IL FARO DEI SOGNI

Grimm – Il corvo

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view post Posted on 5/12/2023, 10:18     Top   Dislike
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Kenny-corvo-mano




C’era una volta una regina che aveva una bimba piccola e doveva ancora portarla in braccio. Un giorno la bimba era cattivella; e la mamma dicesse pure quel che voleva, non si chetava mai. Allora la regina si spazientì e, poiché intorno al castello volavano i corvi, Kenny-corvo-manoaprì la finestra e disse: «Vorrei che tu fossi un corvo e volassi via, così potrei stare in pace».
L’aveva appena detto, che la bimba si trasformò in corvo e volò via dalle sue braccia, fuori della finestra. Volò nel folto di un bosco e vi rimase per un bel pezzo, e i genitori non seppero più nulla di lei.

E un giorno passò per il bosco un uomo, udì gridare il corvo e andò dietro alla voce; e quando si fu avvicinato, il corvo disse: «Sono una principessa di stirpe reale, e mi hanno stregata, ma tu puoi liberarmi».
«Cosa devo fare?», egli domandò.
Ella disse: «Va’ avanti nel bosco e troverai una casa, dove c’è una vecchia, che ti offrirà da mangiare e da bere; ma tu non prender nulla: se mangi o bevi qualcosa, cadi addormentato e non mi puoi liberare. Nel giardino, dietro la casa, c’è un gran mucchio di torba; sta’ lassù ad aspettarmi. Per tre giorni verrò da te alle due del pomeriggio, in una carrozza che la prima volta sarà tirata da quattro cavalli bianchi, la seconda da quattro sauri e la terza da quattro cavalli neri; ma se tu, invece di vegliare, dormi, io non sarò liberata».

L’uomo promise di far tutto ciò che ella aveva chiesto, ma il corvo disse: «Ah, so già che non mi libererai! accetterai qualcosa da quella donna».
L’uomo tornò a promettere che non avrebbe toccato proprio nulla, né cibo né bevanda. Ma quando entrò nella casa, gli si avvicinò la vecchia e gli disse: «Povero uomo, come siete sfinito! venite a ristorarvi, mangiate e bevete».
«No – disse l’uomo – non voglio mangiare né bere».
Ma quella non gli dette pace e disse: «Se non volete mangiare, bevete almeno un sorso dal bicchiere: uno non fa numero».
Egli si lasciò persuadere e bevve.

Al pomeriggio, verso le due, andò in giardino, sul mucchio di torba, e voleva aspettare il corvo. Mentre se ne stava là, fu colto all’improvviso da una gran stanchezza, che non riuscì a vincere, e si sdraiò per un poco; però non voleva addormentarsi. Ma, non appena si fu sdraiato, gli si chiusero gli occhi, si addormentò e dormì d’un sonno così duro, che nulla al mondo avrebbe potuto svegliarlo.
Alle due giunse il corvo, nella carrozza coi quattro cavalli bianchi, ma era già in gran tristezza e diceva: «Io so che egli dorme». E quando entrò in giardino, lo vide proprio Schloe-donna-corvoaddormentato sul mucchio di torba. Allora scese dalla carrozza, gli si accostò, prese a scuoterlo e a chiamarlo, ma egli non si svegliò.

Il giorno dopo, sul meriggio, tornò la vecchia e gli portò da mangiare e da bere, ed egli non voleva accettar nulla. Ma la vecchia non lo lasciò in pace e tanto disse, che di nuovo egli bevve un sorso dal bicchiere.
Verso le due andò in giardino sul mucchio di torba e voleva aspettare il corvo, ma all’improvviso la sua stanchezza fu così grande che egli non si poteva più reggere; non ci fu scampo, dovette sdraiarsi e cadde in un sonno profondo.
Quando arrivò il corvo nella carrozza con quattro sauri, era già in gran tristezza e diceva: «Io so che egli dorme». Gli si avvicinò, ma egli era immerso nel sonno e non si poteva svegliarlo.



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Il giorno dopo la vecchia chiese come mai non mangiava e non beveva nulla; voleva forse morire?
Egli rispose: «Non voglio e non posso né mangiare né bere». Ma quella gli mise davanti il piatto colmo e un bicchiere di vino; e quando egli ne sentì il profumo, non poté resistere e ne bevve un bel sorso.
Quando fu ora, andò in giardino sul mucchio di torba e aspettò la principessa; e si sentì ancor più stanco dei giorni scorsi, si sdraiò e dormì come un sasso.
Alle due arrivò il corvo, e aveva quattro cavalli neri, e nera la carrozza e tutto il resto. Ma era già in gran tristezza e diceva: «So che egli dorme e non può liberarmi».

Quando gli si avvicinò, egli era là disteso e dormiva profondamente. Lo scosse e lo chiamò, ma non riuscì a svegliarlo. Allora gli mise accanto un pane, poi un pezzo di carne e infine una bottiglia di vino; e di tutto egli poteva prendere quanto voleva, senza mai vederlo scemare. Poi si tolse un anello d’oro e glielo infilò al dito: v’era inciso il suo nome.
Da ultimo gli mise accanto una lettera, dov’era scritto quel che gli aveva dato e che non si poteva mai consumare; e c’era anche scritto: «Vedo bene che qui non puoi liberarmi; ma, se ancora vuoi farlo, vieni al castello d’oro di Stromberg; lo puoi, lo so di certo».
E, dopo avergli dato tutte queste cose, salì in carrozza e andò al castello d’oro di Stromberg.

castello-surreale

Quando l’uomo si svegliò e s’accorse d’aver dormito, se ne afflisse molto e disse: «Certo è già passata di qui e non l’ho liberata». Gli caddero sott’occhio le cose che aveva accanto, e lesse la lettera, dov’era detto quel che era successo. Allora si avviò e continuò il suo cammino; voleva andare al castello d’oro di Stromberg, ma non sapeva dove fosse.
Già da un pezzo errava per il mondo, quando giunse in una buia foresta, e per quindici giorni camminò senza trovar la strada per uscirne. Tornò la sera, ed egli era così stanco, che si sdraiò accanto a un cespuglio e s’addormentò.

Il giorno dopo proseguì il suo cammino e la sera, quando volle sdraiarsi di nuovo accanto a un cespuglio, udì urla e lamenti e non si poté addormentare. E quando fu l’ora in cui si accendono i lumi, ne vide brillare uno, si alzò e andò verso quella luce.
Giunse a una casa, che pareva così piccola, perché c’era davanti un gran gigante. Egli pensò: «Se entri e il gigante ti vede, credo che tu sia spacciato». Alla fine si fece coraggio e s’avvicinò.
Come lo vide, il gigante disse: «Vieni a proposito, non ho mangiato nulla da un pezzo: voglio ingoiarti subito per cena».
«Lascia stare – disse l’uomo –, non mi va d’essere ingoiato; se vuoi mangiare, ho tanto da saziarti».

Andarono a tavola, e l’uomo tirò fuori il pane, il vino e la carne, che non finivano mai.
«Mi piace molto!», disse il gigante e mangiò a sua voglia.
Poi l’uomo gli disse: «Non puoi dirmi dov’è il castello d’oro di Stromberg?».
Il gigante disse: «Lo cercherò sulla mia carta geografica, dove si trovano tutte le città, i mappa-surrealevillaggi e le case».
Andò a prendere la carta geografica, in camera sua, e cercò il castello; ma non c’era. «Non fa niente – disse –, di sopra, nell’armadio, ho delle carte anche più grandi: cercheremo là».
Ma fu inutile. L’uomo voleva proseguire il suo viaggio, ma il gigante lo pregò di aspettare anche qualche giorno, finché tornasse suo fratello, che era uscito in cerca di viveri.

Quando il fratello tornò, gli chiesero del castello d’oro di Stromberg, ed egli rispose: «Dopo pranzo, quando mi sarò sfamato, cercherò sulla carta». Poi salì con loro nella sua camera, e cercarono sulla sua carta geografica, ma non riuscirono a trovarlo. Allora egli andò a prendere altre vecchie carte e non smisero di cercare finché trovarono il castello d’oro di Stromberg; ma era mille e mille miglia lontano.
«Come farò ad arrivarci?», domandò l’uomo.
Il gigante disse: «Ho due ore di tempo, ti porterò fin nelle vicinanze, ma poi devo tornare a casa ad allattare il nostro bambino».



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view post Posted on 10/12/2023, 10:21     Top   Dislike
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Il gigante lo portò, all’incirca, a cento ore dal castello e disse: «Il resto della strada puoi farlo da te». Poi tornò sui propri passi, e l’uomo andò avanti giorno e notte, finché arrivò al castello d’oro di Stromberg.
Ma il castello era su un monte di vetro, e la fanciulla stregata gli girò intorno in carrozza e poi entrò. Egli si rallegrò al vederla, e voleva salir fino a lei, ma quando ci si metteva, su quel vetro tornava sempre in basso. E quando vide di non poterla raggiungere si rattristò molto e pensò: «Starò qui sotto ad aspettarla».
Si costruì una capanna e ci restò per un anno intero; e tutti i giorni vedeva la principessa scarrozzare in cima al monte, ma non poteva salir fino a lei.

Un giorno, dalla sua capanna, vide tre briganti che s’azzuffavano e gridò loro: «Dio sia con voi!».
A quel grido, essi si arrestarono, ma, non vedendo nessuno, ricominciarono a picchiarsi, proprio ferocemente. Egli gridò per la seconda volta: «Dio sia con voi!». E quelli smisero castelli-in-ariadi nuovo, si guardarono intorno, ma, non vedendo nessuno, ripresero a picchiarsi.
Egli gridò per la terza volta: «Dio sia con voi!», e pensò: «Va’ a vedere perché mai s’azzuffano».

Andò e chiese perché si picchiassero. Allora uno disse di aver trovato un bastone: se con esso batteva a una porta, questa si spalancava; un altro disse di aver trovato un mantello: se l’indossava, diventava invisibile; ma il terzo disse di aver preso un cavallo con cui poteva andare dappertutto, anche sul monte di vetro. Non sapevano se tener la roba o spartirla.
Disse l’uomo: «Vi baratterò queste tre cose; denaro veramente non ne ho, ma ho dell’altro, che vale di più. Ma prima farò una prova, per vedere se avete proprio detto la verità».
Quelli lo fecero salire a cavallo, gli misero indosso il mantello e gli diedero in mano il bastone; e quando egli ebbe tutto ciò, non poterono più vederlo. Allora egli li caricò di busse e gridò: «Ecco quel che vi spetta, vagabondi! Siete contenti?».

Poi cavalcò sul monte di vetro, e quando arrivò in cima, davanti al castello, lo trovò chiuso; allora picchiò alla porta col bastone, e subito la porta si spalancò. Egli entrò e andò su per le scale, fino alla sala dov’era la fanciulla, che aveva dinanzi un calice d’oro ricolmo di vino; ma, siccome egli aveva indosso il mantello, ella non poteva vederlo.
E quando le fu davanti, egli si tolse dal dito l’anello, che essa gli aveva dato, e lo buttò nel calice, che tintinnò.

Ella esclamò: «È il mio anello! dev’esserci anche l’uomo che mi libererà».
Cercarono da per tutto e non lo trovarono: egli era uscito, era salito a cavallo e d’un tratto s’era tolto il mantello. Quando uscirono dalla porta, lo videro e gridarono di gioia.
Egli smontò e prese la principessa fra le braccia; ed ella lo baciò e disse: «Ora tu mi hai liberata e domani festeggeremo le nozze».

(Grimm, Fiabe)

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Primo sintagma: la bambina piagnucolona, la bambina che non si vuole staccare dalla mamma, che non vuole «volare via», la bambina «incestuosa», la bambina che non vuole Klimt-mamma-bambinouscire dal raggio del «troppo vicino». Una volta però che, vittima della «maledizione» materna, si trova trasformata in corvo e viene scaraventata di colpo nel «troppo lontano», nell’«animalesco» al di là delle relazioni «umane», è per così dire «morta» alla Cultura e può risuscitare solo grazie a un uomo che sia abbastanza avventuroso da avventurarsi pure lui a un’eguale lontananza dall’Umano.

Ed ecco intervenire il secondo sintagma: quello per così dire «orfico», perché come Orfeo con Euridice bisogna che il nostro «uomo» vada all’altro mondo a liberare la «morta» (o forse la «mai nata») dall’inferno della sua «animalità», per condurla a quella giusta distanza (e dunque né troppo vicina, attaccata alla madre, né troppo lontana, in un luogo così irraggiungibile che i genitori non ne hanno più notizia), alla distanza dunque che è propria dell’Umano.
Che si tratti anche nella nostra fiaba di un viaggio all’altro mondo, è provato dalla presenza del solito tabù: è vietato toccare il cibo dei morti, è vietato condividere la dieta dei «troppo lontani», di quanti cioè, per dirla con Lévi-Strauss, ignorano «le buone maniere a tavola». Mangiano e bevono porcherie. Se le assaggi, fai la fine di Gilgameš: … ti addormenti sul più bello, e manchi a tutt’e tre gli «appuntamenti» con la Lontana.

Ecco, la Lontana viene e tu… dormi. Viene e ti porta in dono i suoi «attrezzi magici». Tu intanto dormi, e sogni. Ma al risveglio ti rimane così difficile spiegarti i tuoi sogni, e di sicuro non ci riusciresti se Lei, la Lontana, non ti spedisse una certa lettera.
Come altro chiamarla, se non la Lettera del Corvo?
Tutti i doni che la Lontana ti elargisce in sogno, tu – uomo – non li sapresti usare, se Lei non ti lasciasse delle «istruzioni scritte», se non te le «stampasse» nella mente. Tutte le immagini che popolano i tuoi sogni ti resterebbero enigmatiche, se non le accompagnasse almeno una parola – che so? trimetilamina, giusto per fare un esempio.

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Eccolo qua il «propriamente umano», l’«esclusivamente umano»: la lettera, l’uso di segni e simboli.
La principessina, dunque, da «troppo vicina» che fu a «troppo lontana» che si ritrova una volta trasformata in corvo – una volta cioè che ha fatto la stessa trafila del Corvo greco: da troppo vicino e fedele ad Apollo, a troppo lontano e incapace di tornare al suo Signore, se non rimettendosi, e sappiamo con quali conseguenze, alla «loquacità» – la principessina-Corvo, per quanto lontana sia andata, ha questo di «umano»: parla, scrive e manda messaggi. La lettera che lascia al suo audace «salvatore» è il solo mezzo, il solo medio, per andare a riprenderla dal Paese dei «morti», o dal Limbo dei «non nati» alla seconda nascita – alla nascita dell’Uomo dal Cucciolo attaccato alle poppe della mamma.

Se sogni pure tu la Lontana, fa’ dunque attenzione alle istruzioni simboliche che ti raccomanda. Non farti distrarre dal gioco immaginario. Non stare a spiegarti il senso (ma quale?) delle immagini sognate. Tira fuori dal sogno la lettera. Scripta volant. Ciò che vi è scritto, passa. Ma la lettera – la lettera, no, non passa. La lettera è l’«essere del Passato» contratto in un simbolo.
Il sogno viene dal Passato, a volte viene dal Passato Remoto. E se per caso è proprio la Lettera del Corvo – la lettera di una bambina prigioniera della lontananza dall’Umano – fa’ bene attenzione perché quello che vi è scritto è il tuo Rimosso che ritorna «parlato», «simboleggiato» nella grafia umana.

Non fare pure tu l’errore del Corvo! Non prendere la lettera alla lettera! Sarebbe, e la Mayers-donna-corvonostra fiaba ce lo conferma, come arrampicarsi sugli specchi!
Nella lettera ci sono, cifrate, certe istruzioni sull’«uso» che devi fare dei «doni magici» ricevuti in sogno. Essi non vanno «usati» per acconciare la tua vita, il tuo presente attuale – bensì per ridisegnare la curva che il tuo Passato prese la prima volta che si rimise ai segni e alle parole di una rappresentazione.
Ti ricordi? non fu facile intendersi. Ogni volta era un appuntamento mancato: il Corvo ti diceva all’orecchio – Scordati di lei, ti ha tradito! E la vecchia, sempre più insistente, ripeteva – Mangia e bevi, e lasciala perdere!

No, non fare pure tu la fesseria del Corvo! Da troppo vicino ad Apollo, per rabbia o per rancore, o chissà per quale altra oscura ragione, non correre anche tu a rifugiarti nel troppo lontano, al servizio di Dioniso.
L’Umano non è, se non alla giusta distanza da questi due, sia pur «divini», poli animali. Non restare, come Apollo, attaccato alla mamma – ma non fare come la Madre delle Baccanti, che eccitata da Dioniso nientemeno sbrana suo figlio e nemmeno lo riconosce.
Tra queste due «bestialità», non c’è che una distanza Umana – l’Uomo è solo là dove le relazioni sono affidate alla lettera.

E dunque: la lettera che inviasti allora, non la lettera, ma lo spirito di quella lettera – è tutto ciò che di Umano vi è nei tuoi sogni.
Le immagini che li popolano non sono che la Terra di fondazione della tua «umanità». Non dare loro tutta questa importanza. Ciò che conta è la lettera che mandasti al mondo, allorché corresti a rifugiarti sulla Luna o sulla cima di un monte di vetro. Conta lo spirito di quella lettera – perché è lo spirito del tuo Passato che, sogno dopo sogno, «ritorna» camuffato in un’altra lettera. Ritorna l’Indimenticabile, l’Idea Fondamentale del tuo destino – niente a che vedere con la tua vita. La tua vita, di quell’Idea, s’è dimenticata. Non c’è che un filo che ancora, forse, la tiene legata al tuo Passato: è il filo (di Arianna) su cui corre lo spirito della lettera che inviasti al mondo… perché tornasse a te, che ne eri il (reale) destinatario.



fonte https://lartedeipazzi.blog/2018/12/30/grimm-il-corvo/

 
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