IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici in Costa d'Avorio

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Pagine nella categoria "Gruppi etnici in Costa d'Avorio"

Questa categoria contiene le 13 pagine indicate di seguito, su un totale di 13.
A

Agni (popolo)
Akan
Ashanti (popolo)

B

Baulé
Bété

F

Fulani

J

Jula (popolo)

K

Kru

M

Mandé
Mandingo

N

Nzima

S

Sarakollé
Senufo







Agni (popolo)


Agni è una popolazione dell'Africa Occidentale, diffusa in Costa d'Avorio ed in Ghana e fanno parte del gruppo etnico degli Akan.

La lingua agni fa parte del ramo kwa della famiglia niger-kordofaniana.

Arte

La produzione caratteristica degli Agni è costituita da sculture in terracotta, rappresentanti teste o figure di antenati illustri. Se da un lato le teste rivelano un gusto realistico, i corpi invece sono espressi in grande libertà e fantasia. L'aspetto che maggiormente colpisce l'osservatore è la tristezza trasmessa dai volti delle statuette.[1]





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Akan


Gli akan sono un gruppo etnico dell'Africa Occidentale, composto da diverse popolazioni (ad esempio agni, ashanti, fanti) diffuse in Costa d'Avorio ed in Ghana.

Governo

Nelle mani del sovrano akan sono riuniti tutti e tre i poteri: economico, politico e religioso rappresentati rispettivamente dal tesoro, dalla sciabola e dal trono. Gli emblemi vengono realizzati o placcati in oro e abbelliti da decorazioni simboliche. Le insegne di potere regale vengono esibite quasi esclusivamente in occasione delle grandi cerimonie come l'intronizzazione, i funerali regali o la festa dell'igname.
Gli akan e l'oro

L'oro ricopre una grande importanza nella cultura tradizionale akan, ed è diventato un elemento centrale nella rappresentazione della propria identità. Secondo la visione tradizionale, l'oro è un vero e proprio essere vivente dallo spirito forte e temibile. Per questa sua natura eccezionale, è considerato con riguardo e venerazione. La sua ricerca richiede rituali di purificazione e per toccarlo e forgiarlo bisogna seguire procedure molto severe. Facendo uso di diverse tecniche di lavorazione, gli akan plasmano con maestria questo materiale, creando gioielli e ornamenti regali, insegne di potere e figurine rappresentanti animali e scene di vita quotidiana. Fra le varie produzioni in oro di questa regione, si ritrovano anche numerosi pendenti a forma di testa umana, che evocano attraverso segni distintivi le caratteristiche sociali e di genere delle figure rappresentate. In certe circostanze, vengono utilizzati secondo il loro uso tradizionale: per dirimere i conflitti ponendo sotto la protezione degli antenati chi dichiara di possederne una. Gli oggetti tradizionali d'oro vengono nascosti dalle famiglie e trasmessi per generazioni. Sono mostrati con grande orgoglio in occasioni delle solenni celebrazioni annuali molto attese. Solo gravi crisi economiche possono spingere un proprietario a venderli.

Gli akan conservano all'interno del tesoro del clan - detto Dja - gli oggetti d'oro che simbolizzano concetti da perpetuare nel tempo, diventati beni di tutta la comunità. Il Dja e tutto ciò che serve a misurarne la ricchezza è racchiuso in una cassa di legno, spesso abbellita con simboli o raffigurazioni di divinità poste a sua protezione.

L'oro è spesso associato agli emblemi pubblici perché ritenuto artefice di felicità, salute e fortuna per tutti coloro che se ne servono nelle attività politiche. Metallo inalterabile, diventa sinonimo d'immortalità e simbolizza la perennità del potere regale emanato dall'intervento divino. Il seggio d'oro del re degli Ashanti riveste un'importanza particolare. È oggetto di una speciale venerazione perché ricorda il leggendario trono disceso dal cielo del fondatore Regno Akan, Osei Tutu.[1]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Akan

 
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Ashanti (popolo)


Gli Ashanti o Asante sono una popolazione appartenente al gruppo etnico Akan stanziata principalmente nell’omonima regione del Ghana[1].

Eredi di un antico impero che combatté a lungo contro quello britannico, gli Ashanti vivono in parte in ambienti urbani – parlando inglese e praticando il cristianesimo o l’islam – ed in parte in villaggi rurali, nei quali la lingua utilizzata è il twi e viene osservata una religione tradizionale[1][2].

Organizzata in una società matrilineare che pone al centro la famiglia, la popolazione è fortemente votata alle attività economiche, in particolare commercio ed agricoltura. Le sue influenze culturali hanno raggiunto il mondo occidentale e le sue architetture tradizionali sono state riconosciute patrimonio dell'umanità[3][4][5][6].

Etimologia

L'etimologia del termine è incerta, potrebbe derivare dalle parole in lingua akan osa-nti (in italiano bellicoso) o osa-nti-fo (in italiano a causa della guerra)[7]. Vengono indifferentemente utilizzate le dizioni Ashanti e Asante[1].
Storia
Guerriero Ashanti.

La storia degli Ashanti spazia dal XIV al XXI secolo[4][8].
Origini e organizzazione in clan

Popolazioni akan migrarono nel XIII secolo dal Nordafrica alla regione guineiana spinte dalla guerra, dall'espansione araba e dalla ricerca di terreno fertile: guidate da esploratori che costruivano capanne da caccia tra gli alberi, si stabilirono nelle zone boscose dell'attuale Ghana settentrionale[8]. Nel secolo successivo si spostarono ancora più a sud dividendosi in molteplici gruppi etnici; gli Ashanti occuparono l'area dove ora sorge la città di Obuasi e stabilirono una società organizzata in 8 clan: Aduana, Agona, Asakyiri, Asene, Asona, Bretuo, Ekuona e Oyoko[8].

Dal XV secolo i clan Ashanti si espansero nell'attuale area – in cui sorsero centri quali Mampong e Tafo – avviando un periodo di frequenti guerre interne che resero la popolazione vulnerabile e finirono col porla sotto il giogo dei Denkyira[8]. Nei due secoli successivi emerse tra i vari clan quello denominato Oyoko, che fondò Kumasi durante il regno di Oti Akenten ed avviò, sotto la guida del re Obiri Yeboa, l'unificazione degli Ashanti in una confederazione[8]. Tale soggetto ebbe tuttavia vita breve, perché subito sconfitto militarmente dalla popolazione nemica dei Dormaa[8].

Il successore sul trono degli Oyoko, Osei Tutu I, riuscì ad ottenere la fiducia degli altri clan e ad essere eletto "re tra i re", guidando il neonato Regno ashanti ad una riscossa contro i Dormaa nel 1698[9][10]. L'organizzazione dello stato unitario da parte di Osei Tutu I e la successiva campagna militare per l'affrancamento dai Denkyira portarono alla vittoria nella battaglia di Feyiase del 1701 ed alla fondazione dell'Impero ashanti[9][11].
Impero
Lo stesso argomento in dettaglio: Impero ashanti.

L'Impero ashanti prosperò nel XVIII secolo, espandendosi a tutta l'area dell'attuale Ghana ed esercitandovi la propria influenza politica, culturale ed economica[4]. La popolazione entrò in contatto con gli Europei attraverso i forti sulla costa – come quello di Elmina – avviando un florido commercio sostenuto da costanti campagne militari contro le popolazioni vicine[4][9].

In seguito alla fondazione della Costa d'Oro avvenuta nel XIX secolo da parte dell'Impero britannico, gli Ashanti combatterono una serie di guerre contro le British Armed Forces, terminate nel 1897 con l'assoggettamento agli Europei e l'esilio del re Prempeh I in Sierra Leone e quindi alle Seychelles[2][4][12].
Protettorato e Ghana
Prempeh II e Hodson.

L'Impero britannico, che dal 1902 aveva costituito un apposito protettorato per gli Ashanti all'interno della Costa d'Oro, concesse a re Prempeh il rientro a Kumasi nel 1924, ma senza riconoscimento formale del ruolo[13][14]. Nel 1935 il governatore Arnold Hodson permise invece il ripristino dell'antica confederazione e – seppur in difetto del controllo territoriale e con il solo riconoscimento di "autorità indigena" che aveva il ruolo di mantenere l'ordine pubblico – Prempeh II venne eletto re[13][15]. Il ripristino del sovrano fu un importante riconoscimento per gli Ashanti, facendo da traino ad una nuova e più ampia presa di coscienza culturale che coinvolse l'intera colonia, includendo anche le popolazioni precedentemente loro nemiche[13]. La rinata confederazione si occupò inoltre di tematiche sociali, come la scolarizzazione e la creazione di infrastrutture, istituendo anche un fondo che operò tra il 1942 e il 1952[15].

Nel 1957, alla nascita del Ghana indipendente, sul territorio del protettorato venne creata la regione di Ashanti, con capoluogo Kumasi[4][14]. Le autorità repubblicane istituirono un ministro con il compito di governare la regione, ma anche la figura reale venne mantenuta: in virtù della radicata identità culturale, i capi delle singole comunità Ashanti hanno da allora continuato a prestare fedeltà al proprio sovrano[4][16]. Nel rapporto con la nazione i re – incluso il sovrano Osei Tutu II eletto nel 1999 – hanno riconosciuto i confini esterni e quelli regionali, la pacifica convivenza delle singole popolazioni all'interno della nazione, il mandato di amministrazione politica e leadership del governo repubblicano e si sono impegnati ad astenersi dalla vita politica del paese[10][13]

In ambito economico, tra il XX e il XXI secolo la regione di Ashanti si è affermata per il suo significativo contributo alla produzione nazionale; è inoltre la più popolosa dello stato assieme a quella della capitale ed ha una forte influenza culturale su tutto il Ghana[4]. In particolare gli Ashanti sono considerati depositari delle tradizioni culturali della nazione ed il loro re il custode delle stesse: gli attuali ruoli riconosciuti al sovrano sono infatti quelli della preservazione culturale e della promozione di iniziative caritatevoli e per lo sviluppo[13].
Distribuzione geografica

Gli Ashanti sono stanziati nella parte centro meridionale del Ghana – la maggior parte nella regione di Ashanti – e nelle zone limitrofe di Costa d'Avorio e Togo[1]. Nel 1984 era stimato che gli Ashanti in Ghana fossero circa 2 000 000, mentre nel 2007 tale stima è stata portata a 3 000 000[17][18]. Le stime di presenza in Costa d'Avorio ammontano a 300 000 persone ed in Togo a 80 000 persone[19][20].

Attraverso la tratta atlantica degli schiavi africani parte della popolazione ha nei secoli passati raggiunto l'America, lasciando un'eredità linguistica e culturale in Giamaica – dove si stima che il 60% della popolazione abbia origini Ashanti – e Suriname, nazione in cui i Cimarroni originari della regione guineiana sono circa 40 000[21][22][23][24].
Lingua

La lingua tradizionalmente parlata dagli Ashanti è il twi, dialetto appartenente alla lingua akan a sua volta suddiviso in altri dialetti locali, tra i quali vi è mutua intelligibilità[25][26]. Negli anni 2010 era stato stimato che fosse parlato da un numero di persone tra gli 8 e i 9 milioni, nella regione ghanese di Ashanti ed in altre aree della nazione, con diffusione anche in Costa d'Avorio e – con riferimento ad alcuni dialetti esportati con la tratta atlantica degli schiavi africani – in Giamaica e Suriname[23][25][26]. Oltre che è un'eredità culturale, la lingua twi è considerata dagli Ashanti anche un simbolo del loro antico Impero[25].

In Ghana l'unica lingua ufficiale è l'inglese, ma non tutti gli Ashanti qui residenti sono in grado di parlarla[27][28].
Spiritualità

Gli Ashanti dispongono di una ricca tradizione spirituale ancora viva nella popolazione[29].
Mitologia
Lo sgabello d'oro.

La tradizione orale di alcuni clan vuole che i primi Ashanti siano stati generati da un buco nella località di Ashantemeso, mentre per altri l'origine degli antenati verrebbe dal cielo[8]. Anche la nascita dell'Impero ashanti è simboleggiata in un mito, legato alla visione che nel XVII il re del clan Oyoko Obiri Yeboa avrebbe avuto in sogno: la stessa sarebbe infatti stata interpretata da Okomfo Yemoa – fratello del re del clan Agona – ed il significato emerso avrebbe portato all'unione dei clan in una confederazione[8].

Un ulteriore mito riguarda il successore di Obiri Yeboa, Osei Tutu, che avrebbe ricevuto dal cielo il segno che gli antenati lo volevano a capo della costituenda nazione Ashanti: uno sgabello in oro, che il sacerdote Anokye indicò contenesse lo spirito e l'anima di tutta la nazione Ashanti[9][30]. L'elezione sarebbe stata suffragata dalla preparazione di una bevanda che conteneva la cenere del rogo dei frammenti di unghie e capelli di tutti i re dei vari clan unita ad olio di palma, che venne bevuta dai sovrani stessi[9]. Il mito dello sgabello d'oro sopravvisse nel tempo e questo oggetto continua ad essere il simbolo del potere reale: quando nel 1900 il governatore della Costa d'Oro Frederick Hodgson ordinò di sequestrarlo per potercisi sedere, gli Ashanti organizzarono una ribellione armata[31][32]. Lo sgabello è custodito al di sopra di una sedia affinché non tocchi mai terra e gli Ashanti ritengono che l'eventuale distruzione o conquista nemica dell'oggetto causerebbe la fine della loro nazione[30].
Religione

Le prime popolazioni Akan che giunsero nella regione guineiana fuggendo dall'islamizzazione erano politeiste[8]. Nel XVII secolo emerse la figura di un sacerdote – che veniva consultato per importanti decisioni politiche o legate alla guerra – e praticava sacrifici umani, come avvenne per propiziare la campagna militare contro i Denkyira[9].

Tra gli Ashanti vi sono Cristiani e Musulmani, ma è ancora diffusa la regione tradizionale tipica delle popolazioni Akan bastata su un dio principale chiamato Nyame e dèi minori, come ad esempio la dea della fertilità Asase Ya[1][33][34][35]. Ad un livello intermedio tra il culto per la divinità principale e quello per le divinità minori, vi è il culto degli antenati: gli Ashanti hanno la convinzione che il loro spirito monitori il comportamento delle persone e punisca le condotte sbagliate, nel corso della vita o nell'aldilà[29][36].
Superstizione

Per invocare la fertilità, le donne Ashanti utilizzano una statuetta denominata akuaba; la medesima è successivamente portata sulla schiena durante la gravidanza affinché il nascituro sia di bell'aspetto[3]. Alla nascita viene organizzata una cerimonia per infondere la saggezza al bambino, al riguardo del quale è ritenuto che incorpori il sangue della madre e lo spirito del padre[3][37]. Se si tratta di una bambina, userà poi per giocare la stessa statuetta akuaba, come una bambola[3].

Altra credenza popolare degli Ashanti è quella che imporre la propria voce su quella di chi sta pronunciando il nome di una persona in orario notturno porti sfortuna[26]. Porterebbero inoltre sfortuna cantare mentre si fa il bagno e ramazzare nelle ore notturne[26].
Società

La maggior parte della popolazione Ashanti vive in villaggi, mentre gruppi residuali risiedono in centri urbani[1]. Storicamente, gli Ashanti si ritengono parte di un gruppo con elevato livello di civiltà, vivendo questo aspetto con gratitudine ed impegno a migliorare il mondo[29]. Tale impegno si traduce anche nell'attiva partecipazione alla vita di parenti e conoscenti – riflettendosi in bassi livelli di privacy – e nell'interesse individuale per la proprietà privata, l'accumulo di ricchezza, il riconoscimento sociale e l'ottenimento di potere politico[29].

Gli Ashanti celebrano diverse feste tradizionali come l'Akwasidae, l'Odwira – raduno annuale in cui viene discussa la politica nazionale – e l'Adae Kese, un festival che si tiene solo in occasione di eventi particolarmente importanti e ricorda l'affrancamento dai Denkyira avvenuto all'inizio del XVIII secolo[8][13][38].
Architettura
Lo stesso argomento in dettaglio: Edifici tradizionali Ashanti.
Edificio tradizionale.

Nel XIV secolo gli Ashanti non costruivano edifici, vivendo in grotte riparate dagli alberi o direttamente sugli alberi stessi[8]. Dal XV secolo passarono ad erigere abitazioni, in cui veniva utilizzata l'argilla rossa a scopo decorativo[8][9]. Nel 1980 gli esempi superstiti di edifici tradizionali eretti della popolazione – siti nei pressi di Kumasi – vennero iscritti dall'UNESCO tra i patrimoni dell'umanità[6].
Arte

Espressioni artistiche della popolazione Ashanti si possono trovare nella creazione delle tipiche bambole akuaba o nella realizzazione di costumi tradizionali in kente[3][39]. Altri oggetti artistici sono i vasi e le spade cerimoniali – denominate rispettivamente afena e kuduo – e le sculture di figure animali realizzate in oro o ottone, come inoltre i manti funebri chiamati adinkra[29][33]. A livello verbale, sono considerati una manifestazione artistica i proverbi coniati dalla popolazione[40].

Tradizionalmente, la figura reale è di particolare importanza per l'arte Ashanti: il sovrano è visto come una figura creativa ed il suo impegno per le arti è metafora della forza e della stabilità del regno[40]. Le tombe reali erano in passato corredate da figure in argilla che mostravano le caratteristiche di bellezza e leadership dei sovrani deceduti[41]. Oggetti di uso comune realizzati in terracotta erano invece depositati nelle tombe delle persone comuni[41].
Costumi
Lo stesso argomento in dettaglio: Kente.
Abiti in kente.

I costumi tradizionali degli Ashanti sono realizzati in kente, considerato un simbolo della cultura della popolazione ed indossato unicamente in occasioni speciali[39]. Ne esistono diverse fogge, ad ognuna di esse sono assegnati un nome ed un significato che derivano da eventi storici, proverbi, concetti filosofici o altri elementi della cultura Ashanti[39]. La realizzazione degli abiti avviene a mano da parte di specialisti, che uniscono tra loro diverse strisce larghe circa 10 cm: gli uomini indossano normalmente un unico capo formato da 24 strisce, mentre le donne possono portare fino a tre capi contemporaneamente, di dimensioni variabili[42]. Il kente indossato dal re degli Ashanti è di colori e design particolarmente ricchi[43].
Economia

Le popolazioni migrate dal Nordafrica tra il XIII e il XIV secolo adottavano quale attività principale la coltivazione della terra, pur conducendo uno stile di vita seminomade[8]. Nei secoli successivi, passati a fondare insediamenti stabili, gli Ashanti versavano ai Denkyira un tributo composto da legname, fibra di plátano e argilla rossa[8]. I tre beni erano legati all'attività femminile: l'argilla rossa era utilizzata dalle donne per decorare le abitazioni, mentre il legname e la fibra – destinate rispettivamente ad essere arse ed alla cura dell'igiene personale – erano direttamente raccolte dalle stesse[9].

Dal XVIII secolo, ottenuto l'affrancamento dai Denkyira e fondato il proprio Impero, gli Ashanti si dedicarono a floridi scambi di oro, cola ed altre merci con gli Europei stanziatisi sulla costa, attraverso rotte commerciali che giungevano dal nord, anche dall'area del Sahel[4]. L'impero sostenne l'egemonia sugli scambi commerciali grazie a continue guerre con le popolazioni vicine ed ebbe un ruolo attivo nella tratta atlantica degli schiavi africani[4][40].

Tra il XX e il XXI secolo la regione di Ashanti ha contribuito in modo significativo all'economia ghanese: è infatti la principale area di produzione alimentare – in particolare di banane, cacao, cassava, igname e plátani – nonché di quelle aurifera e di legname[1][4].
Famiglia

La società degli Ashanti è matrilineare, con le donne che godono di elevati livelli di libertà e rispetto, pur dipendendo tradizionalmente in tema di protezione dal marito, cui concedono inoltre l'utilizzo dei propri beni finché sono in vita[3][37]. La proprietà terriere appartengono infatti alle donne, che le trasmettono in eredità assieme al diritto di appartenenza ad un determinato clan[37]. La famiglia è tenuta in grande considerazione: i i parenti si assistono tra loro per attività quali la costruzione delle abitazioni e l'agricoltura, mentre la responsabilità delle azioni dei figli non ancora adulti ricade unicamente sui genitori[1][3].

Gli Ashanti adottano la poligamia, derivante da una storica presenza in sovrannumero di donne rispetto agli uomini e garanzia che ogni donna possa sposarsi ed avere figli[37]. Le giovani donne sono considerate in età di matrimonio da quando viene celebrata la cerimonia di passaggio all'età puberale ed il consenso alle nozze deve essere fornito da entrambe le famiglie di origine[37]. I divorzi vengono permessi in rari casi[29].
Politica
Re Osei Tutu II con il presidente delle Seychelles James Michel.

Nel XIV secolo la popolazione era organizzata in clan, all'interno dei quali i membri si ritenevano tra loro parenti: per questo motivo i matrimoni avvenivano tra componenti di clan diversi, originando alleanze che si traducevano in reciproco aiuto quando giungevano pericoli esterni[8]. Le alleanze, tuttavia, si trasformarono gradualmente in rivalità e nei secoli successivi i vari clan – ciascuno con un proprio re – si trovarono spesso coinvolti in piccoli conflitti tra loro, definitivamente risolti solo durante il processo di sviluppo dell'Impero ashanti a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo[8].

Il nuovo stato avviò una serie di vittoriose campagne militari, al termine delle quali le popolazioni sconfitte non venivano considerate inferiori ed al loro sovrano veniva offerto un ruolo apicale all'interno dell'Impero[9]. Questa politica portò talvolta all'organizzazione di rivolte da parte delle popolazioni conquistate[9]. A livello interno l'organizzazione statale era di tipo piramidale – al vertice era il re, nel livello immediatamente inferiore i re degli altri clan, quindi in successione i vari capi minori – e militarista, dato il costante stato di guerra con le popolazioni vicine, dettato dalla necessità di controllare il commercio con gli Europei[4][13]. Le decisioni prese dal re quale primus inter pares erano comunque preventivamente discusse in assemblea e la forma di governo era quella di una monarchia elettiva sopravvissuta all'Impero ashanti stesso, essendo nel XXI secolo ancora presente la figura del sovrano, pur priva di poteri governativi[4][13].

L'elezione di un re, definito "Asantehene", avviene di norma entro 40 giorni dal decesso del precedente e coinvolge la figura della regina madre, spesso costituita dalla sorella del re e detta "Asantehemaa", che valuta la genealogia dei candidati presentati dai singoli capi effettuando una serie di consultazioni con personalità influenti[1][31]. Una volta che l'Asantehemaa ha scelto un candidato, lo stesso viene valutato da vari consigli con potere di veto, tra i quali il consiglio di Kumasi e il consiglio "Asanteman", che riunisce i capi non facenti parte della città[31]. Qualora non vengano sollevate obiezioni in merito al candidato, lo stesso effettua un giuramento di equo governo, cui fanno seguito quelli di fedeltà al nuovo sovrano da parte dei singoli capi[31]. Il nuovo re procede quindi con una cerimonia rituale in cui vengono utilizzate alcune spade storiche, al termine della quale si siede per tre volte sullo sgabello d'oro, simbolo del potere reale[31].
Influenza culturale

Ashanti è un nome di persona femminile diffuso in alcune nazioni anglofone: nel 2002 la madre della cantante statunitense Ashanti Douglas dichiarò di averlo scelto per la figlia ispirata dal ruolo sociale che le donne hanno nella popolazione[7][44]. Risale invece al 1979 il film Ashanti – diretto da Richard Fleischer – in cui l'attrice Beverly Johnson interpreta la parte di una donna della popolazione Ashanti che lavora come medico per le Nazioni unite[45].

Nel 2020 alcuni membri del Congresso degli Stati Uniti indossarono durante un atto di protesta delle stole in kente, tessuto tradizionale Ashanti, suscitando numerose polemiche; un anno più tardi l'azienda francese di moda Louis Vuitton lanciò una collezione che riprendeva i motivi del kente[5].



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Ashanti_(popolo)

 
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Baulé


I baulé (scritto talvolta "baoulé", o "baule") sono un gruppo etno-linguistico della Costa d'Avorio che rappresenta il 23% della popolazione del paese (circa 3 000 000), principalmente nella regione compresa fra i fiumi Comoé e Bandama. La lingua baulé è una lingua del gruppo akan; al 2022, è parlata da 4,7 milioni di parlanti totali[1].

Storia

Si ritiene che i baulé siano discendenti dei profughi che fuggirono dal Ghana in Costa d'Avorio nel XVII secolo, durante l'ascesa del regno ashanti. Questa origine è ricordata nella tradizione orale baulé con una leggenda. Si tramanda che essi fuggirono dal Ghana sotto la guida di una regina chiamata Pokou. Inseguiti dall'esercito ashanti, giunsero presso un grande fiume che non poteva essere attraversato. Pokou comprese che si richiedeva un sacrificio propiziatorio, e scelse di rinunciare alla cosa che le era più cara, affogando nel fiume il proprio figlio. Come ricompensa per il suo gesto, gli ippopotami salirono in superficie, formando un ponte su cui i baulé attraversarono il fiume. Dopo aver attraversato il fiume, la regina era affranta, e l'unica cosa che riuscì a dire è bauli, "il bambino è morto". Da questo lamento deriverebbe il nome baulé.
Arte

La produzione artistica è strettamente collegata sia alle esigenze agricole sia alla tradizionale religione ancestrale. Il prodotto tipico è la maschera, suddivisa in due categorie: la prima prevede raffigurazioni di animali, ed è caratterizzata da policromia e grande risalto plastico; la seconda rappresenta figure umane impreziosite da elementi simbolici, come il sole, la fecondità e la potenza. Tra quest'ultimo tipo di maschere, celebre è quella denominata di Gu, realizzata in legno scuro e presentante le classiche scarificazioni tribali e la capigliatura a mezzaluna.[2]

Spesso le statuette, di una altezza poco inferiore al mezzo metro, rappresentano figure legate al culto degli antenati e richiedono l'espletamento di particolari riti, come offerte e preghiere da parte degli adepti. Queste opere rivelano un gusto naturalistico ed una particolare raffinatezza sia per la ricerca geometrica e delle forme e sia per il peculiare cromatismo. Vi si avvertono influssi sudanesi che si sono miscelati con la cultura delle foreste.[3] Le sculture di legno evidenziano una grande cura dei particolari, dalla levigatura alle patine e difatti venivano immerse per settimane nel fango per essere poi rifinite a cera. Caratteristico sono il dio-scimmia (gbreke) e le grandi porte da granaio arricchite da raffigurazioni naturalistiche.

Molto diffusa è anche la produzione di oggetti di valore decorativo oltreché di uso quotidiano, come gioielli e pendenti.





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Bété

Creazione dell'etnia

Oggi l'etnia bété esiste e non è una nozione ambigua, ma non si può essere altrettanto certi per ciò che concerne l'universo che precede la colonizzazioe francese. L'etnonimo è effettivamente poco attendibile; queste popolazioni chiamate "bété" ignoravano questo termine prima del periodo coloniale. L'etnonimo "bété" deriverebbe da un'espressione corrente che significa "pace" o "perdono". Gli archivi lasciati dall'amministrazione coloniale ci mostrano come questa espressione fu utilizzata dalle popolazioni locali durante la fase di pacificazione intensiva e designa un gesto di conciliazione e di sottomissione. Al di là dei pareri sull'origine del nome "bété" appare certo che i gruppi che compongono l'attuale regione Bété non si riconoscono in un'identità comune. La nozione di "Pays Bété" (Regione Bété) non possiede un corrispondente reale nella sfera precoloniale; quest'ultimo è stato creato nel quadro delle conquiste coloniali. Il passato coloniale ha creato questa etnicità, fattori economici, amministrativi e politici si sono combinati tra loro e hanno prodotto l'etnicità Bété.[1]





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Fulani

I fulani sono un'etnia nomade dell'Africa occidentale, dedita alla pastorizia e al commercio. Sono diffusi dalla Mauritania al Camerun e contano complessivamente fra i 6 e i 19 milioni di persone.

Loro stessi si definiscono con il nome di Fulbe (al singolare Pullo), nome che deriva da una parola in lingua fulfulde che significa "libero". Fulani è la definizione di derivazione araba,[1] mentre in francese il nome della popolazione è peul. La forma mandinka usata in Senegal e Gambia è fula, mentre in Sudan la popolazione araba li chiama 'fellah.[2]

Vi sono diverse teorie sull'origine della popolazione fulani: una di queste ipotizza che siano i discendenti di una popolazione preistorica del Sahara, migrata inizialmente verso il Senegal e in seguito (intorno all'anno 1000 a.C.) lungo le rive del fiume Niger alla ricerca di pascoli per le mandrie.

In passato i fulani ebbero un ruolo importante nell'ascesa e caduta degli Stati Mossi in Burkina Faso; contribuirono inoltre ai movimenti migratori verso meridione diretti in Nigeria e Camerun.

A loro si deve l'introduzione e la diffusione della religione islamica in Africa occidentale. L'apice dell'impero Fulani fu tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo quando una serie di guerre religiose intraprese da Usman dan Fodio rafforzò l'impero.

Studi

Henri Lhote, studioso francese di preistoria, ha dedicato uno studio ai Fulani (Peuls in francese) dal titolo L'extraordinaire aventure des Peuls.[3]


https://it.wikipedia.org/wiki/Fulani
fonte

 
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Jula (popolo)


Gli Jula (anche Dioula[1] o Dyula[2]) sono un popolo composto da circa 3.000.000 di persone che vive principalmente in villaggi del Burkina Faso, della Costa d'Avorio e del Mali, tre stati dell'Africa occidentale. La loro lingua madre è la lingua dioula (o jula). Sono stati un popolo di commercianti e danno anche il nome alla città di Bobo Dioulasso, che significa "patria del popolo Bobo di lingua dioula". Assieme al gruppo etnico Bobo, rappresentano una buona parte di popolazione del territorio del Burkina Faso.





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Kru


I Kru sono un gruppo etnico africano di 21 tribù, assimilabili tra loro per lingua e cultura. Sei sono insediate in Liberia, le altre nella Costa d'Avorio, nella regione della foresta Tai. Si dividono in "Kru della costa" e "Kru della foresta".
Kru della costa

Sono stanziati lungo il litorale del golfo di Guinea dalla località di Sassandra fino a Tabou. Sono considerati bugiardi e prepotenti dalle altre popolazioni. Sono da sempre abili nello sfruttare a proprio vantaggio situazioni che per altri rappresentavano occasioni di mortificazioni e sofferenze: all'epoca dell'arrivo degli europei, per esempio, essi seppero porsi come intermediari esclusivi dei naviganti che battevano le coste del golfo di Guinea. Infatti fu attraverso la mediazione dei "Kru della costa" che i commercianti portoghesi poterono accedere alle ricchezze celate all'interno: avorio, pelli, oro e, successivamente, schiavi. In seguito, con l'incremento del traffico marittimo, i Kru seppero sfruttare la mancanza di approdi adatti alle navi oceaniche: facendo la spola con le loro piroghe tra la spiaggia e i velieri ormeggiati al largo, divennero indispensabili per il trasbordo delle merci. Finirono poi per imbarcarsi come equipaggi su quelle stesse navi, che trasportavano altri africani verso la schiavitù nel Nuovo Mondo, divenendo abili marinai.

I Kru conservano una concezione mitica del mare e di ogni fenomeno a esso collegato. La loro mitologia narra di spaventose creature che dimorano nell'oceano: draghi, serpenti, balene ed un uomo-pesce la cui visione spaventa a tal punto da provocare naufragi. Al centro delle loro credenze risiede un unico dio, creatore dell'Universo.
Kru della foresta

Vivendo fuori dai contatti commerciali hanno sviluppato uno stile di vita più appartato e strettamente dipendente dall'ambiente forestale. I villaggi sono piccoli nuclei di capanne con muri di fango e tetti conici di foglie di palma intrecciate. La terra appartiene all'intero villaggio, che è governato da un consiglio di notabili presieduto dal decano.

Inizialmente cacciatori e raccoglitori, si sono dedicati all'agricoltura col sistema itinerante "taglia e brucia", coltivando intensivamente riso, mais, manioca, banane e ananas, cui si sono aggiunti in seguito caffè e cacao. In seguito, i Kru della foresta si sono sedentarizzati, sviluppando il commercio dei prodotti agricoli che vengono trasportati sino a Tabou con il tradizionale mezzo della piroga fluviale.

La caccia ha mantenuto la sua importanza. La ripartizione del bottino dev'essere effettuata nel rispetto dell'ordine gerarchico. La caccia si esegue con le reti, simbolo di unità e di famiglia, nonché oggetto di culto. La rete interviene nelle cerimonie matrimoniali e nelle varie manifestazioni della vita quotidiana: è una specie di talismano che allontana tutte le calamità.

La foresta è al centro mitico dei Kru. È abitata da esseri magici, tra i quali si distinguono soprattutto gli gnomi, che vivono in zone inaccessibili.





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Mandé


I mande o mandé sono un gruppo etnico dell'Africa Occidentale. Sono coloro che parlano le lingue mande e si trovano in Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Senegal, Mali, Sierra Leone, Liberia, Burkina Faso, e Costa d'Avorio. La gente mandè è legata alla fondazione dei più grandi e antichi imperi dell'Africa occidentale. I mandé sono strettamente collegati con i fulani, i wolof e i songhay, in termini di cultura ed etnicità. Alcune fonti dicono che i mandé sono definiti dalla cultura e dalla lingua piuttosto che dall'etnicità, poiché molti diversi gruppi etnici hanno adottato le lingue mande, i nomi e le tradizioni.





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Mandingo

I mandingo (a volte definiti anche mandinka o malinkè) sono uno dei maggiori gruppi etnici dell'Africa occidentale. Pur essendo composti da circa undici milioni di individui, i mandingo non costituiscono il principale gruppo etnico nei paesi ove risiedono, eccezion fatta per il piccolo stato costiero del Gambia.

Più che un singolo gruppo possono essere considerati come un continuum di popoli culturalmente e linguisticamente affini. Anche la lingua mandingo è costituita da una serie di idiomi diversi, anche se in genere reciprocamente comprensibili. Linguisticamente affini (anche se si considerano gruppi etnici a sé stanti) sono i bambara del Mali e gli jula, insediati tra il Burkina Faso occidentale e la Costa d'Avorio. Questi popoli a loro volta appartengono alla più vasta famiglia delle lingue mandingo, che comprende gruppi etnici più distantemente correlati con i mandingo, tra i quali i Khassonké e i Jakanke.

La quasi totalità dei mandingo è di religione musulmana, e la maggior parte della popolazione alfabetizzata (circa la metà degli adulti nelle zone rurali) conosce la scrittura araba. Nella loro storia i mandingo hanno costituito strutture statali piuttosto complesse, primo tra tutti l'Impero del Mali, uno dei più vasti imperi africani del tardo medioevo (1250-ca.1500), ma regni mandingo hanno continuato a esistere nell'area fino all'arrivo dei colonizzatori europei. Tra il XVI e il XIX secolo circa un terzo dei mandingo sono stati deportati in America come schiavi.

Storia
Sciabola Mandingo

Originari del Mandé nell'alto corso del fiume Niger, al sud del Mali, i mandingo iniziarono a espandersi verso ovest e verso nord e dall'XI secolo d.C. furono probabilmente tra gli stati vassalli dell'Impero del Ghana, il primo dei grandi imperi dell'Africa subsahariana, e popolazioni di questo gruppo etnico furono probabilmente tra i primi abitanti dell'antica città carovaniera di Djenné. Intorno al 1250, con la dinastia Djata, i mandingo divennero la forza predominante nella zona, e fino al 1500 ressero un vasto impero che si estendeva dalle coste del Senegal e del Gambia fino alle città stato degli hausa nell'odierna Nigeria. In seguito il loro impero si ridusse progressivamente, a causa di invasioni da nord e da est, ma il nucleo centrale del loro territorio rimase sotto il loro controllo fino al 1645, quando altre ondate di invasioni, da parte dei bambara e dei fulani convertirono definitivamente la popolazione all'islamismo e distrussero le ultime vestigia dell'impero. L'ultima istituzione statale capace di unire la maggior parte dei mandingo fu l'impero Wassoulou di Samori Touré, che tentò di opporsi al colonialismo francese alla fine del XIX secolo.

I mandingo sono stati tra i popoli maggiormente colpiti dalla tratta degli schiavi diretta verso le americhe. Una buona parte degli americani di colore di origine afro-americana dell'America del Nord discende dai mandingo. Kunta Kinte, il protagonista del best seller Radici che narra la saga di una famiglia di afroamericani, era di stirpe mandingo.
Economia

I mandingo vivono in zone rurali come supporto degli allevatori e degli agricoltori che coltivano arachidi, riso, miglio. Anche se l'agricoltura è la principale professione dei mandingo, non mancano mandingo che lavorano come sarti, macellai, tassisti, falegnami, fabbri, soldati, infermieri e volontari di associazioni umanitarie. Le mansioni delle donne sono nei lavori domestici.

Nelle zone orientali delle aree occupate dai mandingo, le città di questo popolo sono edificate presso rotte commerciali. Queste reti commerciali formano l'asse portante del commercio tra la zona desertica al di sopra del fiume Niger, le zone di produzione e la costa. Quest'ultima zona è diventata più importante dopo l'avvento dei portoghesi, ma anche di altri europei, dal XVII secolo.
Cultura mandingo
Suonatore di Kora mandingo

Anche se la tradizione mandingo si basa sulla tradizione orale e non utilizza la scrittura non manca tra i mandingo chi sappia scrivere e leggere e vada a scuola. La maggior parte di chi sa scrivere utilizza l'alfabeto arabo.

La tradizione orale viene tramandata anche tramite la musica, accompagnata a volte dal kora.
Tradizioni dei mandingo

La maggior parte dei mandingo vivono in famiglie dislocate in villaggi d'aspetto rurale. I villaggi rurali sono abbastanza autonomi guidati da una classe di anziani comandato da un capo.
Il matrimonio

I matrimoni dei mandingo vengono combinati dai parenti, specialmente nelle zone rurali.

La poligamia è frequentemente praticata dai mandingo dai tempi preislamici. Un mandingo può avere fino a quattro mogli, a condizione che egli sia in grado di prendersi cura di ciascuna di loro alla stessa maniera.
Il passaggio verso l'età adulta

Avviene tramite la circoncisione a un'età di circa quattordici anni. Questo avviene separatamente per i due sessi.

Inoltre, a quest'età, vengono loro insegnate le tradizioni mandingo e le responsabilità degli adulti.
Credenze religiose e spirituali dei mandingo

Le credenze dei mandingo sono correlate con quelle della loro religione (l'Islam) ma qualcuna, tuttavia, è ancora legata con la loro precedente religione (l'animismo), ad esempio la paura di vivere in un mondo dominato da spiriti cattivi o streghe, i quali, secondo queste credenze, possono essere dominati da un marabutto.

I mandingo sono convinti che la Bibbia sia stata corrotta perché entra in contraddizione con il Corano e Maometto.
Mandingo famosi per stato
Burkina Faso

Victor Démé, musicista

Gambia

Dawda Jawara, primo ministro e presidente del Gambia dal 1962 al 1994
Sheriff Mustapha Dibba, primo vicepresidente del Gambia dal 1965 al 1971 NCP Party Leader and Speaker of National Assembly
Fatou Kuyateh, musicista
Bakary Bunja Darboe, ex vicepresidente del Gambia
Ousainou Darboe, leader del partito di opposizione del Gambia
Edward Sinhateh, ex vicepresidente e ministro del Gambia
Foday Kaba Dunbuya, ex vicepresidente e ministro del Gambia
Kombo Silla, guerriero leader dei musulmani
Mama Tamba Jammeh King of Yilliyassa in Baddibu & known to have posses mysterious powers
Lalo Kebba Drammeh, iconico suonatore di kora
Kelepha Sanne, guerriero e figura storica
Faromang Singateh, primo governatore generale del Gambia
Lamin ADP Juwara, oppositore politico
Sanjalli Bojang, nazionalista
Morikebba Janneh, sotto segretario generale delle Nazioni Unite
Lamin Sise, un assistente del segretario generale
Sidia Jatta, oppositore politico
Dembaa Conta, musicista internazionale
Bubacarr Jammeh, musicista
Sheriff Saikouba Ceesay, ministro
Sidat Jobat, ex ministro degli esteri
Sambou Susso, musicista
Foday Musa Suso, musicista internazionale
Demba Sanyang, capo della Paramount
Teneng Ba Jaiteh, capo del servizio civile
Yabcyba Kassama, ex ministro
Ebrima Sillah, giornalista della BBC
Ansumana Manneh, ex capo militare
Masaneh Kinteh, capo militare

Guinea
Almany Samory Touré
Sekou Touré

Almany Samory Touré, fondatore dell'Impero Wassoulou, uno stato islamico militare che guida la resistenza antifrancese in Africa Occidentale
Ahmed Sékou Touré, nipote di Samory Touré, presidente della Guinea dal 1958 al 1984
Alpha Condé, politico
Lansana Kouyate, attuale primo ministro della Guinea
Sidya Touré, primo ministro della Guinea dal 1966 al 1999
Sekouba Bambino, musicista
Sona Tata Condé, musicista
N'Faly Kouyate, musicista
Mory Kanté, il più famoso musicista Mandingo della Guinea in Italia

Liberia

Sekou Conneh, politico
Momolu Dukuly, ex primo ministro della liberia
Alahaji GV Kromah, politico, educatore e avvocato

Mali

Mansa Musa, il più famoso e celebrato di tutti gli imperatori del Mali
Sundiata Keita, fondatore dell'impero del Mali
Modibo Sibidé, attuale primo ministro del Mali
Modibo Keïta, il presidente del Mali dal 1960 al 1968
Yoro Diakité, ex primo ministro del Mali
Salif Keïta, musicista
Daba Diawara, politico
Tounami Diabaté, musicista
Massa Makan Diabate, storico, scrittore e drammaturgo
Moussa Kouyate, musicista
Baba Sissoko, musicista
Aoua Keita, attivista e politico
Seydou Keita, calciatore

Senegal

Sadio Mané, calciatore
Sektou Keita, musicista
Mamadou Lamine Dabo, musicista, coreografo, scenografo

Sierra Leone

Alaji Ahmad Tejan Kabbah, presidente della Sierra Leone dal 1996 al 2007
Anaya Arbrisht, ecumenico e antirazzista
Haidara Kontorfilli, riformatore religioso islamico e anticolonalista
Haja Afsatu Kabba, attuale ministro dell'energia e potenza della Sierra Leone
Alhaji Kemoh Fadika, attuale ministro sierraleonese in Arabia Saudita
Minkailu Mansarau, attuale ministro del lavoro della Sierra Leone
Mabinty Daramy, attuale viceministro del commercio e dell'industria della Sierra Leone.
Alhaji Shekuba Saccoh, attuale ambasciatore della Sierra Leone in Guinea
Mohamed Kakay, membro del parlamento della Sierra Leone al distretto di Koinadugu
Neneh Dabo, direttore della commissione anticorruzione della Sierra Leone
Mohamed B. Daramy, ministro dello sviluppo e programmazione economica dal 2002-2007
Alaji Bomba Jawara, membro del parlamento della Sierra Leone al distretto di Koinadugu
K-Man (pseudonimo di Saccoh Mohemed), musicista



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Mandingo

 
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Nzima


I nzima o nzema sono una popolazione akan dalla lingua affine agli agni stanziata nell'area sud-occidentale del Ghana, al confine con la Costa d'Avorio.[1]

Storia

Del popolo nzima si hanno poco informazioni prima della colonizzazione inglese. Si sa che apparteneva al popolo nzima Anton Wilhelm Amo, primo africano a frequentare un'università europea nel XVIII secolo.[2] È noto che i nzima fossero vittime degli attacchi del vicino Impero ashanti, che nel corso degli anni ne erosero il territorio e depredarono le risorse.[3] Il conflitto tra i due popoli si concluse però poco prima della conquista britannica alla fine del XIX secolo, quando riuscirono ad ottenere una importante e decisiva vittoria contro gli ashanti, che la tradizione vuole grazie al sacrificio del decimo figlio del re degli nzima al fiume Ankobra.[3] I nzima al tavolo delle trattative non imposero tributi ma solo un legame di "parentela scherzosa" ma in un solo senso: gli nzima avrebbero avuto il diritto di scherzare e prendere in giro ogni membro del popolo ashanti che avrebbero incontrato.[3]
Società

Vivono in insediamenti lungo la costa, dedicandosi alla pesca e all'allevamento di pollame, suini e ovini. Le donne invece si occupano della coltivazione di igname, banane e palma da olio.[4] I nzima sono divisi in sette clan[4], e conservano una tradizione monarchica ormai di sola facciata.[5] Vigeva un tempo la poligamia, costume però sempre più raro sia per i divieti di legge che per la difficoltà di mantenimento di nuclei famigliari troppo estesi.[4] Quella nzima è una società matrilineare, ove però anche il padre mantiene una sua importanza nell'allevamento e crescita dei propri figli.[5]

Nonostante una conversione di facciata alle grandi religioni monoteistiche, i culti tradizionali rimangono molto forti ed importanti per la società nzima.[5] Divinità principali sono Edenkema, la natura, e Nyame, il dio creatore, comunque sottoposto alla prima; fanno parte del folklore nzima numerosi spiriti, sia buoni che malvagi.[5] Hanno molto seguito, ma solitamente limitati nel tempo, profeti e santoni che mischiano gli elementi dei culti monoteistici con quelli tradizionali.[6][7]





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Sarakollé

I sarakollé (trascritto anche come "sarakolé" o "sarakole"), detti anche soninké, sono un popolo africano. Sono considerati i discendenti degli abitanti dell'antico impero del Ghana. Sono diffusi lungo la frontiera nordoccidentale del Mali, fra Nara e Nioro du Sahel, e nelle regioni adiacenti del Senegal e della Mauritania; alcuni gruppi sono emigrati in Costa d'Avorio e in Francia. Sono tradizionalmente dediti all'agricoltura, all'artigianato e al commercio. La religione predominante è l'islam.

I sarakollé parlano la lingua soninké.





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Sarakollé


I sarakollé (trascritto anche come "sarakolé" o "sarakole"), detti anche soninké, sono un popolo africano. Sono considerati i discendenti degli abitanti dell'antico impero del Ghana. Sono diffusi lungo la frontiera nordoccidentale del Mali, fra Nara e Nioro du Sahel, e nelle regioni adiacenti del Senegal e della Mauritania; alcuni gruppi sono emigrati in Costa d'Avorio e in Francia. Sono tradizionalmente dediti all'agricoltura, all'artigianato e al commercio. La religione predominante è l'islam.

I sarakollé parlano la lingua soninké.





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Senufo

I senufo sono un gruppo etnico distribuito in Costa d'Avorio, Mali e nel Burkina Faso e più precisamente dal territorio a sud di Ségou, nel Mali, fino al nord di Bouaké, Costa d'Avorio. Si tratta prevalentemente di agricoltori sedentari che vivono in villaggi, talvolta circondati da un muro di cinta per proteggersi dalle invasioni dei Mandingo. Le abitazioni tipiche sono cilindriche o rettangolari, realizzate in terra battuta e argilla disseccata e addossate le une sulle altre.

Il terreno viene completamente sfruttato e sottoposto alla rotazione delle colture. Piuttosto sviluppata è la coltura del riso, di cui esportano le quantità eccedenti, e richiede particolari lavori di irrigazione e di prosciugamento durante la stagione secca. I senufo coltivano anche il miglio, che costituisce il loro alimento base, l'igname e il granturco; la manioca e la patata rappresentano colture integrative. Recentemente sono state introdotte delle nuove specie e in particolare l'arachide e il cotone, anche se quest'ultimo non è stato accolto in maniera molto favorevole. Di poca rilevanza risulta l'allevamento di capre e pecore.

L'artigianato è praticato solo ed esclusivamente dagli uomini; sviluppata è la tessitura del cotone, grazie anche agli influssi dell'islam e dei mandingo. I senufo lavorano anche il rame ma sono famosi soprattutto per le sculture in legno create da un gruppo professionista di artigiani che danno vita a maschere rituali, raffigurazioni di antenati, porte, sedili.

La figura dell'antenato risulta particolarmente caratteristica, sia per la capigliatura, per la forma del volto, per il ventre prominente e per la raffigurazione della madre mentre allatta il neonato. Tra le altre sculture peculiari vi è il deblé, dall'elegante forma allungata, usata anticamente per scandire il tempo della danza. Quest'ultima attività utilizza infatti un gran numero di maschere, incluse quelle dal volto umano impreziosito da figure aggiuntive animali. Altri temi ricorrenti sono la figura a cavallo e il grande uccello mitico porgaga.[1] Caratteristiche sono le maschere del culto gbon, dette "sputafuoco". Generalmente le opere dei senufo sono dipinte con un colore bianco o rosso.[2]

Ogni nucleo familiare porta il nome di un animale sacro e può essere formata da una coppia, dalla famiglia ristretta o da quella allargata; il capo di tale nucleo rappresenta gli antenati e ciò gli conferisce l'autorità di cui gode. Il matrimonio senufo, che può essere legalmente poligamo, può durare diverso tempo arrivando anche a durare diversi mesi nel corso dei quali le famiglie degli sposi si scambiano visite e regali. Spesso la famiglia della fidanzata richiede una determinata somma di denaro. La proprietà della terra è, da sempre, collettiva e sacra e gli abitanti hanno solo un diritto di uso; tuttavia se un individuo dissoda un terreno occupato da geni, può impadronirsene.

La vita religiosa dei senufo è fortemente legata all'organizzazione iniziatica. I riti iniziatici si svolgono durante un arco di tempo di ventuno anni, suddivisi in tre fasi. Il matrimonio, per esempio, è possibile solo se un individuo è arrivato ad un certo livello iniziatico. Il loro pantheon è costituito da due divinità principali, la dea madre e il demiurgo che agisce sugli esseri umani attraverso forze invisibili. La circoncisione non è generalizzata.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Senufo

 
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