| «Dove posso trovare la morte, che s’è presa il mio bambino?», chiese la madre. «Qui non è ancora arrivata – rispose la vecchia becchina che faceva la guardia alla grande serra della morte. – Come hai fatto a arrivare fin qui, chi ti ha aiutato?». «Il Signore mi ha aiutata! – rispose la madre. – Egli è misericordioso e siilo anche tu: dove posso trovare il mio bambino?». «Io non lo conosco – rispose la donna – e tu non ci vedi! Molti fiori e molte piante sono appassiti questa notte e la morte arriverà presto per trapiantarli. Tu sai che ogni essere umano ha il suo albero della vita o il suo fiore, a seconda di come ciascuno è fatto. Apparentemente sono come le altre piante della natura, ma hanno un cuore che batte. Anche il cuore dei bambini batte! Ascoltali! Forse saprai riconoscere quello di tuo figlio. Ma che cosa mi dai, perché ti dica che altro devi fare?». «Non ho nulla da darti – disse la madre afflitta – ma andrei in capo al mondo per te!». «No, non ho nulla da fare là! – rispose la donna – ma mi puoi dare i tuoi lunghi capelli neri. Tu stessa sai quanto sono belli e a me piacciono! Avrai i miei capelli bianchi in cambio. È sempre qualcosa!». «Se non desideri altro – le rispose la madre – te li do con gioia!», e così le diede i suoi bei capelli neri e ricevette quelli della vecchia, bianchi come la neve.
Entrarono nella grande serra della morte, dove fiori e piante crescevano mescolati in modo strano. C’erano sottili giacinti sotto campane di vetro e c’erano peonie grosse e robuste; crescevano piante acquatiche, alcune molto fresche, altre un po’ malate; vi si appoggiavano le bisce acquatiche, e i granchi neri ne afferravano gli steli. C’erano Klever-Anderson-nottesplendide palme, platani e querce, piantine di prezzemolo e di timo fiorito; ogni albero e ogni fiore aveva il suo nome e ognuno rappresentava una vita umana, una persona ancora in vita, in Cina, in Groenlandia, in tutto il mondo. C’erano grandi piante in vasi molto piccoli, che soffocavano e sembrava che stessero per spezzare il vaso, c’erano anche da molte parti piccoli fiori insignificanti piantati nella terra, circondati dal muschio, ben custoditi e curati.
La madre afflitta si chinava sulle piante più piccole e ascoltava il loro cuore che batteva, e tra milioni di cuori riconobbe quello del suo bambino. «È questo!», gridò, e tese la mano verso un piccolo croco azzurro, debolmente piegato da un lato. «Non toccare il fiore! – gridò la vecchia. – Mettiti qui e quando la morte arriverà, e sarà qui tra poco, impediscile di strappare la pianta minacciando di strappare tutti gli altri fiori. Avrà paura, perché ne risponde davanti al Signore, e nessuno può sradicarli senza il suo permesso».
Improvvisamente soffiò un’aria gelida per il salone e la madre cieca capì che la morte stava arrivando. «Come hai fatto a arrivare fin qui? – le chiese. – Come hai potuto arrivare prima di me?». «Sono una madre!», rispose lei. E la morte tese la sua lunga mano verso quel fiorellino delicato, ma lei vi tenne sopra le mani sfiorandolo quasi e temendo di toccare uno solo dei suoi petali. Allora la morte soffiò su quelle mani, e lei sentì che era ben più fredda del vento gelato, e le sue mani ricaddero inerti.
«Tu non puoi nulla contro di me!», disse la morte. «Ma lo può il Signore!», rispose la madre. «Io faccio ciò che Lui vuole! – replicò la morte. – Io sono il suo giardiniere! Colgo tutte le sue piante e i suoi fiori e li ripianto nel grande giardino del paradiso, in una terra sconosciuta, ma non oso raccontarti come vi crescano e come sia il luogo». «Rendimi mio figlio!», supplicò la madre piangendo, e improvvisamente afferrò due bei fiori che si trovavano lì vicino e gridò alla morte: «Strapperò tutti i tuoi fiori! Sono Stratton-Andersen-fioridisperata!».
«Non toccarli! – disse la morte. – Dici di essere infelice e ora vuoi rendere un’altra madre altrettanto infelice?». «Un’altra madre?», chiese la povera donna, lasciando immediatamente i due fiori. «Ecco i tuoi occhi, li ho ripescati dal lago – disse la morte. – Splendevano lucentissimi, ma non sapevo che fossero tuoi. Riprendili, ora vedrai meglio di prima; guarda nel pozzo profondo qui vicino: io chiamerò per nome i due fiori che tu volevi strappare, così potrai vedere il loro futuro, la loro vita di uomini; guarda quello che volevi turbare e distruggere!».
La madre guardò nel pozzo; era una gioia osservare come uno dei fiori diventasse una benedizione per il mondo, e quanta gioia e felicità si spandesse intorno a lui. Poi guardò la vita dell’altro fiore, e era solo dolore e miseria, orrore e infelicità. «Entrambi sono volontà di Dio!», commentò la morte. «Quali dei due fiori è quello dell’infelicità e quale quello della benedizione?», chiese la madre. «Non te lo dico – rispose la morte – ma sappi che uno dei due fiori è quello di tuo figlio; hai visto il destino di tuo figlio, il suo futuro!». La madre gridò di terrore: «Quale dei due era mio figlio? Dimmelo! Salva l’innocente! Salva mio figlio da tutta quella miseria! Portalo via, piuttosto! Portalo nel regno di Dio! Dimentica le mie lacrime, dimentica le mie preghiere e tutto quello che ho detto e fatto!». «Non ti capisco! – disse la morte. Vuoi riavere tuo figlio oppure devo portarlo nel paese che ti è sconosciuto?».
La madre si gettò in ginocchio e, torcendosi le mani, pregò il Signore: «Non ascoltarmi, se prego contro la tua volontà, che è la migliore! Non ascoltarmi! Non ascoltarmi!». E piegò il capo in grembo. La morte, allora, se ne andò col bambino in quel paese sconosciuto.
(Andersen, Fiabe)
https://lartedeipazzi.blog/2018/12/21/ande...a-di-una-madre/ fonte
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