IL FARO DEI SOGNI

Buddhismo Mahayana

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Prendere la vita seriamente non significa dedicarla tutta alla meditazione, come se vivessimo sull'Himalaya o nell'antico Tibet. Nel mondo moderno ci tocca lavorare e guadagnarci il pane, ma non dovremmo restare imprigionati nell'orario di lavoro senza nessuna idea dei significati più profondi della vita.

Il nostro compito è di cercare un equilibrio, trovare una via di mezzo, imparare a non impegnarci troppo con attività e preoccupazioni estranee, ma a semplificare sempre di più la nostra vita. La chiave per un felice equilibrio nella vita moderna è la semplicità.

 
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OM Mani Padme Hum è una potente protezione.

OM Mani Padme Hum è spesso scritto su pietre e bandiere. Le persone mettono queste bandiere e pietre dentro e intorno alle loro case per proteggersi. Il tasso di vibrazione del mantra è così elevato che ha un effetto purificante.

Il modo più efficace per neutralizzare il karma negativo è usare la legge della compassione e della misericordia. Quindi Om Mani Padme Hum diventa uno degli strumenti più importanti per la propria protezione.

Il mantra che realizza i desideri.
MCKS dice: “Se i pensieri negativi vengono da te ancora e ancora, ripeti un mantra e concentrati sul Mantra, piuttosto che sulla negatività che viene verso di te. Quando ti concentri sul Mantra, non ti immergerai in pensieri ed emozioni negative. Questo ti dà la possibilità di concentrarti sul raggiungimento dei tuoi obiettivi.

Il canto del mantra Om Mani Padme Hum purifica il corpo mentale, il corpo emozionale, il corpo energetico e il corpo fisico. Questo ti dà la chiarezza di cui hai bisogno per come raggiungere i tuoi obiettivi.

L’effetto a lungo termine è la purificazione di diverse debolezze come l’orgoglio spirituale e la disonestà verso sé stessi e verso gli altri, pregiudizi, credenze superstiziose.

Pulisce anche il chakra del plesso solare da irritazione, rabbia, violenza, gelosia e invidia.

Il secondo chakra è purificato dalla passione e dell’avidità.

Ciò significa che puoi vedere le cose come sono, senza offuscare il tuo giudizio, e quindi sei in grado di prendere le giuste decisioni per concretizzare i tuoi desideri.

Poiché tutti i tuoi chakra sono ora puliti, hai a disposizione più energia dell’anima che a sua volta aumenta l’intelligenza e l’abilità di conservare ciò che è stato appreso e ha un effetto lenitivo e armonioso.

La ripetizione di questo mantra porta la discesa delle benedizioni e dell’energia divina dal Buddha della Misericordia e della Compassione alla persona che lo recita. Energeticamente, l’energia divina del Buddha Avalokiteshvara entra nella corona, quindi nel corpo e si irradia verso l’esterno.

La persona che lo recita e le altre persone e gli esseri intorno a lui sperimenteranno la calma e la pace interiore.

 
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Il buddhismo mahāyāna/Origini del "mahāyāna"



Gli storici del Buddhismo hanno elaborato diverse ipotesi sulla nascita degli insegnamenti mahāyāna. Richard H. Robinson e Williard L. Johnsons ritengono che i loro primi testi di riferimento, segnatamente l'Aṣṭa-sāhasrikāprajñā-pāramitā (Sutra della perfezione della saggezza in ottomila stanze; risale al I secolo a.C.), siano frutto di una reazione di alcuni monaci esegeti che rifiutavano l'impostazione degli Abhidharma delle scuole del Buddhismo dei Nikāya prodotti nello stesso periodo[1]. Questo rifiuto era motivato dal fatto che, a detta di questi primi monaci mahāyāna, gli Abhidharma tradivano l'insegnamento del Buddha dimenticandone gli aspetti essenziali.

Come rileva Paul Williams[2], i primi Prajñāpāramitāsūtra consistono essenzialmente in esortazioni agli altri monaci a non dimenticare alcune dottrine buddhiste, come la vacuità (śunyata), già evidenziate negli Āgama-Nikāya e ritenute, in questi sūtra, a fondamento dello stesso Dharma buddhista.

È opinione di Paul Williams, che in questo richiama anche Heinz Bechert[3] che nonostante le differenze dottrinali con gli esponenti buddhisti non-mahāyāna la nascita del Mahāyāna non sia comunque in alcun modo attribuibile ad uno "scisma" (saṅghabeda) all'interno delle scuole buddhiste indiane: "uno scisma non ha niente a che vedere con divergenze dottrinali, ma è il risultato di divergenze riguardanti la disciplina monastica".

Quindi per questi autori:

« Il buddhismo è un'ortoprassi, più che un'ortodossia. Ciò che importa è l'armonia del comportamento, non l'armonia delle dottrine »
(Paul Williams, Op.cit. pag.97)

A controprova di queste tesi Williams ricorda anche l'evidenza che non esiste un codice disciplinare (vinaya) mahāyāna, oltre al fatto che i pellegrini buddhisti cinesi recatisi in India[4] raccontassero nelle loro cronache di viaggio giunte fino a noi di come monaci mahāyāna condividessero con monaci non-mahāyāna, e in tutta tranquillità, gli stessi monasteri.

Condividendo gli stessi monasteri, lo stesso codice monastico e lo stesso comportamento monastico, i monaci mahāyāna si differenziavano dai monaci non-mahāyāna unicamente per una diversa visione del fine ultimo del buddhismo[5].

Sempre Williams in tal senso richiama l'opera di Atiśa, un dotto missionario indiano recatosi in Tibet nell'XI secolo, il Bodhipathapradīpa. In questa opera Atiśa suddivide i praticanti buddhisti in tre classi in base alle loro motivazioni religiose: nella prima sono collocati coloro che cercano di acquisire meriti per migliorare le loro esistenze presenti o future; nella seconda coloro che cercano di uscire dalla prigione del saṃsāra guadagnando il nirvāṇa conseguendo lo stato di arhat; nella terza si collocherebbero invece solo coloro che hanno come obiettivo religioso la liberazione della sofferenza per tutti gli esseri senzienti e che quindi mirano ad un nirvāṇa superiore rispetto a quello degli arhat considerato 'inferiore' come la loro via spirituale (hinayāna). Il nirvāṇa di questi ultimi, detti i bodhisattva, è indicato come "non dimorante" (apratiṣṭhitanirvāṇa) ovvero oltre la dualità tra saṃsāra e nirvāṇa e che non abbandona gli altri esseri senzienti nella sofferenza.





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Riflessioni di Dharma sulla guerra.

La guerra che si sta svolgendo tra Israele e Palestina, tra Russia e Ukraina, ha toccato il cuore di molte persone, e chi pratica la meditazione è ancora più sensibile a quello che sta avvenendo.

Il Buddha ci insegna che la fonte della guerra sono i tre veleni di attaccamento, avversione e ignoranza.

"E inoltre ancora, monaci, mossi da brama, incitati, spinti da brama, solo per brama essi si precipitano, impugnando scudo e spada, cinti di faretra ed arco, dai due lati dello schieramento di battaglia, e le frecce fischiano, le lance ondeggiano e le spade lampeggiano. Ed essi si trafiggono con frecce, con lance; si spaccano le teste con le spade, si rovesciano addosso sabbia rovente, scaraventano blocchi che schiacciano. E così si affrettano incontro alla morte o a mortale dolore. Ma ciò, monaci, è miseria della brama, è il palese tronco del dolore, originato, intessuto, mantenuto da brama e determinato da brama".

MN 13: Mahâdukkhakkhandha Sutta – Il tronco del dolore.

Nel Sangama Sutta, SN 3.15, dall’esplicito titolo “Una battaglia”, troviamo questi versi:

Il Benedetto esclamò:

Un uomo può depredare
ciò che serve per i suoi fini,
ma quando altri sono depredati,
colui che ha depredato
è depredato a sua volta.

Uno sciocco pensa,
‘Ora è la mia opportunità’,
finché il suo male
deve maturare ancora.
Ma quando matura,
lo sciocco
cade
nel dolore.

Uccidendo, guadagna
il suo assassinio.
Conquistando, guadagna colui
che lo conquisterà;
insultando, insulta;
molestando, molesta.

E così, attraverso il ciclo delle sue azioni,
colui che ha depredato
è depredato a sua volta.

 
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La vita è come un sogno e il tempo passa velocemente. La vita, come la rugiada non dura neppure fino all'alba, perciò durante questo breve periodo, anche se sarà una piccola cosa, fate del bene alle persone pensando di seguire i principi del Buddhismo.
Dogen

 
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Abbiamo Bisogno Della Nostra Approvazione, Non Di Quella Degli Altri.
Venerabile Robina Courtin

Uno dei nostri bisogni più profondi è l’approvazione degli altri. L’idea stessa di “successo”, grande o piccolo che sia, è definita in base a ciò che gli altri pensano di noi. Essere “maneggiati” con cura, cercare e ricevere feedback è fondamentale per una crescita sana come esseri umani, ma più potere diamo agli altri – per ottenere questa approvazione – meno siamo sicuri della nostra realtà, di chi siamo realmente, e più ci muoveremo in tutte le direzioni, senza mai sapere che cosa sia giusto e che cosa sbagliato.

Fin dalla nascita, ci affidiamo agli altri, a partire da nostra madre, per ottenere la loro approvazione. Tuttavia, se non sviluppiamo una nostra bussola morale, passeremo la vita a cercare di adattare le nostre azioni per compiacere il prossimo, per non apparire “diversi”. E’ la normalità per la maggior parte delle persone ma è anche la ricetta per la bassa autostima, per il disprezzo di sé, per l’insoddisfazione e persino per la disperazione.

La pressione dei nostri simili c’è sempre stata, ma al giorno d’oggi è di un’intensità incredibile, con l’accesso istantaneo – attraverso soprattutto i social media – a innumerevoli opinioni ovunque ci giriamo e il presupposto che l’approvazione degli altri sia il nostro principale punto di riferimento. Siamo così desiderosi di un’approvazione costante che è quasi come se pensassimo di non avere alcun un valore finché non la riceviamo, che non siamo noi stessi finché non lo dice qualcun altro.

Non possiamo fermare questa tendenza a guardare ossessivamente verso l’esterno? Possiamo cambiare prospettiva? Abbiamo bisogno di un punto di riferimento, certo!, ma qual è? Il punto di vista buddhista è piuttosto semplice. La base della nostra vita, delle nostre decisioni, delle nostre azioni e dei nostri stessi pensieri dovrebbe essere l’etica.

Ma che cos’è l’etica? Che cosa rende un’azione eticamente valida? Basta fare un rapido sondaggio tra amici, parenti e conoscenti per scoprire che a nessuno su questo pianeta – animali compresi – piace essere danneggiato. Tutti vogliono essere felici, tutti vogliono evitare la sofferenza. È un dato di fatto universale. E qual è la deduzione logica che possiamo trarne? Che una condotta etica significa innanzi tutto cercare di non fare del male agli altri, iniziando con il coltivando il desiderio, il pensiero, l’aspirazione a non nuocere a nessuno. Perché tutto ciò che facciamo e diciamo ha delle conseguenze, anche sugli altri.

Causa ed effetto sono una legge naturale, non si tratta di qualcosa a cui credere perché lo dice qualcuno, cosa che invece rappresenta il fulcro della visione dell’etica della maggior parte delle religioni e della visione dell’etica nel mondo materialista: non fare questo perché lo dice la mamma, non fare quello perché lo dicono le leggi; fai questo perché sarai approvato. Questa è solo un’altra forma, seppur accettata, di pressione tra pari.

Come possiamo fare a scoprire la verità di questa legge naturale e non accettarla semplicemente per convenzione, perché “si è sempre fatto così”? Come possiamo interiorizzarla? Il primo passo è capire che noi per primi non vogliamo essere danneggiati: non ci piace che ci si menta, non ci piace essere derubati, non ci piace essere maltratti, feriti, umiliati… Vogliamo essere felici, non vogliamo soffrire.

A questo punto che altro dobbiamo fare? Il primo passo è renderci conto che qualsiasi cosa facciamo e diciamo – e, soprattutto, pensiamo – porterà a delle conseguenze e questo significa che se vogliamo essere felici, se non vogliamo soffrire, dobbiamo riconfigurare la nostra mente e poi, a nostra volta, modificare il nostro modo di relazionarci con gli altri.

Questo è vivere davvero una vita – interiore ed esteriore – basata sulla logica dell’etica.

Con questa certezza seguiremo naturalmente la nostra bussola morale interiore. Quando diamo valore alle nostre opinioni e viviamo una vita in linea con esse, usando l’etica come base, allora è facile vivere in questo mondo. Saremo aperti alle opinioni degli altri, ma non saremo condizionati o guidati da esse. Saremo più centrati, più radicati, più soddisfatti. Avremo il coraggio di pensare e agire con saggezza e compassione, per il nostro bene e per quello degli altri. Saremo davvero noi stessi.

 
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DHAMMAPADA, l’espressione più sintetica della dottrina del Buddha.
Sezioni del Dhamma (o Dharma).

LO STOLTO
60
Lunga è la notte
per chi non può dormire.
Lungo il viaggio per chi è stanco.
Immersa nell’ignoranza, lunga e tediosa la vita
per chi ignora la verità.
61
Se non trovi compagni
che abbiano viaggiato
almeno quanto te
è meglio camminare solo
che accompagnarsi a chi
è esitante.
62
"Penso a mio figlio, penso ai miei beni":
ecco le preoccupazioni
degli stolti.
Se nemmeno noi ci apparteniamo
a che queste pretese?
63
Lo stolto che sa di essere stolto
ha un pizzico di saggezza;
lo stolto che pensa di esser saggio
è impudentemente stolto.
64
Come il cucchiaio non può
gustare il sapore della minestra
così è lo stolto, che non intende la verità
pur vivendo per una vita
in mezzo ai saggi.
65
Come la lingua che gusta
il sapore della minestra
è chi vede distintamente
la verità, essendo stato un poco
in compagnia di chi è saggio.
66
Sventatamente agendo male
l’incauto stolto
genera per se amari frutti.
Si comporta come fosse il peggiore nemico di se stesso.
67
Un'azione è scorretta quando
a ripensarci proviamo rimorso:
piangendo di rammarico
si colgono i suoi frutti.
68
Un’azione è corretta quando
a ripensarci non proviamo rimorso:
nella gioia si colgono i suoi frutti.
69
Gli stolti si figurano le cattive azioni
dolci come il miele
finché non vedono le conseguenze.
Quando ne scorgono i frutti
certo gli stolti soffrono.
70
Mesi di rigido ascetismo
vivendo di dieta frugale:
uno stolto non può paragonarsi
a chi semplicemente vede la verità.
71
Il latte fresco
non caglia immediatamente
non immediatamente le azioni ingiuste
recano frutto;
tuttavia gli stolti soffrono
di certo le conseguenze
della loro stoltezza
come bruciassero posando
su braci ricoperte di cenere.
72
Stolti sono coloro che abusano
di qualsiasi dono dispongano
distruggendo
la propria fortuna.
73-74
Cresce la presunzione e la brama degli stolti
con l’esigere immeritata autorità
riconoscimento e compenso;
la falsità colora la loro sete
vogliono esser visti
potenti e perspicaci.
75
Due sentieri distinti:
quello che porta al guadagno mondano
e quello che porta alla liberazione.
Accorto, il discepolo rinunciante
evita la distrazione
del gioco mondano di guadagni e successi
per dimorare in solitudine.

Tashi Delek
🙏❤️🪷🌹🕯️🌺🪷🙏

 
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view post Posted on 5/11/2023, 05:54     Top   Dislike
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La visione di mondo che abbiamo ha una forte influenza sulla nostra condotta morale (quattro nobili verità), generalmente facciamo ciò che desideriamo.
Cercare di comprendere cosa evitare per eliminare il malessere, le cause che lo provocano e indirizzarci verso un percorso benefico, prevede conoscenza e pratica.
Occorre intraprendere un percorso, non solo sapere che esiste.
Meglio quindi un atto di consapevolezza che mille perle di saggezza.

 
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7 replies since 21/9/2023, 06:10   538 views
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