IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici in Danimarca

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Pagine nella categoria "Gruppi etnici in Danimarca"

Questa categoria contiene le 6 pagine indicate di seguito, su un totale di 6.
D

Danesi

F

Faroensi
Frisoni

M

Minoranza linguistica tedesca in Danimarca

S

Sinti

T

Tedeschi





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Danesi


I danesi sono una popolazione e gruppo etnico associati alla Danimarca, sebbene siano presenti minoranze danesi altrove, e circa 50 000 di loro vivano nello Schleswig meridionale.

La maggior parte dei danesi parla il danese, lingua appartenente al gruppo delle lingue germaniche.
Storia

Le prime menzioni di danesi sono risalenti alla metà del sesto secolo secondo gli storici Procopio di Cesarea e Giordane. Entrambi fanno riferimento ad una tribù abitante la penisola dello Jutland, la provincia di Scania e le piccole isole del mare circostante. Il manoscritto Orosius D 23 sup. fa una distinzione tra "danesi del nord" (abitanti dello Jutland) e "danesi del sud" (abitanti della Scania e delle isole).

Il primo segnale di danesi nel territorio danese è rappresentato dallo Jelling Rune Stone, un monumento in pietra che celebra la conversione al cristianesimo di Aroldo I di Danimarca (decimo secolo).

Negli anni seguenti la zona ha subito l'espansione vichinga. Dopo la morte di Canuto I d'Inghilterra, avvenuta nel 1035, l'Inghilterra ha lasciato il controllo della Danimarca che cadde per qualche tempo in contesa tra i vichinghi e Sweyn II di Danimarca, nipote di Canuto, il quale era stato istituito autorità reale danese e aveva costruito un buon rapporto con l'arcivescovo di Brema, ai tempi arcivescovo di tutta la Scandinavia.

La Riforma protestante, che ebbe origine in Germania nei primi anni del XVI secolo a partire dalle idee di Martin Lutero, ebbe un impatto notevole sulla Danimarca. La riforma danese iniziò nel 1520. Alcuni danesi volevano l'accesso alla Bibbia nella propria lingua e così nel 1524 Hans Mikkelsen e Christiern Pedersen tradussero il Nuovo Testamento in danese. Tra coloro che viaggiarono verso Wittenberg e che ricevettero gli insegnamenti e l'influenza di Lutero vi era Hans Tausen, un monaco dell'ordine dei Cavalieri Ospitalieri. Il Regno di Danimarca-Norvegia crebbe in ricchezza nel corso del XVI secolo, soprattutto a causa del commercio attraverso l'Øresund, il cui passaggio venne tassato dai danesi, che erano sotto il controllo di entrambi i lati dello stretto. Dopo una guerra persa con la Svezia, il trattato di Roskilde nel 1658 rimosse le aree di controllo danese sulla Scandinavia, stabilendo così i confini tra la Norvegia, la Danimarca e la Svezia che esistono ancora oggi. Nei secoli successivi la perdita di tale territorio, le popolazioni dello Skåneland, che erano precedentemente considerate danesi, vennero pienamente considerate svedesi. Successivamente, nel XIX secolo, la Danimarca ha subìto una sconfitta nelle guerre napoleoniche e così ha perso il controllo sui territori della Norvegia e dell'attuale Germania settentrionale. La sconfitta, sia politica che economica, scatenò paradossalmente quella che è considerata l'età dell'oro danese, la cui identità nazionale venne a formarsi proprio in questo periodo. I movimenti di liberalismo e di nazionalismo guadagnarono slancio nel 1830 e, dopo le rivoluzioni europee del 1848, la Danimarca è diventata una monarchia costituzionale, esattamente il 5 giugno 1849. La crescente borghesia chiese una quota rappresentante nel governo e, nel tentativo di scongiurare i sanguinosi fenomeni di rivoluzione che si stavano verificando in altre parti d'Europa, Federico VII di Danimarca cedette alle richieste dei cittadini. Venne dichiarata una nuova costituzione con la separazione dei poteri, la concessione del suffragio a tutti i maschi adulti, la libertà di stampa, di religione e di associazione. Il re divenne capo del potere esecutivo.
Identità nazionale
Thomasine Gyllembourg

Con il termine danskhed (traducibile in "danesità") si indica il concetto su cui si basa l'identità nazionale ed etnica danese contemporanea. Si tratta di un insieme di valori che contengono il percorso storico di formazione della nazione danese. L'ideologia della danskhed sottolinea il concetto di connessione storica tra la popolazione ed il territorio della Danimarca e la relazione tra i mille anni di monarchia danese e lo Stato danese moderno, l'idea romantica popolare del XIX secolo, una visione della società danese come socialmente omogenea e egualitaria, così come i forti legami con le altre nazioni scandinave.

Inoltre, sin dalla sua formulazione, il concetto di identità danese non è stato collegato ad un particolare patrimonio razziale o genetico, come per molte altre identità etnico-nazionali. Grundtvig, per esempio, ha sottolineato proprio in tal senso la relazione emotiva tra l'identificazione con la nazione danese e i criteri della definizione di danskhed. Questa definizione culturale ed etnica è stata concepita dal fatto che la Danimarca era in grado di integrare le sue prime minoranze etniche, rappresentate da popolazioni ebraiche e polacche, nel proprio territorio. Per quanto riguarda il popolo ebraico, ad esempio, questo non è stato visto come incompatibile rispetto all'identità etnica danese, tant'è che le più importanti pratiche culturali e ideologiche ebraiche vennero accettate e condivise. Questo fenomeno inclusivo è considerato quindi un presupposto essenziale per la relativa mancanza di antisemitismo in Danimarca e per il salvataggio degli ebrei danesi.

La danskhed è stata politicamente importante nella formulazione delle relazioni danesi con l'Unione europea, accolta con notevole resistenza dalla popolazione danese, e relativamente anche alle reazioni della recente crescita dell'immigrazione.
Demografia

Secondo l'istituto di statistiche danesi, circa cinque milioni di persone di origine danesi vivono attualmente in Danimarca. In questo contesto, l'origine danese è definita dal fatto di essere nati da genitori già cittadini danesi. Tale cifra quindi è ottenuta come sottrazione dal totale della popolazione della Danimarca, del numero di coloro che sono nati in Danimarca da genitori immigrati o aventi cittadinanza straniera.[1]

La cittadinanza danese è concessa a chi ha un genitore di cittadinanza danese, sia che il bambino sia nato dentro o al di fuori della Danimarca. I cittadini della Groenlandia e delle isole Fær Øer sono considerati cittadini danesi a tutti gli effetti. Coloro che non possono ottenere la cittadinanza danese per nascita (o adozione), la possono ricevere tramite giurisprudenza. La cittadinanza danese si perde automaticamente se si acquisisce una cittadinanza straniera o quando non si è mai vissuto in Danimarca e non si è mai chiesta formalmente la cittadinanza danese una volta compiuti i 22 anni d'età trascorsi senza mai vivere in Danimarca.
Diaspora danese

La diaspora danese riguarda gli emigrati ed i loro discendenti, in particolare quelli che mantengono il costume della loro cultura danese. Una minoranza di circa 50.000 cittadini tedeschi che si identificano nella cultura danese vive nello Schleswig meridionale, in Germania. Questo è un ex territorio danese e tale rappresentanza costituisce quasi il 100% della popolazione locale. In Danimarca tale gruppo è definito come "danesi a sud del confine" (De danske syd for grænsen), "danesi predisposti" (De Dansksindede) o semplicemente "abitanti dello Schleswig meridionale". A causa dell'immigrazione, ci sono numerosi gruppi di persone con radici danesi al di fuori della Danimarca, in Paesi come Stati Uniti, Brasile, Canada e Argentina.

Gli americani-danesi (Dansk-amerikanere) sono rappresentati dagli statunitensi con discendenti danesi. Essi sono approssimativamente 1.500.000. La maggior parte di essi vive negli Stati Uniti occidentali o nel Midwest. La California ha la più grande componente di persone di origine danese tra gli Stati Uniti.[2] Importanti comunità danesi-statunitensi si trovano a Solvang (California) e Racine (Wisconsin), ma tali popolazioni non sono considerate danesi per i motivi espressi dallo Stato danese: infatti il patrimonio di discendenza non può essere utilizzato come unico requisito per richiedere la cittadinanza danese, come invece è possibile fare in alcune nazioni europee.

Secondo il censimento del 2006, c'erano 200.035 canadesi con origini danesi, 17.650 dei quali sono nati in Danimarca.[3] Il Canada è diventato una meta importante per i danesi nel dopoguerra. Ad un certo punto venne istituito un ufficio per gli emigrati in Canada nella capitale Copenaghen.
I danesi nel contesto politico

L'espressione Det danske folk (tradotto "il popolo danese") come concetto ha svolto un ruolo importante nel periodo del nazionalismo etnico del XIX secolo e fa riferimento ad un'auto-identificazione, piuttosto che ad uno status giuridico. L'uso di tale termine è spesso limitato ad un contesto storico rappresentato dalla lotta tedesco-danese per quanto riguarda lo stato del ducato di Schleswig. Esso descrive le persone di nazionalità danese, sia in Danimarca che altrove. Sono esclusi da tale definizione le genti degli ex territori in Norvegia, delle Fær Øer e della Groenlandia, nonché i membri della minoranza tedesca e di altre minoranze.

Il termine non deve essere confuso con il concetto giuridico di nazionalità: questo è espresso dalla locuzione danske statsborgere, che sta per "cittadini danesi"



https://it.wikipedia.org/wiki/Danesi

 
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Faroensi


I faroensi, chiamati anche faringi, feringi, feroesi o faroesi (føroyingar, AFI: [ˈførɪŋɡar]) sono gli abitanti delle isole Fær Øer, situate nel Nord-Europa occidentale. La maggior parte della popolazione ha origini norrene e celtiche.

La prima lingua parlata è il faroense, strettamente imparentato con l'islandese. La seconda lingua ufficiale è il danese.

Origini

I primi ad approdare sul territorio delle Fær Øer nel VI secolo furono alcuni monaci ed eremiti provenienti dall'Irlanda.

Attorno al 650, arrivarono i vichingo-gaelici e portarono nelle isole la lingua e la cultura norrena. Non ci sono molte fonti riguardanti questo periodo, lasciando così spazio a varie congetture. Un'unica fonte islandese, la Saga dei Faroensi, parla di insediamenti primitivi. Il documento è stato scritto attorno al 1200 e descrive eventi accaduti circa 300 anni prima. Secondo la Saga, molti norreni si opposero alla politica di unificazione del regno norvegese, e fuggirono verso altri territori, inclusi quelli recentemente scoperti ad ovest.

Gli storici ne hanno dedotto che sin dai tempi della Saga dei Faroensi, il vichingo Grímur Kamban fu il primo occupante delle Fær Øer. I norvegesi devono esser stati al corrente dell'esistenza delle isole, prima di lasciare la Norvegia: infatti, se Grímur Kamban vi si è stabilito per primo, i norvegesi dovevano già conoscerle. Un'altra probabile spiegazione è quella secondo la quale i norvegesi sono venuti a conoscenza delle Isole attraverso le esperienze di scozzesi e irlandesi che per primi vi erano approdati.

Anche se Grímur è un antico nome norreno, Kamban indica invece un'origine celtica. Forse si trattava di un irlandese, di un uomo delle isole occidentali o dell'Isola di Man, dove vi erano già insediamenti vichinghi. I nomi di alcuni tra gli insediamenti più antichi delle Fær Øer suggeriscono che i primi coloni provenissero dalle isole scozzesi o dalle coste inglesi.

Recenti studi sul DNA della popolazione faroense dimostrano che il cromosoma Y, che traccia la storia ereditaria maschile, è per l'87% legato alla popolazione scandinava.[3]



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Frisoni

I Frisoni o Frisiani (in frisone occidentale: friezen, in frisone settentrionale: fresken) sono un gruppo etnico germanico nativo delle zone costiere dei Paesi Bassi e della Germania. Sono concentrati nelle province olandesi di Friesland e di Groningen e, in Germania, nella Frisia Orientale e Settentrionale, quest'ultima appartenuta completamente alla Danimarca fino al 1864. Storicamente, la regione occupata dai frisoni è conosciuta come Frisia. La lingua frisone (in tutte le sue varianti) è ancora parlata da quasi 500.000 persone[1]; dialetti del frisone sono riconosciuti come lingue ufficiali sia nei Paesi Bassi che in Germania.

Storia
In epoca romana
Le popolazioni germaniche attorno al 50, durante l'Impero di Claudio.

I Frisi erano un'antica popolazione germanica che nel I secolo era insediata sulla costa del Mare del Nord, fra la Schelda e il Weser, negli attuali Paesi Bassi e Germania. In particolare, andando da ovest ad est: sulla costa settentrionale olandese, nel nord-ovest della Bassa Sassonia, nella striscia costiera tedesca fino al confine con la Danimarca e sulle Isole Frisone. Lo storico romano Tacito nel suo libro Germania menziona i Frisii come una delle tribù degli "Ingevoni" (popoli germanici del Mare del Nord, in verde-bluastro nella cartina) che confinavano a sud con le popolazioni degli Angrivari e Camavi,[2] ad est con i Cauci.[3]

I Frisii erano chiamati maggiori (maiores) e minori (minores), a secondo della loro potenza.[2]

Durante l'impero di Augusto, nel corso delle campagne militari di Druso maggiore, i Frisi decisero "spontaneamente" di essere annessi all'Impero Romano. Ciò nonostante, nel 47 il generale romano Gneo Domizio Corbulone soffocò nel sangue il loro tentativo di riconquistare l'indipendenza.

Nel V secolo i Frisi si diedero con i Sassoni alla pirateria nel Mare del Nord fino alle coste britanniche.
Medioevo

Caduto l'Impero Romano, i Frisi si opposero strenuamente ai Franchi ed all'avvento del Cristianesimo, ma furono assoggettati definitivamente nell'VIII secolo in seguito alle guerre sassoni.

Dopo la morte di Carlo Magno, i territori frisoni passarono, almeno teoricamente, sotto il controllo del conte d'Olanda; in realtà il dominio dei conti d'Olanda sulla Frisia iniziò solo col conte Arnulf nel 993. Il periodo intercorso fino a questa data venne chiamato Libertà Frisona, un periodo in cui il feudalesimo e la servitù della gleba (così come nessuna amministrazione centrale o giudiziaria) non esistevano, e in cui i frisoni dovevano obbedienza solo all'imperatore.

Durante il XIII secolo tuttavia, i conti d'Olanda incrementarono la loro potenza e, a partire dal 1272, cercarono di riaffermare sé stessi come legittimi signori delle terre frisone con una serie di guerre, che terminarono (con una serie di lunghe interruzioni) solo nel 1422 con la conquista olandese della Frisia occidentale.
Epoca moderna e contemporanea

Nel 1524 la Frisia entrò a far parte delle "Diciassette province" annesse alla corona spagnola, e dal 1568 partecipò alla rivolta contro la Spagna, dopo la quale la Frisia centrale entrò a far parte dei Paesi Bassi. La parte orientale venne assoggettata, via via, da diversi stati tedeschi e dalla Danimarca, fino ad essere inglobata nella Germania.
Identità culturale

Oggi il popolo frisone risulta essere diviso in tre gruppi, separati geograficamente, denominati rispettivamente: Frisoni settentrionali, occidentali ed orientali, a causa della costante perdita di territorio da parte della Frisia durante il Medioevo. in realtà. i frisoni occidentali (olandesi), generalmente, non si sentono parte di una più vasta comunità frisone e, secondo una ricerca del 1970, si identificano più con gli altri olandesi che coi frisoni delle altre zone[4]. Tuttavia, il soprannome 'Frisian' è (in tutti e tre i dialetti della lingua frisone) un concetto linguistico (e, per estensione, culturale) e non ha implicazioni politiche.

Culturalmente, i moderni frisoni e gli olandesi settentrionali sono piuttosto simili; la principale differenza sta nel fatto che i frisoni parlano il dialetto frisone occidentale accanto all'olandese, in quanto secoli di coabitazione e partecipazione attiva alla vita sociale olandese li hanno portati a diventare bilingui. I frisoni non sono trattati come un gruppo etnico separato nelle statistiche ufficiali olandesi.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Frisoni

 
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Minoranza linguistica tedesca in Danimarca


La minoranza linguistica tedesca in Danimarca, che si descrive come "i tedeschi dello Schleswig Settentrionale" (Jutland meridionale), è composta da circa 15.000-25.000 persone.

Storia

Lo Schleswig fu dal tempo dei Carolingi una zona contesa tra i danesi ed il Regno Franco. La regione dello Schleswig era scarsamente popolata, ricoperta da una fitta foresta e fu insediata solo nell'Alto Medioevo da coloni sassoni provenienti da sud. Dalla fine dell'XI secolo lo Schleswig diventò un ducato indipendente e affermò fino al 1864 la sua crescente autonomia verso la casa reale danese. Già nel tardo Medioevo i duchi di Schleswig fecero venire coloni olandesi, fiamminghi e dalla Vestfalia. Nel XVIII secolo nel contesto della colonizzazione della palude e della brughiera della Geest[1] di Schleswig giunsero coloni dal Württemberg, dalla Svevia, dall'Assia e dal Palatinato.

Nel 1864 il ducato di Schleswig fu occupato dalla Prussia e quindi divenne provincia prussiana. L'errore del governo danese in relazione alla mancanza di tolleranza ed alla discriminazione nei confronti delle minoranze linguistiche prima del 1864 fu ripetuto dallo Stato prussiano con misure di germanizzazione nello Schleswig Settentrionale dove la maggior parte della popolazione era d'origine danese. I vincoli imposti rafforzarono però nella regione l'identità danese in modo che subito dopo che lo Schleswig fu assegnato alla Prussia si delinearono due campi nazionali.
Il primo dopoguerra

Durante la prima guerra mondiale la Danimarca rimase neutrale. Sulla base del trattato di Versailles nel 1920 fu sostenuto un referendum nello Schleswig Settentrionale riguardante l'annessione alla Danimarca o no.

Dei circa 100.000 aventi diritto al voto il 74,9 % votò per l'annessione alla Danimarca. Da allora lo Schleswig Settentrionale fa parte della Danimarca. La minoranza tedesca quindi doveva accettare una vita nel “paese ospitante”. Subito si verificarono dei contrasti con il governo danese perché il nuovo confine fu percepito dai tedeschi come ingiusto che richiedevano una revisione del confine. e da un lato, nonostante l'atteggiamento negativo della minoranza tedesca nei confronti della Danimarca, venne concessa loro una vita culturale propria che, consistente nella tolleranza di associazioni tedesche e di giornali in lingua tedesca, nella costruzione di una scuola con insegnamento in lingua tedesca in scuole pubbliche e private, nella continuazione o creazione di asili, nel mantenimento di una vita religiosa in lingua tedesca; dall'altro lato i partiti nazionalisti danesi non facevano mistero sul fatto che volevano assimilare il gruppo etnico tedesco il più presto possibile con l'intento di farlo sparire in pochi anni. Vennero adottate anche delle misure al riguardo: dopo che le lingue tedesca e danese erano state presenti nella chiesa in egual modo, a partire dal 1923 il danese divenne la sola lingua ufficiale.

Nello stesso anno venne introdotto il permesso di soggiorno e di lavoro, l'immigrazione da sud venne bloccata e i cittadini tedeschi vennero espulsi; l'immigrazione dal Regno di Danimarca e le istituzioni danesi, come l'università popolare, le caserme e le aziende statali, invece vennero promossi. Scaturì una “battaglia a carattere nazionale” tanto che dal 1925 al 1939 circa 34.000 ettari di terreno cambiarono proprietario: da tedesco a danese. Le richieste di revisione del confine non sono mai smesse.

Quando il Terzo Reich, il 9 aprile 1940, durante l'operazione Weserübung occupò la Danimarca, sfavorevole ai sensi del diritto internazionale e con la violazione del patto di non aggressione, più di 2.100 tedeschi dello Schleswig Settentrionale parteciparono volontariamente alla guerra. 748 di essi morirono.
Il secondo dopoguerra

Il 5 maggio 1945, quando le truppe tedesche capitolarono in Danimarca, la minoranza tedesca, in quanto ritenuta composta da collaboratori con la potenza occupante e traditori dello Stato danese, vennero "puniti" severamente. L'ira della popolazione danese, che nel corso dei cinque anni di occupazione si era accumulata, si scaricò sul gruppo etnico. La casa del quotidiano tedesco e numerosi monumenti vennero fatti esplodere, bombe furono gettate nei negozi tedeschi e le case delle associazioni tedesche furono bruciate.

Circa 3.500 membri del gruppo etnico (in particolare la parte maschile) furono arrestati, messi in "custodia protettiva" nei lager, indipendentemente dalla qualità di socio politico o l'aver partecipato alla guerra. Più tardi, 2.948 di loro furono condannati con effetto retroattivo, in base alle disposizioni legislative (la cosiddetta resa dei conti del diritto), a pene detentive da uno a dieci anni di reclusione. La maggior parte ha avuto due anni carcere, eccetto i leader nazisti che hanno avuto delle pene notevolmente più elevate. Quasi ogni famiglia tedesca nello Schleswig Settentrionale venne colpito da questa resa dei conti, soprattutto i volontari di guerra.

Poiché le forze d'occupazione tedesca avevano lasciato otto miliardi di corone danesi di debito nella Banca nazionale danese la Danimarca si rifece sia sulla proprietà del Reich tedesco che sulla proprietà privata del gruppo etnico in Danimarca, le cui istituzioni furono dapprima sequestrate e successivamente espropriate secondo le leggi, con effetto retroattivo. Agricoltori tedeschi che avevano dei depositi in un istituto di credito tedesco furono vittime dell'esproprio, anche locatori di aziende agricole che erano di proprietà dell'istituto stesso.

Oltre alla reclusione e la confisca, le persone di etnia tedesca (con passaporto tedesco) sono state espulse dalla Danimarca. Questi "Aussiedler" (immigrato di origine tedesca proveniente dall'Europa orientale) si ritrovarono inizialmente nell'ex campo di concentramento di Neuengamme vicino ad Amburgo, che veniva gestito dalle autorità britanniche.
La legislazione liberale del anteguerra è stata annullata nel 1945 dal parlamento danese. Una legge per la scuola permetteva la creazione di scuole private a livello di scuola primaria, ma senza il diritto per l'esame. Era quasi impossibile a fare lezione poiché gli insegnanti tedeschi avevano o l'interdizione professionale o, se cittadini tedeschi, dovevano lasciare il paese, gli edifici della minoranza vennero confiscati dal governo danese.

Dal 1945 l'infrastruttura della minoranza doveva essere rinnovata totalmente. L'esistenza del gruppo etnico tedesco stesso era minacciata.
Dal 1955 in poi

Nel 1955, nelle dichiarazioni di Bonn-Copenaghen, la minoranza danese in Germania e la minoranza tedesca in Danimarca furono riconosciute pienamente e i loro diritti furono confermati, con i quali alle minoranze non vennero concessi diritti speciali, ma solo l'impegno di garantire la libertà di etnia e la parità di trattamento di tutti i cittadini. Secondo le dichiarazioni, le minoranze sono cittadini con tutti i diritti.

Tuttavia, per la minoranza tedesca i risultati dei negoziati del 1955 furono una delusione. La loro richiesta di amnistia e di restituzione dei beni espropriati fu respinta e vista da parte dei danesi come intromissione negli affari interni danesi. La minoranza tedesca però riottenne il diritto di esame per le loro scuole è poté istituire nuovamente un liceo ad Apenrade.

Ciò ha avviato un processo di rilassamento che ha portato ad un buon rapporto di vicinato odierno. Il gruppo etnico tedesco con la sua specificità culturale, oggi, è l'unica minoranza linguistica riconosciuta nel Regno di Danimarca in conformità con il Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali e la Carta per la protezione delle lingue regionali e minoritarie.



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Sinti


I sinti sono una etnia appartenente alla più ampia famiglia delle comunità romaní dell'Europa.

L'origine del nome sinti è nella parola indo-persiana Sindh, ad indicare la regione nella valle dell'Indo e lo stesso fiume Indo (Sindhu), nell'attuale Pakistan ed India nord-occidentale, e per estensione tutta l'India.

In Francia, i Sinti sono chiamati Manouches o Manus (nella loro lingua, una delle parole per "uomini")[1], in Spagna Caminadores sebbene alcune fonti le trattino come etnie differenti.[2] La lingua propria dei Sinti è comunque pressoché la stessa dei Manouches, ed è piuttosto affine alle lingue parlate dai Rom nonché condivide il lessico base dei gerghi parlati dai Kalé: tutte queste etnie condividono una stessa origine linguistica.

Storia

È opinione diffusa che gli antenati dei Sinti debbano essere partiti come profughi di guerra a causa degli attacchi degli Omayyadi al Regno Sindhi nel 711-713 e della morte di Raja Dahir. La loro presenza in Ungheria è documentata dalla fine del XIV secolo e nell'Europa centrale dall'inizio del XV secolo (1407, Hildesheim, Germania). La lingua dei Sinti indica che sono chiaramente la più antica diaspora indiana immigrata in Europa. Gli antenati di Sinti e Kalé erano Kshatriya Sindhiens, "sinto" deriva dalla parola "sindho" che significa "abitante del Sindh" (ora Pakistan). Una ricerca condotta da Louis de Gouyon Matignon mostra che il 50% di Sintikes, la lingua Sinti, proviene dalla lingua hindi. È un dialetto germanizzato (nel nord) ed italianizzato (nel sud).

La storia recente dei Sinti è analoga a quella della popolazione Rom: furono perseguitati in tutti i Paesi europei subendo di volta in volta pratiche di inclusione (schiavizzazione nei paesi dell'Est Europa) ed in particolare in Romania (schiavitù abolita solo dopo il 1850), esclusione (cacciata dai territori) e discriminazione.

Il nazismo riservò ai Rom e Sinti lo stesso trattamento riservato agli ebrei, ai testimoni di Geova ed agli omosessuali. Essi furono deportati in campi di concentramento. Si stima che circa 500.000 tra Rom e Sinti trovarono la morte nei campi di sterminio durante il Porajmos. Anche nel fascismo italiano i Sinti furono severamente discriminati ed internati in campi di concentramento[3].

Tradizionalmente i Sinti hanno esercitato l'attività del giostraio e del circense. Tra i più famosi circensi italiani di origine sinta ci sono Moira Orfei e la sua famiglia[4]. Anche la seconda famiglia circense più famosa d'Italia, i Togni, è di origine sinta.[5]

Molti sinti parlano il romaní, ma diversi gruppi utilizzano dialetti influenzati dalle lingue regionali del luogo di insediamento.
I sinti e zingari in Francia

I "Cinti" (Sinti) in Francia sono nella maggior parte della comunità degli evangelici[senza fonte], sono privi di una dimora stabile, vivono/lavorano e si spostano con le roulotte nel territorio francese.

Oltre alle normali occupazioni dei loro connazionali, l'etnia sinti ha contribuito in modo importante alla storia del circo europeo, ed al successo imprenditoriale di prestigiosi prodotti del settore agricolo francese, quali i vigneti bordolesi.

Gitani è anche il nome degli abitanti di etnia sinti della Camarga[senza fonte] della Francia meridionale. Un altro termine utilizzato in Francia è quello di Manouches, come l'indiano Manuš[6].

Fra gli esponenti della comunità, attualmente il più famoso è forse Kendji Girac, che ha vinto la terza stagione del talent show televisivo The Voice: la plus belle voix nel 2014 ed è diventato cantante di successo.
La divisione in sottogruppi

La divisione che si fa in sottogruppi dell'etnia sinta si basa sul territorio in cui vivono; vi sono così, per esempio, Sinti:[7]

Gackane (Tedeschi)
Schtraickhária (Austriaci)
Valshtiké (Francesi)

Tra gli italiani sono particolarmente presenti:

Piemontákeri (Piemontesi), parte dei quali poi trasferiti in Liguria;
Abruzzesi;
Napoletani;
Lombardi;
Veneti;
Reggiani.



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Tedeschi


I tedeschi (Deutsche in lingua tedesca standard) sono un gruppo etnico localizzato prevalentemente in Germania. Degli oltre 150 milioni di persone che al mondo parlano tedesco, circa 83 milioni sono di nazionalità tedesca, insieme ad altri quasi 10 milioni di austriaci. Possono essere considerati tedeschi, oltre agli abitanti dell'attuale Stato tedesco (che comprende solo una parte della Germania storico-culturale), anche gli austriaci, gli svizzeri germanofoni, i lussemburghesi, i liechtensteiniani, gli alsaziani, un ridotto numero di belgi (comunità germanofona del Belgio) e di danesi, la maggior parte degli altoatesini e alcuni milioni di immigrati e loro discendenti, che, pur non essendo di madrelingua tedesca, hanno accettato forme di vita e di cultura legate al mondo germanico.

Approssimativamente vi sono altri 80 milioni di individui che hanno antenati tedeschi (i Deutschstämmige), in particolare negli Stati Uniti[14], in Brasile[15], Argentina[16], Francia[17], Cile[18] e Canada[19], i quali tuttavia non parlano il tedesco come lingua nativa.

Ciò premesso, il numero totale dei tedeschi, nei paesi di lingua germanica e al di fuori di essi, risulta oscillare tra i 155 e i 170 milioni.
Origine del nome

Il termine tedesco Deutsche trae origine dall'Alto tedesco antico diutisc (da diot, popolo) che si riferiva alla "lingua del popolo" germanico. Tuttavia, non è ancora chiaro se la parola fosse comunemente utilizzata in qualità di etnonimo. L'uso del sostantivo ein diutscher, per indicare "un tedesco" emerge solamente nel Medio alto tedesco ed è attestato dalla seconda metà del XII secolo.
Tedeschi nel mondo
Nel 1930 quasi 100 milioni di persone in giro per il mondo erano di origine tedesca, ovvero il 4,5% della popolazione mondiale.[20][21][22]
Durante il secondo dopoguerra milioni di tedeschi nell'Europa dell'est furono vittime di violenze e uccisioni, tali da comportare un esodo pressoché totale da quelle terre.

Il termine "tedesco" può identificare varie tipologie etniche. Può pertanto essere utilizzato per distinguere i cittadini tedeschi effettivamente tali dai cittadini di diversa origine; può indicare le minoranze linguistiche tedesche di altre nazioni; soprattutto in inglese, il termine Ethnic Germans viene adoperato più genericamente per indicare i discendenti di emigranti tedeschi.

Minoranze di cultura tedesca, anche se in alcuni casi maggioritariamente non germanofone, sono rappresentate in diversi paesi dell'Europa centrale e orientale (Polonia, Ungheria, Romania, Russia), ma anche dell'Africa (Namibia) e dell'America del Sud (Brasile meridionale, Cile meridionale, Argentina e Paraguay) e, soprattutto, in America settentrionale.

In Europa, l'espulsione e deportazione verso la Germania delle comunità tedesche praticata negli anni immediatamente successivi al termine della seconda guerra mondiale ha fatto sì che ad oggi nessuna significativa minoranza tedesca sia presente ad oriente della Linea Oder-Neisse e del confine con la Repubblica Ceca. Solo minoranze di esigua consistenza numerica sono rimaste nella Mitteleuropa e precisamente in Repubblica Ceca (339.106 tedeschi), Slovacchia (155.407), Polonia (262.900) e Ungheria (circa 230.000). Nel resto d'Europa, anche Belgio (70.000 tedeschi), Danimarca ed Italia presentano significative minoranze di lingua ed etnia tedesca. Alcune di esse, come in Italia, hanno garantite particolari autonomie come rappresentano i casi dello statuto speciale per la provincia autonoma di Bolzano, dove i germanofoni detengono la predominanza delle leve politiche ed economiche. Un caso particolare e opposto è costituito dall'Alsazia, in Francia, dov'è storicamente parlato il dialetto alsaziano, di ceppo alemanno, ma non il tedesco standard, e dove almeno dai primi anni settanta la popolazione è perfettamente integrata linguisticamente e culturalmente con il resto della nazione francese, nella quale gli alsaziani si identificavano già da molto prima. Una minoranza di tedeschi di una certa consistenza, detti "sashi" (sassoni) era presente anche nella Transilvania rumena (Siebenburgen), ma la maggior parte di essi è emigrata in Germania dopo il 1945, anche se ne restano ancora alcune migliaia.

La comunità di ascendenze tedesche più numerosa al mondo dopo quella radicata in Germania, è presente negli Stati Uniti e conta, secondo le statistiche ufficiali statunitensi, circa 50 milioni di persone (tenendo anche conto di circa 800.000 oriundi austriaci), ovvero oltre il 17% degli abitanti (rilevazione 2005) degli States (il 23% dei bianchi americani).[23][24][25] Tale comunità risulta essere anche il gruppo etnico europeo più consistente al di fuori dell'Europa. La maggior parte dei tedeschi americani vive negli stati del Medio-atlantico (Pennsylvania) e del Nord Midwest (Iowa, Minnesota, Ohio, Wisconsin, Illinois, Indiana, Dakota del Nord, Dakota del Sud e Missouri orientale) ma si possono individuare delle "enclavi" in altri stati (ad esempio in Texas e Louisiana). Notevole pure l'apporto tedesco alla popolazione di Canada (circa il 9% della popolazione) ed Australia (circa il 4%).

Sin dal Medioevo gruppi di tedeschi hanno colonizzato vaste aree dell'Europa Orientale e prima della seconda guerra mondiale erano presenti minoranze di una certa entità in Cecoslovacchia (tedeschi dei Sudeti e tedeschi dei Carpazi), Russia (tedeschi di Russia), Polonia, Transilvania e Paesi Baltici (soprattutto in Lettonia). Dopo il conflitto si sono verificate espulsioni e migrazioni volontarie che ne hanno notevolmente ridotto il numero. Secondo i censimenti più recenti, in Polonia si contano 152.900 tedeschi, in Russia 597.212, nella Repubblica Ceca 39.106, in Slovacchia 5.405, in Ungheria 150.000, in Romania 60.000 e, nei Paesi Baltici, poche decine di migliaia.

Alcuni gruppi possono essere classificati come tedeschi anche se hanno perso la propria lingua madre e parte delle proprie tradizioni. Fra questi sono compresi i circa due milioni di tedeschi che prima degli anni novanta vivevano nell'Unione Sovietica, specialmente in Russia e Kazakistan, e la gran maggioranza dei 50 milioni di oriundi germanici (e austro-germanici) radicati negli Stati Uniti d'America.




fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tedeschi

 
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