| Obiettivo di questo meccanismo è ridurre i prezzi al dettaglio redistribuendo, a piè di lista, quella parte di rendita infra-marginale che viene giudicata eccessiva. Per certi versi, è dunque equivalente a una tassa sugli impianti infra-marginali finalizzata a erogare un sussidio al consumo.
Creazione di borse elettriche separate per le tecnologie infra-marginali e marginali
Nel corso del Consiglio Ue dei Ministri dell’Energia del 26 luglio, la Grecia ha avanzato una proposta di riforma delle borse elettriche che prevede l’istituzione di due sessioni distinte e consecutive di scambi. Una prima sessione sarebbe dedicata agli impianti di produzione con elevati costi fissi e bassi costi variabili, cioè le tecnologie infra-marginali. Una seconda sessione, invece, sarebbe dedicata alle tecnologie programmabili e caratterizzate da costi marginali positivi, quali gli impianti a carbone e a gas. In questa seconda sessione, gli operatori offrirebbero l’energia elettrica necessaria a soddisfare la domanda residuale, ossia la quota di consumi non coperta dalla produzione degli impianti infra-marginali (rinnovabili) nella prima sessione. La remunerazione delle centrali che partecipano alla prima sessione dovrebbe provenire dalla stipula di contratti alle differenze con acquirenti pubblici e privati. Per gli impianti che non lo fanno è prevista la partecipazione (volontaria) a un mercato, il cosiddetto green power pool, gestito da un soggetto pubblico che opera come single buyer. Gli impianti che offrono la propria produzione continuerebbero a essere remunerati secondo il meccanismo del system marginal price. Il prezzo di acquisto del kWh sarebbe determinato, in questo meccanismo, dalla media ponderata di tre valori: (1) il prezzo medio corrisposto per i contratti alle differenze; (2) il prezzo di equilibrio della seconda sessione di scambi; (3) il prezzo medio ponderato, per le quantità scambiate, sul green power pool. Il meccanismo appare complesso e, in alcuni aspetti, oscuro. L’obiettivo, comunque, sembra essere quello di intervenire sui prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica, sganciandoli dal costo marginale del sistema e agganciandoli, invece, a un sistema di vasi comunicanti segmentati per tecnologia. In pratica, si tratta di una profonda revisione del disegno del mercato: il senso è quello di abbandonare strutturalmente un sistema in cui i prezzi di equilibrio riflettono i costi marginali (che è, in verità, la norma nei mercati delle commodity) per adottarne uno in cui il prezzo di equilibrio approssima i costi medi del sistema (ovviamente inclusivi dei costi fissi).
“El tope al gas”
“El tope al gas” è la misura adottata in Spagna e Portogallo e prevede l’adozione di un tetto (“tope”) al costo che le centrali a gas debbono sostenere per l’acquisto del combustibile necessario per la generazione elettrica. Il tetto è fissato a 40 euro/MWh per i primi sei mesi di applicazione della misura. Dal settimo mese il tetto sarà incrementato di 5 euro/MWh ogni mese, sino a raggiungere il valore massimo di 70 euro/MWh. Il prezzo di acquisto dell’energia elettrica continuerà a essere determinato secondo il sistema del prezzo marginale. Tuttavia, i consumatori conseguiranno un risparmio, rispetto alla situazione senza tetto, grazie all’abbassamento dei prezzi di vendita delle centrali a gas per effetto dei minori costi di acquisto del combustibile reso possibile dall’adozione del tope. Per consentire ai produttori termoelettrici di acquistare il gas, è previsto un sussidio pari alla differenza tra il tope e il costo di mercato del gas. Per esempio, se il gas costa 100 euro/MWh, i produttori termoelettrici offriranno sulla borsa elettrica a un prezzo compatibile col tope (cioè, come se il gas costasse solo 40 euro/MWh) e riceveranno la differenza (60 euro) a piè di lista. Il sussidio è ripartito tra diversi soggetti: (i) gli acquirenti sui mercati all’ingrosso in misura proporzionale ai volumi acquistati; (ii) una componente aggiuntiva nella bolletta dei clienti finali che, non avendo scelto una fornitura sul mercato libero, continuano a comprare elettricità a prezzi regolati; (iii) i maggiori ricavi dovuti all’export addizionale verso la Francia per effetto dell’abbassamento dei prezzi dell’elettricità spagnoli conseguente l’introduzione del tope.
Per certi versi, il tope è una misura simmetrica rispetto al meccanismo di cattura delle rendite infra-marginali: interviene infatti sui mercati all’ingrosso, abbassandone artificialmente il costo marginale, salvo recuperare a valle le somme necessarie al sussidio. In entrambi i casi, l’obiettivo è quello di garantire il ricupero dei costi da parte dei produttori a gas e tagliare la rendita infra-marginale entro una soglia ritenuta tollerabile.
I pro e i contro delle proposte
Le proposte analizzate hanno tutte come obiettivo quello di abbassare il prezzo dell’elettricità. E, in modo diverso, vi riescono. Tuttavia, nessuna è a costo zero. Non solo perché in alcuni casi, come per il tope iberico, si tratta di reperire risorse per finanziare un sussidio esplicito o, come per la proposta greca, si deve ricorrere a un soggetto pubblico che compri l’elettricità da quegli operatori che non sono riusciti a stipulare contratti alle differenze sul mercato. I costi più rilevanti che rischiano di derivare da interventi sul disegno delle borse elettriche sono infatti quelli prodotti da diversi tipi di effetti collaterali sul funzionamento del mercato.
Ciascuna proposta ha pro e contro. Il meccanismo di cattura della rendita infra-marginale ha il vantaggio di non cambiare formalmente i prezzi di equilibrio all’ingrosso, e quindi non rischia di distorcere gli scambi di energia elettrica tra gli Stati. Il sistema greco ha dalla sua l’ambizione di ripensare complessivamente il funzionamento del mercato, senza tentare di mettere delle pezze a un meccanismo giudicato obsoleto. Il tope salvaguarda integralmente il disegno di mercato e interviene a monte per curare quello che viene ritenuto un fenomeno eccezionale e patologico, cioè il rincaro del gas. Gli ultimi due meccanismi – quello greco e quello iberico – producono effetti sui prezzi all’ingrosso e, quindi, presuppongono un’adozione comune a livello europeo. In caso contrario, si rischia di fare aumentare la richiesta di esportazioni di energia elettrica verso i mercati interconnessi che non hanno adottato misure simili (e che quindi esprimono prezzi sistematicamente più alti). Nel caso del modello iberico e dell’adozione del tetto ai ricavi delle tecnologie infra-marginali vi è una ulteriore criticità connessa alla corretta identificazione del valore del tetto. Se fosse “troppo basso”, nel caso del tope il rischio è di accentuare gli effetti sulle esportazioni e sulla sicurezza del sistema elettrico descritti sopra. Nel caso del tetto ai ricavi delle tecnologie infra-marginali si aggiunge anche il rischio di non consentire una adeguata copertura dei costi di investimento.
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