| Sumali rifletté a lungo e profondamente sulla sua posizione. Guardando la bellissima figlia, che era in età da marito, egli si chiedeva chi avrebbe avuto come sposo. Una ragazza crea molta ansia nelle famiglie del padre, della madre e del marito: la reputazione di queste famiglie dipende dalla sua buona condotta. Perciò Sumali disse alla figlia: "Ti prego, vai da Visrava, il figlio del saggio Pulastya, e persuadilo tu stessa ad essere tuo marito". Kaikasi si recò presto dal saggio Visrava, che allora era impegnato in un grande rituale vedico. Alla conclusione del rito, il saggio le chiese: "Chi sei e perché sei qui?". La ragazza rispose: "Sono Kaikasi, figlia di Sumali. Il motivo per cui sono qui, di certo lo saprai per intuizione". Il saggio si ritirò dentro di sé e, saputo per quale ragione la ragazza era là, le disse: "Poiché hai cercato di me in un momento poco propizio, mentre ero impegnato in un rito terribile, darai alla luce dei figli molto crudeli, ma il tuo ultimo figlio sarà nobile e virtuoso come me". A suo tempo Kaikasi diede alla luce un figlio o un mostro con dieci teste; e il saggio lo chiamò Dashagriva. Poi nacque Kumbhakarna. Quindi la figlia Surpanakha. Per ultimo nacque il pio Vibhishana. Essi crebbero rapidamente. Un giorno Vaisravana (conosciuto anche col nome di Kubera) andò a trovare suo padre Visrava, e Kaikasi gli presentò Dashagriva. Il giovane s'ingelosì di Kubera e decise di superarlo in tutto. Allora i tre ragazzi si misero a praticare austerità. Kumbhakarna praticò il pancagni-tapas d'estate e restò immerso nell'acqua gelida d'inverno. Vibhishana rimase in piedi su una gamba per cinquemila anni. Dashagriva digiunava per mille anni e poi offriva in sacrificio una delle sue teste; in questo modo egli aveva già sacrificato nove teste. Mentre stava per offrire la decima, apparve Brahma e offrì loro un dono: "Esprimete un desiderio, perché i vostri sforzi non siano vani". Dashagriva disse: "Signore, tutti gli esseri temono solo la morte. Non esiste nemico come la morte; perciò io chiedo l'immortalità". Quando Brahma rispose che per le creature è impossibile non morire, egli chiese di non poter venire ucciso da dèi, semidèi, demoni, ecc., e sprezzante tralasciò di menzionare l'uomo. Vibhishana pregò: "Possa la mia mente non deviare dal Dharma, nemmeno di fronte al più grave pericolo". Prima di offrire un dono a Kumbhakarna, Brahma chiese alla dea della parola di far sì che egli non chiedesse qualcosa che avrebbe potuto causare la distruzione dell'universo. Entrando in lui, la dea intorpidì la sua mente; ed egli chiese: "Possa io dormire per tantissimi anni". Brahma concesse loro i doni prescelti.
[NOTA: Il pancagni-tapas è sedere sulla sabbia rovente circondandosi di fuochi accesi ai quattro lati. Questa storia di Kumbhakarna contraddice la versione precedente. Molti studiosi pensano che l'intero 'Uttara Kandam' sia un'interpolazione, un'aggiunta indegna.]
Sumali chiamò Dashagriva e gli disse: "É una fortuna che tu abbia ottenuto l'ambita invulnerabilità, che certamente ti permetterà di essere il signore dei tre mondi. Il Signore Vishnu ci costrinse a lasciare Lanka, ma ora non abbiamo più paura di lui. Lanka appartiene ai demoni; è il nostro territorio. Dopo la nostra partenza la occupò tuo fratello Kubera; perciò è giusto che tu la reclami da lui, con la negoziazione, con la persuasione o, se necessario, con la violenza". La prima reazione di Dashagriva fu negativa. "Kubera è mio fratello - disse - come posso combattere contro di lui". Ma Prahasta, un ministro di Sumali, rispose: "Tra gli eroi non vi è affetto fraterno. Un tempo c'erano due sorelle, Diti e Aditi, i cui figli erano rispettivamente demoni e dèi. Poi i fratelli combatterono tra di loro e, con l'aiuto di Vishnu, gli dèi vinsero e divennero signori dei mondi". Dashagriva si convinse e inviò lo stesso Prahasta come suo emissario a reclamare Lanka da Kubera. Senza alcuna esitazione Kubera rispose: "Lanka mi fu data come dimora da mio padre. Ma torna pure da Dashagriva e digli che da questo momento Lanka è sua". Così Dashagriva ottenne Lanka senza combattere. Kubera andò da suo padre Visrava e lo informò dell'accaduto. Il saggio disse a Kubera: "Sì, Dashagriva me ne ha accennato, e l'ho rimproverato. Ma dal momento che hai già lasciato Lanka, vai al Kailash, che sostiene la terra, e vivi là con la tua gente". Dashagriva fu incoronato re di Lanka. Poco dopo egli diede sua sorella Surpanakha in sposa al demone Vidyutjihva. Andando a caccia per la foresta un giorno Dashagriva incontrò Maya, uno dei figli di Diti, e gli chiese il motivo del suo vagare. Maya rispose: "A suo tempo gli dèi mi diedero la ninfa Hema, e con lei ho vissuto felicemente per molto tempo. Ma circa quattordici anni fa ella mi ha lasciato per svolgere una missione degli dei. Addolorato per la sua partenza, vago per la foresta insieme a mia figlia. Da lei ho avuto anche due figli: Mayavi e Dundubhi". Dashagriva rivelò la sua identità. Maya gli offrì la mano di sua figlia Mandodari, e Dashagriva l'accettò con gioia. Mandodari diede alla luce un figlio che quando nacque pianse così forte da far tremare Lanka. Per questo Dashagriva lo chiamò Meghanada. Per il fratello Vibhishana, Dashagriva ottenne come sposa la figlia del semidio Sailusha, chiamata Sarama. Questa ragazza era nata sulle rive del lago Manasa. Sua madre aveva ordinato al lago: "Saro ma vardhata" (Lago, non gonfiarti); perciò alla bambina era stato dato il nome di Sarama. E così vissero tutti a Lanka, godendosi la vita. Su richiesta di Kumbhakarna, Dashagriva fece costruire un palazzo. Quando fu pronto, Kumbhakarna vi si recò felicissimo ed entrò in un sonno profondo per un lunghissimo periodo. Nel frattempo il potente Dashagriva diede inizio alla sua campagna di distruzione. Egli devastò i giardini e i campi da gioco dei semidèi, ne sradicò gli alberi e ne inquinò i fiumi. Il capo dei semidèi, Kubera, venne a sapere dei misfatti di suo fratello. Pieno di sollecitudine familiare e sperando di dissuaderlo dal compiere ulteriori malvagità, egli inviò un messaggero alla corte di Dashagriva. Il messaggero fu ricevuto onorevolmente e amabilmente dal nobile Vibhishana, che lo presentò a re Dashagriva. Il messaggero disse: "O re, ho un messaggio per voi da parte di vostro fratello Kubera. Degnatevi di ascoltarlo mentre lo leggo: "Io credo sia bene che tu ponga fine alle tue attività distruttive: hai già fatto abbastanza in questo senso. Penso anche che, se puoi, dovresti percorrere la via del Dharma. Ho visto la distruzione che hai arrecato ai giardini celesti. Ho anche sentito dire che hai ucciso molti saggi e hai tormentato pure gli dèi. "Tu mi hai scacciato in molte occasioni; tuttavia non si rinnega un membro della propria famiglia, anche se questi è colpevole di offese. Mi sono ritirato nell'Himalaya, dove ho praticato intense austerità. Altamente compiaciuto di me, il Signore Shiva mi è apparso e mi ha detto 'O signore della prosperità, sono molto compiaciuto delle tue austerità e della tua devozione. Come frutto delle tue austerità io ti considero mio carissimo amico. Con la tua devozione ti sei guadagnato la mia amicizia. D'ora in poi sei mio amico'. Tornando nella mia dimora, dopo essere stato benedetto dal Signore Shiva, ho saputo dei tuoi atti distruttivi. Perciò ti supplico d'abbandonare questa condotta indegna". Udite le parole del messaggero, Dashagriva andò su tutte le furie e, stringendo i pugni e digrignando i denti, gridò: "Né tu né lui siete miei amici. Solo uno stolto si vanterebbe della sua amicizia con il Signore Shiva. O messaggero, finora pensavo di non dover fare del male a mio fratello. Ma udite le tue parole e il suo messaggio, sento che devo abbandonare quest'idea. Sono pronto a conquistare i tre mondi e a cacciare nella dimora della Morte tutti i protettori della creazione!". Detto ciò, Dashagriva tagliò la testa del messaggero e diede il corpo in pasto ai demoni. Subito dopo Dashagriva riunì intorno a sé i suoi ministri: Mahodara, Prahasta, Marica, Suka, Sarana e Dhumraksha. Circondato dalle sue forze demoniache, egli si diresse verso la dimora di Kubera, con l'atteggiamento di chi è pronto a dar fuoco al mondo intero. In poche ore egli raggiunse il luogo chiamato Kailash.
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