| Maturità artistica Il successo
Ingres espose Il voto di Luigi XIII al Salon del 1824, riscuotendo finalmente un grande successo di critica: fu così che Ingres venne consacrato l'autore capo della scuola classicista, contrapponendosi idealmente al romanticismo di Delacroix, che nello stesso Salon esponeva Il massacro di Scio. Il voto di Luigi XIII, insomma, gli valse fama e ruolo da divo: nel gennaio 1825 fu insignito della Legion d'onore dal re Carlo X di Francia, e nello stesso anno venne nominato membro dell'Institut.
Nel 1827 Ingres, su commissione del governo, stese un quadro destinato a divenire un manifesto del Neoclassicismo: si tratta dell'Apoteosi di Omero, dove l'illustre poeta greco siede davanti alla facciata di un tempio ionico, circondato da altri poeti in un'atmosfera di grande solennità e magniloquenza, apprezzata anche dai Romantici. Nel 1833 Ingres presentò al Salon il Ritratto di monsieur Bertin, che malgrado le critiche (molti, turbati dal realismo dell'opera, trovarono la posa di Bertin volgare),[8] pure riscosse un notevole successo. Jean-Auguste-Dominique Ingres, Ritratto di monsieur Bertin (1832), olio su tela, 116x95 cm, museo del Louvre, Parigi
Ben altri esiti ebbe Il martirio di San Sinforiano, che Ingres completò nel 1834: l'opera, infatti, non piacque al pubblico del Salon e fu oggetto delle burle dell'intero mondo artistico parigino. Oltraggiato da quest'insuccesso, Ingres lasciò la Francia e fece ritorno a Roma, in veste di direttore dell'Accademia di Francia, carica che manterrà fino al 1840, quando fa ritorno a Parigi: nell'Urbe, oltre ad stringere amicizia con Franz Liszt,[9] eseguì l'Antioco e Stratonice e l'Odalisca con la schiava. Ultimi anni
Ritornato a Parigi nel 1841, Ingres venne trionfalmente accolto da Luigi Filippo di Francia, che lo ricevette alla reggia di Versailles. Nel 1839 gli vennero commissionate dal duca di Luynes, ricco e dotto archeologo, le pitture murali del suo castello a Dampierre. Il progetto iniziale prevedeva l'esecuzione di un'Età dell'oro e di un pendant raffigurante l'Età del ferro: fiaccato dalla morte prematura della moglie Madeleine (scomparsa il 27 luglio 1849), Ingres non riuscì mai a portare a termine l'impresa decorativa.
Le seconde nozze con Delphine Ramel, di ventisette anni più giovane, parvero allietare Ingres, che così poté ritornare a dedicarsi all'arte. Appartengono a questo periodo l'Apoteosi di Napoleone, eseguita per il soffitto di una sala dell'Hôtel de Ville a Parigi (distrutto in un incendio; oggi ce ne rimane solo un bozzetto), e La sorgente, tela ideata a Firenze nel 1820 ma portata a termine soltanto nel 1856. Nel 1862 Ingres dipinse la sua ultima opera, il Bagno turco: ultimato a ottantadue anni, l'opera - che raffigura un harem con languide schiave - si può considerare una summa delle numerosissime immagini femminili realizzate dall'artista nell'arco di settant'anni.
Jean-Auguste-Dominique Ingres, infine, morì a Parigi il 14 gennaio 1867, stroncato da una polmonite all'età di ottantasei anni; è sepolto al cimitero di Père-Lachaise in un sepolcro disegnato dall'allievo Jean-Marie Bonnassieux. Elenco delle opere Lo stesso argomento in dettaglio: Dipinti di Jean-Auguste-Dominique Ingres. Stile Jean-Auguste-Dominique Ingres, La sorgente (dal 1820 al 1856); olio su tela, 163×80 cm, museo d'Orsay, Parigi
Jean-Auguste-Dominique Ingres è considerato uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo in pittura. Riportiamo di seguito il giudizio del poeta francese Charles Baudelaire, che nel 1848 ebbe modo di osservare:
«Talento, avaro, crudele, collerico, sofferente, straordinario miscuglio di qualità in contrasto, messe tutte quante al servizio della natura, e la cui stranezza non costituisce di certo una fra le cause minori del suo fascino: fiammingo nella stesura, individualista e naturalista nel disegno, volto all’antico per congenialità, idealista per ragionamento»
(Charles Baudelaire[10])
Due, in particolare, sono i modelli artistici che hanno ispirato Ingres: Jacques-Louis David e Raffaello. Pur subendo significativamente l'influenza del neoclassicismo di David, Ingres si discostò parzialmente dal modello del maestro, del quale rimproverò l'enfasi, la mancanza di spontaneità e i quadri ancora ricchi di elementi barocchi, e pertanto superflui, come le composizioni gremite, i panneggi svolazzanti, e la molteplicità di punti di fuga. Come osservato da Marco Fabio Apolloni, David fu per Ingres «un classico non beatamente venerato, ma amato e odiato, copiato e contestato».[11] Raffaello, invece, era per Ingres sinonimo di grazia, eleganza, e semplicità, e da lui ne fu influenzato specialmente per quanto concerne la scelta dei colori e del disegno.[12]
Dal punto di vista teorico, invece, Ingres accolse con vivo entusiasmo le teorie di Johann Joachim Winckelmann, le quali miravano a stabilire le norme essenziali dello stile neoclassico: i contorni netti ed essenziali, le composizioni molto equilibrate e simmetriche prive di elementi superflui, lo studio dell'arte antica sono caratteristiche che trovano riscontro immediato nell'attività pittorica di Ingres. Il pittore conciliò il gusto neoclassico pure con tematiche vicine alla sensibilità romantica, come avviene nel Sogno di Ossian. Ingres, tuttavia, non visse pedissequamente l'ispirazione neoclassica, che compenetrò con modelli artistici assai eterogenei, quali John Flaxman, Raffaello, Mantegna, Hans Holbein il Vecchio, Jan van Eyck, la scultura greca arcaica, e l'arte ellenistica, bizantina, gotica: fu così che diede vita a uno stile pittorico personale e immutabile, che si manifesta soprattutto nelle opere dedicate al tema del nudo femminile, come la Grande bagnante, la Grande odalisca, la Sorgente, e il Bagno turco.[12]
Nei dipinti, infine, Ingres impiega una linea sinuosa che serve a delimitare le aree dove va steso il colore, per lo più di natura fredda (rosso, arancione, marrone sono cromie quasi del tutto escluse nella tavolozza del pittore), e a gestire la disposizione spaziale degli elementi nel dipinto, che si possono strutturare su costruzioni piramidali (come in Giove e Teti) o stellari (nel caso del Bagno turco).[12] Speciale menzione meritano le capacità di disegnatore di Ingres, il quale infatti proclamava la supremazia del disegno rispetto al colore. I disegni di Ingres non sono solo studi preparatori, ma autentici punti d'arrivo, dove egli appare vigoroso e fecondo: non a caso, molti dei disegni eseguiti dal maestro francese godono di un'esistenza autonoma e hanno bisogno di una traduzione in pittura.[13] Riportiamo di seguito un commento di Ingres in merito:
«Disegnare non significa semplicemente riprodurre dei contorni [...] il disegno non consiste semplicemente nel tratto: il disegno è anche l'espressione, la forma interna, il piano, il modellato. Che cosa resta d'altro? Il disegno comprende i tre quarti e mezzo di ciò che costituisce la pittura. Se dovessi mettere un cartello sulla mia porta, scriverei Scuola di disegno: sono sicuro che formerei dei pittori»
(Jean-Auguste-Dominique Ingres[13])
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