| L'asceta che conosce lo yoga e percepisce direttamente la verità possiede quel filo che tiene insieme 117 Parama Karuna Devi tutti i mondi, come le perle sono legate insieme da un filo. Quando si è stabilito al livello più alto dello yoga, il saggio non ha più bisogno di simboli esteriori, perché il filo interiore lo mantiene sempre perfettamente puro. Il vero filo sacro è soltanto quello interiore, mentre quello esteriore non è che una sua immagine. (3.82-84) Il ciuffo di capelli (la sikha) è il simbolo della conoscenza che pone l'individuo su un livello più alto, e se la conoscenza interiore è assente non ha molto significato: non è altro che uno stile di pettinatura. Se invece la conoscenza interiore arde radiosa come un fuoco, si può anche fare a meno del simbolo esterno. (3.85-86) Coloro che sono stati iniziati e si impegnano nei rituali vedici devono indossare il filo sacro, perché fa parte integrante della cerimonia. Ma chi conosce il Veda considera la realizzazione trascendentale come il vero filo sacro e la conoscenza come la vera sikha. (3.87-88) Il sannyasi diventa un sadhu itinerante e rinuncia ad ogni cosa. Abbandona gli abiti e rimane sempre nudo oppure si copre sommariamente con un perizoma e al massimo con una pezza di stoffa. Tiene la testa rasata in segno di austerità e accetta soltanto il cibo che gli è indispensabile per sopravvivere, abbandona ogni contatto con la famiglia e gli amici e il luogo dove era nato e vissuto, e ogni attaccamento a qualsiasi luogo o cosa. Deve essere capace di tollerare ogni dualità, caldo e freddo, piacere e dolore, onore e disonore, fame, sete, malattia, vecchiaia, e tutte le altre avversità della vita umana. Ha abbandonato l'identificazione con il corpo, l'egotismo, le rivalità, l'orgoglio, l'ostentazione, le critiche, l'odio, l'amore, la collera, il desiderio e l'illusione. Deve pensare al proprio corpo come a un cadavere e concentrare la consapevolezza soltanto sull'Atman sia interiormente che esteriormente. Non deve inchinarsi dinanzi a nessuno, non deve lodare o condannare nessuno, né cercare di propiziare i Deva o i Pitri. In questo modo diventa completamente indipendente da qualsiasi influenza esterna. Soddisfatto di ciò che gli arriva spontaneamente, accetta soltanto il cibo necessario per sopravvivere e rifiuta ogni altro dono, che sia in denaro (oro) o in beni o proprietà. Non si occupa dell'adorazione rituale, né di mantra, meditazione o altri impegni. Non ha casa, e di notte dorme sotto un albero, in una casa abbandonata, in un tempio, nella capanna di un vasaio, sulla riva sabbiosa di un fiume, in una cantina, in una grotta, o nei pressi di una cascata o in una foresta. Può anche non mantenere i segni distintivi dell'asceta come facevano i grandi Rishi del passato - Svetaketu, Ribhu, Nidagha, Rishabha, Durvasa, Samvartaka, Dattatreya e Raivataka. Il suo comportamento è incomprensibile per le persone ordinarie, e pur essendo perfettamente sano di mente si comporta come se fosse pazzo. Pronunciando il mantra svaha, offre in oblazione alle acque la ciotola delle elemosine, il vaso dell'acqua, il perizoma e il bastone da sannyasi. (3.98-90) Viaggia così, libero da ogni possedimento e dualità, sempre perfettamente consapevole della propria identità trascendentale, desideroso soltanto di sradicare il ciclo di azioni buone e cattive, e mangiando ciò che trova per strada senza nemmeno mendicare. Ricordando soltanto il Brahman nella forma del Pranava Omkara, abbandona il corpo attraverso la rinuncia consapevole. Chi raggiunge questo livello di realizzazione non ha più bisogno di un corpo." (3.91) "Chi abbandona i tre mondi, i Veda, gli oggetti dei sensi e i sensi stessi, e si stabilisce esclusivamente nell'Atman raggiunge la destinazione suprema. (4.1) Un vero yogi non risponderà mai a chi gli 118 Le 108 Upanishad chiede il suo nome, la sua famiglia, la sua discendenza, il suo luogo di nascita o qualsiasi altra informazione personale. Non dirà mai quali scritture ha studiato, quali voti osserva o ha osservato, quanti anni ha, cosa fa, dov'è stato e per quanto tempo, e così via. (4.2) Non si intratterrà a conversare con donne né ricorderà le donne che aveva incontrato in passato, eviterà di parlarne e persino di guardarne le immagini, perché la sua mente non ne venga disturbata. (4.3-4) Un sannyasi cade dalla sua posizione trascendentale se viene anche solo toccato dal senso di identificazione con il corpo, dal senso di possesso o di appartenenza, da avidità, collera, falsità di qualsiasi genere, accumulo di beni, illusione, attrazione o repulsione, desiderio o passione. Deve astenersi rigidamente dall'accettare regali, dall'avere preferenze di qualsiasi genere, dal praticare la medicina o le arti magiche, dal rimproverare altri o correggerli in qualche modo, dallo spiegare o giustificare il proprio comportamento o le proprie convinzioni, dal viaggiare in località impure e dal dare benedizioni. (4.5-6) Non dirà mai a nessuno le parole 'vieni', 'vai', 'fermati', 'smettila', 'benvenuto', o 'amico'. (4.7) Un sannyasi non accetterà mai doni di alcun genere, né chiederà o convincerà sottilmente altri a fargli doni: nemmeno in sogno. (4.8) Sentendo notizie buone o cattive delle persone che conosceva un tempo - moglie, figli, fratelli, parenti ecc - rimarrà sereno e distaccato da illusione e tristezza. (4.9) Non commetterà mai alcun atto violento, non farà mai del male a nessuno, osserverà scrupolosamente la veridicità, sarà sempre franco e diretto, eviterà di impossessarsi di ciò che non gli appartiene, osserverà strettamente i voti di continenza anche mentalmente, rimarrà libero da ogni desiderio di acquisizione. Sarà equilibrato e stabile, sereno, umile, pacifico, amabile, tollerante, compassionevole, modesto e allegro. Servirà e onorerà le persone rispettabili, rimarrà sempre libero da ogni attaccamento affettivo e da ogni senso di lealtà di parte. La conoscenza, la saggezza, la fede e la devozione saranno il suo sostegno, la contemplazione del Brahman nello yoga supremo sarà il suo unico impegno, e si accontenterà sempre di un vitto modestissimo e di qualsiasi condizioni di vita si trovi ad affrontare. Questi sono i requisiti indispensabili per un sannyasi. (4.10-12) Sempre libero dalla dualità e dalla differenziazione, fermamente stabile nella virtù, equanime in ogni situazione, il sannyasi Paramahamsa è il riflesso visibile del Signore Narayana. (4.13) Tranne che durante la stagione delle piogge, in cui può fermarsi nella stessa località per 4 mesi, il sannyasi rimarrà una sola notte in un villaggio piccolo o fino a cinque notti in una città grande. (4.14) Se rimanesse in un villaggio per più di una notte potrebbe sviluppare attaccamento per il posto o per le persone che vi abitano, cosa che lo condurrebbe a una situazione infernale. (4.15) Si accamperà alla periferia del villaggio, in un luogo isolato, e si inoltrerà nell'area abitata solo per chiedere l'elemosina. (4.16) Camminerà sulla terra indossando un solo pezzo di stoffa o niente del tutto, mantenendo l'attenzione fissa sul Brahman soltanto, libero da qualsiasi desiderio, senza mai commettere azioni contrarie all'etica, sempre immerso in profonda contemplazione. (4.17) Eseguirà i doveri essenziali (evacuare, lavarsi ecc) in un luogo pulito, poi si rimetterà in viaggio, tenendo lo sguardo a terra. (4.18) Non viaggerà di notte, a mezzogiorno, all'alba o al tramonto. Non viaggerà in zone desertiche, impraticabili o pericolose per gli esseri viventi.
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