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| D: Ci hai parlato di Uiepe, l’ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna. In che modo collaborate con esso? E quali sono le vostre attività all’interno del carcere Pagliarelli di Palermo?
R: Sia con il Uiepe che con l’istituto Antonino Lo Russo portiamo avanti una collaborazione da molti anni oramai. Con il Uiepe oltre a curare insieme tutto ciò che gravita attorno allo svolgimento della misura alternativa alla detenzione, realizziamo momenti di incontro e confronto sul tema della legalità e sulla giustizia riparativa, non solo con le imputate/condannate, ma soprattutto con la società civile. Un altro aspetto molto importante per noi è la progettualità a favore dei soggetti in carico. All’interno del carcere Antonino Lo Russo facciamo un lavoro di preparazione al “fuori”. Oltre a ritagliarci dei momenti di confronto del sé, abbiamo implementato un laboratorio sartoriale all’interno del quale le donne detenute possono sperimentarsi ed acquisire o migliorare le proprie competenze manuali. Una volta concluso il percorso detentivo la persona, qualora lo desideri, continua il suo percorso di crescita presso la nostra Sartoria Sociale.
D: Nella pratica, in che modo avviene il loro reinserimento? I detenuti e gli ex-detenuti come si mostrano nei confronti del progetto? Quali sono i benefici nella loro quotidianità e quanto incide questo percorso nella ricostruzione delle relazioni e nel riprendere in mano la propria vita?
R: Ogni persona svolge un percorso diverso, non solo rispetto alla durata, ma soprattutto circa i contenuti. Ciò dipende da tanti fattori, in primis dal vissuto della persona. Quello che cerchiamo di fare con le persone che vivono i nostri luoghi è un lavoro di riflessione sul sé oltre alla promozione della socialità e della responsabilizzazione. I principi che portiamo avanti cerchiamo di renderli trasversali e comprensibili a tutti. Tra questi crediamo fortemente nella potenzialità intrinseca che ognuno di noi ha di fare, e fare bene. Da questo scaturisce un dovere, il dovere di agire e di non restare immobili nelle situazioni di disagio. Per fare ciò è fondamentale per noi dare il buon esempio; quindi, molto spesso, cerchiamo di affiancare una persona appena inserita con un’altra che frequenta già da tempo, così da trainare e poi spingere il nuovo arrivato verso il successo, questa è un’azione di peer education.
Il successo è il raggiungimento dei propri obiettivi, declinabili in tantissimi modi, di crescita personale così come di conquiste. Le persone che provengono dalla giustizia spesso manifestano bisogni chiari oltre che latenti, quali ad esempio la mancanza di un’occupazione, di un’abitazione sicura o di una cerchia relazionale di valore. Altre volte invece ci scontriamo con credenze ormai radicate nelle persone che accogliamo, quali ad esempio il raggiungimento dei propri obiettivi nell’illegalità. Noi, essendo impresa sociale e ancor prima cooperativa di tipo B, promuoviamo l’inclusione socio-lavorativa di queste persone tramite un’educazione al lavoro e allo stare con gli altri, che si traduce nell’acquisizione del know-how di come stare al mondo. Le persone in carico all’autorità giudiziaria hanno un obbligo rispetto al perseguimento del percorso. Inizialmente tutti dicono di non aver fatto nulla di male e di essere qui ingiustamente. In realtà quando le persone sottoposte all’autorità giudiziaria decidono di intraprendere un percorso dei lavori di pubblica utilità, dichiarano loro stesse di avere commesso il fatto, assumendosene le responsabilità e quindi per riparare alle proprie azioni che hanno leso qualcun altro o la società tutta, donano il loro tempo a titolo gratuito per attività che vanno invece a promuovere benessere sociale. Ogni percorso come detto all’inizio varia in termini di qualità. Sarebbe poco veritiero dire che tutte le persone passano qui trovano il loro equilibrio con la società. Posso dire invece che molti, non tutti, dopo un primo periodo di diffidenza, acquisiscono sempre più fiducia negli altri e in sé. Si accorgono di questo potenziale di cui parlavo all’inizio e cominciano a fare piccoli passi verso il proprio successo. Noi ovviamente li supportiamo passo dopo passo, non ci limitiamo a farli fare attività utili a noi.
Cerchiamo di trovare compiti e mansioni in linea con aspirazioni e competenze e oltre a ciò ci adoperiamo per rispondere a più bisogni possibili. Attiviamo la nostra rete, facciamo matching con aziende del territorio, anche del mondo for profit, per l’inclusione socio lavorativa o un desiderio formativo. Questi sono solo esempi perché i bisogni delle persone sono tantissimi e riguardano sfere diverse, è complesso definirli ed è complesso dare una risposta efficace nel breve termine. La crescita e il miglioramento del sé è un processo lungo che richiede molto sforzo da parte della persona. Noi siamo un luogo di transizione che accompagna l’altro verso la società.
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