IL FARO DEI SOGNI

Reincarnazione

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La reincarnazione è il concetto religioso di rinascita dell'anima, o dello spirito di un individuo, in un altro corpo fisico, un certo tempo dopo la morte.[1]

Il termine reincarnazione è considerato sinonimo di metempsicosi ed è spesso riferito al modello culturale e religioso orientale e ai modelli spiritistici che descrivono una trasmigrazione dell'anima in altri corpi (anche vegetali, animali o minerali) sino a quando l'anima non si sia liberata completamente dalla materialità.[2] Olimpiodoro[3] ritiene più corretto il termine che si ritrova in Plotino[4] "metensomatosi" (da σῶμα, sôma, "corpo"), indicante la trasmigrazione dell'anima esclusivamente in corpi umani. L'espressione "trasmigrazione dell'anima" è un adattamento dal latino tardo trasmigrātĭo-ōnis derivato da trasmigrāre, e quindi da migrāre, espressa ancor prima nella filosofia della Grecia antica con il termine "μετεμψύχωσις" (metempsicosi), ed è attribuibile a Pitagora o anche a Ferecide di Siro.[5][6]

Diffusione

È una delle credenze più riconosciute in ambienti legati all'induismo, al giainismo, al sikhismo e al buddhismo, anche se in quest'ultimo caso non riguarda la reincarnazione dell'anima ma quella del karma[Nota 1], ad alcune religioni africane e altre filosofie o movimenti religiosi. La maggior parte dei pagani contemporanei crede nella reincarnazione.[7] Nell'antichità occidentale questa credenza era molto diffusa nelle scuole filosofiche come quella platonica o nei movimenti religiosi come l'orfismo. Divenne poi fondamentale nel misticismo neoplatonico pagano con Plotino, Giamblico e Proclo. La metempsicosi si ritrova nel manicheismo e in alcune sette dell'islamismo come quella dei Drusi.[8]

Nel secolo scorso, uno dei più importanti propugnatori della reincarnazione in Occidente è stato il filosofo austriaco Rudolf Steiner (1861-1925), nell'ambito della sua corrente di pensiero denominata antroposofia. Più di recente, la dottrina della reincarnazione ha formato parte integrante del movimento New Age. La reincarnazione è inoltre riconosciuta principalmente nelle società che praticano o praticavano la cremazione dei defunti, basata sulla convinzione che lo spirito del defunto dopo la morte si distaccasse dal corpo che poteva quindi essere distrutto dal fuoco.
Reincarnazione in filosofia

La reincarnazione nella filosofia occidentale viene indicata con il termine metempsicosi (dal greco antico μετεμψύχωσις metempsicosis, "passaggio delle anime") intendendo la trasmigrazione dell'anima o dello spirito vitale dopo la morte in un altro corpo di essere umano, animale o vegetale.

Erodoto riferisce di una credenza nella metempsicosi presso gli Egizi e ritiene che da questi si sia trasmessa ai Greci. Gli storici hanno dimostrato che quanto riportato da questo autore non sia attendibile in quanto non è stata rinvenuta nessuna concezione simile alla metempsicosi nella religione egiziana.[9]
Pitagora
Pitagora

Nell'ambito della filosofia occidentale, Pitagora e la sua scuola sembrano essere stati fra i primi a sostenere la dottrina della reincarnazione o metempsicosi, seppure sulla base di culti orfici preesistenti. L'uomo secondo i pitagorici è precipitato sulla Terra a causa di una colpa originaria, per via della quale è costretto a trasmigrare da un corpo a un altro, non solo di umani ma anche di piante e animali. Per liberarsi da questa catena di morti e rinascite occorre ritornare allo stadio di purezza originaria dedicandosi alla contemplazione disinteressata della verità, praticando dei rituali esoterici di iniziazione e di catarsi, di purificazione. I pitagorici ritenevano che la vita del matematico fosse quella che più si avvicinasse alla condizione libera e divina in cui l'anima si trovava prima della sua caduta.

Nell'orfismo[Nota 2] e nella scuola pitagorica la metempsicosi era collegata alla loro cosmologia poiché essi sostenevano che questa avvenisse ciclicamente al compimento di un corso astronomico dell'universo.

Aristotele[10] cita la metempsicosi come un "mito" della scuola pitagorica mentre Platone, il più noto per la sua dottrina della trasmigrazione delle anime[11], non nomina mai Pitagora ma indica piuttosto Filolao, uno dei membri della scuola pitagorica.[12]

Senofane, in alcuni versi riportati da Diogene Laerzio, allude alla metempsicosi riferendola a un aneddoto con protagonista Pitagora che riconosce in un cane un suo vecchio amico:

«Si dice che un giorno, passando vicino a qualcuno che maltrattava un cane, [Pitagora], colmo di compassione, pronunciò queste parole: "Smettila di colpirlo! La sua anima la sento, è quella di un amico che ho riconosciuto dal timbro della voce.[13]»

Oltre a questo riferimento lo stesso Diogene Laerzio scrive che Pitagora fu il primo a introdurre presso i Greci la nozione di "anima", legata nel tempo a vari corpi di esseri viventi.[14]
Empedocle

Empedocle nelle sue Purificazioni riprenderà la dottrina orfico-pitagorica della metempsicosi, sostenendo - sulla scia di Parmenide - che nell'universo nulla si crea e nulla si distrugge, e aggiungendo che tutto si trasforma sulla base del contrasto di due forze soprannaturali, Amore e Odio, le quali determinano l'aggregazione o la disgregazione dei quattro elementi fisici. Pertanto l'anima è immortale, e la sua nascita e la sua morte in un corpo fisico sono solo aspetti transitori dovuti all'intervento delle due forze cosmiche. L'uscita dal ciclo dipende per ognuno dal comportamento tenuto in vita.
Platone

Riappropriandosi della tradizione orfica e pitagorica, Platone fece della reincarnazione, trattata soprattutto nel Mito di Er[15] il perno della sua dottrina della conoscenza, basata sul concetto di reminiscenza o anamnesi.[16] Secondo Platone l'esistenza della reincarnazione è testimoniata dal fatto che le nostre conoscenze del mondo sensibile si basano su forme e modelli matematici che non trovano riscontro in esso, ma sembrano provenire da un luogo al di là del cielo, l'iperuranio, dove il nostro intelletto doveva averli contemplati prima di nascere. Nel mito del carro e dell'auriga, da lui esposto nel Fedro, egli immagina che l'anima, in seguito alla morte, sia simile a una biga che cerca il più possibile di risalire al cielo iperuranio, dimora delle Idee, per assorbirne la sapienza.

A causa della propria concupiscenza, simboleggiata da un cavallo nero, l'anima è facilmente soggetta a precipitare nuovamente verso il basso, cioè a reincarnarsi. Chi è precipitato subito rinascerà come una persona ignorante o comunque lontana dalla saggezza filosofica, mentre coloro che sono riusciti a contemplare l'Iperuranio per un tempo più lungo rinasceranno come saggi e come filosofi. La reincarnazione consente secondo Platone di spiegare anche l'innatismo della conoscenza, concezione secondo la quale l'apprendimento consiste propriamente nel ridestarsi di un sapere già presente in forma latente nella nostra anima, ma che era stato dimenticato al momento della nascita ed era perciò inconscio: conoscere significa dunque ricordare.
Neoplatonici

Dopo Platone, la dottrina della reincarnazione o metempsicosi passerà nei neoplatonici e in varie correnti gnostiche, esoteriche ed ermetiche, proprie del tardo Ellenismo. Filone di Alessandria fu tra i primi a conciliare la religione ebraica con la reincarnazione platonica.[Nota 3] Plotino[17], Porfirio -che negò la metasomatosi, cioè la reincarnazione dell' uomo in un corpo animale-, Giamblico e Proclo, ripresero sostanzialmente da Platone la concezione che l'anima si reincarni e ritorni sulla Terra a causa di una colpa originaria, per espiare la quale occorre compiere un lungo cammino di ascesi, liberandosi dagli affetti terreni che altrimenti potrebbero indurre l'anima a restare vincolata alla materia.[18]
Cristianesimo

La reincarnazione fu accolta solo presso ambienti cristiani poi ritenuti eterodossi. Origene sembrava accettare la possibilità di una preesistenza dell'anima anteriore alla nascita,[19] ma contestava che lo spirito umano potesse "retrocedere" reincarnandosi nel corpo di animali. In seguito la reincarnazione fu ribadita dal filosofo Scoto Eriugena.[20] Secondo i sostenitori della presenza della dottrina reincarnazionista nel cristianesimo,[21] alcuni passi del Vangelo farebbero indurre la possibilità di una visione reincarnazionista anche nel cristianesimo, ad esempio:

Quando Gesù chiede ai discepoli riguardo all'opinione della folla: «Chi credete che io sia?», essi rispondono: «Alcuni dicono che sei Giovanni Battista, altri Elia ed altri Geremia o uno dei Profeti».[22] Ciò testimonierebbe l'accettazione della possibilità che un profeta del passato potesse reincarnarsi nel Cristo. Nei versi successivi Gesù conferma la risposta di Pietro apostolo ("Sei il Figlio del Dio vivente")[23].
L'episodio della trasfigurazione sul monte Tabor: «Ma io vi dico che Elia è già venuto e non lo hanno riconosciuto, [...] allora i discepoli compresero che aveva parlato di Giovanni il Battista».[24][25]
«Tutti i profeti e la legge hanno profetato fino a Giovanni e, se volete accettarlo, egli è quell'Elia che doveva venire».[26]
Quando i farisei interrogano il cieco che annuncia la guarigione: «Tu sei venuto al mondo ricoperto di peccati e vuoi farci da maestro».[27] Ciò testimonierebbe l'assunzione da parte dei farisei che le condizioni di vita alla nascita di un uomo deriverebbero da una condotta di vita precedente rispetto a quella attuale.
Quando i farisei interrogano il Battista su chi egli sia e con quale autorità compia il suo ministero, gli prospettano tre personaggi di cui uno sicuramente morto, ovvero Elia, il Messia o il Profeta.
Un ulteriore passo che in una lettura mistico-filosofica non canonica può essere visto come una conferma fatta da Gesù stesso in merito alla possibilità della reincarnazione, è quello riportato in Matteo 22:28-32 e nei corrispondenti Marco 12:23-27 e Luca 20:33-38.[28]

Tuttavia, in senso contrario 1 Pietro 3:18-20[29] afferma che "Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti". Nel Vangelo secondo Giovanni, il dialogo fra Gesù e Nicodemo pone in modo più esplicito la domanda sulla possibilità di una seconda nascita:

«C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. [2]Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui». [3] Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio». [4]Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». [5]Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. [6]Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito.»

(Giovanni 3:1-6[30])

Gesù menziona una "rinascita dall'alto" e una "nascita in acqua e Spirito", che è diversa dalla nascita della carne e non presenta limiti d'età. Esse sono anche poste in relazione al sacramento del battesimo che mediante l'acqua e la grazia dello Spirito Santo segnano una seconda nascita terrena, che è l'appartenenza e partecipazione in anima e corpo al Corpo Mistico di Cristo risorto.

Anche in un testo gnostico denominato Pistis Sophia verrebbe prospettata la possibilità della reincarnazione, sempre però in vista di un suo superamento finale. Va però precisato che, tra i tanti testi gnostici e apocrifi, la quasi totalità di questi riprende l'idea della rinascita in questa vita (come detto sopra o in Giovanni, III) e non in un'altra.
Controversie sulla reincarnazione

Alcune delle prime sette cristiane come i Sethiani, e a seguire la corrente gnostica di Valentino, credevano nella reincarnazione. Nel clima del sincretismo ellenistico, la dottrina della reincarnazione trova varie testimonianze come quella san Gregorio Nisseno, fratello minore di Basilio di Cesarea, che affermò: «È una necessità di natura per l'anima immortale essere guarita e purificata, e quando questa guarigione non avviene in questa vita, si opera nelle vite future e susseguenti»[31]. Così Giustino: «Alcune anime che si credono indegne di vedere Dio a seguito delle loro azioni durante le reincarnazioni terrene, riprenderanno i corpi»[32]. Origene sostenne che «in quanto a sapere perché l'anima ubbidisce talvolta al male, talvolta al bene bisogna cercare le cause in una nascita anteriore alla nascita corporea attuale»[32]; egli tuttavia, se ammetteva la reincarnazione da uomo a uomo, si espresse in maniera diversa circa la dottrina della metensomatosi (cioè rinascita in corpi di animali)[33] respingendola come «stoltezza»[34] ed «estranea alla Chiesa di Dio, non tramandata dagli apostoli, né mai manifestata dalle Scritture»[35] poiché lo stesso corpo accompagna l'anima.

Fra gli avversari della dottrina della reincarnazione vi fu invece Tertulliano. La disputa di fatto si concluse con la definitiva condanna della reincarnazione nel sinodo di Costantinopoli del 553. Per ordine dell'imperatore Giustiniano, che si riteneva capo supremo della chiesa d'Oriente, venne condannata la dottrina di Origene con nove anatemi del patriarca Menas. Il primo di questi recitava:

«Contro chiunque dichiari o pensi che l'anima umana preesistesse, ossia che sia stata spirito o sacra podestà, ma che sazia della visione di Dio si sia volta al male e che in questo modo il Divino amore si sia raffreddato in lei e sia pertanto divenuta anima, precipitando per castigo nel corpo, anatema sia.»

In seguito la credenza nella reincarnazione riemerse nelle eresie dei Catari e degli Albigesi, diffuse nella Linguadoca, e quindi nei pensatori cristiani rinascimentali.

Oggi la dottrina della reincarnazione permane ufficialmente respinta dalla Chiesa cattolica[Nota 4] e dalla Chiesa ortodossa.

Alcuni evangelici e fondamentalisti cristiani considerano ogni fenomeno che riguarda la reincarnazione come inganno del diavolo.




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Età moderna

Col Rinascimento tornarono in voga le dottrine platoniche della reincarnazione soprattutto in Giorgio Gemisto Pletone, Marsilio Ficino e Giordano Bruno, insieme alle correnti esoteriche dell'alchimia. Di nuovo nel Romanticismo la reincarnazione fu sostenuta da Arthur Schopenhauer,[Nota 5] e da Giuseppe Mazzini.[36]

Vari contemporanei hanno tentato una conciliazione tra cristianesimo e reincarnazione. Geddes Macgregor scrisse un libro intitolato Reincarnazione nella cristianità: una nuova visione della Rinascita nel pensiero Cristiano,[37] Rudolf Steiner è stato l'autore di Cristianità come fatto mistico, e Tommaso Palamidessi ha scritto Memorie di vite passate e le sue Tecniche, che contengono alcuni metodi attraverso i quali sarebbe possibile ottenere memorie dalle vite precedenti.[38]

Tra i gruppi che si considerano cristiani e credono nella reincarnazione, si ricordano la Chiesa cattolica liberale, l'Unitarianismo, i Movimenti Spiritualisti Cristiani, la Compagnia Rosacruciana e il Lectorium Rosicrucianum.

Tuttavia, il battesimo praticato nelle comunità steineriane è nullo e privo di valore all'interno della Chiesa cattolica.[39]
Reincarnazione nel buddhismo
Bassorilievo buddhista: Yama, signore della morte, stringe la Ruota dell'esistenza

Nell'ambito delle diverse scuole buddhiste ci sono diverse interpretazioni del concetto di reincarnazione. In termini generali, e tenendo conto che i limiti non sono mai netti, le scuole che la contemplano maggiormente sono quella del Veicolo adamantino o buddhismo Vajrayāna, che comprende soprattutto il cosiddetto buddhismo tibetano, e la scuola Theravāda di derivazione Hīnayāna o del Piccolo veicolo. Per entrambe queste scuole è centrale il concetto di saṃsāra, ossia del ciclo di vita nel mondo materiale di tutti gli esseri, che non si conclude con la morte, ma che ricomincia con una rinascita e quindi con una reincarnazione fino alla liberazione nel Nirvana dal ciclo di nascita e morte. Template:ESenza fonteQuesta concezione della reincarnazione è di derivazione induista, nell'ambito del quale viene contemplato un ātman ossia un sé assimilabile a ciò che gli occidentali chiamerebbero anima; ma la concezione induista si scontra nel buddismo con la dottrina dell'anātman, o non sé, che nega l'esistenza in primo luogo di un io individuale, permanente e immutabile. Per cui la domanda è: se non esiste un io, un sé e quindi un'anima, cosa si reincarnerebbe?

Nel buddhismo Mahāyāna permane la contraddizione ma in alcune scuole come quella dello Zen e soprattutto nell'abito dello Zen occidentale contemporaneo, si pone l'accento sul fatto che la tradizione del buddhismo antico non parla di reincarnazione ma di rinascita, che andrebbe intesa come rinascita psicologica che avviene in questa vita nel momento in cui si arriva all'illuminazione anch'essa raggiungibile in questa vita. Anche il concetto di karma come principio di causa-effetto è inquadrato nell'ambito di una sola vita in cui a ogni azione negativa conseguiranno effetti negativi sulla propria vita e a ogni azione positiva conseguiranno effetti positivi sulla propria vita. Anche lo Zen però non risolve in modo definitivo la questione perché parallelamente continua ad affermare la dottrina dei Bodhisattva secondo cui gli esseri umani che hanno raggiunto l'illuminazione, dopo la cessazione della loro vita terrena, scelgono di tornare a vivere all'interno di un corpo terreno per continuare ad aiutare tutti gli esseri, riammettendo così il concetto classico induista di reincarnazione.

Un altro tentativo di superare la contraddizione viene fatta recentemente in ambito Zen da Thích Nhất Hạnh che dice che, come si afferma nei sutra, non esistendo né nascita e né morte non ha senso parlare in termini di reincarnazione o di rinascita, ma secondo il monaco Zen sarebbe invece più corretto parlare di ri-manifestazione, non precisando tuttavia come questa sua concezione si possa integrare con la concezione della reincarnazione dei Bodhisattva.

Nella scuola degli Yogācāra, appartenenti al buddhismo Mahāyāna, ha avuto origine la dottrina dell'ālāyavijñāna, la "coscienza deposito", l'ottava delle "coscienze", Vijñāṇa, quale responsabile del trasferimento dei semi, o impressioni, che gli atti volitivi lasciano sul loro autore, anche alle rinascite successive. Questa coscienza successivamente venne identificata da alcuni autori Yogācāra come uguale al concetto del Tathāgatagarbha, la "Matrice dei Così-Venuti/Andati", e pertanto è ritenuta assolutamente identica alla Vacuità. È da tener presente che la dottrina dell'ālāyavijñāna fu tuttavia criticata e rigettata dagli autori Mādhyamika, un'altra importante scuola Mahāyāna, come "sostanzialista" in quanto sostanziava la Vacuità attribuendole un'esistenza propria.
Reincarnazione nell'induismo

Nella Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad si legge: «Come un orefice prende la materia di un gioiello e con essa foggia un disegno nuovo e più bello, allo stesso modo questo ātman scrollandosi via il corpo e rendendolo insensibile, ne foggia una forma nuova e più bella». (IV,4,4)

Il Manusmṛti (Leggi di Manu) afferma esplicitamente: «Considera attentamente le trasmigrazioni degli uomini, cagionate dalle loro azioni colpevoli… lo spirito vitale che esce dal corpo per rinascere nel grembo di una creatura umana… le sciagure che soffrono gli esseri animati a cagione delle loro iniquità e la felicità inalterabile che invece provano nella contemplazione dell'essere divino che conferisce ogni virtù».[40]

Nella Bhagavadgītā (Il canto Divino) Krishna afferma: «Come l'anima incarnata passa in questo corpo dall'infanzia alla giovinezza e poi alla vecchiaia, così l'anima passa in un altro corpo all'istante della morte. L'anima realizzata non è turbata da questo cambiamento». (B.Gita 2.13) E ancora: «Come una persona indossa vestiti nuovi e lascia quelli usati, così l'anima si riveste di nuovi corpi materiali abbandonando quelli vecchi e inutili». (B.Gita 2.22).

Un gruppo relativamente piccolo come l'Associazione internazionale per la coscienza di Krishna, popolarmente noto come Hare Krishna, ha distribuito milioni di copie dei suoi libri e opuscoli. Il testo sulla reincarnazione più diffuso dagli Hare Krishna[41] è diventato popolarissimo in numerosi Paesi dell'Occidente, è spesso citato anche in contesti insospettati e ha certamente contribuito alla moda della reincarnazione, anche presso persone che non si sognerebbero mai di aderire al movimento degli Hare Krishna.[42]
Reincarnazione nell'ebraismo
Lo stesso argomento in dettaglio: Bereshit (libro), Era messianica, Peccato originale e Tohu e Tikun.

«Una generazione va, una generazione viene
ma la terra resta sempre la stessa.
Il sole sorge e il sole tramonta,
si affretta verso il luogo da dove risorgerà.
Il vento soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana;
gira e rigira
e sopra i suoi giri il vento ritorna.[43]»

«Il Creatore del mondo e di tutte le anime sa quello che accadde tra gli individui nelle vite precedenti»

(Zohar)

Benché la reincarnazione sia una concezione non presente nella Torah scritta e non esplicita nel Talmud, la concezione reincarnazionista non è estranea neanche all'ebraismo[44]; definita Ghilgul (גלגול), è infatti insegnata dalla Qabbalah, la componente più profonda mistico-esoterica della religione ebraica.

La dottrina ebraica della reincarnazione si può allora rintracciare nei seguenti elementi:

Il principale continuatore della dottrina della reincarnazione secondo l'esegesi ebraica è l'Arizal anche attraverso uno dei suoi testi edito anche in inglese, Gate of reincarnation, dall'originale ebraico. Accettando il presupposto secondo cui non tutti gli uomini sono soggetti alla reincarnazione, spiegando poi che lo scopo del ghilgul è il tiqqun, in questo caso la rettificazione delle differenti anime Nefesh, Ruach e Neshamah, che possono essere raggiunte e completate in una stessa persona, egli enumera differenti concezioni di reincarnazione, facendone esempi pratici: dice ad esempio che ogni tipo di anima delle persone soggette alla reincarnazione dev'essere rettificato in vite differenti e in rari casi tutte in una vita successiva soltanto e sottolineando anche che ne esiste un tipo in cui due persone si corrispondono senza per forza di cose essere stretti dalla stessa anima venuta al mondo due volte o in più situazioni differenti; la persona nasce e muore in più vite; più anime di persone differenti potrebbero essere rettificate nel corso di un unico ciclo di reincarnazioni.
Rabbi Shimon bar Yochay, rabbino del Talmud e autore dello Zohar, fu a conoscenza del mistero della reincarnazione.
Anche il Gaon di Vilna ha scritto un commento al Libro di Giona adattandolo alla reincarnazione secondo l'interpretazione iniziale che trova l'analogia di Giona con l'anima dell'uomo, della barca come il suo corpo, del mare come questo mondo e della Terra asciutta come il Mondo Futuro.
Tra gli altri si ricordano Isaia Horowitz e Shlomo Alkabetz il quale afferma che vi sono tre tipi di reincarnazione rapportati alle caratteristiche dei tre patriarchi del popolo d'Israele: ad Avraham corrisponde il tipo in cui nelle vite successive si compiono buone azioni e si realizzano i precetti non compiuti o quelli trasgrediti nelle vite precedenti; a Isacco, simbolo di timore e potenza, corrispondono le vite di anime reincarnate in animali puri, "rettificate" dai peccati dagli Ebrei; e infine a Giacobbe, segno di bellezza e armonia, corrispondono vite successive, fino a 2 000, in cui si possono compiere Mizvot non compiute precedentemente per mancanza di opportunità.

segue Secondo l'Arizal, lo Zohar e altri

 
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