IL FARO DEI SOGNI

Libro settimo: UTTARA KANDAM Yadu era un demone.

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 7/5/2022, 16:57     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


165193895941816512233117791649782977407uttara_kanda





[NOTA: Yadu era un demone. Il Signore Krishna nacque nella stirpe di Yadu. I discendenti non ereditano necessariamente la natura dei loro antenati.]

Un giorno, mentre Rama sedeva nella sua corte, la guardia del palazzo gli annunciò: "Molti saggi sono giunti alla porta, o re, e desiderano incontrarti".
Su sollecita richiesta di Rama, i saggi entrarono a corte.
Dopo averli devotamente onorati, Rama disse loro: "Uomini santi!
Che cosa posso fare per voi? Posso conoscere lo scopo della vostra visita? Vi prego, comandate, e io farò con immensa gioia tutto quello che desidererete. Questo regno, la mia vita, e tutto il resto, li mantengo solo per il servizio dei santi. Questo lo dico in verità".
Dopo questa rassicurazione, i saggi dissero a Rama: "In un tempo remoto c'era un grande demone chiamato Madhu, figlio di Lola. Egli era un essere giusto e virtuoso, e per questo era amato dagli dèi e dai saggi. Assai contento di lui, il Signore Shiva gli fece dono di un tridente che aveva i poteri del suo stesso tridente.
"Il Signore disse a Madhu: "Estremamente compiaciuto di te, ti faccio dono di questo tridente. Fino a quando non verrà usato contro i saggi e gli dèi, resterà tuo; altrimenti sparirà".
"Madhu fu immensamente felice e pregò per un altro favore: signore, fate che questo tridente sia proprietà di tutti i miei discendenti".
"Il Signore, però, concesse un dono leggermente modificato: "La tua preghiera non deve rimanere inascoltata. Perciò avrai un figlio al quale farai dono del tridente. Fino a quando egli terrà il tridente in mano, resterà invincibile".
"Felice del dono ricevuto dal Signore Shiva, Madhu fece ritorno a casa. Sua moglie Kumbhinasi diede presto alla luce un figlio malvagio di nome Lavana. Fin dalla sua infanzia Lavana indulgeva in terribili azioni malvagie. Vedendo questo, Madhu fu molto turbato e dispiaciuto, e tuttavia non riuscì a fare nulla per cambiarlo. Perciò egli abbandonò casa e andò via. Comunque, prima di partire, diede al giovane il tridente del Signore Shiva, rivelandogli le condizioni del dono.
"Con l'ausilio di quel tridente Lavana cominciò a saccheggiare i tre mondi.
"Tutti i re del mondo, e i santi, gli asceti e gli eremiti hanno terribilmente paura di Lavana. O Rama, tu sei il nostro solo rifugio. Ti abbiamo raccontato sinceramente del demone e dell'arma che impugna . Noi siamo stati felici di sapere che tempo fa uccidesti il malvagio Ravana. Perciò riteniamo che solo tu puoi salvarci".
Rama domandò: "Dove vive questo demone chiamato Lavana? Cosa mangia? Che cosa fa?".
I saggi risposero: "O Signore, il demone vive a Madhuvana. Egli mangia di tutto, ma in particolare predilige divorare gli asceti. Le sue azioni sono veramente crudeli!".
Rama rassicurò i saggi: "Andate in pace, o santi. Potete considerare già morto il demone; su questo non c'è dubbio". Poi, volgendosi ai suoi fratelli, Rama chiese: "Chi è pronto a compiere quest'impresa?".
Bharata si offrì volontario. Satrughna però intervenne e disse: "Il mio diletto fratello maggiore Bharata ha già avuto abbastanza infelicità nella sua vita. Lascia che quest'impresa sia affidata a me".
Rama fu d'accordo e rispose: "Ben detto, Satrughna. Manderò te a combattere contro Lavana. Anzi, voglio incoronarti subito re di Madhuvana. Uccidi Lavana, installati sul trono di Madhuvana e governa quel paese con giustizia".
Questa svolta improvvisa degli eventi sconcertò Satrughna, che rispose: "Ahimè, che cosa ho fatto! Mi sembra ingiusto che mentre il fratello maggiore è ancora in vita, il minore sia incoronato. D'altro canto il tuo comando non dev'essere disobbedito. Tu stesso mi hai spesso insegnato le sacre Scritture che spiegano la giusta condotta umana, e io so che non è corretto per un giovane argomentare con un anziano. Io so che argomentare contro quello che un anziano ha detto, anche se potrebbe apparire ingiusto, non è corretto. Perciò, Rama, non discuterò con te, ma farò esattamente ciò che mi hai comandato di fare, e distruggerò qualsiasi ingiustizia possa trovarsi in me".
Rama celebrò immediatamente l'incoronazione di Satrughna come re di Madhuvana, prima ancora di inviarlo a combattere contro il demone. I saggi e tutti gli altri religiosi presenti proclamarono il demone morto, già dal momento dell'incoronazione di Satrughna! Rama strinse a sé Satrughna e gli consegnò un'arma dall'incomparabile potenza: "Carissimo fratello, quest'arma fu creata dallo stesso Creatore Brahma traendola dal grande oceano; ma finora era rimasta celata. Il Signore la usò contro i primi demoni, Madhu e Kaitabha; e dopo la loro distruzione la usò per creare il mondo. Benché la conoscessi, non l'ho mai usata contro Ravana, perché sapevo che avrebbe causato un'immensa distruzione...
"Tu sai che Lavana tiene il tridente di Shiva in casa sua e tutti i giorni attende al suo culto. Poi egli va in giro per procurarsi il cibo. Se lo sfiderai prima che rientri a casa sua e metta di nuovo le mani sul tridente, lo sconfiggerai facilmente".
Rama continuò: "Porta con te un grande esercito che ti sostenga nell'impresa, o Satrughna. Portati denaro e viveri a sufficienza e distribuiscili ai soldati, perché siano contenti e stiano su col morale. Fa' accampare l'esercito lontano dalla città e presentati da solo a Madhuvana, cosicché il demone non abbia sospetti sulle tue intenzioni. Questo è l'unico modo in cui potrai ucciderlo. E adesso è il momento migliore per partire; perché è estate, e il Gange è facile da attraversare".
Dopo aver ricevuto le benedizioni delle regine e di Rama, Satrughna partì. Infine, dopo aver passato due notti per strada, Satrughna raggiunse l'eremo del saggio Valmiki. Egli s'inchinò ai piedi del saggio e poi chiese: "Sant'uomo, permettetemi di restare qui per una notte. Domani ripartirò per la mia missione".
Il saggio accolse Satrughna con tutto il cuore e gli disse: "Invero questo è il tuo eremitaggio; esso appartiene a Rama e alla sua famiglia".





segue

 
Web  Top
view post Posted on 9/5/2022, 09:19     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Dopo avergli offerto l'ospitalità dell'eremo, il saggio Valmiki narrò a Satrughna la seguente storia riguardo a un eremitaggio delle vicinanze:
"C'era una volta un re chiamato Saudasa, che aveva un figlio di nome Viryasaha. Un giorno, mentre era a caccia, Saudasa vide due demoni nella foresta intenti a godersi il loro pasto. Pieno di collera, il re ne uccise uno. L'altro demone maledì Saudasa con queste parole: "Tu hai ucciso il mio amico, che non ti aveva fatto alcun male; perciò, a suo tempo, mi prenderò la rivincita su di te".
"Qualche tempo dopo Saudasa volle celebrare il rito del cavallo. Alla conclusione del rito, il demone prese le sembianze del saggio Vasishtha e chiese della carne da mangiare. Il re diede ordine di preparare la carne. E il demone stesso, questa volta nelle sembianze di un cuoco, preparò un pasto di carne umana.
"Quindi il re servì il vero saggio Vasishtha con quel cibo. Ma il saggio adirato maledì il re : "Poiché mi hai dato da mangiare della carne umana, tale sarà il tuo cibo (cioè, diventerai un cannibale)".
"Il re stava per maledire a sua volta il saggio, ma la regina lo trattenne. La sua ira fluì fuori dalla sua bocca e bagnò i suoi piedi, che divennero scuri, Per questo egli fu chiamato Kalmashapada. Allora Vasishtha modificò la sua maledizione e disse: "Essa avrà effetto solo per dodici anni". Dopo aver vissuto per dodici anni come un cannibale, il re riacquistò la sua condizione precedente e il regno che gli apparteneva prima. Quel famoso rito sacro fu celebrato in quell'eremo laggiù.
Quella notte, mentre Satrughna era ospite nell'eremitaggio di Valmiki, Sita diede alla luce i figli di Rama.
Nel cuore della notte, alcune persone provenienti dall'eremitaggio femminile in cui risiedeva Sita si recarono dal saggio Valmiki e annunciarono: "Signore santo, la moglie di Rama ha dato alla luce due figli! Ti preghiamo, vieni a benedirli e a proteggerli dagli spiriti maligni".
Il saggio Valmiki si recò immediatamente dove si trovava Sita, accompagnato da parecchi saggi anziani. Egli prese un mazzetto d'erba kusa, consacrò i bambini con dei mantra per proteggerli dagli spiriti maligni e quindi li toccò con quegli steli d'erba.
Il primogenito fu toccato con la cima dell'erba kusa, e perciò Valmiki lo chiamò Kusa. L'altro bambino fu toccato con la parte bassa e terminale (lava) dell'erba, e perciò fu chiamato Lava.
Infine tutte le persone che si trovavano nell'eremo cantarono le glorie di Rama e Sita.
La mattina seguente Satrughna si recò dal saggio Chyavana e gli chiese di svelargli i punti forti e i punti deboli di Lavana e del famoso tridente di cui era in possesso.
Per far comprendere a Satrughna il potere tremendo di quel tridente, il saggio gli narrò la storia di un suo antenato chiamato Mandhata.
Il saggio Chyavana disse: "Una volta il tuo antenato Mandhata andò in cielo, con l'intenzione di conquistarlo. Indra gli disse umilmente: "O re, perché non provi a conquistare tutta la terra, prima di tentare d'invadere il cielo in questo modo?".
"Mandhata domandò con ira: "La terra è già stata conquistata; chi c'è sulla terra che non riconosce la mia sovranità?". Indra rispose calmo: "Lavana".
"Mandhata fece subito ritorno sulla terra e inviò un emissario a Lavana, perché accertasse se effettivamente egli non riconoscesse la sovranità di Mandhata. La risposta di Lavana fu rapida e sommaria: fece un bel pasto del messaggero.
"Fortemente incollerito da questo affronto alla sua potenza, lo stesso Mandhata in persona si recò a combattere contro Lavana. Per niente intimorito dalla sfida, Lavana prese il suo tridente e lo lanciò contro Mandhata. L'arma infallibile tolse la vita al grande re e ritornò dal demone".
"Tuttavia, non temere - concluse il saggio Chyavana - domani tu ucciderai il demone Lavana, quando lo sfiderai prima che abbia il tempo d'afferrare il tridente".
La mattina seguente di buon'ora Satrughna partì da solo verso la città chiamata Madhuvana. Una volta raggiunta la città, egli s'appostò in modo tale da bloccare l'ingresso alla casa di Lavana.
Lavana, che era uscito a procurarsi del cibo, tornò poco dopo con un carico enorme di carcasse di vari animali.
Vedendo Satrughna in piedi che bloccava l'entrata del suo palazzo, egli gridò: "Chi sei, o folle? Che cosa vuoi fare qui? Io ho ucciso e divorato migliaia di persone come te, nonostante fossero tutte ben armate ed eroiche in battaglia. Ovviamente la carne che ho portato con me non è abbastanza, e tu sei venuto a completarla per me. Ora ti ucciderò e farò un bel pasto anche di te".
Allora Satrughna rivelò la sua identità, dicendo di essere il fratello di quel Rama che aveva ucciso il potente Ravana.
Il demone replicò: "Ah, che meraviglia, Ravana era un mio parente stretto. Come sono fortunato di poter vendicare così facilmente la sua morte!".
Vedendo che il demone era disarmato, Satrughna lo sfidò ad un combattimento a corpo a corpo, Lavana accettò, e afferrati degli alberi enormi cominciò a colpire Satrughna con essi.
Satrughna combatté impavidamente, ma colpendolo con un grosso albero Lavana gli fece perdere i sensi.
Vedendolo giacere a terra immobile, Lavana pensò che Satrughna fosse morto. Perciò, senza neanche curarsi di andare a prendere il tridente, si sedette a consumare il suo pasto.
Nel frattempo, però, Satrughna aveva ripreso i sensi. E senza perdere altro tempo, egli fissò quel missile micidiale che Rama gli aveva dato, pronto a sparare, bloccando nello stesso tempo l'entrata del palazzo, in modo che Lavana non potesse prendere il suo tridente invincibile.
La forza del missile fu tale che fece paura anche agli dèi, che erano andati a trovare il Signore per un'ambasciata.





segue

 
Web  Top
view post Posted on 11/5/2022, 18:06     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Il Signore li rasserenò: "Questa immensa energia che vi ha impaurito tutti non è altro che il missile che Satrughna sta per usare nella battaglia contro Lavana. Esso fu forgiato all'inizio dal Creatore dell'universo per distruggere i demoni Madhu e Kaitabha. Andate rapidamente ad assistere al terribile scontro". E gli dèi scesero sulla terra per assistere alla grande battaglia.
Satrughna fece partire il missile divino contro Lavana, che cadde subito morto.
E in quello stesso istante il tridente ritornò dal Signore Shiva.
Dopo l'uccisione di Lavana, gli dèi si complimentarono con Satrughna per la sua impresa sovrumana.
"Questo demone aveva oppresso impietosamente molti dèi e demoni - essi dissero - ma per fortuna ora l'hai ucciso".
Satrughna pregò gli dèi perché entrassero nella città di Madhupuri. Gli dèi entrarono in città e la benedirono, augurandole che da allora in poi essa sarebbe diventata fiorente e prosperosa.
E infatti da quel giorno stesso la prosperità e la pace tornarono nella città di Madhupuri. Ogni suo abitante era sano, felice e in pace con sé stesso.
Con Satrughna come re, la giustizia fu riaffermata ovunque, e strade e giardini furono costruiti dappertutto.
Dedito al benessere della città e del suo regno, in questo modo passarono dodici anni. Un giorno Satrughna sentì l'intenso desiderio di rivedere i piedi divini di Rama.
Lungo la via del ritorno ad Ayodhya, Satrughna fece nuovamente sosta per un giorno all'eremo del saggio Valmiki.
Nel frattempo il saggio aveva composto la famosa epica chiamata 'Rama Carita' (la storia di Rama). E Valmiki volle recitarla a Satrughna per fargliela ascoltare.
L'epica era perfetta in ogni suo aspetto. Le sue parole erano veritiere, la narrazione era veritiera. Udendola, Satrughna cominciò a versare lacrime d'amore, e singhiozzando ripetutamente perse coscienza del corpo per un po' di tempo.
Anche i soldati lì presenti udirono la commovente storia e furono rapiti in estasi. Più tardi essi chiesero a Satrughna: "Di chi parla questa storia? Su che cosa è basato l'intero poema? È vero o stiamo sognando? Ti preghiamo di chiedere al saggio tutte queste cose".
Satrughna, comunque, si rifiutò di farlo. Egli rispose: "Guerrieri! Non è corretto da parte nostra chiedere queste cose al saggio. Certamente in quest'eremo del saggio Valmiki vi sono innumerevoli meraviglie".
Detto questo egli si ritirò nel proprio accampamento.
Ben presto Satrughna entrò nel palazzo di Rama e, con sua immensa gioia, vide il fratello attorniato dai suoi ministri.
Egli s'inchinò ai piedi del suo re, e poi disse: "Rama, ho eseguito devotamente i tuoi ordini. Lavana è stato ucciso e io stesso ho regnato su Madhuvana per un lungo periodo di dodici anni. L'amministrazione dello stato è stata stabilita su solide basi. Benedicimi, Signore, poiché senza di te sono come un vitello senza la mucca; permettimi di stare qui ai tuoi piedi".
Rama abbracciò affettuosamente il fratello e rispose: "Allo stesso modo anche tu mi sei molto caro, o Satrughna. Ma gli uomini di stirpe guerriera non si sentono tristi quando sono separati dai loro amici e parenti; poiché per loro, la protezione del popolo è di primaria importanza. Resterai dunque con me per sette giorni, e poi tornerai nel tuo regno".
Satrughna trascorse sette giorni beati in compagnia di Rama e degli altri suoi fratelli; e l'ottavo giorno ripartì per Madhupuri insieme a Bharata.
Un giorno, mentre Rama teneva consiglio nella sua corte ad Ayodhya, un uomo anziano si presentò alle porte del palazzo, portando tra le braccia il corpicino morto del suo bambino.
L'anziano brahmana gridava piangendo: "Ahimè, cos'ho fatto per meritare questa sventura? Io non ho mai pronunciato il falso; non ho mai fatto del male ad alcun essere vivente. Non ricordo di aver mai fatto una cattiva azione contro qualsiasi essere. E allora, per quale peccato questo mio figlioletto è morto prima di poter celebrare le esequie dei suoi genitori?
"Ah, figlio mio, te ne sei andato dopo una vita tanto breve, lasciando me e tua madre affranti dal dolore. Ma molto presto anche noi ti seguiremo .
"Una disgrazia come questa non s'è mai sentita; io non ho mai visto una cosa simile. Dev'esserci senz'altro una ragione. Si sa che cose del genere avvengono a causa dell'ingiustizia del re. Non c'è dubbio che il re Rama è responsabile della morte prematura di questo bambino.
"Che il re riporti il bambino in vita, oppure io mi toglierò la vita qui stesso, davanti all'ingresso del suo palazzo. E allora che il re e i suoi fratelli si divertano, dopo essersi resi responsabili della morte di un brahmana.
"Le disgrazie affliggono la nazione governata iniquamente da un re dalla condotta deplorevole o immorale; è solo in un paese simile che il popolo è soggetto alla morte prematura".
Profondamente angosciato dalle parole del brahmana, Rama riunì immediatamente i saggi della sua corte. Dopo averli ricevuti con grande reverenza e onore, Rama li mise al corrente dell'accaduto.
Notando il grande dispiacere che affliggeva Rama, il saggio Narada gli disse:
"Rama, ti dirò il vero motivo della morte prematura di quel bambino.
"Nell'epoca conosciuta col nome di Krta o Satya Yuga solo i brahmana, o le persone sagge e istruite che erano giuste e autocontrollate, si dedicavano alla pratica delle austerità. Col passare del tempo, durante l'era conosciuta come Treta Yuga, anche le persone che non erano tanto sagge e istruite, tanto giuste e autocontrollate - anche persone d'indole guerriera e dallo spirito marziale - cominciarono a praticare austerità. Certo già durante quel periodo l'ingiustizia aveva cominciato ad invadere la terra. Con l'inizio della terza era, conosciuta come Dvapara, l'ingiustizia dell'era precedente si era, per così dire, raddoppiata. E persino coloro che erano dediti alle professioni, al commercio, all'industria e all'agricoltura, e che quindi erano ancor più lontani dalla via della giusta condotta, cominciarono a praticare delle austerità, sicuramente per motivi poco edificanti. Ora già qualcuno che non appartiene a nessuna di queste classi, e che invece è nato nella classe servile, è impegnato in austerità: certamente egli non possiede nessuna delle qualificazioni necessarie. In questa era, la classe dei sudra (la classe servile) è caratterizzata dall'ingiustizia; il fatto che un membro di tale classe abbia cominciato a praticare austerità ha causato la morte del bambino. Se potrai porre rimedio a questo stato di cose, allora il bambino tornerà in vita".
Udendo questa spiegazione, il morale di Rama si risollevò. Egli ordinò che il corpo del bambino fosse imbalsamato, e che si consolasse l'anziano padre. Subito dopo egli pensò al velivolo spaziale Pushpaka, che in un attimo arrivò sul posto. Salito sul velivolo, Rama perlustrò la terra a est, a nord e ad ovest, ma non vi scoprì alcuna azione ingiusta che avrebbe potuto causare quella grande calamità. Poi egli si diresse verso sud, e nei pressi di una grande montagna vide un immenso lago. Stando in piedi nel lago, qualcuno stava praticando intense austerità. Guardandolo, Rama gli chiese: "Per curiosità, o asceta, desidererei sapere chi sei? In quale comunità sei nato? E perché stai praticando queste austerità: per ottenere il paradiso o per un'altra ragione? O forse stai praticando queste austerità, molto difficili per altri, solo per ottenere un dono. Dimmi sinceramente: sei un brahmana, un guerriero, un commerciante o un servo?".
L'asceta rispose: "Non ti dirò il falso, o Rama. Ti dirò la verità, poiché attraverso questa penitenza desidero ottenere lo stato divino. Io sono un sudra, e il mio nome è Shambuka".
Non appena Shambuka pronunciò queste parole, Rama sguainò la sua spada radiosa e gli recise la testa.
Gli dèi furono lieti e vollero offrire a Rama un dono.
Rama fece la sua scelta: "O dèi, se siete compiaciuti con me, che il figlio del brahmana torni in vita; questa è l'unica cosa che vi chiedo".
Gli dèi risposero: "Questo è già stato fatto, perché nel momento in cui hai tagliato la testa di Shambuka il figlio del brahmana è risuscitato. Bene, ora procediamo verso l'eremo del saggio Agastya. Egli ha vissuto di sola acqua negli ultimi dodici anni e ha appena concluso il suo periodo d'austerità. Andiamo a trovarlo".
Quando gli dèi arrivarono nel suo eremitaggio, Agastya li ricevette con sacra devozione. Più tardi essi partirono.





segue

 
Web  Top
view post Posted on 13/5/2022, 16:34     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Rama scese dall'aeromobile Pushpaka e s'inchinò davanti al saggio. Il grande rishi lo accolse con tutto il cuore, e poi gli disse: "Gli dèi mi hanno detto che hai ucciso l'asceta-sudra, risuscitando così il figlio del brahmana. Tu sei davvero il Signore Narayana; in te dimorano tutte le cose. Tu sei il Signore di tutti gli dèi. Tu sei l'eterno purusha (la persona suprema). Ti prego, passa la notte qui e riparti domattina. Accetta anche quest'ornamento radioso di cui solo tu sei degno. È detto che colui che regala ciò che gli è stato dato acquista moltissimo merito".
Rama chiese al saggio: "Come hai fatto ad avere quest'ornamento? Ti prego, raccontamelo, sono curioso di saperlo".
Agastya continuò: "Moltissimo tempo fa vivevo in una foresta. Un giorno m'inoltrai profondamente nel cuore della foresta e vidi un bellissimo eremitaggio. Trascorsi una notte là. La mattina seguente vidi un cadavere vicino all'eremitaggio. Mentre mi chiedevo di chi poteva essere quel corpo, vidi un'altra scena meravigliosa.
"Un veicolo spaziale discese sul posto, e in esso vidi un radioso essere celeste circondato da ninfe che cantavano e danzavano. Mentre continuavo a guardare, egli scese dal velivolo, si accomodò e divorò quel cadavere. Finito il pasto, andò al lago a lavarsi. Quando stava per risalire sul velivolo, gli chiesi: "Chi sei? Hai l'aspetto di un dio, ma hai divorato un cadavere. Ti prego di chiarirmi i motivi di questo strano comportamento"".
Agastya continuò:
Per rispondere alla mia domanda, quell'essere celeste mi raccontò questa storia:
"Quando vivevo su questa terra ero il figlio del re di Vidharbha chiamato Sudeva. Egli ebbe due mogli, e da esse ebbe due figli. Io mi chiamavo Sveta e mio fratello Suratha.
"Alla morte di nostro padre, i cittadini m'incoronarono re. Per un certo periodo di tempo amministrai il regno con giustizia, e in seguito mi ritirai nella foresta e praticai intense austerità. Tuttavia, quando lasciai questo mondo e raggiunsi il più alto reame celeste, il Brahmaloka, scoprii di essere ancora soggetto alla fame e alla sete.
"Quando ne chiesi la ragione, il Creatore Brahma mi disse: "Tu hai fatto penitenze solo con il corpo; perciò soddisferai la tua fame divorando carne umana. Poiché non hai dato niente a nessuno - né da mangiare né da bere - sei ancora soggetto alla fame e alla sete anche in paradiso. Comunque sarai liberato da questa condizione quando sarai benedetto dall'incontro con il saggio Agastya"".
Quell'essere celeste fu felicissimo di vedermi, perché in quello stesso istante fu liberato dalla sua miserabile condizione. Come segno di gratitudine, egli mi indusse ad accettare quest'ornamento celeste.
Poi Rama chiese ad Agastya: "Perché la foresta chiamata Dandaka è priva di animali e uccelli? Ti prego, o saggio, illuminami anche su questo".
Il saggio Agastya continuò:
Anticamente Manu ebbe un figlio chiamato Ikshvaku. Manu lo installò sulla terra come suo unico imperatore. Inoltre Manu istruì Ikshvaku nell'arte della giusta amministrazione. E gli disse: "Ecco qui la verga del castigo, figlio mio. Con questa proteggi il popolo. Il re che usa questa verga per punire i criminali va in paradiso. Perciò usa la verga con estremo giudizio. La giustizia è la cosa suprema in questo mondo".
Poi Manu fece ritorno nella sua dimora.
Ikshvaku ebbe cento figli. L'ultimo era uno stolto che crebbe come un analfabeta. Il suo nome era Danda, poiché il padre aveva pensato: 'Sicuramente il suo corpo riceverà la verga (danda)'. Ikshvaku gli affidò la terra tra i monti Vindhya e i monti Saivala. Danda costruì la capitale del suo regno, che chiamò Madhumantam, e nominò Usana come suo sacerdote personale.
Mentre Danda governava il suo regno, un giorno gli capitò d'incontrare Araja, la figlia di Usana (il saggio Sukra). Ella era veramente bella, e quando Danda la vide fu istantaneamente sopraffatto dalla lussuria.
Avvicinandola, egli le chiese: "Chi sei, bella fanciulla? La tua semplice vista mi ha riempito di desiderio per te".
Araja, però, ebbe tanta paura e rispose docilmente: "Ti prego, o re, non toccarmi, non prendermi con la forza; perché una vergine è sotto la custodia di suo padre. Mio padre Sukra è il mio tutore e il mio guru, e anche tu sei suo discepolo. Se egli s'arrabbiasse, la tua sorte sarebbe triste. Perciò è giusto che tu vada a chiedergli la mia mano; altrimenti incorrerai in una grande sventura. Quand'è in collera, mio padre potrebbe ridurre in cenere i tre mondi. Se invece glielo chiederai, egli sarà lieto di darmi in sposa a te".
Nonostante queste parole, Danda fu inamovibile. Egli sollevò le mani sulla sua testa in un gesto di saluto e di sottomissione e ribadì la richiesta di soddisfazione immediata della sua lussuria. "Ti voglio disse - anche se mi costasse la vita; anche se fosse un grande peccato da parte mia. Ti amo intensamente. Vieni da me, timida fanciulla!".
Quindi la prese con la forza. Infine, soddisfatto il suo desiderio, egli fece ritorno al palazzo, mentre Araja tornò piangendo all'eremo di suo padre.
Quando il saggio Sukra venne a sapere della violenza di Danda, andò fuori di sé in preda a un'ira incontrollabile. Egli si volse ai suoi discepoli e urlò: "Guardate il terribile misfatto dello stolto Danda. Permettendosi di scherzare così con il fuoco che sono io, certo egli ha raggiunto la fine della sua vita. Visto che ha osato commettere questo efferato crimine, dovrà certamente raccogliere i frutti della sua azione. Entro sette giorni, il re con la sua famiglia e i suoi amici vedranno la morte. E per sette giorni una pioggia incessante devasterà il suo regno".
E così fu. I discepoli stessi del saggio lasciarono l'eremitaggio e si rifugiarono in una foresta vicina. Sukra però comandò a sua figlia Araja di restare nell'eremo, assicurandole la sua protezione. Persino le piante e gli alberi che erano intorno a lei furono protetti dalle benedizioni del saggio.
Così il regno di Danda, il Dandakaranya, divenne disabitato.
Comunque - concluse Agastya - dopo molti anni dei saggi cominciarono a viverci di nuovo e a praticarvi le loro austerità.
Il giorno seguente, Rama si alzò di buon'ora e recitò le sue preghiere mattutine. Poi si recò dal saggio Agastya, s'inchinò davanti a lui, e gli chiese il permesso di tornare al suo palazzo: "Mi considero veramente benedetto d'essere stato alla tua presenza, o saggio!".
Il saggio Agastya rispose: "Sono sorpreso dalle tue parole, Rama; poiché in verità tu sei il supremo purificatore e redentore del mondo intero e di tutti gli esseri che vi dimorano. Chi ha la fortuna di vederti; anche solo per un'ora, viene completamente purificato, e diventa degno d'essere adorato anche dagli dèi. Chi invece ti guarda con occhi maligni, è soggetto alla punizione di Yama, il dio della morte. Ritorna nel tuo regno e proteggi i tuoi sudditi, seguendo rigorosamente le leggi del Dharma. Tu infatti sei la mèta di tutti gli esseri sulla terra".
Rama salì sul veicolo spaziale Pushpaka e fece rapidamente ritorno al suo palazzo. Rientrato nei suoi alloggi, egli licenziò il velivolo.
Subito dopo, Rama fece chiamare i suoi fratelli, e disse loro:
"Ho compiuto il mio dovere verso l'anziano brahmana, che ha riavuto suo figlio. Desidererei seguire il sentiero del Dharma e fare qual cosa di più per acquisire del merito religioso. Ho in mente di celebrare il rito Rajasuya, insieme a tutti voi che siete la proiezione esterna de mio stesso sé. Abbiamo sentito dire che Mitra celebrò quel rito sacro, e lo fece anche Soma, guadagnandosi una fama eterna".
Udendo ciò, Bharata si rivolse a Rama con grande amore e devozione :
"Rama, tutti i re della terra ti considerano il signore dell'universo. Essi guardano a te come a un padre. O Rama, tu sei il solo rifugio di tutti gli esseri sulla terra. Ma il rito Rajasuya è pieno di conflitti con gli altri re, perché comporta la loro sottomissione e simili atti di violenza. Quando tu sai che tutti i re sono di fatto sotto il tuo controllo, non c'è neppure bisogno di sfidarli. Perciò, ti prego, abbandona l'idea di celebrare il rito Rajasuya".





segue

 
Web  Top
view post Posted on 15/5/2022, 10:24     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Rama fu contento delle parole del fratello, e disse:
"Sono felicissimo delle tue parole sagge e coraggiose, o Bharata. Ho abbandonato l'idea di celebrare il rito Rajasuya, che in effetti coinvolge l'esecutore in qualche forma di violenza. Certamente, le persone pie non dovrebbero impegnarsi in azioni che comportino danno o sofferenza per gli esseri viventi".
Lakshmana disse poi a Rama:
Invece del Rajasuya, penso che dovremmo celebrare il rito dell'Asvamedha. L'Asvamedha è un grande rito e purifica da tutti i peccati perciò ti prego di considerarlo.
Ho sentito dire che nei tempi antichi lo stesso Indra celebrò quel sacro rito per acquisire abbastanza merito per poter uccidere il suo nemico, il demone Vritra.
In realtà il demone Vritra era un re buono e nobile che governava il mondo intero con giustizia e saggezza. E nel mondo vi era pace, abbondanza e prosperità.
Affidando il regno a suo figlio, un giorno Vritra decise di praticare austerità.
Non appena egli cominciò le sue austerità, Indra si recò dal Signore Vishnu e disse: "Signore, Vritra sta per cominciare a praticare delle austerità. Se avrà successo nella pratica, egli diventerà estremamente potente e nessun altro potrà sottometterlo finché durerà il mondo. La tua grazia, o Signore, è la sua sola forza. Io ti prego di trovare un modo per eliminarlo".
Il Signore però rispose: "Finora sono stato amico di Vritra, perciò non potrei ucciderlo. Tuttavia esaudirò la tua preghiera. Mi dividerò in tre parti. Una parte entrerà in Indra, l'altra entrerà nella sua arma, il fulmine, e la terza entrerà nella terra. Con l'ausilio di queste tre parti, riuscirai a uccidere Vritra".
Mentre gli dèi stavano a guardare sbalorditi, Indra impugnò il suo fulmine e lo lanciò contro il demone Vritra.
La testa del demone cadde subito a terra rotolando. Ovviamente fu l'energia divina dello stesso Signore Vishnu che permise il successo di Indra.
Vritra era un brahmana di nascita. E il terribile peccato di avere ucciso un brahmana perseguitava e ossessionava Indra.
Allora gli dèi andarono ancora una volta dal Signore Vishnu e lo pregarono insistentemente: "Signore, per grazia tua Indra ha potuto uccidere il potente demone Vritra, ma il terribile peccato di avere ucciso un brahmana lo perseguita. Di grazia, libera Indra da quel peccato".
Il Signore Vishnu rispose: "O dèi, adoratemi attraverso il sacro rito dell'Asvamedha, e io libererò Indra dalla paura generata dall'avere ucciso un brahmana".
Mentre Indra era tormentato dal peccato di avere ucciso un brahmana, grandi calamità colpivano la terra. I laghi si prosciugavano e i fiumi andavano in secca; mancava la pioggia e prevaleva la siccità. Allora gli dèi ricordarono le parole del Signore Vishnu.
Rapidamente tutti gli dèi si riunirono per celebrare il grande rito dell'Asvamedha. Alla conclusione del rito, il grande peccato dell'uccisione di un brahmana apparve davanti a loro, dopo aver lasciato Indra.
Quel 'peccato' si divise in quattro parti: una parte vive nelle acque dei fiumi durante i quattro mesi della stagione delle piogge, una parte vive nelle terre sterili, una parte vive nelle giovani donne durante il loro periodo mestruale e la quarta vive in coloro che scandalizzano o uccidono un brahmana.
Così Indra era stato purificato e redento dal peccato di avere ucciso un brahmana attraverso il potere del grande rito dell'Asvamedha.






segue

 
Web  Top
view post Posted on 17/5/2022, 16:40     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Rama fu deliziato dall'ascolto di questo racconto, e disse a Lakshmana:
"La storia che hai narrato è davvero meravigliosa. Anch'io ho udito un'altra storia che mette in risalto la gloria del rito dell'Asvamedha. Ora ve la racconterò.
"Anticamente il saggio Kardama aveva un figlio chiamato Ila. Questi aveva conquistato il mondo intero e governava la terra con giustizia e saggezza, trattando tutti gli esseri come suoi figli.
"Un giorno egli si recò nella foresta per andare a caccia. Nel corso della spedizione capitò nei paraggi del luogo in cui era nato il Signore Skanda. In quella regione, il Signore Shiva era impegnato a divertirsi con la dea Parvati, e aveva decretato che tutti gli esseri che si trovavano in quell'area sarebbero diventati femmine.
"Quando re Ila entrò in quella regione, si accorse che aveva misteriosamente perso le caratteristiche di uomo ed era diventato una donna. Quando scoprì che tutto questo era opera del Signore Shiva, disperato egli cominciò a cantare le glorie di Shiva.
"Compiaciuto con lui, il Signore gli disse: "Chiedimi qualunque altro dono che non sia quello di ridiventare maschio". Ma Ila non aveva alcun altro desiderio!
"Vedendo la condizione pietosa di Ila, la devi Parvati disse: "Io sono l'altra metà del Signore Shiva, ed esercitando il mio privilegio ti faccio dono della virilità. Perciò tu sarai alternativamente uomo per un mese e donna nel mese successivo. Mentre sarai donna dimenticherai di essere uomo, e viceversa"".
Rama continuò la storia di Ila. "Durante il primo mese, Ila, trasformato in una donna avvenente, andò in giro con tutto il suo seguito, i cui membri erano stati anch'essi trasformati in donne.
"Un giorno Ila vide Budha, un bel giovane figlio del dio Soma (il dio della luna). Ella s'innamorò di Budha a prima vista.
"Anche Budha vide Ila e s'innamorò di lei. Egli disse tra sé: "Non ho mai visto una donna così bella in tutto il mondo; né tra le dee né tra le donne mortali". Allora si recò all'eremitaggio in cui vivevano Ila e le sue seguaci, e interrogò quest'ultime riguardo a Ila. Ma le donne del seguito seppero solo rispondere: "È la nostra guida, non è sposata, e vive in quest'eremo con tutte noi".
"Tuttavia, grazie alla sua saggezza intuitiva, Budha venne a sapere l'intera storia. Egli capì che erano tutti uomini (purusha) che erano stati trasformati in donne. Perciò le chiamò donne-kimpurusha, e disse loro che avrebbero ottenuto come consorti degli uomini-kimpurusha (una specie di esseri celesti).
"Quindi Budha andò da Ila, rivelò la sua identità e chiese la sua mano. Ila acconsentì subito ad essere sua moglie. Insieme essi si godettero la vita per tutto quel mese.
"Un giorno, dopo la conclusione del primo mese, Ila si svegliò come uomo. Anticipando quel giorno, Budha aveva cominciato a praticare intense austerità.
"Ila disse a Budha: "Sono venuto in questa foresta insieme al mio seguito; e poi mi sono addormentato. Ora non vedo il mio seguito. Amico, sai forse che ne è stato di loro?".
"Rendendosi conto che Ila aveva dimenticato gli avvenimenti del mese precedente, Budha disse: "Vi è stata una terribile tempesta che li ha uccisi tutti. Anche tu hai trovato riparo qui, durante la tempesta. Non importa: potrai continuare a stare qui, mangiando frutta, radici, e altro".
"Ila credette alla storia di Budha, e disse: "No, non mi piacerebbe tornare al palazzo reale senza il mio seguito. Mio figlio Sasabindu è là, e sicuramente regnerà al posto mio".
"Dopo un mese, Ila diventò di nuovo donna. In questo modo passò il tempo. Dopo nove mesi Ila e Budha ebbero un bambino, che chiamarono Pururava.
"Un giorno, dopo la nascita di Pururava, Budha chiese ai saggi: "Di grazia, o saggi, ascoltatemi. Ila era un grande e nobile re; e voi sapete come è stato trasformato in una donna. Vi prego di trovare un modo per fargli riacquistare il suo stato di uomo".
"Il saggio Kardama (padre di Ila) disse: "Non vedo altro rimedio se non l'adorazione del Signore Shiva; e non vi è rito più grande di quello dell'Asvamedha per ottenere le sue benedizioni".
"Ben presto tutti i saggi insieme organizzarono il rito dell'Asvamedha per propiziare il Signore Shiva. Immensamente soddisfatto dalla celebrazione del sacrificio dell'Asvamedha, il Signore Shiva si manifestò in mezzo a loro e disse: "O santi, sono molto compiaciuto dalla vostra devozione, chiedetemi un favore". Essi pregarono: "O Signore, concedi a Ila di ridiventare uomo". Il Signore Shiva fu felice di trasformare di nuovo Ila in un uomo.
"I saggi tornarono alle loro dimore e anche re Ila fece ritorno al suo palazzo.
"Tale è la gloria del sacrificio dell'Asvamedha", concluse Rama.
Poi Rama annunciò: "Alla presenza di saggi e santi come Vasishtha, Varnadeva, Jabali e Kasyapa, alla presenza dei santi brahmana, e con l'ausilio dei loro consigli e delle loro benedizioni, libererò un cavallo sacro ben adornato, come preparazione alla celebrazione del rito sacro".
Udendo queste parole di Rama, Lakshmana fece riunire immediatamente i saggi e i brahmana nel palazzo reale.
Inoltre Rama mandò a chiamare Satrughna, Vibhishana, i re dei paesi vicini e gli uomini religiosi di tutto il mondo.
Quando gli ospiti cominciarono ad arrivare, Rama fece preparare montagne di cibo di tutti i tipi per servirli in maniera adeguata.
Bharata e Satrughna ricevettero gli ospiti e offrirono loro doni preziosi. Vibhishana ed altri accolsero devotamente i religiosi e si dedicarono al loro servizio. I vanara servirono tutti gli ospiti, avendo cura che nulla fosse trascurato.
Il sacrificio dell'Asvamedha ebbe inizio con indescrivibile magnificenza.
Quando tutti i preparativi furono completati, Rama liberò un magnifico cavallo, che affidò alla custodia di Lakshmana.
Poi, insieme a tutto il suo seguito, Rama entrò nel luogo di Naimishan, dove si sarebbe celebrato il rito sacro.
Il rito sacro ebbe inizio e si protrasse per un anno intero. Cibo, bevande, indumenti, oro e ornamenti scorrevano incessantemente in quel luogo. Bharata e Satrughna avevano quest'incarico e si preoccupavano che non vi fosse alcuno che, avendo espresso il minimo desiderio, restasse insoddisfatto.
I vanara s'impegnarono alacremente al servizio di tutti gli ospiti. E il nobile Vibhishana servì con zelo i saggi.
Nessuno era debole, sporco o bisognoso. Nessuna necessità rimaneva inappagata. E prima ancora che venisse espresso, ogni desiderio era già appagato.
Quelli che volevano oro, ricevevano l'oro; quelli che volevano indumenti, ricevevano indumenti. Dolci e cibi prelibati erano sempre a disposizione di tutti.
Tutti gli ospiti dicevano tra loro: "Non abbiamo mai visto una cosa simile. Né Indra né Soma né Varuna né alcun altro hanno mai celebrato un rito di così grande splendore".
Altrove, scortato da Lakshmana, il cavallo continuava a vagare per la terra.
A questo grandioso rito sacro venne anche il saggio Valmiki con i suoi discepoli. Tra questi vi erano i due fanciulli Kusa e Lava.






segue

 
Web  Top
view post Posted on 19/5/2022, 16:23     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Non vedendo Sita, Rama considerava il mondo vuoto; e, sopraffatto dal dolore, non aveva pace.
Egli non prese in considerazione la possibilità di pensare ad un'altra come moglie, e quindi, per la celebrazione dei riti religiosi, usò un'immagine di Sita fatta d'oro.
Rama governò la terra per moltissimo tempo. Durante l'intero periodo del suo regno tutti gli esseri godettero di ottima salute e lunga vita.
Dappertutto vi era giustizia e rettitudine. La terra era prosperosa. La pioggia cadeva nella misura necessaria e veniva al momento giusto. Nessuno soffriva di alcuna sventura.
Dopo aver goduto della sua vita con Rama, i suoi figli e i suoi pronipoti, la madre di Rama - Kausalya - salì in cielo.
Dopo aver condotto una vita retta, anche Sumitra e Kaikeyi andarono in cielo. Tutte si riunirono in cielo con re Dasaratha. E Rama propiziò tutti con le doverose e regolari celebrazioni delle cerimonie che si praticano ogni anno in onore degli antenati defunti.
Dopo diversi anni, lo zio di Rama Yudhajit mandò dal nipote il proprio guru con un messaggio e un grande carico di coperte di lana, pietre preziose, indumenti e anche cavalli, come suoi doni per Rama.
Il santo messaggero fu ricevuto con il massimo rispetto, con grande reverenza e amore. Quindi Rama lo fece sedere su un seggio appropriato ad un ospite di riguardo e gli chiese come stava suo zio.
Infine egli chiese al brahmana: "Qual era il messaggio di mio zio per me?".
Il reverendo messaggero disse: "Sulle rive del fiume Sindhu vive un gandharva chiamato Sailusha, che ha con sé trenta milioni di soldati eccezionalmente forti. Ti preghiamo di conquistarli con la tua forza, ed espugnare le città dei gandharva. All'infuori di te, non abbiamo nessun altro che possa riuscire in quest'impresa".
Rama diede subito il suo consenso, e fece mandare a chiamare Bharata insieme ai suoi due figli Taksha e Pushkala. Indicandoli, Rama disse al brahmana: "Questi due giovani, insieme al loro padre Bharata, conquisteranno presto le schiere dei gandharva".
Detto questo, Rama fece incoronare i due ragazzi come re del territorio dei gandharva, anticipando così la loro vittoria.
Quindi il reverendo messaggero fece ritorno nel regno Kekaya (di Yudhajit), e Bharata e i suoi due figli partirono per la loro spedizione di guerra.
In quindici giorni, Bharata raggiunse il regno Kekaya e unì il suo esercito a quello di Yudhajit.
Insieme i due eserciti attaccarono le forze dei gandharva. La feroce battaglia che seguì durò sette giorni.
Volendo porre fine alla lotta, Bharata usò il missile mortale chiamato Samvarta; e in un batter d'occhio sterminò i trenta milioni di gandharva.
Poi Bharata entrò nel territorio dei gandharva insieme ai suoi due figli. Egli insediò suo figlio Taksha come re di Takshasila, e suo figlio Pushkala come re di Pushkalavata.
Le due città prosperarono grandemente sotto il loro dominio.
Bharata trascorse cinque anni con i suoi figli nei loro nuovi territori, e dopo aver reso stabile la loro amministrazione tornò ad Ayodhya.
Egli si prostrò davanti a Rama e poi lo mise al corrente di quanto era accaduto. Rama ne fu felicissimo.
Quindi Rama desiderò insediare i due figli di Lakshmana, Angada e Candraketu, come sovrani di due principati idonei a loro.
Rama disse a Lakshmana: "I tuoi due figli sono forti e valorosi, e sono all'altezza di governare i loro territori. Li nominerò re. Pensa ad un territorio adatto per ciascuno di loro. La regione prescelta dev'essere tale che i sovrani non dovranno avere alcun problema nel governarla, e gli eremitaggi dovranno essere tranquilli e liberi da ogni molestia".
Non appena furono trovati i territori adatti, Rama stesso incoronò re i due ragazzi. Il territorio governato da Angada fu chiamato Angada, e Candraketu fu installato sul trono di Candrakanti.
Lakshmana rimase con i suoi figli per un po' di tempo, e quando l'amministrazione dei due regni cominciò a funzionare senza problemi, egli fece ritorno ad Ayodhya e da Rama.
Mentre Rama continuava ad amministrare il suo impero, il Tempo (o la Morte) si presentò alle porte del suo palazzo sotto le spoglie di un asceta.
L'asceta disse a Lakshmana: "Ti prego, informa Rama che è arrivato un messaggero da parte di uno che è supremamente potente; digli che desidererei parlare con lui".
Lakshmana informò Rama dell'arrivo dell'asceta. Seguendo le istruzioni di Rama, Lakshmana fece entrare l'asceta e lo condusse alla presenza del fratello.
Rama ricevette l'asceta con grande reverenza e lo fece sedere su un seggio d'oro. Infine Rama gli chiese di comunicare il messaggio che aveva per lui.
L'asceta però gli rispose: "Posso trasmettere il messaggio soltanto in privato, o Rama. Perché chiunque lo ascoltasse o ci osservasse mentre parliamo dovrebbe essere subito messo a morte".
Rama acconsentì a questa condizione. Egli pose Lakshmana fuori della stanza con l'ordine preciso: "Non permettere ad alcuno di entrare e interrompere quest'importante conversazione. Chiunque entrerà nella stanza sarà messo a morte".
Poi, rivolto all'asceta, Rama disse: "Ora ti prego, comunicami l'importante messaggio che hai per me".
Quando furono soli, l'asceta rivelò la sua vera identità come Tempo (o Morte) e disse a Rama:
"O Signore, il Creatore Brahma mi ha mandato a te con il seguente messaggio:
"Un tempo tu avevi ritirato l'universo dentro di te e riposavi sul grande oceano. Quindi, per mezzo della tua Maya, tu creasti due esseri potenti, Madhu e Kaitabha. Dopo la loro distruzione, questa terra fu modellata con la loro carne. Tu stesso affidasti il compito di proteggere questo mondo a me, che nacqui dal fiore di loto emerso dal tuo ombelico. E io ho cercato di fare il mio dovere, ponendo il fardello sulle tue spalle. Nel corso del tempo tu ti sei incarnato sulla terra, insieme ad altri esseri divini, per la distruzione di demoni come Ravana. Tutto questo è stato fatto, e ora s'avvicina il tempo del tuo ritorno. Se tuttavia desiderassi continuare a vivere sulla terra, naturalmente potresti farlo. Se invece desideri tornare in cielo, in modo che il cielo possa accoglierti come suo sovrano, che così sia".
Quando Rama udì questo messaggio, rispose: "La mia manifestazione è per la protezione dei tre mondi, non solo per la protezione di questa terra; perciò presto lascerò questo mondo. Farò esattamente come ha detto il Creatore Brahma".
Mentre erano ancora impegnati in conversazione, si presentò all'ingresso della loro stanza Durvasa, il grande saggio famoso per la sua terribile collera. Egli ingiunse a Lakshmana: "Portami subito da Rama".
Quando Lakshmana cercò di discutere umilmente: "Potrei trasmettere il tuo messaggio a Rama, perché adesso egli è impegnato in un incontro importante? Oppure, non potresti attendere pochi minuti?", il saggio divenne estremamente furioso e disse: "Comunica subito a Rama che io sono qui. Se non lo farai, maledirò lui, te, i tuoi fratelli e tutta la famiglia reale. Non posso contenere la mia ira".
Udendo queste parole spaventose, Lakshmana rifletté un istante: "È meglio che io muoia, piuttosto che questo saggio maledica l'intera famiglia reale". E presa questa decisione, Lakshmana entrò nella stanza in cui stavano conversando Rama e l'asceta, e informò il fratello della visita di Durvasa.
Rama congedò l'asceta e uscì; poi s'inchinò davanti al saggio, che gli disse: "Ho digiunato per mille anni; desidero interrompere il mio digiuno proprio ora. Dammi da mangiare". Rama gli servì devotamente del cibo. Durvasa mangiò e quindi andò via.
Pensando alla terribile promessa che aveva fatto all'asceta (che chiunque avesse interrotto la conversazione sarebbe morto), Rama divenne triste.
Lakshmana comprese lo stato d'animo di Rama, gli si avvicinò con reverenza e disse: "Non preoccuparti per me; tutto questo è predestinato ad accadere. Scacciami, Rama, e onora la tua promessa; perché quando un uomo disonora la propria promessa va all'inferno".
Rama riunì in consiglio i ministri e i saggi e li informò dell'accaduto. Allora il saggio Vasishtha prese la parola e disse:
"O Rama, vedo che si sta avvicinando la fine: e ora anche Lakshmana dev'essere bandito. Questo dev'essere fatto, per amore del Dharma. Se il Dharma venisse abbandonato, vi sarebbe la distruzione universale".
Quindi Rama disse a Lakshmana: "L'esilio equivale alla pena capitale. Perciò, o Lakshmana, ti bandisco dal regno".





segue

 
Web  Top
view post Posted on 21/5/2022, 10:19     Top   Dislike
Avatar

FOUNDER

Group:
Administrator
Posts:
108,904
Reputation:
+1,695

Status:


Lakshmana andò subito via, senza neanche rientrare a casa sua. Continuando a singhiozzare, egli raggiunse la riva del fiume Sarayu. Sedendo in meditazione, controllò il respiro e fu pronto ad abbandonare l'esistenza terrena.
Tutti gli dèi apparvero nel cielo. Senza essere visto da alcun essere umano, Indra portò Lakshmana in cielo con tutto il corpo.
Gli dèi furono felicissimi che Lakshmana fosse tornato in cielo, perché questo voleva dire che ben presto anche Rama sarebbe ritornato tra loro.
Rama fu preso da un dolore inconsolabile e disse: "Desidero abdicare al trono e ritirarmi nella foresta; desidero seguire Lakshmana". Perciò egli chiese a Bharata d'ascendere al trono.
Ma il nobile Bharata rispose: "Oh no, Rama, non ho alcun desiderio per il regno senza di te. Installa sul trono i tuoi figli Kusa e Lava. Fa' informare anche Satrughna della nostra decisione".
Vasishtha disse di nuovo: "Rama, guarda questi cittadini, tutti afflitti dal dolore".
Sopraffatto dal dolore, Rama sospirò: "Ah, che cosa devo fare?".
Tutti quanti dissero, come una sola voce: "Con le nostre mogli e i nostri figli, noi seguiremo Rama e andremo tutti dove andrà lui".
Riflettendo sulla devozione dei cittadini, e anche sulla fine imminente della sua missione sulla terra, quel giorno stesso Rama installò sul trono Kusa e Lava, assegnando a ciascuno di loro dei territori adatti.
Inoltre egli inviò dei veloci messaggeri perché informassero Satrughna della sua decisione.
I messaggeri comunicarono a Satrughna tutte le notizie sugli ultimi avvenimenti successi ad Ayodhya: "Rama ha abdicato al trono e vi ha installato Kusa e Lava. Kusa governa dalla sua capitale Kusavati, e Lava dalla sua capitale Sravasti. Tutti i cittadini di Ayodhya hanno deciso di seguire Rama: perciò la capitale è completamente deserta. Rama ci ha chiesto di metterti al corrente di tutto questo".
Venuto a sapere della distruzione della famiglia reale, Satrughna installò immediatamente i suoi figli sul trono e da solo, sul suo veicolo, guidò di gran fretta per raggiungere Rama.
Giunto alla presenza di Rama, Satrughna disse: "Ho installato sul trono i miei due figli, o Rama, e ho deciso di seguirti".
Rama vide la fermezza della sua determinazione e acconsentì.
Venuti a sapere dell'abdicazione di Rama e della sua imminente ascensione in cielo, vennero anche tutti i vanara, guidati da Sugriva.
E così pure gli dèi e i saggi erano accorsi alla presenza di Rama. Sugriva aveva installato sul trono Angada e aveva deciso di seguire Rama.
Quando arrivò Vibhishana, Rama gli disse subito: "Governa sul regno di Lanka finché il popolo desidererà che tu lo faccia, finché splenderanno il sole e la luna, e fino a quando la mia storia sarà raccontata in questo mondo. Ti prego, Vibhishana, non opporti". E Vibhishana acconsentì.
Rama benedì Hanuman: "Vivi e gioisci in questo mondo fino a quando verrà narrata la mia storia, e attieniti sempre alle mie istruzioni, o Hanuman".
Hanuman s'inchinò in segno di accettazione.
Allora tutti quanti cominciarono a lasciare Ayodhya. Tutte le armi, i saggi, i brahmana, la dea della prosperità, le sacre scritture, i sacri mantra - tutti seguirono Rama.
Bharata e Satrughna lo seguirono. Tutti i ministri e gli ufficiali lo seguirono. E anche tutti i cittadini lo seguirono.
Neanche la più piccola creatura rimase ad Ayodhya.
Tutti seguirono Rama.





fonte www.terralab.it/esoterica/Ramayana.htm#GG







segue [NOTA: Il testo suggerisce che le scritture e i mantra andarono in forma umana,

 
Web  Top
7 replies since 7/5/2022, 16:57   547 views
  Share