebbe neppure essere in discussione». Secondo Carrier, Ehrman sta dicendo che nessuna altra divinità aveva tutte quelle caratteristiche, e allora sta confutando una teoria che nessuno propone; oppure che nessuna di quelle caratteristiche fu mai attribuita ad una divinità prima di Yeshua, e allora dice il falso. Ehrman, peraltro, cita senza nominarlo il criterio di imbarazzo, criterio cui abbiamo già accennato, adottato per stabilire la storicità di un detto o un evento nel campo di studi del Yeshua storico, quando afferma che nessun ebreo avrebbe mai inventato una figura come quella di Yeshua: «I primissimi seguaci di Yeshua dissero che era un messia crocifisso. Ma prima del Cristianesimo, non c’era alcun ebreo, di qualunque tipo, che pensasse che ci sarebbe stato un futuro messia crocifisso. Il messia doveva essere una figura maestosa e potente che avrebbe abbattuto il nemico. Chiunque intendesse inventarsi un messia l’avrebbe pensato così». Carrier afferma di aver sia confutato questa affermazione, e di averla dimostrata come irrilevante. Il libro di Daniele, infatti, fa riferimento ad un messia morente (Daniele 9:26) e il documento qumranico di Melchisedec (o 11Q13), risalente al II-I secolo a.C., identifica questo messia con colui che ripulirà il mondo dalle forze del male; d’altra parte alcuni ebrei ritenevano che un messia figlio di Giuseppe sarebbe stato ucciso dai suoi nemici, e tale figura non fu derivata dallo Yeshua dei cristiani. Forse Ehrman intende confutare tali posizioni nel suo libro, ma certo qui non sembra dare atto delle critiche alla sua visione del messia. Carrier fa anche notare che, quando sostiene che chiunque volesse inventarsi un messia, l’avrebbe immaginato come «una figura maestosa e potente che abbattesse il nemico», Ehrman sta compiendo un grossolano errore: «L’unico tipo di figura messianica che si sarebbe potuto inventare sarebbe stata una che non fosse simile a quella. Altrimenti tutti avrebbero notato che nessun essere divino aveva liberato militarmente Israele e fatto risorgere tutti i morti del mondo. Questo significa che la probabilità della conclusione («chiunque volesse inventarsi un messia l’avrebbe pensato così») condizionata all’ipotesi «qualcuno ha inventato un messia» è esattamente zero. […] Ciò significa che se «qualcuno ha inventato un messia», possiamo essere assolutamente certi che questo somiglierebbe essenzialmente a Yeshua Cristo. Un essere che nessuno notò, che non fece nulla di pubblicamente osservabile, ma che nondimeno portò a termine il suo compito messianico, sebbene solo spiritualmente (esattamente la modalità contro la quale nessuno può fornire alcuna prova)». Ehrman ricorda che Paolo, che scrisse pochi anni dopo la morte di Yeshua, ne conobbe personalmente il discepolo più stretto, Pietro e il suo stesso fratello, Giacomo; e chiosa: «se Yeshua non fosse esistito, pensereste che suo fratello l’avrebbe saputo». Carrier sottolinea come Paolo chiami Giacomo non già «fratello di Yeshua», bensì «fratello del Signore». Questo titolo è collegato all’attribuzione a Yeshua del titolo di «Signore» e dunque, secondo Carrier, è un prodotto del Cristianesimo, un titolo cultuale: «Sì, [Giacomo] potrebbe aver ottenuto quel titolo cultuale per essere effettivamente il fratello di Yeshua. Ma potrebbe esserselo guadagnato semplicemente per il fatto di essere un cristiano battezzato. Poiché tutti i cristiani battezzati erano figli adottivi di Dio, proprio come Yeshua (Romani 1:3-4), Yeshua era solo «il primo nato tra molti fratelli» (Romani 8:29), il che significa che tutti i cristiani erano fratelli del Signore […].Tutti i cristiani erano fratelli del Signore, in base alle loro concezioni religiose; ci sono numerosi brani in Paolo che lo confermano: Romani 8:15-29, 9:26; Galati 3:26-29, 4:4-7; e ai cristiani era insegnato esplicitamente che Yeshua stesso aveva chiamato tutti loro suoi fratelli in Ebrei 2:10-16, attraverso un «messaggio segreto» nei Salmi (Salmi 22:22). La loro palese ispirazione originava da quella che ritenevano una Scrittura, i Salmi di Salomone 17:26-27, che Paolo sembra citare, e che predicevano che il messia avrebbe raccolto un popolo eletto e li avrebbe designati tutti figli di dio (e dunque fratelli)». Carrier confronta poi questa ipotesi, del Giacomo «fratello del Signore» in quanto cristiano battezzato, con quella che vuole questo attributo legato al legame di parentela di Giacomo e Yeshua, alla luce della dottrina cristiana che vedeva in tutti i cristiani battezzati dei figli di Dio e quindi dei «fratelli del Signore». La sua conclusione è favorevole alla prima ipotesi, in quanto la seconda richiederebbe una politica di limitazione dell’uso del titolo al solo Giacomo di cui non vi è testimonianza in Paolo. Carrier fornisce infine una rapida carrellata delle restanti «fonti», vangeli, lettere paoline, citazioni risalenti al II secolo. Come Ehrman probabilmente concederebbe, i testi evangelici presentano molti contenuti mitologici; che vi sia o meno un nucleo storico deve essere oggetto di indagine e non dato per scontato. Paolo ammette due sole fonti per le sue citazioni di Yeshua: le Scritture e la rivelazione divina. I documenti del II secolo, incluse le citazioni di Tacito, non sono indipendenti dal materiale del I secolo e come tali vanno trattati. «Non c’è bisogno di uno Yeshua storico per questo», chiosa Carrier, che infine sostiene: «Ovviamente tutto ciò non è minimamente sufficiente per dimostrare che Yeshua non sia esistito. C’è ancora da dibattere le prove e verificare la logicità dei ragionamenti. Ma dovrebbe essere sufficiente a dimostrare che questa è quanto meno una teoria rispettabile da prendere in considerazione. Fin tanto che è analizzata in maniera competente e con la dovuta attenzione ai fatti, alla logica e al confronto produttivo tra pari, perché no? »
segue Il Nuovo Corpo di Cristo secondo Carrier
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