| Recanati fra Rinascimento ed età moderna
Nel 1422, Papa Martino V ordinò che nella già celebre fiera annuale che si svolgeva a Recanati, i mercanti, le merci e i concorrenti, avessero libero e sicuro accesso. Questo rafforzò notevolmente la fiera che contribuì in modo sensibile allo sviluppo economico della città, consentendo di intrecciare relazioni diplomatiche coi principali centri italiani ed europei. Per due secoli Recanati ebbe un ruolo di rilievo negli scambi commerciali dell'Adriatico; nel corso degli anni vi giunsero uomini di lettere, come l'umanista Antonio Bonfini, giuristi, come Antonio da Cannara, e celebri pittori, quali Lorenzo Lotto, Guercino, Caravaggio, Sansovino, Luigi Vanvitelli. In questo clima, nella metà del Cinquecento, una famiglia di scultori, i Lombardi (Aurelio, Ludovico e Girolamo Lombardi), giunse dalla nativa Ferrara e Venezia per lavorare a Loreto e aprì la propria fonderia dietro la chiesa di San Vito. Col tempo Recanati divenne un importante centro fondiario. Altri si aggiunsero a loro: Tiburzio Vergelli di Camerino, Antonio Calcagni (padre di Michelangelo Calcagni,scultore), Sebastiano Sebastiani, Tarquinio e Pier Paolo Jacometti, Giovan Battista Vitali. Furono la scuola scultorea recanatese a dare il via alla tradizione di orafi e argentieri che da allora hanno lavorato sul territorio nei secoli successivi.
Il 21 marzo 1456 la Beata Vergine apparve miracolosamente a una giovane albanese di nome Elena. Slavi e albanesi erano presenti in gran numero nelle campagne marchigiane, rifugiatisi qui per sfuggire ai predoni turchi nelle coste dalmate. Nel punto dell'apparizione fu costruita di lì a poco la chiesetta di Santa Maria delle Grazie. Nel 1586 Papa Sisto V elevò a rango di città il castello di Loreto, edificato intorno alla Chiesa di Santa Maria, fino ad allora territorio sotto la giurisdizione di Recanati. Per tutto il XVIII secolo Recanati dovette sopportare aggravi e fastidi per fornire foraggi e vettovaglie ora agli austriaci, poi agli spagnoli e ai francesi. Questo durò fino al Trattato di Aquisgrana (1748). Recanati nel Risorgimento Fotografia del 1916 della Biblioteca Leopardi
Nel 1798 la città subì l'occupazione francese da parte delle truppe napoleoniche. La partecipazione ai moti risorgimentali del 1831 costa la vita al recanatese patriota della libertà Vito Fedeli, chiuso in un carcere pontificio. Nel 1848 Giuseppe Garibaldi volle transitare nella città di Giacomo Leopardi per soccorrere Roma, la capitale della Repubblica Romana, a cui Recanati apparteneva[5].
Nel 1860 l'annessione dello Stato della Chiesa al Regno d'Italia, in seguito alla battaglia di Castelfidardo, integrò la storia del comune di Recanati alla storia dell'Italia moderna. Nel 1893 un tratto di litorale viene scorporato dal territorio comunale per costituire il nuovo comune di Porto Recanati. Recanati nell'epoca contemporanea
Nel 1937 con R.D. nº 1335, convertito nella Legge 2255, viene istituito il Centro Nazionale di Studi Leopardiani, la cui sede era stata progettata da Guglielmo De Angelis d'Ossat. Nel 1968, il politico recanatese Giacomo Brodolini, eletto nelle file del PSI viene nominato Ministro del lavoro e della previdenza sociale nel secondo governo di Mariano Rumor (1968-1969). Da Ministro, introdusse fondamentali riforme nel mondo del lavoro: il superamento delle gabbie salariali, la ristrutturazione del sistema previdenziale e l'elaborazione dello Statuto dei lavoratori sono solo alcune delle iniziative di cui fu promotore.
Nel 1990 nasce il Premio Città di Recanati, che poi prenderà il nome di Musicultura. Il Festival si impone come una delle più importanti manifestazioni nazionali di musica d'autore. Nel 2005 il festival si trasferisce allo Sferisterio di Macerata Nel 2008 nasce a l'Artika Festival che propone esposizioni di arte contemporanea, performance e concerti. Il festival, che propose artisti come Hernan Chavar, Nicola Alessandrini, Niba, Hotel Nuclear, 7/8 kili, Zapruder filmmakersgroup, Davide Savorani, Carloni & Franceschetti, cessò la sua attività nel 2012. Il festival vide la presenza di musicisti come Turin Brakes, Dente, Bachi da pietra, Ronin, IOIOI, Il pan del diavolo, Above the tree, Der Feuerkreiner, OvO, Uochi Toki, Pitch, Bob Corn, Dadamatto. Nella letteratura fra gli altri sono stati ospitati Paolo Nori e Alessandro Bonino.[6] Monumenti e luoghi d'interesse Luoghi gigliani Beniamino Gigli
Casa natale di Beniamino Gigli: si trova a Recanati in via Risorgimento (contrada Castelnuovo). Gigli vi nacque il 20 marzo 1890, come ricorda una targa commemorativa. Il palazzo è risalente alla metà dell'Ottocento, realizzato come struttura condominiale in laterizio a vista, con intonaco che fascia le cornici dei portali e delle finestre, che sono distribuite in due ordini, divise orizzontalmente da fasce marcapiano che segnano i tre livelli del palazzo. Alla base gli archi a tutto sesto sono più grandi per ospitare l'accesso principale e le botteghe. Aula Magna (Pianoforte di Gigli), all'interno del Palazzo comunale, in Piazza Leopardi, si trova lo storico pianoforte di Beniamino e Rina Gigli. Museo "Beniamino Gigli", all'interno del Teatro Persiani è visitabile il museo dedicato al grande tenore recanatese, voluto e realizzato con il sostegno del nipote recanatese di Beniamino Gigli, Luigi Vincenzoni. Giardini "Beniamino Gigli": si trovano a fianco del Teatro Persiani. Casa di riposo "Ester Gigli": si trova in via XX settembre.
Targa commemorativa sulla casa natale di Gigli
Villa Gigli: si trova tra Recanati e Loreto lungo viale Beniamino Gigli. Sorge sul colle Montarice, fu lo stesso tenore che volle questa residenza, acquistando il terreno all'inizio degli anni Venti, dando l'incarico di edificazione all'architetto Guido Cirilli, allievo del Sacconi. Successivamente Gigli delegò il fratello Catervo Gigli, professore di Belle Arti. I lavori iniziarono nel 1920, nel 1923 entrò in cantiere l'architetto Florestano Di Fausto, che si scontrò con Catervo per la monumentalità eccessiva del progetto, terminato nel 1927. La villa si estende su un vasto parco, costituito da un giardino all'italiana, fatto di simmetrie e geometrie, dove siepi perimetrali cingono gruppi ordinari di alberi, palmette e sfere di bosso in topiaria. I lati nord e sud del giardino sono circondati da una fascia a bosco, mentre il versante collinare prevede una zona di giardino all'inglese. La villa invece è una sintesi dell'eclettismo architettonico del primo Novecento, che mescola i gusti barocchi, rinascimentali e moreschi: alla sommità della scalinata di accesso si staglia la mossa facciata principale, il prospetto ostenta un fastigio ad altana coronato da quattro statue, raffiguranti l'Architettura, la Scultura, la Pittura, il Canto; invece al cognome "Gigli" fanno rimando i disegni allusivi dei gigli, il pavimento mosaicato, negli elementi decorativi vari della villa e del giardino. L'interno della villa a pianta centrale, è distribuito negli spazi a due piani, nell'appartamento dell'attico, collegato a gli altri da scaloni e ascensori. Si susseguono saloni, camere, sale dello studio e della musica, la cappella privata, con decorazioni parietali a motivo classico e mitologico commissionate personalmente dal Gigli. L'arredamento consiste in tappezzerie provenienti da manifatture parigine, da mobili della ditta Ducrot di Palermo, lampadari di Murano, oggetti, arazzi, quadri del XVII secolo, composizioni floreali di Giuseppe De Curtis. L'attico è ornato con scene allegoriche del lavoro nei campi, opera di Adolfo De Carolis. Tomba di Beniamino Gigli: in viale Dalmazia, all'interno del Cimitero comunale, si trova la tomba del celebre tenore. Fu realizzata dal fratello Catervo Gigli, ispirandosi ai monumenti classici dell'Ottocento: ha una forma piramidale a base quadrata ed è interamente realizzata in conci di travertino, a ispirazione delle piramidi dell'Egitto, anche se le spoglie di Beniamino si trovano in sarcofago di marmo all'ingresso del cimitero. La piramide poggia su un basamento decorato con una donna greca scolpita in bassorilievo e con elementi fitomorfi ispirati alla pittura egizia, le stesse decorazioni scolpite sono scolpite sui 12 pilastrini in travertino che delimitano il perimetro esterno del marciapiede. L'ingresso è sottolineato da un monumentale portale in marmo in stile egizio, a bassorilievo con simboli cristiani e pagani. Ai lati all'esterno ci sono due statue bronzee, realizzate da Catervo, che raffigurano le 3 Virtù Teologali. L'interno è affrescato a tempera. opera di Arturo Politi: in una mandorla dorata si trova il Cristo al centro del Giudizio Universale,. fiancheggiato da angeli inginocchiati.
Luoghi leopardiani La casa natale di Giacomo Leopardi Ritratto di Giacomo Leopardi Il Colle dell'Infinito
Palazzo Leopardi: è la casa natale del poeta, affacciata su Piazzetta Sabato del Villaggio. Il palazzo è abitato dai discendenti e aperto al pubblico. Esso venne ristrutturato nelle forme attuali dall'architetto Carlo Orazio Leopardi verso la metà del XVIII secolo. L'ambiente più suggestivo è senza dubbio la biblioteca, che custodisce oltre 20.000 volumi, tra cui incunaboli e antichi volumi, raccolti dal padre del poeta, Monaldo Leopardi. Piazzetta del Sabato del Villaggio: sulla quale si affaccia Palazzo Leopardi. Lì vi si trova la casa di Silvia e la chiesa di Santa Maria in Montemorello (XVI secolo), nel cui fonte battesimale fu battezzato Giacomo Leopardi nel 1798. Orto sul Colle dell'Infinito: Posto sulla sommità del Monte Tabor, è il giardino dell'ex convento di Santo Stefano da cui si domina un panorama vastissimo verso le montagne. Questo panorama avrebbe ispirato l'omonima poesia composta dal Leopardi a 21 anni. L'Orto è situato a poca distanza da Palazzo Leopardi e nel 2017 è stato dato in concessione al FAI, che lo gestisce e ne ha curato il restauro[7]. Sulle mura esterne al giardino c'è una lapide con le iniziali dell'idillio L'Infinito (1819), mentre costeggiando queste mura in direzione del Centro Nazionale di Studi Leopardiani si trovano i resti, ricomposti per anastilosi, della primitiva tomba di Giacomo Leopardi a Napoli.
Scuderie Mattei
Palazzo Antici-Mattei: casa della madre di Leopardi, Adelaide Antici Mattei, edificio dalle linee semplici ed eleganti con iscrizioni in latino. Si trova su via Antici, ha un aspetto tardo settecentesco, diviso da cornice marcapiano in due livelli: il primo scandito da un ordine di quadrotte in conci di pietra bianca, e dal portale di ingresso architravato, il secondo da ordine regolare di finestre rettangolari. Di fronte questo palazzo si trovano le scuderie fatte erigere dal cardinale Tommaso Antici, che mostrano una facciata concava neoclassica, in mattone a vista, con un grande portale centrale che occupa lo spazio d'altezza sino in cima, dove culmina a timpano triangolare, fasciato dagli stipiti a bugna, e con ai lati due nicchie, mentre i pilastri estremi sono inquadrati da paraste a capitelli ionici e da oculi con busti. Palazzo Antici custodisce un importante archivio che proviene dalla famiglia romana dei Principi Mattei. Torre del Passero Solitario: nel cortile del chiostro di Sant'Agostino è visibile la torre, la cui cuspide a cartoccio fu decapitata da un fulmine nella metà del XIX secolo, resa celebre dalla poesia "Il passero solitario". La torre ha impianto quadrangolare, risalente al XIII secolo, con quattro arcate per la cella campanaria. La parte superiore è più movimentata, ornata nelle quattro facciata da archetti pensili, e in cima da quattro piccole cuspidi angolari.
Arte e architettura Chiese Interno della Cattedrale Torre del Passero Solitario, chiostro di Sant'Agostino
Concattedrale di San Flaviano.La porta principale è posta sulla fiancata laterale, non ha una facciata e il vasto interno è a tre navate con bellissimo soffitto a cassettoni in legno. A esso è annesso il Palazzo Vescovile e le ex-Carceri. All'interno della cattedrale vi è il sarcofago di papa Gregorio XII ivi sepolto e il Museo Diocesano. Chiesa di Santa Maria di Castelnuovo. È la chiesa più antica di Recanati ed è appartenuta ai benedettini di Fonte Avellana. Posta lungo la strada per Castelnuovo (via Angelo Giunta), ha la struttura in laterizio a capanna, pianta rettangolare: la facciata ornata da tre finestre, quella centrale a mezzaluna, affiancata da due ad oculo, in basso in asse con la mezzaluna il portale di pietra romanico con arco a tutto sesto e lunetta. La torre campanaria è la più antica della città (XII secolo), a pianta quadrata a svettante, con ordine di bifore per facciata, e decorazione ad archetti pensili in cima. Nella lunetta del portale bizantineggiante vi è un bel bassorilievo del Mastro Nicola Anconetano firmato e datato 1253, raffigurante la Madonna in trono con i santi Michele e Gabriele. L'affresco raffigurante la Madonna con Bambino che si trova all'interno è attribuito a Pietro di Domenico da Montepulciano. Chiesa di San Francesco d'Assisi. Si trova nella parte nord-ovest, in via Castelfidardo. L'annesso convento fu fondato nel XII secolo, ampliato in quello successivo dai Frati Minori Francescani, e infine ampiamente restaurato nel XVIII. I lavori per la precisione iniziarono nel 1251 come testimonia la bolla di papa Innocenzo IV; l'aspetto attuale risale al rifacimento di padre Camaldolese Giuseppe Antonio Soratini. Dietro l'altare maggiore si può vedere la Madonna del Latte di Antonio da Faenza (1525), mentre sugli altari laterali sono poste tele tra cui la Madonna Immacolata (1631) di van Schayck e San Giuseppe da Copertino di Benedetto Bianchini (1754). Sulla cantoria della controfacciata si trova l'organo ligneo dipinto del 1753, di Pietro Nacchini. La chiesa esternamente è ricoperta in laterizio, con pianta rettangolare a navata unica, e facciata a capanna con timpano triangolare che lascia ancora intravedere l'aspetto antico, per la presenza del classico nartece di accesso ad archi. Il campanile a torre è in stile rinascimentale. Chiesa e chiostro di Sant'Agostino. Sorge in piazza Pietro Giordani, fu costruita assieme al convento degli Eremitani di San'Agostino nel 1270 e rifatta un secolo dopo assieme alla cattedrale. Il portale in pietra d'Istria (1485) è di Giuliano da Maiano, mentre l'interno fu rifatto alla fine del XVII secolo su disegno del Ferdinando Galli da Bibbiena, con pale realizzate dal Pomarancio, Pier Simone Fanelli, Felice Damiani e residui di affreschi di Giacomo da Recanati. Vi sono poi opere di Antonio Calcagni che qui è sepolto. Complesso conventuale di Sant'Agostino. A Recanati ha sede una delle caserme più antiche di tutta l'Arma dei Carabinieri. Essa si trova all'interno del complesso conventuale di Sant'Agostino. Assegnata all'Arma dopo l'assorbimento del suo territorio nel Regno d'Italia nel XIX secolo, pur con interventi di ristrutturazione operati da Ferdinando Bibbiena nel ' 600, la caserma ha conservato le originali forme trecentesche. Con l'arrivo dei Carabinieri Reali un altro progetto di ristrutturazione del complesso previde l'allestimento della caserma al primo piano mentre il piano terreno e l'interrato furono destinati a carcere mandamentale.
Santa Maria di Montemorello
Chiesa di Santa Maria di Montemorello. Si trova in Piazzetta Sabato del Villaggio, detta anticamente "de Platea" fu rifatta completamente nel 1581 quando vennero i Gesuiti a Recanati. La chiesa subì ancora radicali trasformazioni all'inizio dell'Ottocento per opera del Brandoni. All'interno sono conservate una tavola datata 1580 di Durante Nobili da Caldarola, allievo di Lorenzo Lotto e una pala d'altare attribuita a Pier Simone Fanelli (XVII secolo). Famosa per essere stata la cappella della famiglia Leopardi, situandosi a poca distanza dal palazzo. Chiesa dei Cappuccini- Fu costruita col convento nel 1618. All'interno un quadro della Madonna di Loreto del Pomarancio e una tela attribuita al Caravaggio (La Madonna dell'insalata). Sul piazzale di fronte fu eretta una stele in travertino con ceramiche di Arturo Politi e Rodolfo Ceccaroni.
Annunciazione, 1528, Recanati, Museo civico Villa Coloredo Mels Chiesa di San Domenico
Chiesa di San Domenico. Detta anche del Santissimo Rosario, sorge adiacente a piazza Leopardi. Venne costruita dai Domenicani nel 1272, e rimaneggiata nel XVIII secolo. Nel sito del convento, poi demolito, si racconta che passò San Pietro Apostolo, lasciando una reliquia della Croce. L'abside è di stile neogotico e risale all'Ottocento, come la facciata. Il portale del 1481 è opera di Giuliano da Maiano. All'interno si trova il San Vincenzo Ferreri in gloria, opera del 1513 di Lorenzo Lotto, tagliato nel Settecento per adattarlo a pala d'altare; di fronte a questo c'è il San Sebastiano del Torreggiani; a destra della chiesa si trova la medievale Porta San Domenico. Chiesa di Santa Maria dei Mercanti. Lungo Corso Persiani, è per questa chiesa che fu dipinta l'Annunciazione di Lorenzo Lotto, ora trasferita al Museo civico Villa Coloredo Mels. Fu realizzata nel 1170 circa dalla confraternita dei Mercanti: ha una facciata molto semplice intonacata, frappostra tra due strutture, scandita da paraste ioniche e cornici marcapiano. Al centro si trova il portale architravato in pietra con mensole, sovrastato da una finestra centrale. L'interno a navata unica è decorato da mari policromi e stucchi, l'altare maggiore è scandito da paraste corinzie in marmo. Chiesa di San Vito. L'attuale edificio fu costruito su un'antica chiesa romanico-bizantina e trasformata nelle forme attuali nella metà del Seicento su disegno di P.P. Jacometti. Nel 1741 il terremoto danneggiò la facciata che fu rifatta su disegno del Luigi Vanvitelli, in cotto e con le colonne a spirale bicromate. Della primitiva costruzione tre-quattrocentesca all'esterno conserva l'impianto absidale e una torre campanaria incompiuta. Nella cappella adiacente (inizio navata a destra) c'è l'oratorio con la tela del Pomarancio raffigurante la Presentazione al Tempio, due tele piccole di Pier Simone Fanelli, e l'Assunta del Latre. Di notevole valore anche le tele di Felice Damiano da Gubbio (1582), di Giuseppe Valeriani (1550) e Paolo de Matteis (1727).
Chiesa di San Vito: facciata
Chiesa di San Filippo Neri. Lungo il corso Persiani, ridale al Settecento, ha navata unica con l'altare maggiore in legno con velature a oro zecchino, come dorate sono anche le decorazioni della cantoria, del pulpito e dei coretti. Di interesse la tela dell'Estasi di San Filippo, di Pier Simone Fanelli, mentre presso gli altari laterali ci sono le opere di San Carlo Borromeo e della Madonna tra Santi di Andrea Pasqualino Marini e Saverio Moretti. La facciata in mattoni è scandita da coppie di paraste verticali, e inframmezzata da cornicione marcapiano. Al piano base si trova il portale centrale architravato in pietra con timpano triangolare, sovrastato da finestra centrale, mentre al secondo livelli le coppie di paraste presentano il capitello corinzio. Chiesa di San Michele. Si trova sul corso Persiani. La primitiva risale al 1234, ma fu rifatta nel 1783 su disegno di Carlo Orazio Leopardi. L'impianto è rettangolare con facciata a capanna terminante con architrave e timpano triangolare. Il portale architravato in pietra bianca mostra l'iscrizione latina del rifacimento del tempio. L'interno a navata unica mostra un delicato e sobrio impaginato barocco di stucchi e pennacchi, scandito lateralmente da paraste corinzie per gli altarini. Chiesa di San Pietrino. In via Leopardi, la facciata è forse del Vanvitelli. La chiesa è della Confraternita degli Orti; si ipotizza, da frammenti murari sulla destra, che la chiesa possa avere origini remote: l'aspetto attuale è settecentesco, con rifacimenti in stile neoromanico nel tardo XIX secolo. Il portale centrale è sovrastato dalla bella finestra ovalie dentro una cornice movimentata, opera di Vanvitelli, affiancata da quattro finestre murate laterali rettangolari. La cornice superiore è decorata da dentelli e archetti pensili. L'interno a navata unica è molto semplice. Chiesetta della Madonna delle Grazie. La chiesa fu costruita sul luogo in cui si dice comparisse la Beata Vergine a una giovane albanese di nome Elena. La chiesa e gli affreschi di Giacomo di Nicola da Recanati che vi si trovano richiedono un urgente restauro. Chiesa di Santa Maria di Varano. La chiesa e l'annesso convento furono costruiti per i Frati Minori Osservanti a spese dell'allora vescovo di Macerata e Recanati, il forlivese Nicolò dall'Aste[8]. Era chiamata anche "chiesa degli Zoccolanti" dal nome popolare dei Frati Minori Osservanti, ossia Frati "zoccolanti" (unificati nell'Ordine dei Frati Minori). Parte dell'allora convento divenne nel 1873 il pubblico cimitero, nel quale vi è sepolto Beniamino Gigli. La cappella di San Diego fu fatta eseguire da don Diego Zapata. Vi sono poi due tele di Pier Simone Fanelli, San Francesco e San Lorenzo da Brindisi e un Sant'Antonio di Marino Pasqualini. L'altare ligneo è del XVII secolo. Chiesa di S. Giovanni in Pertica (detta del Beato Placido). L'edificio religioso, che si trova fuori Porta Romana, fu costruito nel secolo XIII e fu ricostruito nel secolo XVI e nel 1529 prese anche il nome del beato che presso questa chiesa fondò una comunità apostolina e vi fru sacerdote e vicario. La chiesa conserva il corpo del beato e all'altare di sinistra una tavola, forse in origine un gonfalone, con la Madonna del Soccorso dipinta da Baldo de Sarofini e databile alla metà del secondo decennio del Cinquecento.[9] L’annesso monastero, rimaneggiato nei secoli, è oggi adibito ad asilo. Chiesetta di Sant'Anna. Costruita alla fine del XV secolo, è stata rifatta ampiamente nel XVIII. La facciata barocca in laterizio ha una grande cornice presso l'architrave in pietra con iscrizione, all'interno della chiesa c'è una copia della Santa Casa di Loreto, com'era prima dell'incendio del 1921, e un'icona votiva della Madonna. Convento di Santo Stefano. Sul Colle dell'infinito, fu eretto nel 1394 come monastero delle Francescane femmine, istituito nel 1443, e soppresso nel 1486. Il monastero nuovo fu rifatto nel 1507, terminato nel 1535, come testimoniato nel breve di papa Alessandro VI. La chiesa fu reintitolata a santo Stefano nel 1691, con ristrutturazione barocca, decorazione del soffitto a volta a botte e apparati a stucchi. Soppresso nel 1810, il monastero andarono disperse varie opere d'arte. Nel 1852 fu rilevato dalle Figlie del Sacro Cuore, che vi istituirono un istituto per l'educazione. Attualmente il convento è di proprietà comunale ed è usato per convegni e manifestazioni.
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