| Quando se ne fu andato, la lavandaia tutta ansiosa aperse il sacco e abbracciò la sua seconda figlia. Ma cominciò a essere più in pena che mai per Lucia che ora era sola in mano al Diavolo. Cosa fece Lucia? Di lì a poco, riattaccò con quella storia delle notizie della madre. Il Diavolo, s’era ormai seccato di portar sacchi di roba sporca, ma questa ragazza era così obbediente che lui se la teneva cara. La sera prima, Lucia disse che aveva tanto mal di testa e andava a letto prima: «Vi lascio il sacco preparato, così domattina, anche se non mi sento bene e non mi trovate alzata potete prenderlo da voi».
Ora, bisogna sapere che Lucia s’era cucita una bambola di stracci grande quanto lei. La mise a letto, sepolta sotto le coperte, si tagliò le trecce e le cucì in testa alla bambola, così che sembrava lei addormentata. E lei si chiuse nel sacco. La mattina, il Diavolo vide la ragazza in letto sprofondata sotto le coperte, e si mise in via col sacco in spalla: «Stamattina è malata – si disse. – Non ci farà attenzione. È la volta buona per vedere se è davvero solo roba sporca». Posò lesto il sacco e fece per aprirlo. «Ti vedo! Ti vedo!», gridò Lucia. «Perbacco! Proprio la sua voce come fosse qui! È una ragazza che è meglio non scherzarci tanto».
Si rimise il sacco in spalla e lo portò alla lavandaia: «Passerò a prendere tutto poi – disse in fretta, – ora devo tornare a casa perché Lucia è ammalata». Così la famiglia fu di nuovo riunita, e siccome Lucia s’era portata dietro anche tanti quattrini del Diavolo, potevano vivere felici e contente. Piantarono una croce davanti all’uscio, così il Diavolo non osò più avvicinarsi.
(Calvino, Fiabe italiane: 9)
Il Personaggio, facile da riconoscere qui, è quello della Ragazza Avventurosa che casa-nel-boscoabbiamo già incontrato in molti miti delle due Americhe – ora nei panni della Ragazza Folle di Miele, ora in quelli della Farfalla che svolazzando di fiore in fiore, dalla rosa al garofano e da questo al gelsomino, smarrisce la via di casa. La Donna Errante – ecco come la potremmo chiamare. La Donna che errando finisce per trovarsi ora sposa lassù in cielo di Luna, ora invece serva quaggiù in terra del Diavolo. In entrambi i casi, a distanza dal giusto mezzo di una «verità».
Sulla scena, la sua è la parte della Lontana. Non è mai a casa sua, non si sente mai a casa, a volte perfino nella Lontananza c’è ancora un pensiero che la perseguita, e che sotto la penna di tutti i Narratori, nostrani e non, prende sempre quel colore che noi chiamiamo «nostalgia». Come può la Lontana tornare sui suoi passi? Per quale via, o in virtù di quale stratagemma, tornerà alla sua Matrice – a Colei che «lava» tutti i «peccati» del mondo, alla Lavandaia che non è mai uscita dal recinto del suo «casa e bottega»?
Non tornerà più! – questo è il responso «americano». Il giorno che si azzarderà a lasciare la Casa del suo «lunatismo», e si taglierà le trecce per usarle a mo’ di corda con cui scendere dal Cielo, farà l’amara, tragica scoperta che la sua fune, la fune della sua immaginazione, è troppo corta. Morirà, si estinguerà, lasciando però dietro di sé un «erede»: il Figlio dell’Errore, l’«io», il «resto lunatico» dell’avventura materna, l’«avanzo immaginale» che prolifererà nel Reame simbolico.
Ma no, non è così che andrà a finire! – replica, dal canto suo, la fiaba «europea». Se non al primo, se non al secondo, vedrai che al terzo tentativo la Furbizia salverà l’Avventurosa dalle grinfie del Demonio. Sì, è vero, si taglierà le trecce come nel racconto «americano», ma non ne farà una corda. Le serviranno, piuttosto, per «truccare» la bambola e renderla a sé quanto più simile. Lascerà solo questo suo «doppio» in ostaggio al Diavolo. Lei se la svignerà, grazie a Dio!
Si passa così dalla tragedia «americana» al tarallucci e vino della «fiaba europea», ma il personaggio-chiave, intanto, il Personaggio messo «sotto accusa» è sempre lei: la Signora delle Regole, cosmiche e antropologiche. La Donna le cui «regole lunatiche» oscillano da un’eccezione all’altra, o per meglio dire: da un’eccitazione all’altra, senza mai stabilizzarsi in una morale, in un costume che non moreau-giove-semelesia l’«usa e getta» delle sue momentanee attrazioni. La morale «domestica» le va sempre stretta. Ha bisogno di prendere aria, di allontanarsi, sennò… soffoca.
Ecco, è a questo «tragico» Personaggio che la «fiaba europea» ha messo la museruola. O ha creduto di averla messa, una volta per tutte – tagliando la corda al suo «destino»: negandole, anzitutto, il viaggio in cielo, per spedirla subito all’inferno; e poi, di lì, procurandole giusto la furbizia per sfuggire alla «dannazione» perpetua e rientrare nei ranghi. Ma cacciato così dalla Fiaba, il Personaggio è andato a cercarsi altrove i suoi Interpreti. L’Avventurosa «morta» ha lasciato comunque un figlio. Semele, folgorata dalla Luce Celeste del suo «divino» sposo, ha lasciato dietro di sé Dioniso. L’Avventura dell’Errante non è, dunque, finita. Né Lei, né alcuno degli Interpreti del ruolo di suo Figlio – è però mai più tornato a casa.
L’Errante è ancora lì che erra nelle pagine di un Nietzsche, per esempio. Ancora è Lontana dalla sua Matrice, anzi: a ogni intuizione, a ogni eccitazione ancor di più si allontana dalla Regola, per avventurarsi nel «gusto della propria indipendenza» [dalle abitudini, dagli usi linguistici e dai costumi sociali] lasciandosi andare «a un veloce andare e venire, al vagabondaggio, e ad avventure» che possono essere solo «danzate». Perché non ci sono parole (la Fiaba le ha cancellate), non ci sono parole per «dire» quelle eccezioni che non vogliono ma neanche possono essere comprese né in cielo né in terra. Non si tratta che di «movimenti», e a chi li vuol danzare, questi movimenti non chiedono che la «scioltezza», nient’altro che di sciogliersi dal dilemma del vicino e del lontano, e di nutrirsi solo della propria «disgrazia».
fonte https://lartedeipazzi.blog/2019/01/08/calv...-naso-dargento/
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