IL FARO DEI SOGNI

Le 108 Upanishad parte 4

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Le 108 Upanishad
Forse in passato ho compiuto molte attività per ottenere delle cose in questa vita e in quella
successiva, o per ottenere la liberazione, ma tutto questo è ormai passato. (12)
Già questo costituisce il piano della soddisfazione: ricordando i successi passati rimane contento,
mentre chi è ignorante e desidera ottenere molte cose si trova a soffrire. (13)
Come potrò soffrire, se sono colmo della felicità suprema? Che i rituali siano celebrati da coloro che
desiderano raggiungere gli altri mondi. (14) Che cosa celebrerò io, che sono della stessa natura di
tutti i mondi? Per cosa e come? Coloro che sono già una sola cosa con i mondi attraverso la
consapevolezza, non hanno bisogno di celebrare rituali. Che le persone qualificate interpretino gli
shastra o insegnino i Veda. (15)
Io non ho le qualificazioni necessarie, perché sono libero da ogni azione. Non ho alcun desiderio -
né di dormire né di elemosinare, né di fare il bagno. E non compio veramente queste azioni, perché
non sono identificato con l'idea di compiere l'azione. (16)
Che la gente che osserva pensi quello che vuole. Che m'importa delle speculazioni della mente altrui?
Non mi interessa quello che la gente pensa che dovrei fare. (17) Quelli che ignorano la realtà studino
pure le scritture; perché dovrei studiare, io che ho raggiunto la realizzazione intima della realtà? Che
coloro che hanno dubbi si impegnino a riflettere: io non ho dubbi e non ho bisogno di riflettere.
(18) Se fossi soggetto all'illusione certamente potrei meditare, ma poiché ho superato l'illusione, non
ne ho più bisogno. Non faccio mai l'errore di confondere l'Atman con il corpo, non mi capita ormai
più. (19) La definizione corporale non ha più valore per me, sebbene io tolleri che venga talvolta
usata, per convenzione o abitudine. (20)
Quando i risultati delle azioni precedenti (prarabdha karma) saranno esauriti, la definizione corporale
non avrà più alcuna ragione di esistere. Le convenzioni terminano infatti là dove il corpo termina.
(21) Chi cerca di evitare le relazioni mondane deve dedicarsi alla meditazione. Ma per me le relazioni
del mondo non costituiscono un ostacolo al mantenimento della consapevolezza trascendentale:
perché dunque dovrei ritirarmi a meditare? (22)
Non ho bisogno di concentrarmi perché non ho distrazioni: sia la concentrazione che le distrazioni
non sono che modificazioni della mente. (23) Quale esperienza separata e dualistica posso avere,
rimanendo costantemente nella consapevolezza dell'esperienza della natura eterna? Le persone
generalmente agiscono per uno scopo, ma il dovere viene compiuto semplicemente per dovere, e ciò
che è veramente degno di essere ottenuto dura per sempre. (24)
Che le mie azioni, il mio lavoro, il mio studio delle scritture proseguano come sono state iniziate: io
non ne sono toccato, perché non mi considero l'autore dell'azione. (25)
Anche se ho raggiunto il mio scopo supremo, non compio azioni che sono contrarie alle scritture,
perché non voglio dare cattivo esempio al mondo. In questo non c'è niente da perdere. (26)
Che il corpo si impegni doverosamente nell'adorazione dei Deva, nel fare il bagno, pulire, chiedere
l'elemosina e così via. Che la facoltà di parlare continui a ripetere il tara mantra o i versi delle
Upanishad. (27)
Che la mente contempli Vishnu o che si dissolva nella felicità del Brahman. Io sono soltanto il
testimone: non sono io che agisco o causo l'azione. (28)
95
Parama Karuna Devi
Chi è soddisfatto del compimento dei doveri e dei successi ottenuti, pensa costantemente: (29)
"Io sono benedetto. Direttamente e costantemente sperimento il mio vero sé. Sono benedetto, la
felicità del Brahman risplende luminosa in me. (30)
Sono benedetto, non sono toccato dalle sofferenze della vita. Sono benedetto, l'ignoranza mi ha
abbandonato. (31)
Sono benedetto. Non ho più doveri da compiere. Sono benedetto. Ho ottenuto tutto ciò che c'era
da ottenere. (32)
Sono benedetto. Non c'è paragone in questo mondo per la mia soddisfazione! Sono benedetto,
benedetto dalla fortuna, tre volte benedetto. (33)
E' logico! I meriti delle mie buone azioni precedenti hanno portato frutto, come dovevano! La
posizione che ho raggiunto è dovuta alla virtù che ho coltivato. (34)
Che meravigliosa conoscenza! Che meravigliosa felicità! Che scritture meravigliose! Che meravigliosi
insegnanti! (35)
Chi studia questa conoscenza ottiene tutto ciò che c'è da ottenere. Si libera da ogni attività negativa -
dal consumo di alcolici, dall'abitudine di rubare, dalla violenza contro i brahmana, da qualsiasi azione
proibita. Sapendo questo, che faccia pure le sue scelte usando il proprio libero arbitrio. Om! Satyam!
Bhikshuka Upanishad
Da questo (Brahman) che è eternamente completo (in sé stesso) emana ciò che è completo, e anche
in seguito ciò che è completo rimane completo. Om! Che ci sia pace in me! Che ci sia pace attorno a
me! Che ci sia pace nelle forze che agiscono su di me! (Invocazione)
I sannyasi itineranti che desiderano la liberazione sono classificati in quattro categorie: Kutichaka,
Bahudaka, Hamsa e Paramahamsa. (1)
I Kutichaka ("che vivono in una capanna") come gli antichi Rishi Gautama, Bharadvaja, Yajnavalkya
e Vasistha, consumano otto bocconi di cibo e si impegnano nella via dello yoga. (2)
I Bahudaka ("che vivono dove c'è molta acqua") sono caratterizzati dal triplice bastone (tridanda) che
portano. Tengono un ciuffo di capelli (sikha) sulla testa, indosssano il filo sacro e abiti color ocra.
Possiedono un contenitore per l'acqua. Evitano gli intossicanti e gli alimenti non vegetariani, si
nutrono di otto bocconi di cibo elemosinati dalle case dei brahmana realizzati, e si impegnano nella
via dello yoga. (3)
Gli asceti detti Hamsa ("cigno") si fermano soltanto una notte in un villaggio, cinque notti in una
città e sette notti o più in un luogo sacro. Si nutrono di latte e altri prodotti della mucca, osservano il
voto detto chandrayana, si impegnano nella via dello yoga. (4)
I Paramahamsa ("cigno supremo") come gli antichi Rishi Samvartaka, Aruni, Svetaketu, Jadabharata,
Dattatreya, Suka, Vamadeva e Harita, consumano otto bocconi di cibo e si impegnano nella via dello
yoga. Vivono all'ombra degli alberi, in case abbandonate o nei crematori. Possono indossare abiti
oppure no, sono al di sopra delle convenzioni sociali, e non si interessano di guadagno o perdita.
Abbandonano tutte le varie dottrine filosofiche e l'erudizione accademica, vedono con occhio
96
Le 108 Upanishad
equanime l'argilla, la pietra e l'oro, ricevono l'elemosina da qualsiasi tipo di persona e vedono
soltanto l'Atman in ogni cosa. Non si preoccupano di come vanno vestiti, non sono disturbati dalla
dualità, non desiderano doni, e i loro pensieri e la loro consapevolezza sono fissi soltanto
sull'Atman. Chiedono l'elemosina alle ore adatte per mantenere in vita il corpo, e la notte si rifugiano
in una casa abbandonata, in un tempio, in un pagliaio, all'ombra di un albero, nella capanna di un
vasaio, in un dhuni (luogo dove viene mantenuto acceso il fuoco rituale), sulla riva sabbiosa di un
fiume, in una grotta o un bosco di montagna, nel cavo di un albero, nei pressi di una cascata, o in un
luogo qualsiasi purché pulito. Sono bene avviati sul sentiero della realizzazione del Brahman, e
mantenendo pura la mente lasciano il corpo in quella consapevolezza, diventando assorti nel
Brahman. (5)
Brahma Upanishad
Om! Che il Signore ci protegga insieme, che ci nutra insieme, che possiamo lavorare insieme con
grande entusiasmo. Che il nostro studio sia intenso ed efficace, che tra noi non sorga mai dissidio o
inimicizia. Om! Che ci sia pace in me! Che ci sia pace nell'ambiente in cui vivo! Che ci sia pace nelle
forze che agiscono su di me! (Invocazione)
Om! Il grande Saunaka domandò un giorno a Pippalada della famiglia di Angira: "Chi vive in questo
corpo, nella città divina del Brahman?" (1)
Pippalada rispose, "E' l'Atman, il Prana. Il Prana è la gloria dell'Atman, la vita dei Deva, e
rappresenta per i Deva sia la vita che la morte. Quel Brahman che risplende nella divina Brahmapuri
(il corpo) è infallibile, libero dalle conseguenze dell'azione, onnipresente e risplendente di luce
propria. E' lui che controlla il Jivatman, come un ragno controlla l'ape regina. Proprio come il ragno
produce e ritira la sua ragnatela, così il Prana produce e ritira ciò che ha creato. Il Prana è associato
alle Nadi o sottili canali di energia che sono i suoi Deva o Divinità protettrici. Nel sonno senza sogni
si va in quella condizione che è la dimora del Brahman, come un falco torna al nido dopo aver
volato nel cielo. Il verso dice, 'Come questo Devadatta immerso nel sonno senza sogni non scappa
via nemmeno se viene colpito da un bastone, così accade con chi non si identifica e non si attacca
alle conseguenze buone o cattive dei doveri quotidiani della vita. Come un bambino si diverte
spontaneamente senza porsi uno scopo preciso, così questo Devadatta nel sonno senza sogni
sperimenta una gioia che non ha un motivo preciso. Sa di essere la Luce suprema, e desiderando la
Luce ne trae piacere. Poi torna nel sonno dei sogni, come un bruco si sposta assicurandosi prima
l'appoggio delle zampe anteriori. La posizione successiva nella quale si sposta è chiamata lo stato di
veglia. L'Atman porta dentro di sé tutti questi stati di coscienza proprio come una Divinità regge
simultaneamente le otto coppe del sacrificio. E' dall'Atman che i Veda e i Deva hanno origine e sono
sostenuti. Nello stato di veglia l'essere vivente riceve i risultati delle sue azioni precedenti come
previsto dal destino. Il Sé si estende verso le forme del mondo, e risiedendo all'interno delle cose e
degli esseri li controlla. E' paragonato a un granchio, a un uccello, a un fiore di loto.





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E' chiamato
Purusha, Prana, la causa e l'effetto, il Brahman e l'Atman, colui che distrugge, il Deva che rende nota
97
Parama Karuna Devi
ogni cosa. Chi conosce tutto questo raggiunge il Brahman trascendentale, che tutto sostiene, il
principio soggettivo. (2)
Questo Purusha ha quattro seggi: l'ombelico, il cuore, la gola e la testa - i luoghi in cui il Brahman si
manifesta rispettivamente durante lo stato di veglia, di sogno, di sonno senza sogni e nella
consapevolezza trascendentale che è il quarto stato della coscienza. Allo stato di veglia è Brahma, nel
sogno è Vishnu, nel sonno senza sogni è Rudra, e nella quarta dimensione è il Supremo imperituro.
E' anche Surya, Vishnu, Isvara, il Purusha, il Prana, il Jivatman, e Agni, il Luminoso. Il Brahman
trascendentale risplende attraverso tutte queste forme. Non ha bisogno di mente, orecchie, mani e
piedi, o di luce. Non ha nemmeno bisogno dei mondi manifestati e non manifestati, né dei Veda o
dei Deva o dei sacrifici esteriori e interiori. In realtà non esistono relazioni familiari, mendicanti,
sannyasi o creature di alcun genere: soltanto il Brahman Supremo risplende nella sua esistenza unica.
Nel profondo del cuore si trova l'Akasha della coscienza, che ha molte porte ed è lo scopo della
conoscenza. Là orbitano e si evolvono tutti i mondi, in uno spazio difficile da comprendere. Chi
conosce questo conosce tutta la creazione. Su questo Atman nessuno ha controllo, né i Deva, né i
Rishi né i Pitri, perché quando si risveglia pienamente, conosce ogni verità. (3)
Nel cuore vivono i Deva, sono installati i vari Prana e il Prana supremo, la Luce della coscienza, e la
Causa immanente con i tre guna e il principio del Mahat. (4)
Tutto questo esiste nel cuore, cioè nella coscienza. "Indossa il filo del sacrificio che è supremamente
sacro, che fu manifestato nell'antichità con Prajapati stesso, che è l'incarnazione di longevità,
eminenza e purezza. Che possa darti forza e potenza!" (5)
L'essere umano illuminato dovrebbe abbandonare il filo sacro esteriore e anche il ciuffo di capelli
sulla testa, perché indossa come filo sacro il Brahman Supremo e onnipresente. (6)
Il filo sacro (sutra) è così chiamato perché ha iniziato il processo evolutivo dell'individuo penetrando
attraverso la consapevolezza materiale. In verità rappresenta la posizione suprema, e chi lo conosce è
un vipra (erudito) che ha oltrepassato persino i Veda. (7)
Questo Brahman Supremo sostiene ogni cosa, come un filo trattiene insieme una serie di perle, e
viene indossato dallo yogi, che conosce lo yoga, e dal Rishi che vede la verità. (8)
Quando si è stabilito al livello dello yoga supremo, il saggio deve abbandonare il filo sacro esteriore.
Chi è veramente consapevole deve indossare il filo costituito dalla consapevolezza del Brahman. (9)
Chi indossa interiormente questo filo trascendentale della conoscenza non diventa né contaminato
né pulito, perché si trova su un livello che trascende le dualità. (10)
Coloro che tra gli esseri umani conoscono questo filo sacro indossano veramente il filo del sacrificio,
coloro che sono devoti alla conoscenza trascendentale ne fanno la loro sikha e il loro sutra (filo
sacro). (11)
E' la conoscenza che li purifica, e tra le cose che purificano, la conoscenza è certo la più potente.
Coloro che hanno questa conoscenza come sikha non è differente dalla conoscenza, come il fuoco
non è differente dalla fiamma. Il saggio è chiamato sikhi ("che ha la sikha", il caratteristico ciuffo di
capelli del brahmana), mentre gli altri sono semplicemente persone che si fanno crescere i capelli in
un certo modo. (12) Coloro che si sono qualificati per le tre categorie di iniziati (brahmana, kshatriya e
98
Le 108 Upanishad
vaisya) e celebrano i rituali e i doveri vedici nella vita di grihastha devono però indossare anche il filo
sacro esteriormente, perché questo costituisce il simbolo visibile del loro impegno di fronte alla
società. (13)
Chi porta la conoscenza interiormente come filo sacro e come sikha vive sul livello del Brahman ed è
il vero brahmana: questo è ciò che affermano coloro che conoscono i Veda. (14) Questo filo sacro
interiore è l'epitome della purezza, lo scopo ultimo di tutti i rituali prescritti dai Veda. Chi lo indossa
è saggio, è la personificazione stessa del sacrificio, e conosce lo scopo del sacrificio. (15)
Il Signore Supremo non è visibile all'occhio materiale, ma è onnipresente e vive in ogni corpo come
il Sé di tutti gli esseri, il testimone (che non agisce né raccoglie i frutti dell'azione) e l'intelligenza
suprema, che non è limitata da caratteristiche specifiche. (16)
E' l'unico essere intelligente veramente attivo, mentre gli altri sono passivi. Manifesta il molteplice
dall'uno: soltanto i saggi che trovano questo Atman possono trovare la vera pace permanente. (17)
Il saggio fa di sé stesso l'arani inferiore e con il Pranava come arani superiore li strofina insieme
attraverso la pratica della meditazione, fino a far scaturire il fuoco della manifestazione del Signore
dalla realtà nascosta. (18) (Nota: gli arani sono i legnetti appositi utilizzati per accendere il fuoco per
frizione)
Come l'olio nei semi di sesamo, il burro nello yogurt, l'acqua nel fiume e il fuoco nel legno shami,
così è l'Atman che sta al centro del senso di identificazione, per chi lo cerca attraverso la veridicità e
la pratica dell'austerità. (19) Come il ragno tesse la sua tela e poi la riassorbe in sé, così il Jivatman
esce e rientra ripetutamente nello stato di veglia e nello stato di sogno. (20) La stanza interiore
nascosta nel cuore è simile a un fiore di loto, i cui petali sono percorsi da molte venature. In questa
coppa mistica risiede l'intero universo. (21) Lo stato di veglia è concentrato negli occhi, lo stato di
sogno è concentrato nella gola, lo stato di sonno senza sogni è concentrato nel cuore, mentre lo
stato trascendentale è concentrato alla sommità della testa. (22)
La concentrazione dell'Atman nel Brahman o Sé supremo attraverso la realizzazione spirituale
manifesta ciò che chiamiamo dhyana e sandhya, e anche le attività rituali ad essi collegati. (23)
Per i sannyasi ekadandi (che portano un bastone a una sola punta) la meditazione del sandhya non
necessita di offerte liquide o di attività esteriori del corpo e della parola: consiste nel principio che
unisce tutte le creature. (24)
Il saggio che è libero da ogni legame conosce la felicità trascendentale dell'Atman anche incarnato, in
cui la parola si ritira nella mente senza esprimersi esternamente. (25)
Questa felicità estatica non è altro che l'Atman- Brahman che pervade l'intero universo, come il
burro pervade il latte. (26)
Così termina la Brahma Upanishad, la suprema saggezza del Brahman, nella forma dell'unità
dell'Atman in tutti, fondata sulla disciplina spirituale (tapas) che consiste nella conoscenza (vidya), la
scienza dell'Atman.
Jabala Upanishad




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Parama Karuna Devi
Da questo (Brahman) che è eternamente completo (in sé stesso) emana ciò che è completo, e anche
in seguito ciò che è completo rimane completo. Om! Che ci sia pace in me! Che ci sia pace
nell'ambiente in cui vivo! Che ci sia pace nelle forze che agiscono su di me! (Invocazione)
Brihaspati chiese a Yajnavalkya di parlargli di Kurukshetra, il luogo sacro che distrugge le negatività
e protegge i buoni, dove i Deva celebrano i rituali e dove tutti gli esseri trovano il Brahman.
Yajnavalkya rispose, "Kurukshetra è Avirmukta, il luogo in cui i Deva offrono i sacrifici rituali e in
cui il Brahman risiede in tutti gli esseri. Perciò dovunque si vada, bisogna pensare, 'Questa è
Kurukshetra, il luogo sacro che distrugge le negatività e protegge i buoni, dove i Deva celebrano i
rituali e dove tutti gli esseri trovano il Brahman. Questo è il luogo dove al momento della morte
Rudra trasmette il mantra taraka brahman, conferendo la liberazione e l'immortalità. Bisogna dunque
rimanere fissi nell'Avimukta, e non allontanarsene mai.'"
Brihaspati commentò, "E' proprio così." (1.1)
Poi Atri Rishi chiese a Yajnavalkya come si può realizzare il Sé, che è infinito e non-manifestato.
Yajnavalkya rispose, "Questo Avimukta degno di adorazione, il Sé infinito e non manifestato non è
differente dall'altro Avimukta." (2.1)
In quale luogo è stabilito l'Avimukta? Si trova tra varana e nasi. Il nome varana indica che l'Avimukta
(Rudra) tiene lontano i difetti e le azioni negative dei dieci organi di senso, il nome nasi indica che
distrugge i difetti e le azioni negative dei sensi. Questo luogo di residenza si trova alla congiunzione
delle sopracciglia con il naso e collega la sommità della testa con il mondo. Coloro che conoscono i
Veda onorano questa congiunzione come sandhya nelle loro pratiche spirituali quotidiane. Questo
l'Avimukta che va onorato. Chi conosce questa vera natura dell'Avimukta la insegna. (2.2)
Gli studenti di Yajnavalkya gli chiesero quale mantra deve essere recitato per ottenere l'immortalità.
Yajnavalkya rispose, "Il Satarudriya, che è composto dai nomi di Shiva. Recitando questi mantra si
ottiene l'immortalità." (3.1)
Janaka, il re di Videha, chiese allora a Yajnavalkya di parlargli del concetto di sannyasa.
Yajnavalkya rispose, "Dopo aver completato il periodo di brahmacharya come studente sotto una
rigida disciplina, si diventa grihastha e poi vanaprastha. Dalla posizione di vanaprastha si entra
generalmente nell'ordine di rinuncia detto sannyasa.
Chi lo desidera può entrare nell'ordine di sannyasa anche dalla posizione di brahmacharya o di grihastha,
o in qualsiasi momento sia arrivato ad essere stanco della vita mondana, sia che stia già osservando i
voti oppure no, che abbia compiuto le abluzioni prescritte oppure no. Questo vale anche per coloro
che hanno smesso di curare il fuoco sacro alla morte della moglie e coloro che per qualsiasi altro
motivo non mantengono il servizio al fuoco sacro. (4.1)
Alcuni raccomandano che un iniziato celebri il sacrificio chiamato Prajapatya per Brahma prima di
entrare nell'ordine di sannyasa, ma non è obbligatorio. E' sufficiente celebrare il sacrificio per Agni,
perché Agni è il prana, l'energia vitale. Si deve quindi celebrare il sacrificio detto Traidhataivya per le
tre forme di Agni - sattva, rajas e tamas - che risiedono nel corpo. Dopo aver completato il rituale
bisogna aspirare il fumo del fuoco sacro, recitando questo mantra: (4.2)
100
Le 108 Upanishad
"O fuoco, questo soffio vitale è la tua origine, e risplendi poiché sei sorto dal Sutra Atman. Sapendo
questo, ritorna nell'Atman, la tua origine suprema. Che tu possa accrescere la nostra vera ricchezza,
che è la conoscenza." (4.3)
Dopo essersi procurato il fuoco sacro dal villaggio, aspirerà il fumo sacro come già detto. Se ciò non
gli fosse possibile offrirà le oblazioni nell'acqua, perché l'acqua rappresenta in verità tutti i Deva.
Recitando 'Offro queste oblazioni a tutti i Deva, svaha' verserà le oblazioni e poi mangerà una
piccola parte dell'oblazione già offerta, mescolata con il burro chiarificato, perché questo è bene. Il
mantra della liberazione è l'essenza dei tre Veda: realizzando la sua identità con il Brahman, deve
onorarlo." (4.4)
Poi Atri Rishi chiese a Yajnavalkya com'era possibile che un uomo senza il filo sacro potesse essere
considerato un brahmana. Yajnavalkya rispose, "La realizzazione dell'Atman è il vero filo sacro. E'
sufficiente compiere l'achamana bevendo tre gocce d'acqua: questo è il metodo raccomandato per
coloro che rinunciano alla vita mondana." (5.1)
Un sannyasi può anche intraprendere la via del coraggioso sul campo di battaglia o digiunare fino alla
morte, o annegarsi o entrare nel fuoco o partire per il grande viaggio fino a morire di stanchezza.
(5.2) Il sannyasi che vuole raggiungere il Brahman deve indossare abiti color ocra, rasarsi la testa,
accettare soltanto il minimo indispensabile per sopravvivere, mantenersi puro, praticare rigidamente
la non-violenza, e vivere poveramente di elemosine. Nel caso in cui soffra di qualche malattia seria,
la sua rinuncia al mondo può venire espressa con parole pronunciando mantra, oppure attraverso una
forte determinazione mentale. Questo è il metodo prescritto da Brahma: il sannyasi che segue questa
via realizza il Brahman. (5.3)
I saggi chiamati Paramahamsa, come gli antichi Samvartaka, Aruni, Svetaketu, Durvasa, Ribhu,
Nidagha, Jadabharata, Dattatreya, Raivataka e altri, non portavano segni distintivi e si comportavano
come se fossero pazzi, nonostante la loro sanità mentale fosse perfetta. (6.1)
Abbandonando il tridanda (triplice bastone), il vaso per l'acqua, la borsa, la ciotola per le elemosine,
la stoffa per filtrare l'acqua, tagliandosi la sikha e consegnando il filo sacro alle acque recitando 'bhuh
svaha', il Paramahamsa prende rifugio nell'Atman. (6.2)
Nudo come chi è appena nato, non disturbato dalla dualità, accettando soltanto ciò che è
strettamente indispensabile, fermamente stabilito sulla via della verità del Brahman, con la mente
pura, ricevendo le elemosine nello stomaco all'ora prescritta per mantenersi in vita, diventando
equanime verso ciò che è favorevole e ciò che è sfavorevole, trovando rifugio in sé stesso, vivendo
in una casa abbandonata, un tempio, un pagliaio, all'ombra di un albero, nella capanna di un vasaio,
in un dhuni dove risiede il fuoco sacro, sulla riva sabbiosa di un fiume, in una grotta o un bosco di
montagna, nel cavo di un albero, nei pressi di una cascata o in qualsiasi altro luogo pulito, deve
astenersi dal perseguire ambizioni, liberarsi dal senso di possesso, meditare sempre sul Brahman,
dedicarsi all'Atman, sempre intento a distaccarsi dalle attività buone e cattive, il sannyasi finalmente
abbandona il corpo in una consapevolezza di rinuncia. Questo è veramente un Paramahamsa.
Katha rudra Upanishad






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Om! Che il Signore ci protegga insieme, che ci nutra insieme, che possiamo lavorare insieme con
grande entusiasmo. Che il nostro studio sia intenso ed efficace, che tra noi non sorga mai dissidio o
inimicizia. Om! Che ci sia pace in me! Che ci sia pace nell'ambiente in cui vivo! Che ci sia pace nelle
forze che agiscono su di me! (Invocazione)
I Deva chiesero rispettosamente al grande Prajapati Brahma di istruirli nella conoscenza spirituale.
Prajapati rispose: (1)
"Dopo aver rasato tutti i capelli compresa la sikha e dopo aver rimosso il filo sacro, l'uomo che sta
entrando nell'ordine di rinuncia deve guardare il proprio figlio e dire, 'Tu sei le scritture, tu sei Yajna,
Vasatkara, la sillaba Om, Svaha e Svadha, tu sei l'autore del sacrificio e il creatore.' Il figlio deve
ripetere, 'Io sono le scritture, io sono Yajna, Vasatkara, la sillaba Om, Svaha e Svadha, l'autore del
sacrificio e il creatore, Tvastir, il fondamento di ogni cosa.' Questa è la formula rituale. Lasciando il
figlio e la casa, il padre non deve versare lacrime, perché altrimenti la sua discendenza andrà perduta.
Deve poi camminare attorno al proprio villaggio in segno di rispetto, ma senza guardare nulla. Se
riesce a compiere il rituale in modo corretto, è degno di raggiungere il mondo spirituale. (2)
Dopo aver studiato i Veda come brahmachari e aver compiuto i doveri rituali prescritti, dopo essersi
sposato e aver generato dei figli e aver provveduto adeguatamente alle necessità della famiglia come
grihastha e celebrato i sacrifici nel modo migliore possibile a seconda dei suoi mezzi, deve chiedere
agli anziani e ai parenti il permesso di entrare nell'ordine di rinuncia. Poi deve recarsi nella foresta,
dove celebrerà il sacrificio Agnihotra per 12 notti, offrendo al fuoco oblazioni di latte utilizzando
contenitori di legno. Durante questo periodo si nutrirà soltanto di latte. Terminato il rituale di 12
giorni offrirà i contenitori al fuoco sacro, recitando il mantra, 'Questa è l'oblazione finale al fuoco
Vaisvanara, a Prajapati, a Vishnu e Agni'. I contenitori di argilla saranno consegnati a un corso
d'acqua, i contenitori di metallo saranno consegnati al Guru con questo mantra: 'Pur separandoti da
me, non abbandonarmi mai. Pur separandomi da te, non ti abbandonerò mai.'
Poi deve prosternarsi ai tre fuochi - il Garhapatya agni, il Dakshinagni e l'Ahavaniyagni; in questa
occasione alcuni consigliano di inghiottire una piccola quantità di cenere del fuoco sacro. Dopo
essersi rasato tutti i capelli, deve abbandonare il filo sacro in un corso d'acqua con il mantra, 'bhuh
svaha'. Dopo aver così esaurito i propri doveri religiosi, può cercare la morte digiunando,
annegandosi, entrando nel fuoco o gettandosi nella mischia sul campo di battaglia, oppure può
viaggiare costantemente camminando finché muore per esaurimento o per qualche altro incidente di
viaggio, oppure può unirsi all'ashrama di asceti anziani. Per cena consumerà solo latte, e questa sarà la
sua offerta del sandhya serale. Il latte che beve al mattino sarà la sua offerta del sandhya del mattino, e
quello che beve alla luna nuova e alla luna piena saranno l'equivalente dei sacrifici compiuti in queste
occasioni. Il suo rituale di Agnistoma consisterà nella pulizia di primavera che consiste nel rasarsi
capelli e barba e tagliarsi le unghie. (3)
Dopo essere entrato nell'ordine di rinuncia non riprenderà a celebrare i rituali del fuoco, ma reciterà
il mantra spirituale, 'perché sono diventato la morte e entro in ciò che accadrà'. Augurando bene a
tutti gli esseri viventi (sarva sukhino bhavantu) e contemplando soltanto l'Atman e nient'altro,
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Le 108 Upanishad
sottomettendosi completamente al Supremo, ricorderà sempre che ha abbandonato la via della vita
ordinaria e rimarrà sempre senza fissa dimora. Si nutrirà soltanto di elemosine e non cercherà o
accetterà doni di alcun genere. Non indosserà abiti di alcun genere, tranne che in casi di emergenza.
(4)
C'è un verso che dice: "Il vaso dell'acqua, il mestolo, la borsa a tracolla, il bastone, le calzature, lo
scialle per proteggersi dal freddo, il perizoma, gli abiti, l'anello di erba kusha, l'asciugamano da bagno,
il filo sacro e le scritture: il sannyasi deve rinunciare a tutte queste cose." (5-6)
Farà il bagno e berrà acqua pulita, dormirà sulla sabbia della riva del fiume o nei templi. (7) Non
dovrà sottoporre il corpo a comodità o austerità estreme, non si rallegrerà quando è lodato né si
arrabbierà quando è insultato. (8) Il sannyasi che cerca la liberazione dalla materia deve osservare
strettamente il voto di brahmacharya, che consiste nel rinunciare al piacere sessuale in tutte le sue
forme: non soltanto all'atto sessuale fisico vero e proprio, ma anche alle fantasie sessuali e
romantiche, agli incontri privati, alla discussione di argomenti sessuali o romantici, ai giochi e ai
divertimenti che posono suscitare desideri sessuali, e persino a toccare o guardare un corpo che può
risvegliare il desiderio sessuale. (9-10)
La luce divina che illumina il mondo risplende sempre: è il testimone del mondo, il Sé universale, la
cui forma è pura e trascendentale, il sostegno e la base di tutti gli esseri, la cui natura è pura
consapevolezza. (11-12) Si può raggiungere il Brahman soltanto con la conoscenza del Brahman -
non con i rituali religiosi, né generando dei figli o in qualche altro modo. (13) Questo Brahman, che
è l'Uno senza secondi, che è la Verità, la Conoscenza e la Felicità, è l'oggetto della vera conoscenza. I
migliori tra i brahmana, che conoscono il Brahman nella grotta del cuore chiamata Akasha, lo spazio
supremo, ottengono immediatamente tutto ciò che desiderano in questa esistenza temporanea. (14-
15)
Chi realizza l'Atman, che è il testimone del potere chiamato ignoranza e illusione, ed è consapevole
di essere soltanto Brahman, diventa il Brahman stesso. (16) Da questo Atman, che è Brahman e il
cui potere si chiama Maya, ebbe origine l'Akasha non manifestato, come un serpente di corda. (17)
Dallo spazio ebbe origine il contatto non manifestato che viene chiamato aria (Vayu), poi dall'aria
ebbe origine il fuoco, dal fuoco l'acqua, dall'acqua la terra. (18)
Dopo aver separato e rimescolato tutti gli elementi sottili nei cinque grossolani, il Signore Shiva creò
il Brahmanda, l'uovo cosmico. (19) All'interno del Brahmanda si trovano Deva, Upadeva, Asura,
Yaksha, Kinnara, esseri umani, animali e tutti gli esseri viventi, a seconda dei risultati delle loro
azioni precedenti. (20)
Il corpo degli esseri viventi è costruito su un telaio di ossa e tendini, che è l'essenza della natura del
nutrimento (annamaya) per l'Atman onnipresente. (21) All'interno del corpo l'essenza del Prana
(pranamaya) si divide in cinque, e l'essenza della mente (manomaya) si divide in parti ancora più
numerose. (22) Ancora più interiormente c'è l'essenza della conoscenza (jnanamaya), e ancora più
interiormente c'è l'essenza della felicità (anandamaya). (23)
Il sé chiamato annamaya è pervaso dal sé chiamato pranamaya, che a sua volta è pervaso dal sé
chiamato manomaya, a sua volta pervaso dal sé chiamato jnanamaya, che è pervaso dal sé anandamaya.






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(24)
La mente è quindi pervasa dalla conoscenza, e la conoscenza è sempre piena di felicità. (25)
Nello stesso modo, il sé chiamato anandamaya è pervaso dal Brahman, che è il Testimone e il Sé più
intimo e non è pervaso da altro. (26)
Realizzando direttamente questo Brahman, che è il Sostegno e la Verità, la conoscenza e non-dualità,
colui che dimora nel corpo, l'essenza, la gioia, l'eterno, il saggio diventa completamente felice. In che
altro modo sarebbe possibile trovare la felicità? (27-28)
Se non esistesse questa felicità suprema che è la natura più intima di tutti gli esseri viventi, nessuno
potrebbe sopravvivere e rimanere attivo. (29) Questa Esistenza, risplendente di piena
consapevolezza, dà una felicità costante al Sé individuale, che altrimenti potrebbe conoscere solo la
tristezza. (30)
Il sannyasi può raggiungere la libertà dalla paura e la grandezza soltanto quando raggiunge la perfetta
unità con questo Brahman, che è libero da qualsiasi differenza o dualità. L'Esistenza del Brahman è
il bene supremo, l'immortalità suprema, la trascendenza che si trova oltre le tre divisioni del tempo e
le tre qualità della materia. (31-32)
Quando un individuo percepisce anche una minima differenza in questa identità, sopravviene
senz'altro la paura. (33) Questa essenza di felicità permette a tutti di realizzare la felicità a vari livelli,
da Vishnu a una pietra. (34) Questa felicità naturale risplende maggiormente in chi è esperto nelle
scritture e in chi è soddisfatto nel Sé e non desidera ottenere alcuna posizione. (35)
E' risaputo che le funzioni della parola dipendono da fattori nateriali come lo strumento di
espressione (caratteristico della specie umana), dalle qualità, dall'oggetto del discorso e dallo sforzo
di espressione. (36) La mente sottile che contempla ogni cosa rimane incapace di afferrare il
Supremo, e così rimangono insufficienti anche la facoltà della parola, le facoltà dei sensi e gli organi
di azione. (37)
Quando si realizza il Brahman che è felicità pura, senza dualità, senza limitazioni descrittive,
l'essenza stessa della verità e della consapevolezza, come il proprio Atman, la paura si dissipa
immediatamente. (38) Chi apprende questo dagli insegnamenti del Guru diventa maestro di sé
stesso, e non è mai turbato dall'impatto del risultato delle azioni buone o cattive. (39)
Il mondo intero, che prima sembrava fatto di vittime e carnefici, risplende ora come l'Atman, grazie
alla conoscenza ottenuta dagli insegnamenti del Vedanta. (40)
Il Brahman supremo, Isvara, il Jivatman, colui che conosce, il mezzo della conoscenza, l'oggetto
della conoscenza e il risultato costituiscono le sette categorie distinte esclusivamente a scopo
empirico. (41-42) La consapevolezza che non è toccata dalla condizione illusoria (maya, avidya) è
chiamata pura: a livello cosmico viene chiamata Isvara, mentre a livello individuale è l'Atman. A
livello degli organi interni è la consapevolezza che percepisce, mentre a livello delle modificazioni
degli organi interni è il mezzo della conoscenza. (43-44) La consapevolezza che non è percepita
viene definita come oggetto, mentre la consapevolezza percepita è definita come risultato. Chi è
intelligente deve meditare sull'Atman come libero da ogni condizionamento. (45)
Chi conosce questo veramente diventa Brahman. (46)
104
Le 108 Upanishad
Vi parlo della vera essenza dell'insegnamento di tutto il Vedanta: morire a sé stesso, diventare sé
stesso, eppure rimanere sé stesso.
Kundika Upanishad
Om! Che il mio corpo, la mia parola, il prana, gli occhi, le orecchie, la vitalità e tutti sensi si
rafforzino. Il Brahman delle Upanishad è tutto ciò che esiste. Che io possa non negare mai il
Brahman, né il Brahman dimenticarmi. Che non ci sia oblio o rinnegamento, almeno da parte mia.
Che le virtù proclamate nelle Upanishad risplendano in me, che sono devoto all'Atman. Om! Che ci
sia pace in me! Che ci sia pace nell'ambiente in cui vivo! Che ci sia pace nelle forze che agiscono su
di me! (Invocazione)
Dopo aver studiato le scritture in modo irreprensibile durante il periodo di brahmacharya dedicandosi
al servizio del maestro, lo studente chiederà al maestro il permesso di tornare a casa e sposare una
ragazza adatta. In seguito accenderà coraggiosamente il sacro fuoco e celebrerà il rituale di un giorno
e una notte offrendo oblazioni a Brahma e ai Deva. (1-2) Dopo aver diviso i propri possedimenti tra
i figli con giustizia e rinunciato a tutti i piaceri dei sensi, si recherà in pellegrinaggio nei luoghi sacri
come vanaprastha. (3) Digiunando completamente oppure nutrendosi di acqua ed eventualmente di
radici, si asterrà da ogni interazione sociale, ma senza rammaricarsi pensando alla sua vita
precedente. (4)
Com'è possibile che un uomo che vive ancora con la moglie sia considerato nell'ordine di rinuncia?
Com'è possibile che un uomo sia considerato rinunciato soltanto perché porta il nome di sannyasi?
L'uomo deve piuttosto purificarsi rinunciando al risultato delle sue azioni attraverso la disciplina e
l'autocontrollo: soltanto allora può entrare nell'ordine di sannyasa. Un uomo può entrare nell'ordine
di vanaprastha soltanto se durante la vita di grihastha ha servito il fuoco sacro: in questo caso va a
vivere nella foresta in modo disciplinato accompagnato dalla propria moglie. (5-6)
Perché ha abbandonato i piaceri della vita mondana? Quale imminente sofferenza gli ha fatto
abbandonare la gioia? "Perché temo le sofferenze della vita nell'utero di una nuova madre, il
tormento del caldo e del freddo, e gli altri disagi del mondo materiale. Desidero dunque rifugiarmi
nella rinuncia, che permette di raggiungere lo stato trascendentale, che è libero da ogni sofferenza.
(8) Dopo aver rinunciato al fuoco sacro non tornerò più a celebrare i suoi rituali. La mia identità si è
estinta e si è fusa in ciò che verrà." (9-10)
In questo modo ripeterà i mantra che si riferiscono all'Atman. (11)
Dopo la consacrazione come sannyasi vestirà abiti color ocra e si raserà i capelli e i peli del corpo,
tranne quelli delle ascelle e del pube. Camminando con la mano destra alzata, partirà come un
mendicante vagabondo, abbandonando la vita mondana, e rimarrà senza fissa dimora. Vivrà di
elemosine, mediterà profondamente riflettendo su ciò che ha imparato, e la sua conoscenza sarà
pura e intesa a proteggere tutti gli esseri. (12)
Il sannyasi può possedere soltanto un vaso per l'acqua, una ciotola per le elemosine, una borsa a
tracolla, un paio di sandali, uno scialle rattoppato, un perizoma, un anello di erba kusha, un






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Il sannyasi può possedere soltanto un vaso per l'acqua, una ciotola per le elemosine, una borsa a
tracolla, un paio di sandali, uno scialle rattoppato, un perizoma, un anello di erba kusha, un
105
Parama Karuna Devi
asciugamano per il bagno e una singola stoffa come abito. Deve rinunciare a qualsiasi altra cosa. (13-
14) Deve dormire sulla riva sabbiosa di un fiume, o all'entrata di un tempio. Non deve sottoporre il
corpo ad estremi di dolore o di piacere. (15) Deve usare acqua pura per bere, lavarsi e fare il bagno.
Non deve rallegrarsi quando viene lodato, né arrabbiarsi quando viene insultato. (16)
La sua ciotola per le elemosine deve essere fatta di foglie, e userà come detergente dell'argilla fresca.
(17) Accontentandosi di queste minime necessità, controllerà i sensi e ripeterà i sacri mantra. Il saggio
deve realizzare il significato dell'Om. (18)
Dal Brahman ha avuto origine lo spazio, dallo spazio l'aria, dall'aria il fuoco, dal fuoco l'acqua,
dall'acqua la terra. Questi elementi primari hanno origine dal Brahman, l'immortale, indistruttibile ed
eterno, in cui io prendo rifugio rispettosamente. (19)
“In me, che sono l'oceano della felicità pura, si alzano e ricadono le onde dell'universo suscitate dal
vento del gioco dell'illusione. (20) Non sono attaccato al corpo, proprio come il cielo non è attaccato
alle nuvole. Non mi identifico dunque con il corpo né quando sono sveglio, né quando sogno, né
quando dormo profondamente. (21) Come lo spazio, io sono al di là della comprensione
intellettuale, sono differente dal corpo come il sole è differente dagli oggetti che illumina. Io sono
sempre immutabile e senza limiti come l'oceano. (22) Io sono Narayana, il distruttore di Narakasura.
Io sono Shiva, il distruttore di Tripurasura. Io sono il Purusha, il Signore Supremo, la
consapevolezza indivisa, il testimone di ogni cosa, che non ha superiori. Sono libero dall'ahankara e
dal mamatva - l'identificazione materiale e il senso di possesso.” (23)
Il sannyasi si impegnerà nella pratica dello yoga per unire il Prana con l'Apana. Ponendo le mani sul
perineo, mordendo delicatamente la lingua leggermente esposta, con gli occhi appena socchiusi fissi
nello spazio, fermamente stabilito sul terreno, chiuderà le porte dei sensi di percezione. (24-25)
La sede di Shiva è il Brahman trascendentale, che viene realizzato attraverso la via dello yoga,
facilitato dalla pratica compiuta nelle vite precedenti. (26) Con l'aiuto dei sensi esteriori e interiori, lo
splendore della realizzazione raggiunge il cuore sostenuta dall'energia vitale; quando penetra la
sommità del cranio raggiunge il Brahman imperituro. (27) Coloro che raggiungono il livello
trascendentale alla sommità del cranio non tornano più a rinascere, perché conoscono il Brahman
inferiore e quello superiore. (28)
Le qualità degli oggetti osservati non toccano chi li osserva senza identificarsi con essi, e così le
caratteristiche di un uomo di famiglia non toccano chi rimane libero interiormente e stabile nella
consapevolezza, proprio come una fiamma che non vacilla nel vento. (29)
“Io potrò viaggiare sulla terra o sull'acqua, ma non sarò toccato dalle loro qualità proprio come lo
spazio in un vaso non è toccato dalle qualità del vaso. (30) Io sono libero dall'azione, dal
cambiamento, da parti e forme, da fantasie e da desideri. Sono eterno e indipendente, libero dalla
dualità. Io sono la forma di tutti gli esseri e tutto ciò che esiste, trascendo ogni cosa, sono l'unica
conoscenza suprema e la felicità indivisa dell'Atman. (31-32) Vedendo in ogni cosa soltanto l'Atman,
senza secondi o opposti, gustando la felicità dell'Atman, rimango libero dalle proiezioni mentali.”
(33)
Mentre cammina, si ferma, siede, si distende e così via, il saggio che trova piacere nell'Atman vive
106
Le 108 Upanishad
come desidera. (34)
Maitreya Upanishad
Om! Che il mio corpo, la mia parola, il prana, gli occhi, le orecchie, la vitalità e tutti sensi si
rafforzino. Il Brahman delle Upanishad è tutto ciò che esiste. Che io possa non negare mai il
Brahman, né il Brahman dimenticarmi. Che non ci sia oblio o rinnegamento, almeno da parte mia.
Che le virtù proclamate nelle Upanishad risplendano in me, che sono devoto all'Atman. Om! Che ci
sia pace in me! Che ci sia pace nell'ambiente in cui vivo! Che ci sia pace nelle forze che agiscono su
di me! (Invocazione)
Il re Brihadratha incoronò il figlio maggiore e si ritirò nella foresta, stanco della vita mondana e
considerando l'impermanenza del corpo materiale. Nella foresta si dedicò alle austerità più elevate,
salutando il sole con le braccia alzate. Quando furono trascorsi mille anni, il Deva del Sole andò da
Brihadratha, simile a fuoco che arde senza fumo, sotto l'aspetto di Sakayanya Rishi. Gli disse,
"Alzati, e scegli una benedizione."
Inchinandosi a lui, il re disse, "Signore, so che tu conosci la verità. Ti prego, parlami della
conoscenza dell'Atman."
"O discendente di Ikshvaku, non mi fare questa richiesta perché non posso soddisfarla. Chiedi
qualsiasi altra cosa."
Chinandosi a onorare i piedi di Sakayanya, il re recitò i versi seguenti: (1.1)
"Perché dovrei parlare di altre cose? Gli oceani si prosciugheranno, le montagne saranno
polverizzate, la stella polare e gli alberi si sposteranno, la terra verrà sommersa e i Deva perderanno
la loro posizione. Che senso ha perseguire i desideri e godere dei sensi in questa vita materiale, che
dipende dal senso di dualità, per poi tornare ripetutamente a rinascere? Signore, tu sei in grado di
sollevarmi a un livello superiore. Io sono come una rana nel pozzo di questo mondo: aiutami. (1.2)
Questo corpo materiale nasce dall'unione sessuale e non ha una propria consapevolezza. In realtà è
abominevole, perché esce dall'orifizio attraverso il quale si urina, è pieno di ossa e carne e avvolto di
pelle, contiene feci, urina, aria, bile, muco, midollo, grasso, secrezioni e altre cose disgustose. Poiché
mi trovo in un corpo di questo tipo, ti supplico di aiutarmi." (1.3)
Molto compiaciuto, il grande Sakayanya Rishi disse, "O re Brihadratha, gioiello della dinastia di
Ikshvaku, tu conosci l'Atman, hai eseguito brillantemente i tuoi doveri e sei famoso con il nome di
Marut. Cosa posso dirti? (1.4)
Gli oggetti definiti dal suono e dal tatto sono un pericolo evidente, perché il Jivatman incarnato nei
cinque elementi può attaccarsi ad essi dimenticando lo scopo supremo. (1.5) Attraverso l'austerità si
arriva a conoscere la natura virtuosa dell'essere, che rende stabile la mente. La concentrazione della
mente permette di realizzare l'Atman, e realizzando l'Atman si previene la ricaduta nel ciclo di morti
e rinascite. (1.6) Proprio come il fuoco si placa quando ha consumato tutta la legna, la mente diventa
tranquilla nella sua origine quando ha esaurito le proprie attività. (1.7



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