IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici nella Repubblica Democratica del Congo

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Pagine nella categoria "Gruppi etnici nella Repubblica Democratica del Congo"

Questa categoria contiene le 24 pagine indicate di seguito, su un totale di 24.
A

Alur (popolo)

B

Baka (popolo)
Baluba
Bangala
Banyamulenge

H

Hema (gruppo etnico)

L

Lendu
Lugbara
Luo

M

Mangbetu
Mbuti
Mongo (popolo)

N

Ndaka
Ngbandi
Ngombe
Nilotici

P

Pende
Pigmei

R

Regno Kuba

S

Songora

T

Teke
Twa

Z

Zande
Zappo Zap





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Alur (popolo)


Gli Alur (anche noti come Lur[1], Luri e Lurem) sono un'etnia dell'Africa centro-orientale, presente in un'area che va dal distretto di Nebbi, nell'Uganda nordoccidentale (provincia del Nilo Occidentale), alla zona a nord del Lago Alberto del Congo RD settentrionale. Appartengono al più vasto gruppo etno-linguistico dei Luo, e sono particolarmente affini agli Acholi, tanto che le rispettive lingue sono mutuamente intellegibili. È correlato anche al gruppo etnico dei Jonan, che possono essere identificati con il sottogruppo di Alur residenti lungo le sponde del Nilo.

In seguito alla fondazione del Murchison National Game Park nel 1952, che costrinse parte degli Alur a migrare dalle loro terre tradizionali, l'etnia si è in parte mescolata con altre etnie, in particolare del gruppo sudanico.

Il regno Alur è forse l'unico, fra quelli tradizionali delle etnie ugandesi, a non essere stato smantellato dal governo con i bandi del 1966.[2] È strutturato in chiefdom che intrattengono fra loro rapporti culturali e sociali (per esempio matrimoni misti e cerimonie religiose condivise).[3]

Storia

Gli Alur appartengono al più vasto gruppo etnico-linguistico dei Luo. Questo gruppo proviene originariamente dall'Egitto meridionale, da cui si spostò attraverso una serie di migrazioni in epoca storica; prima in Sudan (intorno al 970, per sfuggire alle persecuzioni degli arabi) e poi in Uganda a Bugantira (1225) e nell'area di Murchison Falls (1290).[2] L'etnia Luo subì una prima diaspora nel 1330, in seguito a una guerra fratricida causata dal re Kyebambe; in quest'epoca si allontanarono dal gruppo principale, tra l'altro, i Kuman dell'Uganda orientale e i Banyoro. Nel 1390, una nuova lotta intestina fra il re Nyipir e suo fratello Nyabongo portò alla scissione di altri due gruppi, gli Acholi e Alur; questi ultimi erano coloro che seguirono Nyipir e si insediarono prima a Locjudongo e poi (nel 1630) a Yothu, che è tuttora la sede del regno Alur.[2]
Religione tradizionale

Sebbene il Cristianesimo (soprattutto di dottrina anglicana e di altre denominazioni protestanti)[1] sia largamente diffuso fra gli Alur e abbia largamente soppiantato la religione tradizionale (così come in generale la cultura occidentale sta sostituendo quella nativa) molti Alur sono tuttora legati al sistema di credenze dei loro antenati.[4]

Come molte religioni tradizionali africane, la religione degli Alur è essenzialmente monoteistica: il Dio degli Alur prende il nome di Jok. La natura ultima di Jok sfugge alla comprensione umana. Jok può manifestarsi in forma di persona, di qualsiasi sesso o età, ma anche rivelare la sua presenza in modo indiretto, per esempio attraverso determinate situazioni.[4]

Il culto viene amministrato da un clero composto da figure tradizionali che prendono il nome di Bandwa, Jupa Jogi e Jupa Jok; i riti in suo onore non seguono una cadenza temporale prefissata, ma vengono amministrati in caso di necessità, per esempio per contrastare l'insorgere di cattiva sorte e malattia.[4]

Vi sono altre entità soprannaturali minori a cui gli Alur dedicano riti, e come Jok possono influire sulla vita terrena attraverso fortuna, sfortuna, malattia e guarigione. Alcune di queste entità sono puramente spirituali e astratte, ma anche fra gli Alur (come in gran parte dell'Africa) è diffuso il culto degli antenati defunti. A queste divinità minori gli Alur portano offerte propiziatorie, per esempio in forma di cibo, birra e altri generi di conforto.[4]

Oltre al clero dedicato a Jok sono presenti nella società Alur diverse categorie di guaritori e chiaroveggenti che prendono il nome di Julam Bira, Jolam Wara e Anjoga. Il loro compito è soprattutto quello di comprendere le cause ultime, spirituali, di una malattia o un altro evento sfortunato, e suggerire a coloro che ne sono colpiti i giusti riti propiziatori necessari per recuperare la salute e la fortuna.[4]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Alur_(popolo)

 
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Baka (popolo)


Baka è una popolazione di pigmei che vive nella foresta equatoriale dell'Africa centrale, in Congo, Gabon, Camerun e Repubblica Centrafricana.

Popolo africano di cacciatori-raccoglitori, i Pigmei Baka vivono nelle foreste africane congolesi, camerunesi e gabonesi.

Tra le caratteristiche principali di questo popolo vi è la bassa statura, la propensione alla creazione di tecniche di caccia variegate e una parlata molto prolissa, a differenza di altri popoli indigeni.

Uno dei principali problemi che devono affrontare è la mancanza di riconoscimento dei loro diritti territoriali. Secondo Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, finché questi diritti non verranno riconosciuti, gli estranei e lo Stato potranno continuare ad appropriarsi della loro terra, da cui dipendono per sopravvivere[1].

Molte comunità vengono sfrattate illegalmente nel nome della conservazione dell'ambiente. Nel Camerun sud-orientale, ad esempio, gran parte della terra ancestrale dei Baka è stata trasformata in parchi nazionali oppure assegnata a società che organizzano safari di caccia[2].

"Un tempo, la foresta era per i Baka, ora non lo è più. Ci muovevamo nella foresta secondo i cicli stagionali, ma adesso abbiamo paura” ha raccontato a Survival un uomo Baka. “Come possono proibirci di andare nella foresta? Non sappiamo come vivere diversamente. Ci picchiano, ci uccidono e ci costringono a fuggire in Congo.”[3]



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Baluba


I baluba (forma plurale di muluba) o luba sono un popolo di etnia bantu della Repubblica Democratica del Congo.[1] Sono stanziati nelle regioni boschive e le savane del sud corrispondenti alle province del Kasai-Occidental, Kasai-Oriental e del Katanga nella Repubblica Democratica del Congo in un'area compresa fra il corso del fiume Kasai e il lago Tanganica. La popolazione, di 10 milioni e mezzo di individui, rappresenta il maggior gruppo etnico di tale stato, con il 18% della popolazione complessiva. Parlano le lingue luba, la tshiluba e la kiluba.

I baluba svilupparono una società e una cultura a partire dagli anni 400 d.C., e svilupparono in seguito una comunità bene organizzata nella depressione di Upemba conosciuta con il nome di confederazione baluba.[2][3] La società luba consisteva di minatori, fabbri, falegnami, vasai, artigiani e di persone di altre professioni.[4][5] Il loro successo e la loro ricchezza crebbero molto nel tempo, ma questo portò al loro graduale declino a causa di bande saccheggiatrici di schiavisti, ladri e terroristi.

Storia
Distribuzione dei luba in Africa centrale.
Regno di Luba in relazione alle rotte commerciali nell'area nel XIX secolo

Anticamente, i baluba erano a capo di un impero che si estendeva dalla piana dell'Upemba, lago del Kasai Orientale, fino al lago Tanganica. Fondato da Nkongolo Mwamba, l'impero si espanse a partire dal XVI secolo, raggiungendo la massima espansione sotto i monarchi Ilungu Songu (1780 - 1810), Kumwimbe Ngombe (ca. 1840) e Ilunga Kabale. Il declino ebbe inizio con l'invasione dei negrieri arabi e degli europei.

L'impero baluba era retto da un autocrate, il mulopwe, che divideva però il potere con società segreta come la bambudye. Il popolo era di credo animista e credeva in un unico dio onnipotente chiamato Endryo, nell'aldilà e nella reincarnazione.
Il regno di Luba
Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Luba.

Il regno di Luba o Impero Luba fu uno Stato dell'Africa centrale del periodo pre-coloniale fiorito tra il 1585 e il 1889 nel territorio dell'attuale Repubblica Democratica del Congo. Le fonti storiche si riferiscono a questa realtà come a un "impero" a partire dal XVI secolo, benché recenti scavi archeologici hanno rivelato che sin dal VIII secolo i bamula avevano raggiunto alti livelli di abilità tecnica soprattutto nel campo della metallurgia e facessero parte di un sistema di rotte commerciali già molto sviluppato. Questo impero sorse nonostante l'asprezza del territorio composta in gran parte da terreni paludosi e lacustri, anche se questa civiltà poté usufruire, a differenza di molti altri imperi africani, delle enormi risorse d'acqua rappresentate dal fiume Zaire. Il sistema economico imperiale limitava nei soli nobili i detentori di tutte le ricchezze e del virtuale monopolio sugli scambi di sale, rame e minerale ferroso, facendone dei magnati il cui potere si estendeva su gran parte dell'Africa Centrale.
Il declino e lo Stato Libero del Congo

Nel decennio 1870-1880, i commercianti dell'Africa Orientale cominciarono a cercare schiavi e avorio nelle savane dell'Africa centrale mentre i coloni europei (in particolare i belgi dal 1877) cominciarono a addentrarsi nell'impero Luba in cerca di schiavi, ponendo le basi per il controllo militare e la rapida distruzione del Regno di Luba. Nel 1889 l'impero fu diviso in due da una controversia di successione tra i regnanti locali e fu poi assorbito nello Stato Libero del Congo di dominazione belga ed cui il re Leopoldo II pose le basi per il controllo militare, politico ed economico del paese governandolo dal 1885 al 1908 con un regime dittatoriale basato sullo sfruttamento ed il terrore.
Religione

Le credenze religiose tradizionali dei luba comprendeva il concetto di shakapanga o di un creatore universale, (anche detto Leza o Essere supremo) con un mondo naturale ed un mondo soprannaturale[6][7]. Nel mondo soprannaturale abitavano i bankambo (gli spiriti ancestrali) e bavidye (altri spiriti) con ciò che si unisce all'aldilà se si vive una vita etica (mwikadilo muyampe)[7]. Le religioni luba accettano la possibilità di comunione tra i viventi e i morti[7] e della nascita della morte (Kalumba). La vita religiosa comprendeva preghiere, canti comunitari, danze, offerte, rituali di passaggio e invocazioni[7] con intermediari detti nsengha o kitobo (sacerdoti) per officiare gli stessi riti. Inoltre, per ansietà e disturbi, erano in servizio un nganga o mfwintshi (guaritore) che eseguivano una divinazione (lubuko)[7]. Il pensiero religioso non si limitava ai rituali, ma comprendeva idee di buona persona, buon cuore, dignità per gli altri e rispetto di sé. Il codice religioso della vita civile e della bontà hanno caratterizzato la vita sociale di Luba[7].

Il cristianesimo fu introdotto dai missionari della regola coloniale belga ed alcuni di questi (come William Burton), eseguirono ricerche etnografiche partendo da una ricerca proiettiva aggressiva e insegnando la cristianità alla gente di Luba, ma impararono e compresero a loro volta le credenze tradizionali locali e la ricchezza culturale[8].
Economia
Scultura femminile in legno.

I baluba sono dediti perlopiù all'allevamento di animali domestici (pollame, capre e pecore) e alla coltura di sorgo, manioca, mais, banane, zucca e igname (un tubero edibile coltivato e consumato in buona parte della costa atlantica africana). Sono abili artigiani ed esperti musicisti e costruttori di strumenti musicali e oggetti artistici in legno.
Arte
L'arte dei baluba si suddivide in una decina di scuole, variegate e distinguibili tra loro, ma caratterizzate dalla grande importanza assegnata allo spirito femminile Vilya. L'arte evidenzia una simmetria della massa e una dolcezza dei passaggi, oltre a un'impronta naturalistica.[9] Le maschere si presentano più robuste, arricchite da una decorazione parietale.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Baluba

 
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Bangala


I Bangala sono un popolo africano di lingua bantu che occupa le due rive del fiume Congo e il territorio compreso fra questo fiume e l'Ubangi dall'equatore al 3° N. I Bangala vivono principalmente di agricoltura. La società dei bangala è divisa in caste (notabili, uomini liberi, schiavi) e organizzata sotto il governo dei capi dei villaggi.

Un gruppo di Bangala (Nbangala o Imbangala) si trova a grande distanza dal nucleo principale nella conca pianeggiante del medio Cuango (Angola), dove si dedicano anche all'allevamento e al commercio. Secondo la tradizione gli Imbangala discenderebbero dalle orde dei guerrieri Giagga, il cui vero nome era secondo Andrew Battel (1601-02) Imbangolos, che devastarono l'Angola sino alle coste sul finire del XVI secolo. I Giagga erano noti per la loro crudeltà e per la pratica del cannibalismo rituale.[1] I Giagga, a giudicare dall'armamento (scudo cafro), provenivano dal sud: l'attuale cultura dei Bangala è tuttavia, anche nell'Angola, del tipo forestale (capanna quadrangolare con tetto a spioventi arcuati, famiglia matriarcale, ecc.) e ben poco, oltre il nome, essi mostrano dell'antica provenienza.





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Banyamulenge


I Banyamulenge sono un'etnia tutsi presente nelle regioni orientali del Congo i cui membri ribelli, durante la Seconda Guerra del Congo, si organizzarono in un gruppo armato sostenuto dal Ruanda: il Raggruppamento Congolese per la Democrazia (RCD).



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Hema (gruppo etnico)


Gli Hema sono un gruppo etnico con circa 160.000 membri, residenti nell'Est della Repubblica Democratica del Congo, in particolare nella provincia dell'Ituri, così come in parti dell'Uganda e del Ruanda. Gli Hema sono pastori, e il trattamento preferenziale che ricevono dalle autorità dell'Uganda è considerato responsabile per lo scoppio del conflitto dell'Ituri[senza fonte].

Gli Hema settentrionali parlano Lendu, il linguaggio del vicino gruppo etnico Lendu. Gli Hema meridionali parlano la lingua hema, un linguaggio bantu compreso nella zona J.

Etnolinguisticamente, gli Hema sono strettamente collegati ai parlanti il dialetto Hima della lingua nyankore dell'Uganda occidentale, oltre che alle lingue luganda e lusoga



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Lendu


I Lendu sono un gruppo etno-linguistico di agricoltori, residenti nell'est della Repubblica Democratica del Congo nell'area ad ovest e nord-ovest del Lago Alberto, in particolare nella Provincia dell'Ituri.

I popoli Ngiti e Bendi, assieme ai Lendu, formano il raggruppamento Lendu delle Lingue Sudanesi centro-orientali. Ci sono all'incirca 750.000 parlanti Lendu nella Repubblica Democratica del Congo, e 10.000 in Uganda.

La controversia tra i Lendu e gli Hema ha formato la base per il conflitto dell'Ituri.



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Lugbara


I Lugbara sono una popolazione degli attuali stati dell'Uganda e della Repubblica Democratica del Congo.

Come i Madi e altri piccoli gruppi vicini, parlano un linguaggio del gruppo centro-sudanese. Sono stanziati negli altopiani aridi che costituiscono il displuvio tra le vallate dei fiumi Congo e Nilo. Probabile la provenienza dall'attuale Sudan.



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Luo


I Luo (anche detti Lwo) sono una famiglia di gruppi etnici (tribù) relazionati fra loro che vivono in un'area che si estende dal Sudan del Sud, attraverso l'Uganda settentrionale e la Repubblica Democratica del Congo, fino al Kenya occidentale e alla parte nord della Tanzania. Queste persone parlano una lingua sudanese orientale (Nilotica), una branca della famiglia linguistica Nilo-Sahariana. Secondo alcuni schemi di classificazione, queste tribù sono spesso relazionate ai Niloti occidentali, inclusi anche nel gruppo linguistico Dinka-Nuer. Le persone che parlano le lingue luo includono Shilluk, Anuak, Acholi, Lango, Palwo, Alur, Padhola, Joluo (Luo Kenioti), Bor e Kumam.


Origini in Sudan del Sud

Secondo gli etnolinguisti e la storia linguistica e orale, i Luo sono parte del gruppo di tribù Nilotiche che si separarono dalla famiglia sudanica orientale circa nel 3000 a.C. Più di otto secoli fa, i Luo occuparono l'area su cui oggi si trova la parte orientale di Bahr el Ghazal. La ragione della loro dispersione non è conosciuta. Conflitti interni possono averli portati fuori da questa regione. I Luo si spostarono nell'area di gran parte delle attuali nazioni confinanti con il Sudan del Sud, con conseguenza una separazione fra i gruppi con variazioni nella lingua e nelle tradizioni poiché ogni gruppo assorbì le tradizioni degli indigeni locali.

Una branca dei Luo, il popolo Shilluk (o Chollo), che comprende più di cento tribù e sotto-tribù, fu fondato da un capo di nome Nyikango circa nella metà del XVI secolo. Diventarono una nazione con un sistema feudale. Nyikago e la sua nazione si spostarono verso nord lungo il Nilo (in direzione di Kush e Rip) a riconquistare e colonizzare l'area che i loro antenati persero a causa degli arabi e degli Europei. Il resto dei gruppi Luo rifiutarono l'idea di Nyikango e migrarono a sud e ovest.
Uganda

Circa nel 1500, un piccolo gruppo di Luo, conosciuto come Biito-Luo, guidato da un capotribù chiamato Labongo il cui nome divenne Isingoma Labongo Rukidi (talvolta chiamato Mpuga Rukidi), si incontrò con delle persone che parlavano il Bantu e vivevano nell'area di Bunyoro. Questi Luo la colonizzarono con i Bantu e stabilirono la dinastia Babiito. Labongo, il primo dei re di Babiito di Bunyoro-Kitara, secondo una leggenda Bunyoro, il primo re di Buganda. Questi Luo furono assimilati dai Bantu e pertanto persero il loro linguaggio e la loro cultura.

Più avanti, nel XVI secolo, altre persone che parlavano Luo si spostarono nell'area che oggi comprende il Sudan del Sud, l'Uganda settentrionale e il nord-est del Congo formando gli Alur e gli Acholi. I conflitti si svilupparono quando incontrarono i Lango che vivevano nell'area a nord del Lago Kyoga. Anche i Lango parlavano una lingua Luo, ma le loro origini sono alquanto oscure. Generalmente si ritiene che essi siano un popolo del gruppo Ateker dell'est del Nilo che ha avuto origine dall'Abissinia in Etiopia intorno al 1600 d.C. e che ha adottato il linguaggio Luo dai vicini Acholi (talvolta si ritiene che essi facciano parte dei Luo provenienti da Bahr el Ghazal che migrò verso est dal Sudan ad Anuak in Etiopia e, verso l'entroterra fino in Uganda. I Kumam, che vivono nella stessa area, parlano anch'essi la lingua Luo, ma appartengono al gruppo Ateker come gli Iteso e i Karamojong.

Tra la metà del XVI secolo e l'inizio del XVII alcuni gruppi Luo proseguirono verso est. Un gruppo, chiamato Padhola (o Jopadhola - il popolo di Adhola), guidato da un capo di nome Adhola, si stabilì a Budama nell'Uganda dell'est. Essi si stanziarono in un'area riccamente boscosa come difesa contro attacchi da parte dei vicini Bantu, i quali si erano già insediati in quella zona. Questo isolamento autoimposto li aiutò a mantenere la loro lingua e la loro cultura posti come erano tra le comunità Bantu e Ateker.
Kenya e Tanzania

Circa fra il 1500 e il 1800, altri gruppi di Luo attraversarono il Kenya e alla fine arrivarono in Tanzania. Abitarono l'area sulle rive del Lago Vittoria. Secondo i Joluo (conosciuti in Kenya semplicemente come Luo) un capo-guerriero chiamato Ramogi Ajwang, circa 500 anni fa, li portò dall'attuale Uganda al Kenya.

Come in Uganda, in Kenya alcune persone non-Luo adottarono la lingua luo. La maggioranza dei Bantu che vivono in Kenya (Suba), parlano Dholuo (sebbene come seconda lingua); la lingua dholuo al 2022 è parlata da 5,3 milioni di parlanti totali[1].

I Luo in Kenya, che chiamano loro stessi Joluo (oppure Jaluo, persone di Luo) e sono la terza comunità dopo i Kikuyu e i Luhya. Nel 1994 la stima del loro numero era di 3.185.000[2]. In Tanzania essi erano (2001) 280.000. I Luo in Kenya e Tanzania chiamano la loro lingua Dholuo, poco comprensibile ai Luo di Uganda, Zaire e Sudan del Sud.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Luo

 
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Mangbetu



I Mangbetu, noti anche come Monbuttu, sono una popolazione della Repubblica Democratica del Congo, che vive nella Provincia Orientale.

Lingua

La lingua è chiamata lingua Mangbetu, ma nel linguaggio regionale lingala è detta kingbetu, mentre loro stessi la chiamano nemangbetu. Si tratta di una lingua appartenente al Gruppo linguistico nilo-sahariano. Unica caratteristica particolare è che in esso vi è una consonante vibrata labiale sia sonora che muta.[1] (La lingua austronesiana Labo di Vanuatu, nota come Mewun, è l'unica altra lingua con questa caratteristica)[2]
Cultura

I Mangbetu sono noti per le loro arti e musiche, molto evolute. Uno strumento ad essi associato e da essi denominato è l'arpa (o chitarra) Mangbetu.[3][4]

Alcuni musicologi hanno anche cercato di far registrare ai Mangbetu dei video ed audio delle loro musiche.[5]

I Mangbetu spiccavano per gli esploratori europei a causa dei loro crani allungati. Tradizionalmente i crani dei bimbi mangbetu venivano avvolti strettamente con stoffe per dar loro questo aspetto diverso. Questa pratica cominciò a declinare negli anni cinquanta del XX secolo, con l'arrivo di molti esploratori e la conseguente occidentalizzazione. A causa di questa caratteristica è semplice riconoscere immagini di Mangbetu nell'Arte africana.
Storia
Donna Mangbetu nel XIX secolo

Agli inizi del XVIII secolo il popolo Mangbetu era costituito da piccoli clan, che con le migrazioni verso il meridione, erano venuti a contatto con altri popoli che migravano in senso contrario e parlavano lingue bantu, mescolandosi a loro. Verso la fine del secolo un gruppo di élite di lingua Mangbetu, prevalentemente provenienti dal clan dei Mabiti, assunsero il controllo su altri gruppi Mangbetu e di molti vicini di lingua Bantu. È probabile che le conoscenze di fucinatura del rame e del ferro, che consentivano loro di fabbricare armi e monili, dessero loro la supremazia militare ed economica sui vicini.[6]
La questione del cannibalismo

Molti studi recenti descrivono i Mangbetu come un popolo storicamente cannibale. Secondo alcuni uomini Mangbetu, intervistati nel documentario Spirits of Defiance: The Mangbetu People of Zaire pare che molti Mangbetu sono convinti, che i loro avi praticassero il cannibalismo.[7] David Lewis asserisce che: «…un'ondata di cannibali, che si diffuse da cannibali inveterati che andavano dai Bakusa ai Batetela, i Mangbutu e molti degli Zande…» emerse dai disordini politici causati dalle incursioni Swahili negli anni 1880.

Comunque Keim sostiene che molte accuse di cannibalismo non sono fondate su «…accurate ricerche sul campo, ma solo su relazioni europee del XIX secolo, profondamente condizionate da miti sul Continente Nero»





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Mbuti


Gli Mbuti (anche detti Bambuti) sono un popolo di cacciatori-raccoglitori dell'Africa centrale, noti anche come pigmei del Congo. Vivono nella foresta dell'Ituri, nella parte nord-orientale della Repubblica Democratica del Congo.[1]

Sul finire del XX secolo il loro territorio è stato teatro di una guerra civile tra i coltivatori Lendu e gli allevatori Hema, nota come Conflitto dell'Ituri, che ha esposto la popolazione Mbuti a violenze e persecuzioni[2], per sfuggire alle quali i pigmei hanno cercato rifugio nell'isola di Idjwi, al centro del Lago Kivu.[3]





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Mongo (popolo)


Il popolo Mongo (o Bamongo) è un gruppo etnico che vive nella foresta equatoriale del bacino del fiume Congo e costituisce una delle principali etnie della Repubblica Democratica del Congo.

Parlano il lomongo o uno dei suoi dialetti, ma usano molto anche il lingala come lingua franca e talvolta come lingua madre. (Sia il lomongo che il lingala sono lingue bantu dello stesso sottogruppo "C".)



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Ndaka


Gli Ndaka (o Bandaka) sono una popolazione bantu che vive nella Repubblica Democratica del Congo. Nel 1994, erano circa 25.000 i congolesi che facevano capo a questa tribù, parlando la lingua omonima. Generalmente, sono di religione animista.

Gli Ndaka vivono nella Provincia Orientale, e più precisamente nella futura provincia di Ituri, prevalentemente tra Bunia e NiaNia e tra Kisangani e Isiro. La loro lingua è molto simile a quella degli Mbo, dei Budu, dei Vanuma e dei Nyali.



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Ngbandi


Gli ngbandi (trascritto anche come bandi, ngwandi, mogwandi e gbandi) sono un gruppo etnico africano di origine sudanese. Si trovano principalmente nella Repubblica Centrafricana e nella Repubblica Democratica del Congo; gruppi minori sono presenti anche in Camerun, nella Repubblica del Congo e in Sudan. Parlano la lingua sango, la lingua ngbandi o la lingua yakoma; i diversi gruppi sono spesso distinti con i nomi corrispondenti di ngbandi, sango e yakoma.
Storia

Gli ngbandi sono originari dell'Alto Egitto e della Nubia occidentale. Sono migrati verso sud in cerca di terreno fertile e per fuggire alle razzie dei negrieri arabi.
Lingua
Gli ngbandi parlano tre lingue correlate, la lingua ngbandi, la lingua sango e la lingua yakoma, appartenenti al gruppo degli idiomi niger-kordofaniani. Queste tre lingue sono classificate da alcuni linguisti come tre varianti di un unico idioma, designato sango-ngbandi-yakoma. La classificazione del SIL identifica una serie di lingue di questo gruppo come lingue proprie.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Ngbandi

 
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Ngombe


I Ngombe sono una etnia Bantu della Repubblica Democratica del Congo, stanziati prevalentemente nella Provincia dell'Equatore.

Bibliografia

(FR) Burssens, Herman (1958), Les peuplades de l'entre Congo-Ubangi (Ngbandi, Ngbaka, Mbandja, Ngombe, et Gens d'Eau), Tervuren, Musée Royal du Congo Belge.
(FR) Kerchache, Jacques et al. (2008), Ngbaka, Ngbandi et Ngombe, in L'Art africain, Parigi, Citadelles & Mazenod, ISBN|978-2-85088-441-2, pp. 547–548.
(EN) Mw'atekumu, Bondima Gboga (1994), [Pour une éthique de la solidarité africaine : approche interprétative et critique de l'agir ntu-ngombe], Roma, Pontificia Universitas urbaniana [Tesi di laurea].
(EN) Olson, James Stuart (1996), The Peoples of Africa: An Ethnohistorical Dictionary, Greenwood Publishing Group, ISBN|9780313279188, p. 433 (Ngombe).
(EN) Wolfe, Alvin William (1954), The institution of demba among the Ngonje Ngombe, in Zaïre : revue congolaise, a. 1954, n. 8: pp. 843–856.
(EN) Wolfe, Alvin William (1961), In the Ngombe tradition : continuity and change in the Congo, Evanston, Northwestern University Press.



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Nilotici


Con la definizione di popoli nilotici o niloti, nel suo uso contemporaneo, ci si riferisce ad alcuni gruppi etnici principalmente del Sudan del Sud, Uganda, Kenya, Tanzania settentrionale, Congo ed Etiopia occidentale, che parlano Lingue nilotiche, un vasto sottogruppo delle Lingue nilo-sahariane. Tra gli altri sono inclusi nei nilotici i gruppi etnici Kalenjin, Luo, Ateker, Dinka, Nuer, Shilluk, Maasai, Karamojong, Turkana e le popolazioni di lingua Maa.[1]

I termini Nilotico e Nilote venivano precedentemente usati come classificazione etnica, basandosi su osservazioni antropologiche della loro diversa morfologia corporea. Queste considerazioni sono state poi ampiamente scartate dagli scienziati,[2] ma oggi sono di nuovo sostenute nella genetica delle popolazioni.[3]

Questi termini sono ormai soprattutto usati per distinguere "le popolazioni nilotiche" da quelle etnicamente vicine (soprattutto bantu), sulla base di affiliazione etnolinguistica. Etimologicamente, i termini nilotico e nilote derivano dalla Valle del Nilo, in particolare l'Alto Nilo ed i suoi affluenti, dove vive la maggior parte dei sudanesi nilo-sahariani.[4]

Sono popoli africani che si erano stabiliti appunto lungo l'alta valle del Nilo, nella parte meridionale del Sudan odierno. Verso l'XI secolo molti di questi popoli sono scesi lungo il Nilo ed hanno occupato le terre che ancora oggi abitano.



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Pende


I Pende sono un gruppo etno-linguistico di piccole proporzioni (circa 250.000 persone) della Repubblica Democratica del Congo sudoccidentale. La loro lingua appartiene al gruppo delle lingue bantu centrali. Sono etnicamente e culturalmente affini agli Yaka e ai Suku, che abitano nelle regioni confinanti.

Storia

Come gli Yake e i Suku, i Pende sono originari della fascia compresa fra l'Oceano Atlantico e il fiume Cuanza, in Angola. Si trasferirono in seguito all'espansione dei Lunda all'inizio del XVII secolo. Intorno al 1885 subirono le conseguenze di un nuovo movimento espansionistico, quello dei Chókwè.[1]



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Pigmei


I pigmei sono un gruppo etnico diffuso in gran parte dell'Africa equatoriale. Sono di bassa statura (inferiore ai 150 cm) e caratterizzati da pelle scura, capelli crespi, naso schiacciato e cranio brachimorfo.

Il nome "pigmeo" deriva dal greco πυγμαῖος pygmâios ("alto un cubito") che i Greci usavano per riferirsi a un leggendario popolo di nani, localizzato a sud dell'Egitto o in India, perennemente in guerra contro le cicogne (o le gru) che devastavano i loro campi.

“Pigmei” è un termine collettivo usato per indicare diversi popoli cacciatori-raccoglitori del bacino del Congo e di altre regioni dell'Africa centrale. Il termine è considerato dispregiativo[1] e quindi evitato da alcuni indigeni, ma allo stesso tempo viene utilizzato da altri come il nome più facile e conveniente per riferirsi a se stessi[2]. I "Pigmei" si dividono in molti sottogruppi, ognuno dei quali costituisce un popolo a sé, tra questi ad esempio i Twa, gli Aka, i Baka e i Bambuti[3].

Per estensione, il nome "pigmei" viene indicato per riferirsi ad altri gruppi etnici di bassa statura.

Distribuzione

Gruppi di pigmei sono diffusi lungo gran parte della fascia tropico-equatoriale dell'Africa; sono presenti in Camerun, Repubblica Centrafricana, Gabon, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Uganda e Ruanda. Si tratta di comunità composte da pochi individui; il numero totale dei pigmei africani si stima infatti inferiore a 250 000.
Storia

In Egitto sono state ritrovate iscrizioni del II millennio a.C. che si riferiscono ai pigmei come "Danzatori degli Dei". Anche da questi antichi contatti con la civiltà egizia si presume che i pigmei vivessero un tempo in regioni molto più a nord di quelle che abitano oggi, forse fino al basso Nilo. In una lettera pervenutaci in condizioni integre e risalente all'Antico Regno, un faraone ringraziava un suo governatore, Harkhuf, per avergli fatto dono di un "nano" proveniente dalla "terra degli spiriti" (espressione che gli egizi usavano per riferirsi ai territori a sud del loro dominio).[4]

Nell'arte romana, i pigmei della valle del Nilo sono spesso rappresentati come figure caricaturali, di grande potenza sessuale, come i fauni e le figure priapiche già conosciute ed usate dai romani stessi ed altre culture. Alcuni affreschi con questo tipo di soggetti, rinvenuti a Pompei, sono oggi esposti al Museo archeologico nazionale di Napoli. Altre scene erotiche con pigmei sono ancora visibili a Pompei, per esempio sul fianco di un triclinio nella casa dell'Efebo.

In antichità i pigmei ebbero contatti anche con i popoli bantu dell'Africa subsahariana, che erano molto superiori dal punto di vista tecnologico, e non ebbero difficoltà a cacciarli dalle loro terre o sottometterli. Nella cultura bantu i pigmei sono identificati da nomi come batwa ("piccoli uomini").
Cultura

Sono cacciatori-raccoglitori; gli uomini cacciano con arco e frecce avvelenate, e le donne pescano. Il loro stile di vita è in gran parte basato su una profonda conoscenza dell'ambiente (per esempio degli usi delle piante a fini curativi o per la produzione del veleno). In alcuni casi praticano modesti scambi commerciali con i popoli vicini (per esempio bantu). Lavorano il legno e l'osso (ma non la pietra).

Il legame con le foreste, che curano e venerano, è un elemento centrale della loro identità di popolo[5]. Ogni gruppo ha una sua lingua distinta, ma tutti hanno una parola che li accomuna: jengi, ovvero spirito della foresta.

Sono considerati "nomadi stanziali": ogni tribù (composta in genere di poche famiglie) si sposta periodicamente da un accampamento all'altro, sempre rimanendo all'interno di un'area circoscritta.

Le pratiche religiose dei pigmei sono incentrate sulla credenza negli spiriti e in una particolare forma di metempsicosi, che prevede la trasmigrazione dell'anima del morto dentro il corpo di un elefante.[6]

I matrimoni tra pigmei sono di natura esogamica; per riequilibrare il rapporto fra donne e uomini all'interno di ogni gruppo sociale, il gruppo ricevente una sposa è tenuto a concederne una a quello offerente.

La sopravvivenza delle comunità pigmee e delle loro tradizioni è messa in pericolo tanto dall'impoverimento ambientale e dalla deforestazione quanto dalla difficoltà di integrazione nella società africana moderna.

Il dio supremo della loro religione tradizionale, Kvum, viene descritto come il creatore e signore di tutte le cose. Presenza tangibile, comanda sopra ogni uomo, controllandone ogni azione. Secondo la mitologia dei pigmei, il primo uomo e la prima donna (Ntaum e Rae) ebbero origine da due uova di tartaruga; oppure (a seconda delle tradizioni) Kvum li creò soffiando in una noce di cola.

Parte integrante della mitologia pigmea è l'emela-ntouka, una creatura leggendaria che abiterebbe le foreste della Repubblica del Congo.
Problemi attuali

Uno dei principali problemi che i “Pigmei” devono affrontare è la mancanza di riconoscimento dei loro diritti territoriali. Secondo Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, finché questi diritti non verranno riconosciuti, gli estranei e lo Stato potranno continuare ad appropriarsi della loro terra, da cui dipendono per sopravvivere[7].

Molte comunità vengono sfrattate illegalmente nel nome della conservazione dell'ambiente. Nel Camerun sud-orientale, ad esempio, gran parte della terra ancestrale dei “Pigmei” Baka è stata trasformata in parchi nazionali oppure assegnata a società che organizzano safari di caccia[8].

“Un tempo, la foresta era per i Baka, ora non lo è più. Ci muovevamo nella foresta secondo i cicli stagionali, ma adesso abbiamo paura” ha raccontato a Survival un uomo Baka. “Come possono proibirci di andare nella foresta? Non sappiamo come vivere diversamente. Ci picchiano, ci uccidono e ci costringono a fuggire in Congo.”[9]

Nel Congo invece, l'etnia Bambuti è confinata con pochissimi mezzi sull'isola Idjwi all'interno del lago Kivu.[3]



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Pigmei

 
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Regno Kuba


Il Regno Kuba, noto anche come Regno Bakuba o Bushongo, è stato un regno africano che fiorì tra il XVII e il XIX secolo nella regione confinata dai fiumi Sankuru, Lulua, e Kasai, nel sud-est dell'attuale Repubblica Democratica del Congo.

Il Regno Kuba era un conglomerato di diversi principati di lingua Bushongo come anche di etnie Kete, Coofa, Mbeengi, e di pigmei Twa del Kasai. I Kuba originali erano migrati dal nord durante il XVI secolo. Nel Regno vi erano diciannove diversi gruppi etnici ancora esistenti che venivano comandati da un re, il nyim.

Storia
Maschera "mulwalwa", Kuba meridionale, XIX o primo XX secolo.
Shyaam aMbul

Il regno nacque come un conglomerato di diversi domini di vari gruppi etnici privi di una vera autorità centrale. Nel 1625 circa, Shyaam aMbul aNgoong, una personalità proveniente da un'area esterna, usurpò la posizione di uno dei capi e unì tutti i domini sotto il suo governo. La tradizione vede Shyaam aMbul come il figlio adottivo di una regina Kuba che aveva lasciato la regione per cercare l'illuminazione nei regni dei Pende e del Congo a ovest. Dopo aver appreso tutto ciò che poteva conoscere da questi Stati, aMbul fece ritorno a Kuba per formare le basi politiche, economiche e sociali del suo regno.
Nuovo governo

Il governo Kuba venne riorganizzato secondo un sistema meritocratico di titoli, ma il potere continuò a rimanere nelle mani dell'aristocrazia. Il governo era controllato da un re chiamato nyim che apparteneva al clan Bushoong. Il re era responsabile di fronte ad un consiglio della corte presieduto da tutti i sottogruppi Kuba, rappresentati dalle loro élite.
Crescita

Nel corso del tempo, il Regno beneficiò di tecniche avanzate provenienti dai popoli vicini nonché dei raccolti introdotti dalle Americhe, come mais, tabacco, manioca e fagioli. Venne sviluppato un sistema politico sofisticato, degli uffici politici eletti, un sistema legale, furono introdotti i processi dei giudici, sussidi pubblici e movimenti di supporto sociale.[1] Kuba divenne molto ricca e tale benessere veniva riflesso dalle opere d'arte commissionate dalla nobiltà. I re Kuba mostravano le opere migliori in occasione delle cerimonie e venivano anche sepolti con questi manufatti.
Apice e declino

Il Regno Kuba raggiunse il suo apice durante la metà del XIX secolo, dato che gli europei raggiunsero la regione per la prima volta nel 1884. A causa del relativo isolamento, il Regno non fu colpito dalla tratta degli schiavi come il Congo e il Ndongo sulla costa.

Il regno s'indebolì verso la fine del XIX a seguito di rivolte interne e invasioni dei vicini; il re Kwet aPe si arrese nel 1905 e ciò che rimaneva del regno cadde sotto il controllo dell'amministrazione belga[2].

Nonostante il Regno non esista più, la linea regale viene continuata[3] e l'attuale monarca, Kot-a-Mbweeky III, è al trono dal 1969.[4]
Cultura Kuba
Arte

I Kuba sono noti per i loro tessuti ricamati in raffia, cappelli in fibra e perle, coppe per il vino intagliate con il legno di palma e scatole per cosmetici, ma sono famosi principalmente per le loro maschere caratterizzate da schemi geometrici, tessuti particolari, semi, perline e gusci.

Le scatole sono chiamate ngedi mu ntey dai Kuba e vengono usate principalmente per contenere la polvere tukula e creme. Le scatole hanno di solito la forma di un quadrato con un coperchio sfaccettato, un semicerchio (o una mezzaluna), un rettangolo o la forma di una maschera. Spesso venivano usate per contenere rasoi per tagliare la rafia, forcine o oggetti rituali.

La Tukula (chiamata twool dai Kuba) è una polvere rossa realizzata con foglie macinate di Baphia nitida. Il colore rosso è essenziale per il concetto di bellezza dei Kuba ed era usato quindi per decorare il viso, i capelli e il petto durante le danze e le cerimonie importanti, come anche nell'unzione dei defunti per la sepoltura. La Tukula era anche miscelata con altri pigmenti per tingere i tessuti in raffia.

Dopo il 1700, il re Misha miShyaang aMbul introdusse le sculture in legno note come ndop, realizzate per rappresentare il sovrano e il suo regno. Queste figure mostravano sempre l'ibol del re o il suo simbolo personale.

Le coppe di vino in legno di palma e le scatole ornate erano parte integrante della competizione tra i membri titolati della corte.
Religione e mitologia

I Kuba credevano in Bumba o MBoom, il Padre del Cielo che creò il sole, la luna, le stelle e i pianeti. Creò anche la vita con la Madre Terra. Tuttavia, queste erano divinità distanti e i Kuba posero una maggiore attenzione in un essere soprannaturale noto come Woot, che diede nome agli animali e alle cose.[5] Woot era il primo uomo e il portatore della civiltà.[6]



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Songora


Il Songora o Shongora (plurale: Basongora o Musongora; noti anche come Bacwezi, Chwezi, Huma o Bahuma) è un popolo tradizionalmente pastorale della regione dei Grandi Laghi dell'Africa centrale, che spazia dalla regione occidentale dell'Uganda, alla Repubblica Democratica del Congo orientale. Hanno costumi specifi e parlano il songora, una lingua bantu simile al nkore e al nyoro. La popolazione songora in Uganda conta 15 897 persone nel censimento del 2014[1]; sebbene varie stime stabiliscano che la loro popolazione sia di circa 40 000 e 50 000[1], mentre alcuni gruppi vivono anche nel Congo orientale[3].

Lo stile di vita tradizionale dei basongora è notevole per il suo adattamento alla savana secca e alle boscaglie, così come al terreno montuoso[3].

Il popolo Songora è costituito da un gruppo misto nilotico-bantu dell'Africa centrale e orientale, tradizionalmente residente ai piedi delle colline e nelle pianure del braccio occidentale della Great Rift Valley e intorno alla catena montuosa del Ruwenzori. L'economia tradizionale del popolo Songora era in gran parte basata sull'allevamento del bestiame, sulla produzione di sale e sul commercio del ferro. I basongora sono organizzati come una confederazione di diversi stati, unita da un parlamento chiamato Muhabuzi[3] e da una monarchia costituzionale guidata da un trimviato che consisteva in un'imperatrice vedova (Omu'Gabe'kati), una governante donna (Omu 'Vai) e un sovrano maschio (Omu'Kama)[4]. La confederazione è emersa da un unico stato Songora del XII secolo; consisteva in diverse province tra cui Kisaka-Makara, Kitagwenda, Bugaya, Bunyaruguru e Kiyanja[3].

Storia

Secondo la loro stessa storia orale, i Songora sono gli eredi dell'antico impero di Kitara. La patria tradizionale dei basongora è la regione centrata tra le colline pedemontane e le pianure che circondano le catene montuose del Rutshuru e del Ruwenzori[3].

Kyomya Bwachali, morto intorno al 1850, era un importante monarca songora e il nonno materno del re Ntare V del regno di Nkore. L'ultimo re precoloniale di Songora fu il re Kasigano; venne deposto nel 1906 dagli inglesi, apparentemente per aver cercato di allearsi con i belgi in Congo. Il regno fu poi spartito tra il Protettorato del Congo e dell'Uganda, e le porzioni che rientravano nell'Uganda furono ulteriormente suddivise in diversi distretti, poi tutti annessi ai regni di Toro e Nkore. Il Regno di Ruwenzururu si formò nella seconda parte del XX secolo sul territorio songora[3][5].

L'epidemia di peste bovina scatenatasi nel 1931 decimò gli allevamenti del Nyakatonzi Basongora. Le popolazioni locali ritengono che l’epidemia fosse iniziata a seguito di un virulento programma di vaccinazione avviato dal governo coloniale. Il gruppo più numeroso fuggì in Congo e non ritornò al 1964 a causa dei conflitti causati dalla ribellione di Mulele[3].

Le autorità coloniali belghe crearono nel 1925 il Parc National des Virunga, un parco nazionale che includeva numerose appartenenti a diversi clan Songora e fecero pressioni per proteggere anche le zone adiacenti dell'Uganda per creare riserve di caccia attorno al lago Giorgio e al lago Edoardo. A seguito della creazione di questo vasto parco, rinominato Queen Elizabeth National Park dall'amministrazione coloniale, i basongora rimasero con poca terra da sfruttare economicamente. Negli anni '40 il governo coloniale introdusse la coltivazione del cotone nel regno Songora. Il terreno migliore e il clima adatto alla coltivazione del cotone si trovavano nell'area di Bwengo e in altre pianure della terra dei basongora. Sebbene alcuni clan siano rimasti nel parco, anche se illegalmente, molti altri si sono trasferiti oltre il confine con le loro mandrie, nel Parco nazionale Virunga in Congo[3]; a seguito di questa espulsione, il popolo Songora ha perso il 90% delle terre tradizionalmente occupate[6].

Tra gli anni '40 e '50 del XX secolo, la coltivazione del cotone attirò soprattutto gruppi Konjo dagli altipiani. Nel 1962, il Movimento per la Libertà del Ruwenzururu aveva costretto alcuni Konjo delle montagne a stabilirsi nelle pianure songora che non erano state dichiarate aree protette. Nel 1962, i basongora iniziarono a tornare nelle loro terre ancestrali, ma si scontrarono con il fatto che la Toro Development Company (TDC), sciolta nel 1970, aveva affittato parte della loro terra e stava portando avanti grandi progetti destinati a modificare radicalmente il territorio, come il Mubuku Irrigation Scheme[3].

Quando l’industria del cotone crollò negli anni 1970, i pastori songora ebbero la possibilità di stabilirsi nelle vaste pianure di Nyakatonzi[3]. Quando il governo ugandese del Movimento di Resistenza Nazionale introdusse la politica di decentralizzazione, che venne dirottata dalla frangia estremista konjo per spostare e sottomettere i basongora[5]. Ciò coincise con il picco della produzione di cotone tra il 1987 e il 1989 ed è nello stesso periodo che i basongora furono sfollati dalle loro terre ancestrali di Bukangara e Rweihingo[3].

Negli anni 1990, il governo ha riconosciuto lo status di minoranza ai basongora, cercando di indirizzarli verso nuove zone del territorio, ma questi hanno piuttosto cercato rifugio nel 1999 nel Parco nazionale Virunga nella Repubblica Democratica del Congo. Da lì sono stati brutalmente cacciati, nel 2006, e respinti in Uganda, dove hanno tentato di installarsi nel Queen Elizabeth National Park. Ma la Uganda Wildlife Authority, che protegge il parco nazionale, ha respinto le popolazioni basongora, rinchiudendole in campi a Nyakatonzi[6].
Monarchia

Il 12 maggio 2012, il popolo Songora ha fatto rivivere il suo antico regno che era stato abolito durante l'occupazione coloniale cento anni prima. Il 1º luglio 2012, i Songora hanno incoronato Bwebale Ivan Rutakirwa Rwigi IV come sovrano del "Regno di BuSongora" e hanno rivendicato venti sotto-contee dell'Uganda come loro territorio[3]. Queste sotto-contee includono: Muhokya, Bugoye, Nyakatonzi, Katwe, Karusandara, Mubuku, Ibuga, Hamukungu, Kasenyi, Busunga e Katunguru, tra le altre[4]. Il regno ha rivendicato anche le aree ancestrali di Shema, Bunyaruguru e Kitagwenda in Uganda, nonché il Parco nazionale Virunga in DRC[7][8]. Il re Rwigi IV è morto il 28 aprile 2015.
Cultura

La società songora è a forte componente pastorale. I termini sul bestiame e l'allevamento costituisce una parte importante della lingua songora, così come rivestono un ruolo centrale nella poesia e nell'arte della comunità.

L’età determina l’anzianità nelle relazioni sociali e uomini e donne sono considerati uguali. I basongora sono generalmente monogami. Tradizionalmente i Songora erano monoteisti[3].

I Songora reagirono a un'epidermia di tetano nel 1880 richiedendo a tutta la comunità di rimuovere i quattro denti inferiori anteriori, per somministrare forzatamente farmaci alle vittime della malattia. Quando l'epidermide finì, molti basongora continuarono con ad estrarre i denti, anche se nell'era delle siringhe questa pratica non era più necessaria[3].

Il territorio songora ha prodotto interessanti manufatti, di grande valore per la storia dell'umanità. L'osso di Ishango è stato ritrovato nel territorio di Songora, mentre il braccio orientale della Rift Valley, situato in Etiopia, Kenya e Tanzania, ha restituito la maggior quantità di fossili umani antichi, la parte settentrionale del braccio occidentale della Rift Valley si trova in territorio songora e rimane in gran parte inesplorata. La mancanza di investigazione archeologica è dovuta alle guerre civili nella regione[3].



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Songora

 
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Teke

I Teke (trascritto anche come Téké) o Bateke, noti anche come Tio, sono un'etnia africana del gruppo bantu. Sono presenti nel Repubblica del Congo, nella Repubblica Democratica del Congo, e, in misura minore, nel Gabon. Parlano le lingue teke e ibali.

Storia

Lo Stato dei Teke era chiamato dagli Europei (innanzitutto dai Portoghesi) con il nome di Anzico. La prima attestazione di tale denominazione si trova nell'elenco dei titoli spettanti al mani Congo redatto dai Portoghesi nel 1535.
Intorno al 1620 il regno di Anzico divenne indipendente, e lo rimase fino alla conquista europea nel 1875.
Il sovrano di questo regno aveva il titolo di Unca Macoco. Tuttavia gli Europei lo chiamavano semplicemente Macoco.
Repubblica del Congo

Nella Repubblica del Congo sono presenti circa 500.000 Teke (il 20% della popolazione totale del paese), presenti principalmente nelle regioni di Plateaux, di Cuvette-Ouest, di Niari, di Bouenza e di Pool. I Teke del Plateaux sono chiamati Mbéti e Tégué, quelli del Niari sono chiamati Nzabi. Secondo i leggendari fondatori congolesi, discenderebbero da Nguunu, antenato della maggior parte delle popolazioni del Congo meridionale. Successori dei pigmei (Négrilles) nell'occupazione del Congo-Brazzaville, i Teke dek Congo discendono dai fondatori del Regno Teke, storico rivale del Regno del Congo. Un loro leggendario re, conosciuto nella storia come Makoko di Mbé, firmò il 3 ottobre 1880 a Mbé, capitale del suo regno, un accordo con l'esploratore italiano Pietro Savorgnan di Brazzà.
Repubblica Democratica del Congo

In Repubblica Democratica del Congo, 267.000 Teke sono stanziati nella provincia di Bandundu e nella città-provincia di Kinshasa.
Gabon

Nel Gabon i Teken rappresentano una minoranza; sono circa 54.000, stanziati principalmente nella provincia di Haut-Ogooué. Il defunto presidente del Gabon, Omar Bongo, era un Teke.
Arte

La scultura Teke annovera una buona varietà di maschere fantasiose e di statuette destinate a riti apotropaici o raffiguranti antenati. Talvolta il corpo dell'oggetto è scavato per consentire l'immissione di sostanze magiche o medicinali. I Teke sono rinomati per la produzione di monili e di oggetti di uso comune decorati.[1]



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Twa


I Twa[1] o BaTwa[2] (in kirundi e kinyarwanda, Abatwa), sono un popolo di pigmei dei Grandi Laghi dell'Africa centrale. Rappresentano una delle più antiche comunità autoctone della regione. Sono membri dell'Organizzazione delle nazioni e dei popoli non rappresentati.


Descrizione
Distribuzione dei Twa nell'Africa centrale

Attualmente[Quando?] vivono in Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Ruanda e Uganda, dove rappresentano meno dell'1% della popolazione di questi paesi, con una popolazione totale stimata di circa 80.000 individui.[3] Le comunità Batwa vivono in situazioni di estrema povertà e marginalizzazione sociale e politica, causate dalla perdita dei loro tradizionali ambienti di vita forestali e da preconcetti razziali da parte di altre etnie africane.

Il termine BaTwa, a seconda del tono e del contesto in cui viene pronunciato, può assumere un significato diverso, infatti può essere utilizzato come un insulto o in maniera rispettosa. Alcune comunità pronunciano il loro nome Barhwa, altre preferiscono chiamarsi Bambuti, altre ancora Abayanda.

Sono considerati, e loro stessi si definiscono tali, come i primi abitanti autoctoni della zona che hanno popolato le foreste tropicali, vivendo come cacciatori e raccoglitori. Ritengono anche di essere un popolo colonizzato: prima dagli agricoltori, poi dai pastori e infine dagli europei. Ogni gruppo colonizzatore ha radicalmente trasformato la foresta, loro habitat naturale, in terre coltivabili, in pascoli, in culture intensive e, recentemente, in zone protette per riserve di caccia, esercitazioni militari o sfruttamento turistico.

I Twa parlano la stessa lingua della popolazione circostante, degli Hutu e dei Tutsi, il kirundi in Burundi ed il kinyarwanda in Ruanda, anche se con un'accentuazione differente.

Per diverse centinaia di anni i Twa hanno costituito una minoranza molto piccola nella regione e hanno avuto scarso ruolo politico. Sono spesso ignorati nelle discussioni sui conflitti tra Hutu e Tutsi, che raggiunsero il culmine con il genocidio del Ruanda nel 1994.



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Zande


Gli zande[1] o azande (al singolare, rispettivamente, sandé[2] o asandé), soprannominati dispregiativamente gnam gnam (in francese: niam-niam)[1][2], sono un popolo dell'Africa centrale, che ammonta a circa 3,5 - 4 milioni di individui.
La maggior parte della popolazione vive nella parte settentrionale della Repubblica del Congo, nel Sudan occidentale, nel Sudan del Sud e nella Repubblica Centrafricana. Gli asandé congolesi vivono nella provincia dell'alto Zaire e gli asandé sudanesi vivono nello Uele. Parlano una lingua della famiglia linguistica del Niger-Congo, e in particolare del ramo Adamawa-Ubang; sono per la maggior parte degli animisti.

Storia

La storia degli zande risale ad un periodo di conquista, iniziato probabilmente intorno alla prima metà del XVIII secolo. Essi erano guidati da due differenti dinastie le quali, pur se simili nella loro organizzazione interna, erano tuttavia completamente diverse sia per origine che per strategia politica. La prima di queste dinastie, il clan Vungara, era originaria di quella che è attualmente la regione del Rafaï, nella parte meridionale della Repubblica Centrafricana, e nel corso del tempo instaurò una campagna di conquista delle popolazioni vicine che incorporarono non solo politicamente ma anche culturalmente. La loro espansione territoriale si arrestò solo con l'avvento delle potenze coloniali nella regione. In questo stesso periodo una popolazione non originaria di questa regione, i bandia, iniziarono la loro espansione partendo da sud-ovest di Bangassou nel nord dello Zaire e si espansero prima a est e poi a nord. La loro fase espansionistica si arrestò solo intorno al 1855 e ad essa seguì una fase di consolidamento. Nonostante restassero una popolazione straniera, i bandia assimilarono la lingua e gli usi dei loro stessi sudditi. Sia i Vungara che i bandia sembra non avessero particolari vantaggi a livello di tecnologia, ma riuscirono ad imporsi nella regione grazie alla loro superiorità militare.

Un contributo importante alla storia dell'identità del popolo Zande sembra provenire dalla loro costante lotta con il vicino popolo Mangbetu, che viveva a sud del fiume Uele, e che gli zande non riuscirono mai a conquistare.

A partire dalla seconda metà del XVIII secolo si segnalano i primi contatti con le popolazioni arabe, con le quali ci furono diversi conflitti, ma l'influenza questi ultimi fu davvero irrilevante, tranne per il fatto che il contatto con gli zande permise loro di trafficare con le armi da fuoco sconosciute in quella regione.

I primi viaggiatori europei giunsero nella regione intorno al 1860 e verso la fine del XIX secolo la popolazione zande finì sotto ben tre diversi domini coloniali, belga, francese ed anglo-egiziano. I confini di queste colonie vennero poi ereditati dai successivi stati nazionali.
Religione

Gli asandé tendono ad attribuire l'esistenza di un'anima, mbisimo, sia agli esseri animati che a quelli inanimati e nutrono la credenza che gli stregoni dopo la morte si trasformino in spiriti maligni agirisa che al contrario degli spiriti benigni atoro danno prova di un odio velenoso nei confronti dell'umanità. Essi tormentano coloro che viaggiano nella savana e provocano stati passeggeri di sdoppiamento della personalità. Dimorano in caverne sotterranee come lo spirito supremo, chiamato Mbori, alla cui essenza partecipano anche gli spettri. Nella regione di lingua nzakara, dove la parola Mbori non esiste, il termine Zagi, che più gli si avvicina, sta ad indicare non solo l'essere supremo ma anche l'universo esterno in generale. La presenza delle missioni cristiane ha notevolmente influenzato la visione animistica degli asandé, creando una dicotomia tra l'essere supremo Mbori, identificato con il Dio cristiano e gli spettri, un tempo entità benevole, sempre più identificate con il male. Tuttavia nemmeno il cristianesimo e le sue missioni hanno potuto sradicare la forte credenza nel potere e nella pratica della stregoneria tra gli asandé. La stregoneria, chiamata mangu, è una vera e propria istituzione e assume forme diverse se viene praticata dagli uomini o dalle donne.

Lo stregone, sia uomo che donna, invia la sua anima della stregoneria (mbisimo mangu), che si dice sia visibile di notte, per portar via la parte psichica degli organi della vittima, la sua 'mbisimo pasio' ovvero l'anima della carne. La pratica della stregoneria è considerata tra gli zande responsabile anche di altre disgrazie, tuttavia, sebbene i suoi modi restino misteriosi e oggetto di cupo rispetto, essa non viene considerata affatto una pratica sovrannaturale, ma appartenente al mondo ordinario delle cose. Per questo motivo uno stregone non può rendere efficaci i suoi incantesimi sulle lunghe distanze e gli umili non possono colpire i nobili con la magia.

Per quanto riguarda la pratica religiosa del culto degli antenati, tra gli zande esso non richiede una particolare casta sacerdotale.
Usi e costumi

Tra gli zande il matrimonio viene contratto tramite il pagamento di una dote per la sposa. Sebbene sia concesso a un uomo di avere più mogli, quasi nessuno degli uomini zande può permettersi di avere più di una sposa. Per questo motivo re e nobili sono gli unici a poter avere più di una sposa, la gran parte delle quali di origini umili, e per questo vige l'usanza da parte di un sovrano di regalare una moglie ad un suo vassallo in segno di riconoscenza.
Hanno scritto

«Il popolo zande veniva chiamato anche col nome di "niam-niam". Tale nomignolo onomatopeico derivava dal rumore della masticazione, avendo gli zande acquistato una triste celebrità come consumatori di carne umana.»

(R. Biasutti, Razze e popoli della Terra, vol. 3, pag. 377, Utet 1967)

«L'esploratore italiano Carlo Piaggia il 1.11.1863 intraprendeva il viaggio verso il paese dei Niam-Niam, di cui si diceva che erano per metà uomini e per metà cani; che possedevano una coda a ventaglio; che uccidevano e mangiavano un vecchio in punto di morte o uno schiavo fuggiasco e che il solo condimento da essi usato era il grasso umano.»

(Ernesta Cerulli, Nel paese dei Bantu, pagg. 153-154, Utet 1961)



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Zappo Zap


Gli Zappo Zap sono stati una popolazione Songye, di etnia bantu, presenti nella regione del Kasai, nella moderna Repubblica Democratica del Congo. Sono noti per la loro militanza al fianco dei colonizzatori belgi dello Stato Libero del Congo, cui fornivano avorio, gomma e schiavi di altre popolazioni locali, come i Kuba. La strana alleanza ebbe termine nel 1899, quando l'amministrazione coloniale belga li cacciò dai loro possedimenti.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Zappo_Zap

 
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