IL FARO DEI SOGNI

Le 108 Upanishad parte 6

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Non darà né benedizioni né maledizioni, né le farà dare da altri. (5.47) Non parteciperà a dibattiti o
discussioni filosofiche o religiose, non predicherà, non si unirà a gruppi religiosi e non intraprenderà
qualche attività intesa a procurarsi da vivere. (5.48)
Non accetterà discepoli e non leggerà libri di alcun genere. Non parteciperà a funzioni religiose o
sociali di alcun genere. (5.49)
Il sannyasi non può portare emblemi o distintivi di alcun genere o per qualsiasi motivo, anzi, si
sforzerà di apparire alla gente come uno sciocco, un ingenuo, un bambino o un pazzo. (5.50)
Non farà discorsi e non intraprenderà imprese di alcun genere. Non penserà a cose buone o cattive,
ma si concentrerà esclusivamente sulla contemplazione dell'Atman, spostandosi costantemente da
un luogo all'altro. (5.51)
Camminerà da solo per la campagna, libero da ogni attaccamento, controllando perfettamente i
sensi, sereno ed equanime verso tutti, completamente immerso nella felicità dell'Atman. (5.52)
Il sannyasi è saggio ma allegro come un bambino, ricco di conoscenza ma si mostra stupido, e parla
come un pazzo. Camminerà sulla via delle Upanishad, cercando il cibo come una mucca che pascola.
(5.53)
Si manterrà nella nobile consapevolezza dell'Atman anche quando gli sarà negata l'elemosina,
quando sarà insultato, preso in giro, ingannato, trattato malamente, ostacolato, o persino picchiato, o
quando gli getteranno addosso urina o escrementi. (5.54-55)
L'asceta che riceve onori sa che questi danneggiano la sua austerità, mentre quando le persone
ignoranti gli mancano di rispetto ottiene la possibilità di liberarsi da qualsiasi traccia di egotismo.
Senza mai violare i principi dell'etica e della morale, il sannyasi si muove costantemente senza cercare
la compagnia di altri e senza risentirsi della mancanza di rispetto che gli viene mostrata. (5.56-57)
Il sannyasi non farà mai del male ad alcun essere vivente, che sia nato da un utero o da un uovo o in
altro modo. Eviterà ogni contatto. (5.58)
Abbandonerà ogni difetto, passione, collera, orgoglio, avidità, illusione e paura. (5.59)
I doveri del sannyasi consistono nel nutrirsi solo di ciò che ottiene in elemosina, osservare il silenzio,
l'austerità e soprattutto la meditazione, e mantenersi situato nella giusta conoscenza e nel distacco.
(5.60) Vivrà soltanto di elemosine, senza mai farsi invitare a pranzo in una casa. Indosserà abiti color
ocra e sarà sempre immerso nella meditazione. Per la notte si fermerà alla periferia di un villaggio,
sotto un albero o in un tempio. (5.61)
Continuerà a spostarsi finché la sua mente non sarà diventata perfettamente pura e distaccata dalle
attività del mondo. (5.62)
Contemplando il Signore Supremo nella sua meditazione, sia interiormente che esteriormente,
viaggerà costantemente, silenzioso e libero da ogni contaminazione come il vento. (5.63)
Equanime nella gioia e nella sofferenza, paziente e pronto a perdonare, vive di ciò che ottiene
facilmente ed è amichevole verso ogni essere - gli iniziati (nati due volte), le mucche, i cavalli, i cervi
e così via. (5.64)
Meditando su Vishnu che è il Param Atman e il Signore Isana, contemplando la felicità suprema e
ricordando chiaramente la propria natura trascendentale, rimane saggio e in perfetto controllo della
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Le 108 Upanishad
mente. Non è interessato all'abbigliamento, ai pensieri materiali, alle conversazioni e alle attività di
qualsiasi genere, e rimane distaccato dall'illusorio mondo materiale, perciò si libera da ogni legame
attraverso la meditazione sull'Atman, come insegna l'esempio della vespa e del verme. (5.66)
Narada chiese ancora all'Antenato: "In cosa consiste il procedimento della liberazione secondo
l'esempio della vespa e del verme?"
Brahma rispose, "Sempre fedele alla veridicità e vivendo nella saggezza e nel distacco, il saggio
considera la saggezza come il proprio vero corpo e il distacco come la sua vera vita. La serenità e
l'autocontrollo sono i suoi occhi, la mente è il suo volto, l'intelligenza è il suo tempo, i 25 elementi
materiali sono le sue membra, gli stati della consapevolezza sono i suoi elementi primari. L'azione
devozionale, la saggezza e il distacco sono le sue mani. Come un esperto navigatore, guida la barca
del corpo sui banchi di fango che sono i sensi del corpo. Solo l'Atman esiste per lui: tutto il resto è
effimero e illusorio. Si riferirà a sé stesso soltanto come Brahman. Non c'è nient'altro che lo
interessi. Così liberato già in questa vita (Jivanmukta) è sempre soddisfatto in sé stesso. Non dirà
mai, 'o non sono Brahman', né allo stato di veglia, né in sogno, ma sarà costantemente nella
consapevolezza della sua natura trascendentale di Brahman. Infine, raggiunto il livello di turiya,
rimarrà costantemente immerso nella felicità trascendentale che supera anche la distinzione tra
Brahman e non-Brahman. (6.1-2)
Su quel livello il giorno è la veglia, la notte è il sogno e mezzanotte è il sonno profondo; in ciascun
momento tutti e quattro i livelli si fondono. Ciascuno dei 14 organi di senso ha una sua funzione:
l'occhio percepisce la forma, l'orecchio il suono, la lingua i sapori, il naso gli odori. La facoltà di
parola elabora l'espressione, la mano afferra, i piedi muovono il corpo, l'ano evacua, i genitali
producono piacere sessuale e la pelle percepisce il contatto. L'intelligenza, che comprende gli oggetti,
dipende da questi sensi, diventa consapevole attraverso citta, e arrogante attraverso ahankara. Il
Jivatman crea tutto questo poiché è consapevole di possedere il corpo; pervade il corpo come un
uomo di famiglia si muove nella propria casa consapevole di esserne il proprietario.
Il saggio comprende la natura della consapevolezza dell'Atman nel loto del cuore, dove la virtù
risiede nel petalo ad est, il sonno e la pigrizia nel petalo a sud-est, la crudeltà nel petalo a sud, le
tendenze criminali nel petalo a sud-ovest, la giocosità nel petalo a ovest, la tendenza a spostarsi nel
petalo a nord-ovest, la tranquillità nel petalo a nord, la saggezza nel petalo a nord-est, la rinuncia nel
centro e la consapevolezza dell'Atman nei pistilli. (6.3)
L'Atman risiede costantemente in quel fiore, a prescindere dallo stato di consapevolezza in cui si
trova, e viene chiamato visva, taijasa, prajna a seconda che si trovi nello stato di veglia, sogno e sonno
profondo, nei corpi detti grossolano, sottile e causale. Tutto questo viene superato al livello di
Turiyatita, che è libero da ogni limitazione e condizionamento, nella dimensione trascendentale
passiva detta tatastha o isvara.
Questo tatastha è forse il testimone? No. Il Jivatman è influenzato dalle varie condizioni, ma il Param
Atman non è toccato da nessun cambiamento. Il Jivatman è influenzato perché è consapevole del
corpo materiale in cui si trova: è una sensazione di diversità riferita allo spazio contenuto nel vaso
rispetto allo spazio che è fuori dal vaso. Questo lo porta a contemplare la posizione di testimone
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Parama Karuna Devi
supremo inspirando ed espirando con il mantra "hamsah", che è anche "so 'ham" e "'ham sah" e indica il
Brahman. Il risultato naturale di questa contemplazione è la realizzazione dell'identità della natura
dell'Atman e del Brahman, cosa che porta alla cessazione della percezione del corpo e alla
liberazione dal legame con il corpo stesso. Questo è il livello del Brahman. (6.4)
Abbandonato l'attaccamento e controllata la collera, sottomessi i sensi e nutrendosi in modo molto
moderato, l'asceta blocca le porte del corpo con intelligenza e immerge la mente nella meditazione
profonda. (6.5)
Rimanendo da solo in un luogo isolato, in una grotta o in una foresta, lo yogi è sempre in armonia e
immerso nella meditazione sull'Atman. (6.6) Non presenzierà mai a funzioni sociali, festival,
cerimonie in onore degli antenati, sacrifici rituali, processioni religiose e festività varie, o a qualsiasi
altra riunione. (6.7) Viaggerà in modo da non farsi notare e non farsi rispettare dalla gente, e sarà
sempre immerso nella meditazione e fedele alla via della virtù. (6.8)
Le tre discipline sono il controllo della parola, il controllo dell'azione e il controllo della mente; chi
pratica queste tre discipline è chiamato tridandi, ed è considerato un grande saggio. (6.9)
L'asceta più perfetto chiede l'elemosina nelle case di brahmana eruditi, quando il fuoco del sacrificio si
è estinto completamente e non produce più fumo. (6.10) E' invece degradato chi chiede l'elemosina
continuamente e non è rinunciato. (6.11) Il vero sannyasi è chi, sapendo che in una certa casa può
ottenere ottimo cibo in elemosina, evita di recarvisi di nuovo. (6.12)
L'asceta perfetto è considerato al di sopra dei varna e degli ashrama (ativarnashrami) perché realizza la
verità suprema che è oltre il corpo e i sensi materiali, che è il testimone di ogni cosa, la saggezza
spirituale, la felicità e lo splendore dell'esistenza. D'altra parte il sistema dei varna e degli ashrama si
riferisce soltanto al corpo, perciò nasce dall'illusione dell'identificazione materiale. (6.13-14)
Varna e ashrama non appartengono all'Atman, che è la forma della consapevolezza pura. Chi realizza
questa verità attraverso gli insegnamenti delle Upanishad è al di sopra dei varna e degli ashrama. (6.15)
Chi ha abbandonato l'identificazione con i varna e gli ashrama grazie alla realizzazione trascendentale
supera tutte le limitazioni del sistema varnashrama e rimane sempre nell'Atman. (6.16)
Coloro che conoscono veramente i Veda dichiarano che chi si è stabilito nell'Atman ha superato i
varna e gli ashrama, perciò non applica identificazioni materiali nemmeno agli altri. Per chi ha
realizzato il Brahman non ci sono regole, proibizioni, esclusione o inclusione, né altre limitazioni.
(6.17-19)
Il candidato al sannyasa che desidera raggiungere il livello del Brahman e dissolvere ogni
attaccamento materiale deve avvicinare un Guru che ha realizzato il Brahman e offrirgli un dono,
servirlo personalmente con grande cura per un periodo sufficiente, e ascoltare sempre attentamente
le sue spiegazioni sulle Upanishad. (6.20-22)
Libero dal senso di proprietà e appartenenza, libero dall'egotismo e dall'identificazione materiale,
visualizza l'Atman nel proprio sé, sempre sereno. Sicuramente la rinuncia appare quando ci si rende
conto dei difetti della vita nel mondo materiale e si prova insoddisfazione per questa imperfezione
intrinseca. (6.23-24)





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Chi desidera veramente la liberazione è chiamato Paramahamsa. L'asceta di questo grado mette in
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Le 108 Upanishad
pratica la saggezza delle scritture, percorrendo la via tracciata dagli insegnamenti delle Upanishad. Per
raggiungere il piano della conoscenza trascendentale il Paramahamsa deve sviluppare tutte le qualità
richieste, come la serenità, l'autocontrollo e così via. (6.25-26)
Profondamente immerso nell'applicazione pratica delle Upanishad, sereno, controllato, perfettamente
padrone dei sensi, libero dalla paura e dal concetto di possesso e appartenenza (mamatva), non
influenzato dalla dualità, senza possedimenti o relazioni, l'asceta terrà la testa rasata e indosserà un
perizoma stracciato, oppure nessun indumento del tutto. Saggio, esperto nella conclusione dei Veda
e nello Yoga, libero da mamatva e ahankara, amichevole verso tutti gli esseri, sempre solitario, il
sannyasi è l'unico che può superare l'oceano del mondo materiale. (6.27-29)
Il periodo di addestramento presso il Guru dura solitamente un anno e viene speso al servizio dei
superiori, seguendo molto attentamente le regole di yama e niyama. (6.30) Al termine di questo
periodo, il sannyasi che ha raggiunto il livello del jnana yoga viaggerà da un luogo all'altro
mantenendosi sulla via della retta condotta. (6.31) Dopo un altro anno si lascerà dietro gli
insegnamenti di Yajnavalkya e i tre ordini inferiori del sannyasa, situandosi al livello del
Paramahamsa. (6.32) Congedandosi dal Guru viaggerà per tutto il territorio, abbandonato ogni
attaccamento, vinta la collera, controllati i sensi e nutrendosi in modo molto moderato. (6.33)
Due situazioni sono ugualmente assurde: un uomo di famiglia che non si impegna in un lavoro
produttivo e un sannyasi che lavora. (6.34)
Per un sannyasi, guardare donne attraenti o consumare alcolici è come bere del veleno; dovrà evitare
assolutamente di conversare con donne, chiedere loro dei favori, osservarle mentre danzano,
cantano e ridono, o ascoltare pettegolezzi che le riguardano. (6.35-36)
Il sannyasi non deve praticare l'adorazione ai Deva, le oblazioni rituali, i sacrifici, le abluzioni e i
mantra. Non deve presentare offerte agli antenati, osservare voti o recarsi in pellegrinaggio nei luoghi
sacri. Non ha regole di condotta, né legami con i risultati dell'azione. (6.37.38)
L'asceta ha abbandonato tutti i doveri sociali e convenzionali, ma deve fare molta attenzione a non
fare del male a nessuno, nemmeno a piante, insetti, vermi e così via. La sua mente è sempre
concentrata sulla Verità suprema, nell'esistenza interiore, nella consapevolezza dell'Atman. La sua
mente è sempre pura e serena, e si muove liberamente nel mondo, viaggiando da solo ma evitando le
regioni dove abitano persone incivili. (6.39-41)
Senza mai lodare nessuno, senza mai inchinarsi a nessuno, senza mai ricordare gli antenati, si
riparerà in una casa abbandonata e diroccata, oppure sulle colline. (6.42)
Viaggerà per otto mesi all'anno e si fermerà per i quattro mesi della stagione delle piogge. Non si
nasconderà però come un cervo spaventato e non accetterà la richiesta di chi gli chiedesse di
fermarsi più a lungo. Non attraverserà un fiume a nuoto e non si arrampicherà sugli alberi. Non
assisterà ai festival e alle ricorrenze religiose, e non compirà alcuna cerimonia di adorazione. Non
elemosinerà il cibo da una casa soltanto. Concentrandosi soltanto sull'Atman e abbandonando tutto
il resto, elemosinerà il cibo da diverse case come le api raccolgono il miele, e rifuggirà dai cibi ricchi
e grassi e specialmente dal burro chiarificato. Per il sannyasi, pranzare in una casa è come consumare
della carne, usare unguenti e profumi è come spalmarsi di escrementi, mangiare zucchero e dolci è
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Parama Karuna Devi
una degradazione, indossare abiti è come mangiare gli avanzi del pasto di un'altra persona, curare il
corpo con olii e massaggi è come avere relazioni sessuali, godere delle amicizie è come urina, il
desiderio sessuale è come la carne bovina, il luogo dove abitava un tempo è come la casa di una
persona degradata, le donne attraenti sono come serpenti, l'oro è come veleno mortale, una sala delle
assemblee è come un cimitero, la capitale di un regno è come un luogo infernale, e dipendere dalle
elemosine di una sola famiglia è come la carne di un cadavere. Abbandonando l'idea che gli altri
siano differenti da lui stesso e senza preoccuparsi delle convenzioni, lascia il luogo dove è nato e
vissuto e se ne va, evitando i luoghi che conosceva, e ricordando soltanto la gioia dell'Atman come
un tesoro ritrovato. Si lascia dietro l'orgoglio di nascita e di appartenenza insieme a tutto ciò che è
relativo al corpo - che considera come un ammasso di materia inerte, come un cadavere -
allontanandosi dalla sua vecchia casa con lo stesso entusiasmo con cui un prigioniero rilasciato si
allontana dal luogo della sua prigionia. Vivendo di cibo ottenuto senza fatica, dedicandosi alla
meditazione sul Brahman e sul Pranava, libero da tutti gli impegni del mondo, si è purificato
completamente da passioni, collera, avidità, illusione, orgoglio, invidia e ogni altro difetto. Non si
identifica con i cambiamenti del corpo, osserva sempre strettamente la veridicità e non dice mai
niente di falso. Sempre senza fissa dimora, si rifugia nelle grotte di montagna o si ferma una notte in
ogni villaggio, fino a un massimo di cinque giorni in una città o un luogo sacro di pellegrinaggio sulla
riva di un fiume sacro. (7.1)
Il sannyasi Kutichaka fa il bagno nei tre momenti di congiunzione del giorno e della notte, il
Bahudaka compie le abluzioni due volte al giorno, all'alba e al tramonto, l'Hamsa fa il bagno una
volta al giorno, all'alba, il Paramahamsa compie le abluzioni mentalmente, il Turiyatita si cosparge il
corpo di cenere, e l'Avadhuta purifica il corpo con l'aria. (7.2)
Il Kutichaka si applica sulla fronte l'urdhvapundra (linea verticale di polpa di sandalo), il Bahudaka il
tripundra (tre linee orizzontali di ceneri sacre), mentre l'Hamsa può scegliere tra l'uno o l'altro. Il
Paramahamsa si cosparge semplicemente di vibhuti (ceneri sacre dal fuoco del sacrificio), il Turiyatita
si applica il tilakapundra (segno circolare di polpa di sandalo) o niente del tutto, e l'Avadhuta non
porta simboli di alcun genere. (7.3) Il Kutichaka si rasa la testa una volta ogni due mesi, al cambio di
stagione. Il Bahudaka si rasa ogni quattro mesi, il Paramahamsa due volte all'anno, quando il sole
inverte il suo cammino nel cielo, mentre il Turiyatita e l'Avadhuta non si rasano mai. (7.4)
Il Kutichaka chiede l'elemosina in una casa alla volta, il Bahudaka raccoglie il cibo di porta in porta,
l'Hamsa e il Paramahamsa non usano una ciotola per l'elemosina ma semplicemente accettano il cibo
in mano, il Turiyatita mangia senza usare le mani e l'Avadhuta mangia solo ciò che trova sulla sua
strada senza chiedere a nessuno. (7.5)
Il Kutichaka può indossare una pezza di stoffa oltre al perizoma, mentre il Bahudaka indossa solo il
perizoma, cioè un solo pezzo di stoffa. L'Hamsa e il Paramahamsa possono indossare una pelle di
cervo come unico abito, mentre il Turiyatita e l'Avadhuta rimangono sempre nudi. (7.6)
Il Kutichaka e il Bahudaka possono compiere qualche tipo di adorazione alla Divinità, mentre
Hamsa e Paramahamsa compiono l'adorazione solo mentalmente. Turiyatita e Avadhuta non
compiono adorazione né fisicamente né mentalmente, ma sono sempre immersi nella
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Le 108 Upanishad
contemplazione del Divino. (7.7)
Il Kutichaka e il Bahudaka possono recitare mantra, l'Hamsa e il Paramahamsa possono meditare sui
mantra, mentre il Turiyatita e l'Avadhuta non recitano né meditano sui mantra ma possono parlare del
Vedanta, come può fare anche il Paramahamsa. Il Kutichaka, il Bahudaka e l'Hamsa invece non
danno istruzioni a nessuno. (7.8)
Il Kutichaka e il Bahudaka meditano sul Pranava esteriore degli esseri umani costituito da 4 parti (o
matra), l'Hamsa e il Paramahamsa sul Pranava interiore costituito da 8 parti, e il Turiyatita e
l'Avadhuta meditano sul Brahma Pranava costituito da 16 parti. (7.9) Il Kutichaka e il Bahudaka
possono ascoltare le spiegazioni del Vedanta, l'Hamsa e il Paramahamsa meditano sulle istruzioni, e il
Turiyatita e l'Avadhuta si immergono profondamente nel Brahman che è lo scopo del Vedanta.
(7.10)
Chi desidera la liberazione, chi vuole diventare liberato già in questa vita, deve ricordare sempre il
Pranava Omkara e vivere secondo le direttive destinate al suo particolare livello di evoluzione. (7.11)
Narada chiese ancora a Brahma di parlare del Pranava Omkara, che porta alla liberazione mettendo
fine alla vita materiale. Brahma spiegò che l'Om è la manifestazione del Brahman osservata secondo
la prospettiva della molteplicità (vyasti) di elementi trascendentali che sono però identici al tutto
(samasti). Il Samhara Pranava (l'Om della dissoluzione) e lo Sristi Pranava (l'Om della creazione)
sono di tre tipi: quello interiore (Antah Pranava), quello esteriore (Bahya Pranava) e quello unito
(Ubhayatmaka Pranava). Il Brahma Pranava è il Pranava interiore di 8 parti oppure il Vyaharika
Pranava (l'Om pratico), il Pranava esteriore e l'Arsha Pranava (l'Om dei Rishi). L'unione del Pranava
interiore con quello esteriore è chiamato Virata Pranava. Il Brahma-Pranava è quindi di otto tipi,
chiamati Samhara Pranava, Sristi Pranava, Antah Pranava, Bahya Pranava, Vyavaharika Pranava,
Arsa Pranava, Virata Pranava e Ardhamatra Pranava. (8.1)
L'Om è il Brahman. L'Om costituto da una sola sillaba è l'Antah Pranava, composto di otto parti: la
vocale A, la vocale U, la consonante M, il nada (suono), il bindu (lo localizzazione), il kala (il tempo) e
la shakti (l'energia). La vocale A è a sua volta costituita da 10mila parti (matra), la vocale U di 1000
parti, la lettera M di 100 parti e l'ardha matra è composto di innumerevoli parti. Il Virata Pranava è
saguna (ha qualità materiali) mentre il Samhara Pranava è nirguna (senza qualità materiali) e l'Utpatti
Pranava è sia nirguna che saguna. (8.2)
Il Virata Pranava ha 16 parti ed è al di là dei 36 elementi primari. I 16 matra sono: la vocale A, la
vocale U, la lettera M, l'ardha matra, il bindu, il nada, il kala, il kalatita (la fine del tempo), shanti (la
pace), santyatita (la fine della pace), l'unmani (l'indifferenza), il manonmani (l'attenzione indifferente), il
puri (il luogo), il madhyama (la posizione intermedia), il pasyanti (la rivelazione) e il para (la Realtà
trascendentale). Il Brahma Pranava è uno solo, ma è sia saguna che nirguna, e grazie alla duplice
essenza di Prakriti e Purusha possiede 128 matra. (8.3)
Il Brahma Pranava è il sostegno di ogni cosa, lo splendore supremo e il Signore di tutto: questa è la
realizzazione dei saggi. Costituisce l'esistenza di tutti i Deva e del Signore Supremo. (8.4)
Nel Brahma Pranava si trovano tutte le lettere. E' il Tempo, la somma di tutti i Veda, e il benefico
Shiva. E' la crema dei Veda e l'essenza di tutte le Upanishad.



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E' questo Atman la destinazione
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Parama Karuna Devi
suprema. (8.5)
L'eterna sillaba Om trascende passato, presente e futuro, è l'inizio di ogni cosa e la fonte dell'estasi
suprema. (8.6) Quello stesso Om che conosciamo come Atman è il Brahman. Il triplice Atman
(l'Om, il Prana e l'Eterno) sono il Brahman supremo. (8.7)
Si deve meditare profondamente sul Brahman supremo come Visva, Viraja, Otir e Turya, le quattro
manifestazioni della consapevolezza. (8.8)
Il Visva è l'aspetto grossolano dell'universo intero come tutto ciò che esiste sul piano materiale
percepibile. A livello microcosmico, il Visva è l'Atman che sperimenta il mondo allo stato di veglia.
Così il Taijasa è l'aspetto sottile della realtà, costituito da energia pura, e a livello microcosmico è
quella dimensione sottile in cui ci si muove nel sogno e a livello astrale. L'Otir, detto anche Prajna e
Isvara, è la consapevolezza costante e felice che sta all'origine dell'energia cosmica e che
nell'individuo è l'Atman trascendentale. Il Turya è il mondo spirituale non manifestato, costituito da
estasi pura al di là di qualsiasi forma o nome. A sua volta il Visva ha quattro stati come Purusha
Vaisvanara: Visva-Visva, Visva-Taijasa, Visva-Prajna e Visva-Turya. Il Divino che si incarna come
essere umano percepisce le forme del mondo fenomenico con le sue 19 facce - i 5 organi di
percezione, i 5 organi di azione, le 5 arie vitali, i 4 sensi interni chiamati manas, buddhi, ahankara e citta.
Ha 8 membra: il cielo è la testa, il sole e la luna sono gli occhi, le direzioni sono le orecchie, il mare è
il ventre e la terra sono i piedi. Poiché si muove ovunque e controlla la materia universale, è
chiamato Prabhu ("signore"). (8.9-11)
Come abbiamo già detto, questo Visva è la posizione più esteriore dell'Atman. Si manifesta nei
quattro stati della consapevolezza (veglia, sogno, sonno profondo e supercoscienza). Allo stato di
veglia agisce attraverso i sensi, e questa posizione è chiamata jagrat-jagrana (la veglia nella veglia). In
questa posizione individuale l'Atman è chiamato Visva-Visva (microcosmo nel macrocosmo),
mentre è chiamato Virata-Viraja nell'aspetto collettivo della comunità di esseri viventi. La
compenetrazione tra lo stato di consapevolezza individuale e quello della collettività di individui si
chiama Otir-Otir. Quando la mente afferra gli oggetti senza passare per i sensi esterni (nella fantasia,
immaginazione o visualizzazione) lo stato di coscienza è chiamato jagrat-svapna o sogno allo stato di
veglia, e il soggetto che la sperimenta è chiamato Visva-Taijasa o consapevolezza sottile della
materia. Quando l'individuo distacca la consapevolezza dagli oggetti dei sensi grossolani e sottili,
come durante la meditazione, la sua condizione è detta jagrat-susupti e il soggetto che la sperimenta è
detto Visva-Prajna. Infine, quando per la grazia del Guru e per l'effetto dei propri meriti (punya) si
raggiunge il livello di consapevolezza distaccata dall'identificazione materiale, chiamata Samadhi, il
soggetto che la sperimenta è chiamato Sakshi (il testimone) ed è jagrat-turya, o Turya allo stato di
veglia.
Anche la seconda posizione dell'Atman, detta Taijasa, ha quattro aspetti denominati Taijasa-Visva,
Taijasa-Taijasa, Taijasa-Prajna e Taijasa-Turya. Il Taijasa ha il potere creativo di Hiranyagarbha,
Brahma, il Signore delle creature, e può realizzare qualsiasi cosa desideri all'interno dei suoi sogni.
Percepisce le forme sottili del mondo fenomenico e le sperimenta, ma pur avendo 8 membra ( il
cielo come testa, il sole e la luna come occhi, le direzioni come orecchie, il mare come ventre e la
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Le 108 Upanishad
terra come piedi) queste sono una sola cosa non-differenziata. (8.12-13)
Durante i sogni coscienti, diretti dalla volontà individuale, detti svapna-jagarana, la percezione è
chiamata Taijasa-Visva e il soggetto della percezione è il Sutra-Viraja, collegato con tutti gli altri
esseri dell'universo. Nella fase Otir, l'Anujnatir percepisce non solo sé stesso ma anche tutti gli
esseri, cioè sia l'aspetto individuale che quello collettivo della consapevolezza. Quando si sperimenta
il sogno dentro nel sogno (svapna-svapna) si dimenticano completamente sia il mondo esterno che la
propria identità, e si percepiscono soltanto gli oggetti sottili e la trama delle correnti energetiche nel
Taijasa-taijasa.
Oltre questo livello si trova lo svapna-susupti, in cui si diventa insensibili anche agli oggetti delle
dimensioni sottili e ci si concentra sul semplice essere come Taijasa-Prajna. Il livello svapna-turya è
raggiunto difficilmente, e consiste nella consapevolezza trascendentale che rimane immutata anche
durante il sonno leggero, chiamata Taijasa-Turya. La condizione di sonno profondo viene
sperimentata dall'Atman nelle quattro fasi di Prajna-Visva, Prajna-Taijasa, Prajna-Prajna e PrajnaTurya. In questa condizione è completamente indifferente, immerso nella felicità immutabile della
trascendenza, rivolto completamente nell'interiorità. (8.14-16)
Questa consapevolezza è chiamata Isvara, il Signore Supremo, indistruttibile, onnisciente e
onnipresente, la fonte originaria e la dissoluzione di ogni cosa. (8.17)
Tutti e tre questi livelli di consapevolezza sono un ostacolo alla realizzazione dell'Atman, perché
costituiscono un'illusione determinata dalle limitazioni del corpo grossolano e sottile. Nel sonno
profondo, lo stimolo al risveglio è chiamato susupti-jagrat, sperimentato dal Visva-Prajna nell'aspetto
individuale, dal Bijatman come Viraja-Prajna nell'aspetto collettivo, e come Anujnaikarasoti
nell'aspetto che unisce l'individuale al collettivo. L'esperienza del mondo sottile al livello astrale
quando si esce dal corpo è chiamata svapna-susupti, in cui la consapevolezza è definita Prajna-Taijasa e
il soggetto è chiamato Prajna-Prajna. Al livello Prajna-Turiya, che è ancora più profondo, si
sperimenta direttamente l'Atman. (8.18)
Benché si riconoscano tre stadi di Turya, chiamati Turya-Visva, Turya-Taijasa e Turya-Prajna,
sperimentati nelle modalità chiamate Otir, Anujnatir e Anujnanaikarasa, c'è ben poca differenza e
cambiamento, in quanto tutti e quattro si riferiscono alla percezione dell'Atman/ Brahman
immutabile che conosce sé stesso come unica esistenza. Tutto il resto è paragonabile a un sottile
velo colorato, a un sogno o a una fantasia. (8.19-20)
Poiché esistono delle distinzioni negli oggetti esteriori, chi è immerso nella perfetta realizzazione del
Brahman li percepisce attraverso i sensi ma senza fare distinzioni: questa esperienza è detta turyajagarana, di cui il Turya-Visva è la modalità individuale e la Turya-Viraja è la modalità collettiva. La
percezione simultanea di questi due aspetti si chiama Avikalpa-Otir. Quando tali oggetti sono
percepiti a livello soltanto mentale, l'esperienza è detta turya-svapna e l'Atman che la percepisce è
detto Turya-Taijasa. Quando infine si arriva alla meditazione profonda in cui non ci sono più
distinzioni di alcun genere, il nirvikalpa-samadhi, si rimane in uno stato di animazione sospesa,
chiamato turya-susupti, in cui l'Atman è detto Turya-Prajna. Il livello turya-turya si trova al di là di
questa vasta gamma di esperienze sottilmente diverse. (8.21)
133
Parama Karuna Devi
Non si tratta di aprajna (semplice incoscienza) né di un particolare tipo di percezione esteriore o
interiore, né di intelligenza allo stato puro. E' un'esperienza inesprimibile. (8.22)
Non può essere descritta, né spiegata, né concepita con il pensiero razionale, né definita con un
nome; è semplicemente la consapevolezza della natura trascendentale dell'Atman-Brahman, che
mette fine alla percezione materiale, costituisce la pace suprema e la felicità infinita, libera dalla
dualità. Non è differente dal Brahma Pranava. Attraverso questa consapevolezza si raggiunge la sfera
del Sole, perché è questa consapevolezza che dà splendore al Sole. E' lo spazio del Brahman, che
risplende eternamente. (8.23)
Narada chiese ancora a Brahma di parlare della forma del Brahman, e ottenne la risposta seguente.
Coloro che considerano Dio come differente dal proprio Sé sono semplicemente animali, anche se
possiedono un corpo umano. Il saggio realizza l'identità tra Atman e Brahman e viene liberato dalle
fauci della morte. Non c'è altra via per raggiungere lo scopo. (9.1)
Ci sono varie prospettive nella contemplazione del Brahman. Alcuni lo identificano con il Tempo o
con il Mondo, altri parlano del gioco delle probabilità. Per altri la realtà suprema è costituita dagli
elementi materiali, altri considerano suprema la Prakriti come Dea Madre, o il Purusha come
Hiranyagarbha. Ma tutto questo, separatamente o insieme, non costituisce la causa dell'esistenza del
Brahman-Atman. Nemmeno il Jivatman ne è la causa, perché è soggetto all'illusione. (9.2)
Coloro che hanno realizzato il Brahman nella profonda meditazione dello Yoga percepiscono la
Maya (potenza) del radioso Atman, nascosta dai tre guna che la caratterizzano. E' questa Maya che
governa tutte le cause in questo mondo, compreso il Tempo e il Jivatman. (9.3)
Sotto la guida di Isvara, il saguna Brahman, Maya crea l'universo. Il Signore stesso, il Param Brahman,
non compie alcuna azione e perciò è detto niskriya. I Rishi hanno visto che l'universo è situato nella
matrice di Maya, coperto dai tre guna che determinano la creazione, mantenimento e dissoluzione, ed
è dotato di 16 kala (poteri o parti). La ruota dell'universo ha 50 raggi e 20 chiodi, 6 gruppi di 8, una
corda e molte forme, con 3 tipi di vie, e la dualità degli opposti. (9.4)
E' un fiume le cui acque scorrono in 5 correnti, con 5 terribili sbocchi, in cui le onde sono i 5 prana.
La sua sorgente controlla i 5 sensi di percezione, che sono come 5 vortici che rappresentano i 5 tipi
di sofferenza, divisi in 50 categorie e con 5 punti d'incontro. (9.5)
Su questa ruota del Brahman che è l'esistenza di ogni cosa gira l'Hamsa, l'Atman individuale, mentre
il Brahman costituisce il perno. L'Atman rimane separato finché rimane attaccato alla vita materiale,
ma quando realizza l'unità trascendentale con il Brahman raggiunge l'immortalità. (9.6)
Il saguna Brahman, Isvara, è descritto nelle Upanishad come il Brahman supremo. E' il sostegno
imperituro dell'universo. Coloro che conoscono i Veda comprendono la distinzione e si dedicano
completamente al Brahman supremo, immergendosi completamente nella sua contemplazione. (9.7)
Il Signore supremo sostiene l'universo spirituale, l'universo materiale e l'energia imperitura, la natura
manifestata e quella non manifestata. L'Atman individuale è considerato in una posizione
subordinata perché è soggetto all'illusione, ma quando realizza il Brahman radioso, diventa libero da
ogni legame. (9.8) L'Atman supremo (Param Atman) e il Jiva individuale (Jiva Atman) sono entrambi
eterni, ma il Signore è potente e l'anima individuale non è onnipotente.



segue 134

 
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view post Posted on 15/2/2023, 11:51     Top   Dislike
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Attraverso la Prakriti,
134
Le 108 Upanishad
anch'essa eterna, il Jivatman sperimenta i diversi livelli di consapevolezza. L'Atman è illimitato e
onnipresente, e non agisce. Quando si comprende direttamente questa Triade - Isvara, Atman e
Prakriti - come Brahman, si raggiunge la realizzazione trascendentale. (9.9)
La manifestazione della Prakriti chiamata Pradhana è temporanea, mentre il Signore Hara è
immortale e imperituro. Il Signore Isvara domina sia la Pradhana che il Jivatman. Meditando
costantemente sul Signore e realizzando la verità, si arriva finalmente a dissipare l'illusione. (9.10)
Quando si realizza l'unità dell'Atman con Isvara si viene liberati da ogni legame, tutte le sofferenze
vengono distrutte e il ciclo di nascite e morti ha fine. Meditando profondamente su questa verità e
superando la dualità, lo Yogi arriva allo stato di Paramesvara e trova la completa soddisfazione
nell'unione con il Signore (kevala). (9.11)
Il Brahman è eterno e sempre presente, come l'Atman individuale: questo è tutto ciò che bisogna
realizzare. Dopo aver riflettuto sul soggetto che percepisce l'esperienza, sul mondo oggettivo e su
Isvara, si comprende che tutto ciò è Brahman. (9.12)
Il metodo per realizzare il Brahman è la Brahma Vidya, la conoscenza del Brahman insegnata dalle
Upanishad, unita alla pratica del distacco e della rinuncia. Questi due fattori sono sufficienti per
ottenere il successo. (9.13)
Chi comprende tutto questo e medita solo sull'Atman, vede dissiparsi ogni illusione e ogni
sofferenza, perché l'unità dell'esistenza non lascia ombre. La forma universale (Viraja), il passato, il
presente e il futuro: tutto diventa la forma del Brahman indistruttibile. (9.14)
Più piccolo dell'atomo, più grande dell'intero universo, l'Atman è situato nel cuore di ogni creatura.
Per la grazia del creatore si arriva a contemplare il Signore, che è libero da ogni passione, e si diventa
liberi dalla sofferenza. (9.15) Si muove velocemente e accetta le offerte pur non avendo piedi o mani,
vede anche senza occhi, sente anche senza orecchie. Conosce ogni cosa, ma nessuno lo conosce
veramente. I Rishi lo descrivono come il Purusha supremo e trascendentale. (9.16)
Lo Yogi non è soggetto alla sofferenza perché ha realizzato l'Atman, che è trascendentale, non
legato al corpo, onnipervadente e presente nel cuore di tutti gli esseri. (9.17)
Questo essere trascendente sostiene ogni cosa, i suoi poteri sono inconcepibili, è più grande
dell'universo intero, e viene realizzato grazie agli insegnamenti esoterici di tutte le Upanishad. Alla
fine di tutto è conosciuto come il Liberatore, che distrugge l'ignoranza. (9.18) Il Signore supremo è
onnisciente, il più anziano, il più elevato tra gli esseri senzienti. E' adorato da tutti i Deva, è senza
inizio, metà o fine. E' l'infinito, indistruttibile, che sostiene Shiva, Vishnu e Brahma. (9.19)
Tutto questo universo, costituto dai 5 elementi, che produce infinite varietà quintuplicandosi, è
pervaso dall'Atman Supremo (Param Atman), ma gli elementi materiali non possono superare i loro
limiti. L'Atman è più grande e più potente, l'eterna fonte di bene, radioso di luce propria. (9.20)
Non può essere realizzato da chi non ha smesso di compiere cattive azioni, né da chi non è pacifico
e sereno, o da chi non medita con attenzione, o da chi ha la mente irrequieta - nemmeno se questi
studiassero le scritture. E' invece necessario avere un comportamento perfetto. (9.21)
L'Atman non si rivela a chi è orgoglioso della propria sapienza esteriore o interiore. Non si rivela
come qualcosa di grossolano o sottile, come conoscenza o ignoranza, né come conoscenza di ciò
135
Parama Karuna Devi
che è grossolano e sottile. Non è concepibile dall'intelletto e non è direttamente collegato con le
attività del mondo. Chi lo realizza in questo modo diventa certamente liberato: questa è
l'affermazione del creatore, Brahma. (9.22)
Il sannyasi conosce la vera natura dell'Atman, perciò viaggia da solo senza considerare le dualità di
opposti. E' sempre riservato come un cervo timido, e non ostacola mai il cammino altrui.
Abbandonando ogni proprietà, vivendo come madhukari (l'ape che raccoglie il miele),
profondamente immerso nella meditazione sull'Atman, e senza vedere alcuna differenza tra il
proprio Sé e ciò che lo circonda, raggiunge la liberazione. Questo sannyasi si astiene dal compiere
qualsiasi azione materiale ed è libero dai doveri di maestro o discepolo, dalle regole delle scritture e
da tutto il resto. Lasciando ogni legame con il mondo fenomenico, non è più toccato dall'illusione.
Come può essere felice un povero mendicante vagabondo? Il sannyasi non è povero, perché possiede
la ricchezza inestimabile del Brahman, al di là della conoscenza e dell'ignoranza, del piacere e del
dolore. E' illuminato dallo splendore dell'Atman, che è onorato da tutti, onnisciente, fonte di grande
potere, il Signore di ogni cosa. Quella è la posizione più alta, la dimora di Vishnu, dove lo Yogi
rimane senza più tornare nel mondo materiale. Là non c'è sole o luna. Non torna più in questo
mondo, e rimane sempre nell'unione con il Supremo, nella felicità suprema. (9.23)
Nirvana Upanishad
Om! Che le mie parole siano in accordo con i miei pensieri, che i miei pensieri siano in accordo con
le mie parole. O Signore radioso, rivelati a me. Che le parole e i pensieri mi portino alla conoscenza.
Che tutto ciò che ho ascoltato rimanga nella mia memoria. Io unirò in questo studio il giorno e la
notte. Pronuncerò parole veritiere, dirò ciò che penso. Che il Brahman mi protegga, che protegga
colui che parla. Om! Che ci sia pace in me! Che ci sia pace dove vivo! Che ci sia pace nelle forze che
agiscono su di me!
Ora vi dirò la Nirvana Upanishad. (1)
Il Paramahamsa dice: Io sono Quello (il Brahman). (2)
I sannyasi che portano interiormente i segni della rinuncia (3) proteggono il territorio in cui l'ahankara
(il senso di identificazione come corpo materiale) viene distrutto. (4)
Le loro conclusioni sono indivise come lo spazio (5), come il fiume dalle onde immortali (6),
imperituro e libero da ogni condizionamento (7). Onorano il Rishi realizzato libero dai dubbi (8),
l'Essere divino che è la felicità suprema (9), e sono liberi da ogni legame materiale basato sul corpo
(10). La loro conoscenza è libera dalla dualità (11), studiano le scritture più elevate (12) e sono
completamente distaccati e indipendenti (13). Il loro unico impegno è rivelare la conoscenza (14)
che combatte l'illusione dell'identificazione materiale (15) con una dedizione che porta gioia e
progresso a chi impara da loro. (16) Il loro aspetto è benefico dodici volte più del sole (17),
l'intelligenza discriminante (che distingue sat da asat) è la loro protezione (18), la compassione è la
loro gioia (19) e la felicità è il loro ornamento. (20) La sala dove ricevono udienza dalla felicità
suprema è una piccola grotta (l'incavo del cuore) e non si preoccupano delle posizioni fisiche dello
136
Le 108 Upanishad
Yoga. (21)
Vivono di avanzi elemosinati, di cibo che non è stato preparato appositamente per loro (22), la loro
condotta è perfettamente coerente con la realizzazione dell'Atman e del Brahman (23) e dimostrano
con le proprie azioni che il Brahman è presente in tutti gli esseri. (24) La vera convinzione è il loro
abito, l'indipendenza da qualsiasi gruppo o fazione è il loro perizoma, la meditazione sullo scopo dei
Veda è il loro bastone, la percezione diretta del Brahman è il loro seggio. La rinuncia al contatto con
il mondo costituisce i loro sandali. Il loro unico legame con il mondo è la Kundalini, la forma di
Shakti che risiede nel corpo dell'essere incarnato. L'unità con Shiva è il loro riposo. La vera
conoscenza è il loro Khechari mudra, che blocca la via all'ignoranza. (25)
Il Brahman è libero dai tre guna (26) e viene realizzato grazie a viveka (la giusta discriminazione tra sat
e asat), ma si trova al di là della portata della mente e della parola. (27)
Il mondo fenomenico è temporaneo in quanto viene creato ed è simile alle cose fantastiche che
vediamo nei sogni, come ad esempio gli elefanti che volano. Similmente il corpo e tutto ciò che è
relativo al corpo viene percepito attraverso una rete di convinzioni illusorie, e la sua esistenza è
come quella del serpente in una corda. (28)
La realizzazione dei Deva, come Vishnu e gli altri, porta gradualmente al Brahman. (29)
L'aspirazione alla conoscenza e alla liberazione è la via da percorrere (30) ma si tratta di una via
convenzionale, non inutile. (31)
La potenza del Signore supremo è il sostegno su questa via (32) e lo Yoga della verità è il vero
rifugio (33). La posizione dei Deva non costituisce la vera natura del Divino (34): è piuttosto la
realizzazione dell'Atman (del Sé) che porta al Brahman. (35)
Il sannyasi mediterà sull'assenza di distinzione o dualità, basandosi sul Gayatri mantra recitato a livello
sottile. (36)
Il controllo della mente è la sua coperta. (37)
Attraverso lo Yoga ottiene l'esperienza diretta della natura della felicità eterna. (38)
L'elemosina che ottiene è la felicità trascendentale (39), il soggiorno in un crematorio è per lui come
un giardino meraviglioso (40), un qualsiasi luogo solitario è il suo rifugio (41), la completa tranquillità
della mente è la sua pratica della conoscenza trascendentale (42), il suo girovagare è la pratica di
umiltà (43), il suo corpo purificato è la sede indipendente della dignità (44), le sue attività sono le
onde dell'estasi dell'immortalità (45) e la sua consapevolezza libera è la conclusione filosofica
suprema. (46)
Il mantra della liberazione (Taraka mantra) produce l'efficienza del corpo e della mente per meglio
praticare la serenità, il controllo e le altre qualità positive per la realizzazione dell'unità tra Atman e
Brahman. (47) La Divinità che presiede a questo mantra è la felicità eterna della trascendenza che si
trova oltre la dualità. (48)
L'osservanza religiosa è il controllo dei sensi interiori (49), la rinuncia consiste nell'abbandonare
paura, illusione, tristezza e collera (50), e grazie a questa rinuncia si ottiene la felicità della
trascendenza. (51) La libertà assoluta è potere puro. (52) Quando la realtà del Brahman risplende
nella consapevolezza, il mondo materiale viene annientato dal potere di Shiva.





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