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Scopri come aprirti alla piena consapevolezza delle tue ferite, liberandoti dalla loro manipolazione, leggendo l'anteprima del nuovo libro di Salvatore Brizzi.
Lezione 15 Lasciar passare il tempo Lezione 16 Fare le cose per gli altri, mette in moto dentro di noi delle forze e delle capacità insospettate
Lezione 15
La ferma volontà di aprirci alla piena consapevolezza delle nostre ferite costituisce il primo vero atto di risveglio. Se manifestiamo questa volontà è perché ci siamo stancati di appartenere all’esercito degli schiavi che incolpa il mondo delle proprie sofferenze interiori. Come ben sapete, uno schiavo richiama un padrone e ogni vittima crea il suo carnefice.
L’attuale reazione meccanica del nostro corpo emotivo agli eventi della vita è ancora infantile. Se ci osserviamo bene, ci possiamo rendere conto che tutte le volte che ripetiamo il nostro schema di rabbia o paura stiamo regredendo alla pre-adolescenza. Assumiamo l’atteggiamento psicologico e addirittura le posture fisiche di un bambino. Ciò non significa che siamo “fatti male”, ma solo che stiamo frequentando le scuole elementari della vita e stiamo faticando un po’ a passare alle scuole medie. Tuttavia, l’intero processo fa naturalmente parte del percorso evolutivo di un’anima che impara lentamente a gestire il suo apparato psicofisico, con le relative ferite emotive.
Come fate a sapere se state vivendo un processo di regressione? Il campanello d’allarme è la sensazione di disagio. Di norma si tratta di paura, rabbia, depressione... oppure senso di impotenza nei confronti di un’autorità, senso di inadeguatezza rispetto a una situazione... e così via. Di fronte alle parole di qualcuno o a una certa situazione, vi può capitare di sentire disagio. Questo disagio è dovuto al manifestarsi di un’energia che di solito si trova intrappolata... parzialmente sedata... seppellita nell’inconscio da decenni. Poiché questa energia ci accompagna sin dall’infanzia ed è oramai divenuta il nostro modello energetico, definiamo il suo emergere come “il nostro carattere”: «Mi arrabbio quando sento queste cose, perché io sono fatto così», «in certe situazioni non riesco a prendere la parola e a dire la mia, perché io sono fatto così», ecc.
Il nostro partner pronuncia quella certa frase oppure un automobilista ci taglia la strada e l’energia della nostra vecchia ferita emotiva comincia a scalpitare dentro di noi. Questo scalpitare è ciò che chiamiamo disagio. Quando non ha un’origine ben identificabile, lo chiamiamo “disagio esistenziale”, il cosiddetto “mal di vivere”. Dal momento che a scuola ci insegnano quante battaglie ha combattuto Napoleone, ma nessuno ci insegna come lavorare con le emozioni in maniera matura, di norma non ci soffermiamo a osservare questo strano fenomeno che accade dentro di noi, ma facciamo subito uscire quell’energia attraverso una reazione meccanica: gridiamo qualcosa in faccia al partner oppure - soprattutto se siamo maschi - ci chiudiamo a riccio dentro noi stessi, senza manifestare alcuna reazione esterna. L’atteggiamento che consiste nel non rispondere e nel limitarsi ad aspettare che lei si stanchi di parlare fa precipitare la nostra situazione. La nostra dolce metà diviene pericolosamente simile a una sacerdotessa del dio Marte che si appresta a compiere un sacrificio umano.
Lasciar passare il tempo
Agendo meccanicamente, senza far passare alcun lasso di tempo fra il disagio che sentiamo all’interno e la reazione che manifestiamo all’esterno, perdiamo ogni volta una fondamentale occasione evolutiva e terapeutica. Lasciar passare del tempo fra lo stimolo e la reazione è l’inizio del percorso di risveglio, perché significa introdurre qualche attimo di consapevolezza dove di solito essa non è presente. Se non lo facciamo, siamo costretti a rivivere la medesima situazione ancora... e ancora... e ancora.
Tanto tempo fa, la mia “maestra” Victoria Ignis mi disse che sarei dovuto entrare nella presenza ogni volta che sentivo un disagio. Quando ero sul posto di lavoro e si creavano delle situazioni che mi provocavano malessere interiore, io mi chiudevo in bagno con lo scopo di sentire il calore del fuoco emotivo che si sviluppava dentro di me. Quel calore, quel subbuglio interiore è il nostro biglietto aereo Inferno-Paradiso, diretto, senza scalo. Per poter sfruttare questo biglietto è però indispensabile frapporre del tempo (anche solo pochi secondi) fra il sentire interiore e la reazione esterna; il tempo di ricordarci di noi stessi ed entrare nel qui e ora.
Quanto tempo vi resta ancora per svegliarvi? Viviamo anni di estrema tensione sociale, tempi favorevoli per chi vuole svegliarsi. Un giorno tutto questo finirà, proverete un senso di rilassamento, la vostra ansia interiore diminuirà... ed ecco che risvegliarsi tornerà ad essere impossibile per la maggior parte di voi!
segue Il vostro Scarasaggio
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