IL FARO DEI SOGNI

Categoria:Gruppi etnici in Cile

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Pagine nella categoria "Gruppi etnici in Cile"


A

Atacameño
Aymara

C

Calchaquies

D

Diaghiti

M

Mapuche

T

Tehuelche







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Atacameño



Gli Atacameño, chiamati anche Lickan-antay, sono una tribù di Nativi americani stanziati nel Deserto di Atacama, in Cile, Argentina e Bolivia. alcuni villaggi sono situati anche nella Cordigliera delle Ande.

Storia

Intorno al 2000-1000 a.C. gli Atacameño diventarono un popolo sedentario. Durante questo periodo si sviluppò un'economia basata sull'allevamento dei lama e l'agricoltura del mais. Tra il 400 a.C. e il 100 d.C., gli Atacameño si divisero in vari villaggi: Lasana, Chiu-Chiu, Calama, San Pedro de Atacama, Peine, Tilomonte, Toconao. Poi vennero conquistati dagli europei e vennero colpiti da malattie. Avevano costruito vari villaggi in mattoni di terracotta e pietra. Oggi questa tribù sopravvive con un numero esiguo di individui.
Religione
Gli Atacameño credevano in vari dei e soprattutto nel vulcano Licanabur. Credevano, inoltre, nella vita oltre la morte; per questo seppellivano i morti con vari oggetti per il lungo viaggio verso l'aldilà.



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Aymara

Gli aymara o Aymarà sono una popolazione che vive prevalentemente nelle vicinanze del lago Titicaca tra Perù, Bolivia, il nord del Cile e il nordovest dell'Argentina. In realtà non identifica un sottogruppo etnico vero e proprio, ma comprende l'insieme degli individui che, pur appartenendo a differenti sottogruppi etnici, hanno come lingua madre una lingua appartenente alla famiglia aymara.

Altre popolazioni, o sottogruppi etnici, come i qullas, i lupaqas, i qanchis, i carangas, i lucanas, i chocorvos e i chichas rivendicano la propria identità aymara, anche se non parlano più la lingua dall'epoca della colonizzazione spagnola.

Geografia
Distribuzione delle popolazioni di lingua aymara.

La maggior parte degli aymara vive nei pressi del lago Titicaca in particolare nelle isole e nella parte meridionale del lago. La distribuzione di questo popolo è principalmente nell'altipiano andino, in particolar modo nei dipartimenti di La Paz, Oruro, Potosí, Cochabamba e Chuquisaca in Bolivia, tra le città di Tarapacá e Antofagasta in Cile, nei dipartimenti di Puno, Moquegua e Tacna in Perù e tra le città di Jujuy e Salta in Argentina.

I centri aymara sono generalmente piccole realtà rurali. Tuttavia sono presenti anche grossi centri urbani con notevole presenza di questa popolazione. Il più importante di questi è la capitale boliviana, La Paz, e, soprattutto, la città satellite di El Alto, spesso nominata come capitale del popolo aymara.
Religione
Donna aymara in preghiera.
Culti tradizionali

I vari popoli appartenenti agli aymara veneravano numerose divinità locali oltre ai culti, diffusi in tutto il territorio andino legato all'agricoltura e al culto dei defunti.
Religiosità legata alla natura e all'agricoltura

Thunupa, le cui sembianze sono scolpite nella puerta del Sol di Tiahuanaco, personifica vari agenti naturali (sole, vento, pioggia, grandine) di vitale importanza per il mondo agricolo.

Anche il culto della Pachamama (madre Terra), presente anche nella religione incaica, risultava e tuttora risulta estremamente diffuso in quanto legato alla produzione agricola e al rapporto con la natura. Alla Pachamama vengono fatte numerose offerte (ch'alla) di origine vegetale (ad esempio foglie di coca) e animale (ad esempio un feto di lama).
Culto degli antenati

Il culto dei morti si concretizzava nel mondo aymara con la costruzione di chullpa, tombe-templi la cui grandezza era proporzionale all'importanza del defunto durante la sua vita terrena. Le chullpa più importanti sono quelle di Sillustani e Cutimbo, nei pressi di Puno (Perù).
Divinità venerate localmente

Le divinità locali erano spesso montagne protettrici (dette Awki o Achachila). Ogni montagna, ogni cima ha un nome locale che, anche oggi, viene invocato a protezione della zona.
Altre divinità

Erano presenti anche divinità maligne (conosciute come Anchanchu o Saxra) che abitavano il sottosuolo.

Venivano venerate anche divinità minori (chiamate Phuju) che abitavano le sorgenti d'acqua.
Medicina tradizionale

Uno stretto legame intercorre tra la religiosità aymara e la medicina tradizionale. Questa, legata alla natura e alle invocazioni divine, viene praticata dagli yatiris (saggi). Tradizionalmente il popolo kallawaya, che abita la cordigliera del Charazani in Bolivia è quello a cui appartengono gli yatiris più rinomati.
Rapporto con la cristianità

Immediatamente dopo la colonizzazione, le autorità religiose e politiche spagnole costrinsero alla conversione gli aymara e distrussero icone, templi e chullpa.

Una parte non minoritaria della Chiesa cattolica dissentì da questo comportamento a tal punto che gesuiti e francescani evangelizzarono gli aymara senza costringerli a ripudiare la loro religione tradizionale e cristianizzando, talvolta, le divinità tradizionali. Ad esempio Thumpa venne trasformato in Apu Qullana Awki (creatore del mondo) e venerato come Dio, per il cristianesimo, e Pachamama venne venerata come Vergine Maria.

Dalla nascita delle repubbliche andine fino a metà del XX secolo il sincretismo religioso veniva praticato clandestinamente. Oggi è frequente che durante feste cattoliche vengano offerte ch'alla alla Pachamama. Le chiese protestanti non vedono, invece, di buon occhio il sincretismo religioso e, per questo, hanno proibito ai credenti di rivolgersi alla medicina tradizionale.

Un aspetto interessante di questa mescolanza tra la religiosità tradizionale e quella cristiana sta nel fatto che al Natale non viene data molta importanza dai contadini aymara, i quali vivono molto più intensamente il carnevale, epoca di fioritura. Nelle città il discorso cambia in quanto le tradizioni agricole sono meno sentite.
Cultura

Secondo le credenze di questo popolo l'individuo è legato da una stretta relazione con il contesto sociale che lo circonda, ciò ammette che ogni tipo di malattia che colpisce anche un solo membro della comunità inevitabilmente coinvolge l'intero villaggio: conflitti interiori o familiari, mancate preghiere agli spiriti della natura, compromettono il benessere dell'intera popolazione. Questo porta a capire i significati dei simbolismi e dell'accettazione di forme simboliche di cura (possessione, sciamanesimo, danza…) degli aymara che, trovano un ponte di collegamento tra mondo umano e mondo degli spiriti, quest'ultimo reale quanto quello degli uomini; per cui qualunque spirito delle acque, delle colline, delle cime innevate se non opportunamente venerato potrebbe scagliare la sua ira verso gli abitanti che, inevitabilmente, andrebbero incontro a sicure malattie. L'unico modo per prevenirle e ripristinare la salute è soltanto attraverso mistici rituali come danze, preghiere, esorcismi e infusi magici, che portano al contatto spirituale uomo, natura e divinità. Nella visione magico-religiosa aymara l'uomo è concepito come l'insieme di tre forze vitali alma, animo e corpo materiale dove i due elementi vitali si incarnano. L'alma o athunajayo permette il movimento e il pensiero; l'animo juchchui ajayo, è il fluido che dà consistenza al corpo e fuoriuscendovi, pur non causando la morte genera malesseri vari, dall'innalzamento della temperatura, alla nevralgia, ad un disagio corporeo diffuso. Quando si parla di perdita d'anima tra gli aymara, si può quindi intendere la sottrazione del juchchui ajayo, che permette alla vittima di rimanere in vita, anche se colpiti da malattie più o meno gravi.
Musica e danza

La danza e la musica hanno sempre avuto notevole rilevanza tra i popoli andini, così come tra gli aymara. La musica andina che conosciamo oggi è comunque differente dall'antica musica del periodo pre-colombiano. Non erano infatti presenti gli strumenti a corda, come il charango, ora molto diffusi. Quest'ultimo è uno strumento della famiglia dei liuti costruito originariamente con la corazza di armadillo. Sembra sia stato realizzato per la prima volta a Potosí nel XVII secolo ispirandosi alla vihuela, molto diffusa tra la nobiltà spagnola.

Nel XVI secolo, il missionario gesuita Ludovico Bertonio, nel suo vocabolario della lingua aymara riportava ben 13 vocaboli distinti relativi al verbo ballare.

Le numerose danze tradizionali aymara vengono divise in:

Danze native: si riferiscono all'epoca pre-colombiana e sono praticate solamente dalla popolazione rurale. Alcune di esse sono: sikuris, pinkillus, chaqallus, lawa k'umus, chuqilas, k'usillos.
Danze meticce: sono quelle di origine successiva alla conquista spagnola e contengono elementi sia aymara che europei. Alcune di esse come la diablada, la tuntuna (o tundiqui) e la morenada (originarie di Oruro ed ora diffuse anche nella zona del lago Titicaca) hanno elementi nei fasti e nei vestiti che ricordano la corrida.

Patata

La patata è probabilmente uno degli apporti maggiori all'umanità della cultura aymara. Quando gli spagnoli conquistarono l'Impero inca, trovarono la coltivazione della patata diffusa ovunque con oltre 200 varietà.

Gli antichi aymara inventarono il procedimento di disidratazione della patata ai fini di conservazione e stoccaggio. Questa patata disidratata (nota con il nome di ch'uñu o chuño) viene tuttora prodotta e consumata. Il procedimento si basa sulle condizioni climatiche della zona del lago Titicaca. Ad altezze vicine ai 4000 m sul livello del mare i raggi solari sono particolarmente forti e ricchi di radiazioni ad alta energia, e le notti molto fredde. Le patate sono esposte alla luce solare ed al freddo notturno per due settimane così da essere completamente disidratate; il ch'uñu ottenuto si conserva per anni.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Aymara

 
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Calchaquies


I Calchaquies sono un ramo appartenente alla tribù principale argentina dei Diaguitas. Popolo di cultura avanzata, dovettero venire meno alla loro indole pacifica quando, nel 1561, Juan Calchaquì (da cui il nome della tribù) li guidò alla difesa delle proprie terre, armati di asce di pietra, archi e frecce; l'impresa terminò con esiti negativi nel 1565, anno in cui i conquistadores li vinsero e li distribuirono in tutto il Paese al fine di evitare eventuali ribellioni.

Aspetto e vestiario

Gli appartenenti al gruppo dei Calchaquies erano di alta statura, corporatura robusta e pelle chiara. Generalmente indossavano tuniche di lana tessuta e i ponchos, ricamati in lane di diversi colori. Portavano ai piedi sandali in cuoio e taluni coprivano la testa con cappelli e paraorecchi di lana. Usavano come ornamenti fasce, orecchini, spille e collane colorate o in osso, piume e metallo.
Civiltà

Erano ottimi fabbri, lavoravano oro, argento e rame, producevano vasellame in ceramica di ottima qualità anche sotto un punto di vista artistico, le cui funzioni andavano dall'uso quotidiano all'impiego come urne funerarie. Praticavano inoltre l'agricoltura (mais, zucca, fagioli, quinoa) e l'allevamento di lama, di cui si servivano per la pelliccia, la carne e il trasporto. Raccoglievano carruba, con la quale producevano specialmente bevande alcoliche quali patai e alhoja. Per quanto riguarda le abitazioni, erano in genere costruite in pietra, a secco, con forma quadrangolare, il cui tetto era coperto di fango o di fango e paglia. La città era situata in punti difficilmente accessibili e protetta da fortezze. Le loro forme d'arte includevano la pittura, la danza e la musica; gli strumenti principali erano tamburo, corno e flauto. Erano poligami, ma questa pratica era collegata alle entrate del marito e al suo grado sociale. Di fatto, praticavano la poligamia principalmente i curaca a capo dei clan o dei gruppi di famiglie in cui la società era divisa, chiamati ayllu .
Religione
Adoravano il Sole e le forze della natura, in special modo il fulmine e il tuono, considerati divinità delle Ande e ritenuti in collegamento diretto con Madre Terra. Gli stregoni, oltre a dirigere le cerimonie religiose, erano anche guaritori.




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Diaghiti


I Diaghiti (o anche Diaguitas, Calchaquì, Diaguita-Calchaquí), il suo vero nome etnico è Paccioca o pazioca, sono una popolazione antica che viveva nei territori andini dell'Argentina nord-occidentale (le odierne province di Catamarca, Salta, Tucumán, La Rioja, nord di San Juan, sud-ovest di Santiago del Estero, nord-ovest di Córdoba) e anche nella regione cilena de il Norte Chico (cioè: Atacama e Copiapó).

Storia

I Diaghiti, oggi del tutto scomparsi, avevano una cultura molto simile a quella dei Quechua. Parlavano una lingua propria, il kakan ed erano dediti all'agricoltura. Erano abili costruttori e conoscevano la lavorazione dell'oro e dell'argento: notevoli infatti sono le loro lavorazioni in oro e argento martellinati per oggetti destinati a uso di culto o quotidiano.
Nei siti archeologici sono stati rinvenuti numerosi resti di arte funeraria, caratterizzata da decorazioni varie, costituita da tinte vivaci e raffigurazioni di animali, di croci e di spirali o di temi geometrici. Il motivo fondamentale resta però o una figura umana stilizzata oppure il felino.
Di notevole importanza anche la produzione di vasellame, talvolta ispirato al gusto incaico.[1]
Sottogruppi

I Diaghiti erano una popolazione costituita al suo interno da una moltitudine di sottogruppi o tribù. Gli etnologi hanno classificato tutte queste tribù in tre gruppi principali:

I Calchaquies (Cacán, Tocaqui) delle provincia di Salta, Valli di Quimivil e Santa Maria.
I Capayana (Cupayana), delle province di San Juan e La Rioja.
I Diaghiti (il ceppo originale dei Diaghiti).

Elenco delle tribù

Questa è una lista delle tribù dei Diaghiti:

Amaichá, province di Sierra de Aconquija, Tucumán.
Guachipa, Valle di Guachipa, Salta.
Solco, provincia di Tucumán.
Tolombón (Pacioca), provincia di Tucumán, nella Valle di Tolombon.
Tucuman (Tukma), .
Amaná, città di Amaná, provincia di La Rioja.
Chicoana (Pulare), provincia di Salta, Valle di Lerma.
Indiani di Copiapó, provincia di Atacama, Cile.
Indama (Ambargasta) a nord di Salinas Grandes, provincia di Santigo del Estero.
Abaucan, nella Valle di Abaucan, Catamarca.
Ancasti, Sierra de Ancasti, Catamarca.
Andalgalá, Catamarca.
Calingasta, Valle di Angaco, provincia di San Juan.
Famatina, Valle di Famatina, provincia di La Rioja.
Hualfin, Valle di Hualfín, Catamarca.
Musitian, provincia di La Rioja, Sierra de los Llanos.
Nonogasta - Valle di Chilecito, provincia di La Rioja.
Quilmes, città di Quilmes, provincia di Tucumán.
Sanagasta, Sierra de Velasco, provincia di La Rioja.
Yocabil (Yocavil), Valle di Yocabil.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Diaghiti

 
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Mapuche


I mapuce o mapuche (termine composto dalle parole mapudungun Che, "Popolo", e Mapu, "della Terra") sono un popolo amerindo originario del Cile centrale e meridionale e del sud dell'Argentina (Regno di Araucanía e Patagonia). Il termine si usa per denominare l'etnia che comprende vari e diversi gruppi che hanno in comune strutture sociali, politiche ed economiche inoltre a condividere il mapudungun come lingua madre. In spagnolo sono talvolta indicati come araucanos (araucani). Quanto all'origine di quest'ultima denominazione, due sono le scuole di pensiero; c'è chi sostiene che nasca dalla parola quechua awqa (che significa ribelle) e chi invece giudica più attendibile la sua derivazione dal nome geografico mapuce Ragko, che vuol dire "acqua argillosa".

I mapuce hanno una economia di sussistenza basata sulla agricoltura, con un venerato rispetto per la terra come dal proprio nome; la loro organizzazione sociale è sviluppata in famiglie estese, sotto la direzione di un "lonco" o capo, sebbene in tempi di guerra si possano unire in gruppi più larghi ed eleggere un "toqui" (portatore d'ascia) per guidarli.

I mapuce sono una etnia variegata composta da numerosi gruppi che condividono tra loro una stessa struttura sociale, religiosa ed economica, così come una eredità linguistica comune. La loro influenza si estende tra il fiume Aconcagua e la pampa Argentina.

Suddivisione territoriale ed etnie

I Mapuce si dividevano in differenti gruppi a seconda del territorio che occupavano. Si suppone che in principio fossero popoli differenti ma uniti da un idioma comune:

Picunce (gente del nord). Integrata all'Impero Inca.
Mapuce propriamente tali, secondo le cronache dei realisti, protagonisti della Guerra di Arauco. Altre fonti li indicano con il nome di moluche o ngoluche (gente dell'ovest).
Uiglice (gente del sud). Ubicati tra il fiume Toltén ed il canale di Chacao.
Cuncos. Nord ed est dell'isola di Chiloé e molto somiglianti agli huilliche.

Durante i secoli XVII e XVIII iniziò un processo di espansione che causò il mescolarsi con popolazioni vicine ubicate ad est delle Ande (vale a dire territori corrispondenti all'attuale Argentina)

Pogia (inclusi i buriloche).
Peuence (in Mapundungún: "Gente del pehuén"). Vengono considerati un sottogruppo degli huarpe che viveva di caccia e raccolta di semi della pianta di pehuén (il cui nome scientifico è Araucaria araucana).

Tra la fine del secolo XVIII e l'anno 1875, ci fu un ulteriore processo di espansione Mapuce nei territori corrispondenti all'attuale Argentina:

Puelce (in Mapundugún: "Gente dell'est", nome che i Mapuce davano agli het e ai tsonek settentrionali (detti patagoni dagli Spagnoli) e che chiamavano sé stessi con il nome di genanken o gununakena.
Ranchel (in Mapundungún Rancul-ce: gente dei canneti), di origine mista e che furono i protagonisti, tra il 1580 ed il 1880, in quello che ai giorni nostri è territorio Argentino, delle cosiddette "Guerre contro l'huinca".

Attualmente, la suddivisione è leggermente differente, e questo perché hanno assunto prevalenza i nomi in uso presso i Mapuce della IX Regione del Cile ed è la seguente:

Peuence nell'Alto Biobío.
Lavchence (gente del mare/gente dell'ovest) sulla costa delle province di Cautín e Valdivia.
Uiglice nelle province di Osorno e Chiloé. Tuttavia, va detto che gli huilliche di Chiloé preferiscono essere chiamati "veliches".
Nelle province di Malleco e Cautín si usano i nomi "nagche'" (gente di giù) per chi abita nella cosiddetta Depresión Intermedia e "wenteche" (gente di su) per quelli della Precordigliera andina, anche se va aggiunto che si tratta di denominazioni più con valenza territoriale che culturale.

Storia
Una tenda Mapuche nel diciannovesimo secolo

I Mapuce resistettero con successo a molti tentativi dell'Impero Inca tesi ad assoggettarli, e questo sebbene mancassero di una organizzazione propriamente statale.

I Mapuce combatterono contro i conquistadores e, usando il fiume Bío-Bío come frontiera naturale, riuscirono a resistere ai tentativi per colonizzarli dal 1500 al 1800. Questo conflitto è conosciuto come la Guerra di Arauco, guerra che è stata immortalata nei poemi epici di Alonso de Ercilla dal titolo La Araucana. Allorquando il Cile si mosse per separarsi dalla corona di Spagna, alcuni capi Mapuce appoggiarono i coloni. Una volta che il Cile riuscì effettivamente a raggiungere l'indipendenza dalla Spagna, i Mapuce – sebbene non fossero infrequenti degli scontri – tentarono una coesistenza pacifica ed una mescolanza con i nuovi vicini.

Il 17 novembre del 1860 il francese Orelie-Antoine de Tounens proclamò il Regno di Araucanía e Patagonia e i capi Mapuce all'epoca in carica riconobbero Tounens loro re, con il nome di Orélie Antoine I.

Nei giorni seguenti, Tounens promulgò la costituzione del Regno e, il 20 novembre, dichiarò l'annessione della Patagonia, stabilendo come confini il fiume Bìo-bío a nord, l'Oceano Pacifico a ovest, l'Oceano Atlantico a est ed il Rio Negro a sud, fino allo stretto di Magellano. Orélie-Antoine nominò quindi un governo, creò una bandiera nazionale e coniò una nuova moneta per la nazione, il peso.

Tounens si recò nella città di Valparaíso per rendere nota la formazione del nuovo Stato al governo del Cile, che allora aveva Manuel Montt alla presidenza e che però si dimostrò per nulla disposto a riconoscere la nuova situazione. Il governo cileno ordinò infatti l'arresto di Tounens per turbamento dell'ordine pubblico: il francese, trasportato in una località sulle sponde del fiume Malleco, nel gennaio 1862, venne portato prima a Nacimiento e poi, sempre in Cile, a Los Ángeles dove fu condannato alla reclusione in manicomio. Il console francese riuscì a intervenire, facendolo portare in Europa.

Tolta di mezzo la per loro scomoda figura di Tounens – tre ulteriori tentativi del francese, nel 1869, nel 1874, e nel 1876, vennero questa volta stroncati sul nascere – usando un misto di forza, diplomazia e inganno, il governo del Cile riuscì a far firmare ad alcuni capi Mapuce un trattato che incorporava nello Stato cileno i territori Araucani. Di fatto, questo comportò una situazione di dominio da parte del Cile sui Mapuce che avrebbe finito con il provocare la loro decimazione, tanto che, da mezzo milione che erano inizialmente, i Mapuce vennero ridotti ad appena 25 000 nell'arco di appena una generazione.[3]

I discendenti Mapuce vivono attualmente lungo i territori meridionali di Cile e Argentina; alcuni mantengono le proprie tradizioni e continuano a sostenersi attraverso l'agricoltura, ma una crescente maggioranza si è trasferita nelle città in cerca di migliori opportunità economiche. In anni recenti, tornata la democrazia, se da un lato c'è stato un tentativo da parte del governo del Cile per stemperare alcune delle iniquità del passato – attraverso, per esempio, il riconoscimento dell'insegnamento del Mapudungun, il linguaggio dei Mapuce, nella zona di Temuco, ed interventi a favore della tutela della loro cultura – dall'altro è la maggioranza dei Mapuce a dichiararsi non solo insoddisfatta, ma addirittura ancora vittima di cocenti discriminazioni, incluso il ricorso ad arresti arbitrari. Per questo motivo, rappresentanti delle organizzazioni Mapuce si sono unite alla Organizzazione delle Nazioni e dei Popoli non rappresentati (UNPO) in cerca di riconoscimento e protezione per la loro cultura e i loro diritti territoriali.
Cultura
Donna Mapuce, Cile

Secondo i dati del censimento del 2002 sarebbero solo 604 349, vale a dire appena il 4% della popolazione cilena, mentre circa 300 000 vivono sull'altro versante delle Ande, in Argentina. Inoltre, come già detto nella sezione storica, a causa della perdita delle proprie terre, molti Mapuce ora vivono in condizioni miserevoli in grandi città come Santiago. Ad ogni modo, la resistenza di questo popolo in difesa delle proprie radici continua, soprattutto contro le multinazionali (tra cui la Benetton) che operano su territori legati alla tradizione spirituale Mapuce e contro il paradosso di leggi anti-terrorismo nate durante l'epoca della dittatura di Pinochet e che invece vengono ancora usate, di frequente, contro i capi della comunità Mapuce.
Organizzazione sociale

L'organizzazione sociale dei Mapuce è basata principalmente sulle relazioni tra famiglie, laddove per famiglia si deve intendere il padre, le sue donne e i figli. Quelle famiglie che avevano un antenato comune chiamavano il loro tipo di relazione (Lof) che però è stato erroneamente deformato dagli storici – quasi sempre – in lov. Le famiglie che formavano un lof vivevano in abitazioni vicine, denominate rucas, e si aiutavano tra loro; ognuno aveva come capo un lonco ("testa" in mapudungun), in caso di guerra, si univano in gruppi più ampi, denominati rehues, formati da vari lof, che formavano un gruppo paragonabile a quello di una tribù. Presso ogni rehue esisteva un comandante militare chiamato toqui.

Di fronte a grandi calamità come saccheggi, epidemie, invasioni o ad altri gravi problemi che coinvolgessero grandi estensioni di territorio, vari rehues si riunivano a loro volta, e generavano i cosiddetti aillarehues, a capo dei quali c'era il Mapu-tochi (capo militare di una comarca in stato di guerra). Gli aillarehues acquisirono grande importanza durante le lotte contro gli Spagnoli, lotte che produssero una figura prima inesistente, denominata Butalmapus, ovverosia l'unione di vari aillarehues. I capi dei Butalmapus erano eletti dai toquis: sono quelli che nelle cronache scritte dagli Spagnoli vengono detti Gran tochi. Sono esistiti tre Butalmapus chiamati Lavchen-mapu (nella regione della costa), Lelfun-mapu (nella regione degli altopiani) e Inapire-mapu (nella regione a ridosso della cordigliera).
Arte e tecnica

Già all'arrivo dei conquistadores, i Mapuce erano estremamente abili nell'usare strumenti di pietra, cosa che li ha resi capaci di creare forti e complesse strutture di difesa. Con rapidità, seppero però anche mutuare dagli Europei l'uso del cavallo e di manufatti metallici, con il risultato di rendere più efficace la loro resistenza agli invasori. Dagli Europei seppero altresì mutuare l'uso del grano e l'allevamento delle pecore. Altamente apprezzate sono poi le lavorazioni Mapuce in argento e i loro prodotti tessili.
Lingua
Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua mapudungun.

L'idioma Mapuce è parlato in Cile ed in piccole porzioni dell'Argentina non possiedono scrittura e quindi hanno una cultura orale. Due sono i suoi rami: l'Huilliche ed il Mapudungun. Sebbene non collegati al Quechua, è possibile riconoscere un qualche influsso lessicale. Le stime ci dicono che appena 200 000 sono però, in Cile, quanti riescono a parlarli fluentemente, anche perché il sostegno all'insegnamento, seppure presente, è effettivamente scarso.
Religione e mitologia

La religione Mapuce si basa principalmente sul rispetto della madre terra e sul culto degli spiriti e degli antenati, chiamati genericamente pillán. A parte questi, si rende omaggio alle forze della natura, chiamati genericamente Nghen. Inoltre, i Mapuce credono nell'esistenza di un essere superiore che li governa, chiamato Nghenecén, formato principalmente da quattro aspetti principali o persone, ma che prima della influenza cristiana su questa cultura erano in realtà spiriti distinti. Ad ogni modo, mai nacque nella loro cultura qualcosa paragonabile al pantheon di greci o germani.

La figura delle "Maci", ovverosia sciamane, un ruolo usualmente affidato alle donne più anziane, è una parte estremamente importante della cultura Mapuce, ancora oggi e a fianco del Cristianesimo. Le machi svolgono cerimonie per scacciare il male, per la pioggia, per la cura delle malattie, e posseggono una conoscenza estremamente vasta delle erbe medicinali cilene, guadagnata attraverso un duro apprendistato. Cileni d'ogni origine e classe fanno uso delle principali erbe della tradizione Mapuce.

Nella mitologia mapuce un posto notevole occupa la leggenda della creazione della geografia del Cile, denominata "Storia di Tenten Vilu e Caicai Vilu": dice questa leggenda Mapuce che in origine esistevano due vipere, una chiamata Cai Cai, che era quella che dominava le acque, e l'altra chiamata Ten Ten, che dominava il fuoco. Un giorno Cai Cai si arrabbiò e con la propria coda (che era simile a quella di un pesce) iniziò a colpire le acque, le quali inondarono tutta la regione. Persone ed animali erano nella disperazione totale, dato che ormai quasi non restava terra senz'acqua e le acque non smettevano di crescere. Invocarono allora l'aiuto di Ten Ten, che prese tutti – animali e persone – sul proprio dorso, salvandoli dalla morte. Ma un giorno fu Ten Ten a incollerirsi, con conseguente eruzione di tutti i vulcani assieme e che in Cile sono effettivamente numerosissimi, sicché la gente fu costretta a scappare verso luoghi più sicuri.
Divinità

Ngenechén (od anche Ngunechen, Nguenechen, Guenechen o Guinechen): è uno dei più importanti spiriti Ngen nonché la più importante divinità del loro pantheon
Pillan: dio del fuoco e del tuono
Kueyen (Kuyén): è uno spirito Wangulén che indica la Luna, quindi dea della Luna ed è sposa di Antu, lo spirito del Sole
Antu: è il principale spirito pillán, che indica il Sole, quindi dio del Sole
Melipal: spirito che rappresenta la costellazione della Croce del Sud
Yepun: spirito che rappresenta Venere, inteso come la "stella della sera"
Colo Colo: una creatura maligna a forma di serpente, dea della febbre e della morte
Chonchon: una creatura maligna a forma di uccello, trasformazione magica dei calcus (stregone mapuche) più potenti o degli stregoni e delle streghe potenti che conoscono il segreto del calcus, in questa temuta creatura. Il chonchon ha caratteristiche di un vampiro e può bere il sangue. È un essere con testa umana e dalle enormi orecchie utilizzate come ali per volare
Neguruvilu (od anche Guirivilo, Guruvilu, Ñuruvilu, Ñirivilu, Ñivivilu, Ñirivilo o Nirivilo): è una creatura delle dimensioni di un grande felide (o volpe), il cui corpo termina con una coda sulla cui punta c'è una specie di artiglio, che usa per ferire e per produrre vortici; vive nelle acque più profonde da cui esce per uccidere uomini e bestie; si trasforma perciò in un serpente e può avvolgere le vittime tra le sue spire
Gualichu: spirito maligno o spiriti maligni
Cherufe: una chiocciola il cui corpo è costituito da lava

Musica
La musica mapuche è principalmente religiosa, anche se esistono composizioni di genere amoroso e dedicate alla terra natale. Impiega strumenti percussivi come il cultrun, d'uso esclusivamente rituale e le cascauiglia (in spagnolo, cascabeles). Strumenti tipici sono la trutruca, una canna cava con un corno al suo estremo, il trompe, che usa la gola come cassa di risonanza e la pifilca, un tipo di flauto simile a un fischietto.



fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Mapuche

 
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Tehuelche


I Tehuelche, chiamati anche Patagoni o (originalmente) Chon o Chonk o Tchonk, sono una tribù di Nativi Americani stanziata in Patagonia. Erano piuttosto alti e quindi vennero conosciuti dagli europei con il nome di Giganti della Patagonia.


Lingua

I Tehuelche parlano il Tehuelche o aonekko 'a'ien. Il primo europeo nel documentare questa storia fu Antonio Pigafetta, cronista di Magellano, nel 1520. Sebbene il numero di parlanti sia oggi molto ridotto[2], la comunità tehuelche (o aonekken) porta avanti un programma di recupero conosciuto come "Non mi vergogno di parlare tehuelche" (No tengo vergüenza de hablar en tehuelche - kkomshkn e wine akkwoi 'a'ien).[3]
Sottogruppi

Rodolfo Casamiquela, un biologo argentino, nel 1965 fece questa suddivisione, criticata ormai dagli antropologi per trattarsi di una divisione arbitraria.[4]

Tehuelche insulari: I Selknam (od Ona) e i Manekenk (o Haush).
Tehuelche continentali
Tehuelche meridionali
Tehuelche meridionali boreali: dal fiume Santa Cruz al fiume Chubut: I Teushen
Tehuelche meridionali australi: dallo Stretto di Magellano al fiume Santa Cruz: Gli Aonikenk
Tehuelche settentrionali
Tehuelche settentrionali boreali
Tehuelche settentrionali australi

Storia

Non si conosce con precisione a quale epoca risalgono i primi insediamenti umani dell'attuale Argentina, ma si sa che circa 15.000 anni fa gli uomini arrivarono in America del Sud e si diffusero in tutto il continente, differenziandosi in svariati popoli: tra questi i Chon (Tchon o Tzonk), che abitano la Patagonia.
Sebbene si dica spesso che i Chon furono chiamati "tehuelche", cioè "gente ribelle", nel XIX secolo dai Mapuche non esiste nessuna evidenza di questo fatto. Gli Chon ( o "tehuelche") avevano instaurato rapporti di tipo commerciale con altre tribù che abitavano la Patagonia. Poi, nel XVII secolo, gli spagnoli iniziarono a colonizzare il sud argentino e si scontrarono con i Tehuelche, con i quali, dopo un periodo di convivenza, i rapporti divennero rapidamente conflittuali e diedero origine a guerre e razzie reciproche oltre che a tentativi reiterati di invasione spagnola.

Oggi i tehuelche lottano per recuperare la loro identità.
Bandiera Tehuelche: il blu del mare, il marrone della terra e in mezzo la freccia che guarda a nord, con la Croce del Sud in mezzo.[5]
Mappa etnografica del Sud America del 1937; le popolazioni tehuelche sono evidenziate in verde scuro.
Religione
I Tehuelche hanno tanti miti e leggende. Lo sciamano era visto come una figura centrale nella religione tehuelche. Egli aveva capacità curative che praticava attraverso gli spiriti. Credevano inoltre in un essere superiore di nome 'Elal o Kènos. Questo era stato l'origine di tutto ed aveva creato l'universo. Oggi la maggior parte di essi si considera cristiano.





fonte https://it.wikipedia.org/wiki/Tehuelche

 
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