IL FARO DEI SOGNI

Gli avventisti del settimo giorno.Capitolo 4

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IL BATTESIMO CON LO SPIRITO SANTO E I DONI DELLO SPIRITO SANTO

La dottrina avventista

Il battesimo con lo Spirito Santo si riceve quando si viene battezzati in acqua; i doni dello Spirito Santo (tra cui quello delle lingue) seguono il battesimo. Gli Avventisti insegnano che quando un’anima che ha creduto viene battezzata in acqua riceve il dono dello Spirito Santo o il battesimo con lo Spirito Santo. Ecco come due autorevoli Avventisti italiani si esprimono a tale riguardo. Antonio Caracciolo dice: ‘Dopo essere stata convinta di peccato e giustificata per la grazia di Dio in virtù della sua fede, l’anima è condotta dallo Spirito stesso verso l’esperienza successiva della nuova nascita. Ed è ancora Lui, lo Spirito, che compie il miracolo del rinnovamento interiore dell’anima già morta nei falli e nei peccati (Giovanni 3:5-8; Efesini 2:1). La menzione dell’acqua accanto allo Spirito nell’appello di Gesù a Nicodemo è certamente un’allusione al battesimo, l’indispensabile segno esteriore del rinnovamento interiore operato dallo Spirito Santo (Tito 3:5). E’ col battesimo che lo Spirito si insedia nel cuore dell’uomo rinato spiritualmente e prende possesso della sua vita: ‘… ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo… e voi riceverete il dono dello Spirito Santo’ Atti 2:38. (…) Se non c’è stato il battesimo dello Spirito, il battesimo di sola acqua è stato niente più che un atto formale, un atto privo di qualunque valore salvifico….’ (Antonio Caracciolo ‘La persona e l’opera dello Spirito Santo’ in Il Messaggero Avventista, Gennaio 1989 pag. 8). Ivo Fasiori afferma: ‘L’importanza del dono dello Spirito come mezzo di ‘unzione’ distingue il battesimo cristiano da quello di Giovanni. Questo era solo un battesimo d’acqua per il ravvedimento, l’altro è un battesimo d’acqua e di Spirito insieme’ (Ivo Fasiori ‘Chiamati a essere ‘cristi’ ‘, in Il Messaggero Avventista, Marzo 1984, pag. 41). Qualcuno allora dirà: ma allora gli Avventisti escludono che quando si viene battezzati con lo Spirito Santo ci si debba mettere a parlare in altre lingue secondo che lo Spirito dà di esprimersi? Sì, lo escludono infatti per gli Avventisti le lingue (che loro chiamano sempre il dono delle lingue) non sono il segno esteriore che attesta che il credente è stato battezzato con lo Spirito Santo. Ecco come Antonio Caracciolo si esprime a tale proposito: ‘… è opportuna una chiarificazione per non correre il rischio di inciampare nell’equivoco pericoloso del neo-pentecostalismo. (…) non ha alcun fondamento nella Scrittura l’idea che un cristiano che non abbia ricevuto un carisma eclatante – quale potrebbe essere il dono delle lingue o il dono di guarigione – non ha ricevuto il dono dello Spirito (…). I carismi sono dispensati ai cristiani battezzati dallo Spirito Santo a sua esclusiva discrezione, non secondo le loro vedute e preferenze. (…) il dono delle lingue, spesso invocato dai neocarismatici quale segno immancabile dell’avvenuto battesimo dello Spirito, è solo uno dei doni spirituali e non deve essere confuso col carisma che ricevettero gli apostoli nel giorno della Pentecoste. (…) Parecchie volte Luca riporta negli Atti episodi di conversioni singole o collettive seguite dal battesimo: i tremila alla Pentecoste, i credenti di Samaria, l’etiope, Saulo da Tarso, Lidia di Tiatiri e i suoi familiari, il carceriere di Filippi e i suoi congiunti, i neoconvertiti di Corinto. Non è pensabile che in tutti questi casi di conversione suggellata dal battesimo non fosse stato impartito ai neoconvertiti il dono dello Spirito Santo (nel caso dei Samaritani questo è detto espressamente), eppure in nessuno di essi si accenna a manifestazioni sovrannaturali, quali il parlare in altre lingue, come segno dell’avvenuto battesimo di Spirito Santo. Nelle due eccezioni riportate prima (nota mia: i casi di Cornelio e quelli di casa sua, e dei circa dodici discepoli di Efeso) sembra evidente che la manifestazione dello Spirito attraverso il dono delle lingue servisse come segno necessario e incontestabile della sua presenza in circostanze in cui sarebbe stato difficile riconoscerla. Nella prassi ordinaria, come si è visto, questo non succedeva’ (Antonio Caracciolo, in op. cit., pag. 9).





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Per riassumere le cose viste fino a questo punto diciamo quanto segue; 1) per gli Avventisti quando si viene battezzati in acqua si viene anche battezzati con lo Spirito Santo (faccio notare però che loro usano l’espressione battezzati di Spirito); 2) il fatto che nel Nuovo Testamento alcune volte il battesimo con lo Spirito Santo sia disgiunto dal battesimo in acqua (come nel caso dei discepoli a Pentecoste e dei credenti di Samaria e di Cornelio e i suoi) costituisce un evento del tutto eccezionale, perché di solito il dono dello Spirito Santo veniva conferito al battesimo in acqua; 3) le lingue (che ripeto loro chiamano sempre dono delle lingue) non sono il segno comprovante che il credente è stato battezzato con lo Spirito Santo. Gli Avventisti non negano che a Pentecoste, a casa di Cornelio, e ad Efeso nel caso di quei circa dodici discepoli, quando i credenti ricevettero il dono dello Spirito Santo, i credenti in questione si misero a parlare in altre lingue, ma fanno notare che questo dono ricevuto da quei credenti, consisteva nel parlare del Vangelo agli stranieri nelle loro lingue senza averle imparate. Jean Zurcher per esempio dice: ‘A che cosa servirebbe infatti il dono delle lingue se non fosse lo strumento miracoloso per comunicare l’Evangelo agli uomini di altre lingue come è accaduto alla Pentecoste?’ (Jean Zurcher ‘Tacciansi le donne?’ in Il Messaggero Avventista, Marzo 1983, pag. 40. cfr. Dizionario di dottrine bibliche, pag. 199-200; Georges Stèveny ‘Parleranno in lingue nuove…’, in Il Messaggero Avventista, Dicembre 1989, pag. 182-183). A sostegno di questa dottrina gli Avventisti prendono le seguenti parole di Ellen White che si riferiscono al parlare in lingue verificatosi il giorno della Pentecoste: ‘La diversità di lingue sarebbe stato un grande ostacolo per la proclamazione del Vangelo; Dio perciò scelse un modo miracoloso per colmare la lacuna degli apostoli in questo ambito. Lo Spirito Santo fece per loro ciò che essi non avrebbero potuto compiere da soli in tutta la vita. Ora potevano predicare le verità del Vangelo ovunque, parlando con precisione le stesse lingue di coloro ai quali testimoniavano. Questo dono miracoloso era la prova del fatto che la loro missione aveva ottenuto l’approvazione di Dio. Da allora in poi la lingua dei discepoli fu pura, semplice e corretta, sia che parlassero nella loro lingua nativa che in lingua straniera (…) I sacerdoti e i capi del popolo (…) avevano messo a morte il Nazareno, ma ora i suoi servitori, illetterati galilei, raccontavano in tutte le lingue parlate, la storia della sua vita e del suo ministero’ (Ellen G. White, Gli uomini che vinsero un impero, Impruneta, Firenze 1989, pag. 25-26). Questa è la maniera in cui gli Avventisti interpretano le lingue presenti nel libro degli Atti degli apostoli. E circa le lingue di cui parla Paolo ai Corinzi? In questo caso propongono due interpretazioni.

La prima ‘vede nel dono delle lingue descritto da Paolo lo stesso dono di xenoglossia descritto da Luca negli Atti’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 200), ritenendo però che ci siano delle differenze tra il dono delle lingue descritto negli Atti e quello descritto da Paolo ai Corinzi. Le differenze sono le seguenti. 1) Negli Atti il dono è equivalente alla profezia mentre ai Corinzi il dono è inferiore alla profezia; 2) negli Atti chi parla in lingue si indirizza agli uomini, mentre ai Corinzi chi parla in lingue si indirizza a Dio e non agli uomini; 3) negli Atti tutti comprendono chi parla in lingue ed egli parla delle cose grandi di Dio, mentre ai Corinzi nessuno comprende chi parla in lingue, perché egli proferisce misteri; 4) negli Atti gli oratori edificano chi li ascolta, mentre ai Corinzi chi parla in lingue non edifica la chiesa, ma se stesso; 5) negli Atti non si richiede interpretazione, mentre ai Corinzi è necessaria l’interpretazione; 6) negli Atti il risultato è l’evangelizzazione e la conversione, mentre ai Corinzi il risultato è l’allontanamento dei non credenti (cfr. Dizionario di dottrine bibliche, pag. 200-201). Coloro che sostengono questa interpretazione ‘affermano che tutte queste differenze derivano dal fatto che i Corinzi avevano fatto un cattivo uso del dono, anzi lo avevano falsato! Infatti, essi avevano trasformato, sotto l’influsso delle loro vecchie tradizioni pagane, il dono delle lingue da un potente mezzo evangelistico a una specie di ‘oracolo’ cristiano’ (ibid., pag. 201).





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La seconda interpretazione sostiene che ‘il dono descritto da Paolo non sia xenoglossia, ma si tratti di vera glossolalia, cioè il parlare con lingue e suoni sconosciuti agli esseri umani, ma dettati dallo Spirito. Si tratterebbe di ‘sospiri ineffabili’, di un ‘linguaggio degli angeli’ (ibid., pag. 201). In questo caso le ragioni addotte per differenziare il dono descritto in Atti da quello descritto nella prima epistola ai Corinzi sono le seguenti: 1) ‘il dono delle lingue descritto da Atti 2 fu della massima importanza per l’evangelizzazione; perché, Paolo, se descrive lo stesso dono, lo mette all’ultimo posto, e lo deprezza così tanto rispetto alla profezia, mentre in Atti 2:17 i due vengono messi sullo stesso piano?’ (ibid., pag. 201); 2) ‘le frasi chi parla in lingue non parla agli uomini, ma a Dio’ ‘edifica se stesso’, ‘parlino a se stessi e a Dio’ sono difficilmente comprensibili se si interpretano le ‘lingue’ come ‘lingue straniere’; in che modo un credente potrebbe essere edificato parlando a se stesso in una lingua che non capisce?’ (ibid., pag. 201); 3) ‘tutto il cap 14 di 1Corinzi spiega chiaramente che ‘nessuno capisce’ chi parla in lingue. Ma se si fosse trattato di lingue straniere, senz’altro qualcuno (visitatore?) avrebbe potuto riconoscere qualche parola nella sua lingua! Inoltre per capire il glossolalo era necessario avere il dono dell’interpretazione…., però se si fosse trattato di lingue straniere sarebbe stato necessario solo un traduttore o interprete senza bisogno di un dono particolare dello Spirito!’ (ibid., pag. 202); 4) ‘Se a Corinto si fosse trattato solo di un cattivo uso del dono di parlare lingue straniere, perché Paolo non lo ha corretto dicendo ai Corinzi: Questo dono è per l’evangelizzazione! Non usatelo per voi soli, ma per gli increduli. Invece Paolo dice: Quanto al parlare in lingue non impeditelo’ (ibid., pag. 202); 5) ‘Paolo indica chiaramente che il dono delle lingue manifestato a Corinto è un dono vero, voluto dallo Spirito, non una contraffazione ed egli lo raccomanda e dice che parla in lingue più di tutti. E’ anche evidente che i Corinti usavano male tale dono e gli davano un importanza eccessiva!’ (ibid., pag. 202).

Adesso vediamo cosa dicono gli Avventisti sui doni. Nel loro Dizionario si legge: ‘Alcuni evangelici sostengono che i doni più spettacolari (cioè: miracoli, guarigioni, lingue e interpretazione delle lingue) sono cessati con la fine della redazione dell’ultimo libro biblico (…) Però basta leggere 1Cor 13:8-12 per rendersi conto che Paolo pensa ai doni come qualcosa che sarà abolito solo al ritorno di Gesù’ (ibid., pag. 57-58). Dunque, gli Avventisti affermano chiaramente che loro credono che i doni dello Spirito Santo sono anche per la Chiesa di oggi. Come abbiamo visto però, gli Avventisti per dono delle lingue intendono la capacità di evangelizzare in lingue straniere mai imparate, tranne però – solo per alcuni di loro – nel caso delle lingue di Corinto dove il dono delle lingue era un parlare a Dio e non agli uomini ed occorreva il dono dell’interpretazione delle lingue affinché la chiesa ne potesse beneficiare. Nel caso invece di coloro che sostengono che anche le lingue di Corinto sono uguali a quelle degli Atti ‘nel caso di una traduzione, colui che parla una lingua straniera eguaglia il profeta, poiché sia dall’uno che dall’altro la chiesa riceve edificazione’ (Jean Zurcher ‘Tacciansi le donne?’ in Il Messaggero Avventista, Marzo 83, pag. 41). Questo per ciò che riguarda le lingue e interpretazione delle lingue.

Per quanto riguarda la fede essi dicono che non è quella comune a tutti i cristiani, ‘ma un tipo particolare di fede che consente di compiere cose straordinarie’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 59).





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Il dono di guarigione è simile a quello degli Atti e quantunque qualsiasi cristiano può pregare per la guarigione di una malattia ‘chi ha il dono di guarigione è diretto particolarmente da Dio a guarire le persone da Lui scelte’ (ibid., pag. 60). A riguardo però di questi doni di guarigioni è doveroso dire che gli Avventisti dicono anche che i ‘guaritori’ di cui si parla in 1 Corinzi 12:9,28 sono ‘tutti coloro che operano nel campo sanitario. [Non si tratta di ‘guaritori’ nel significato che il termine ha assunto oggi, ma la Bibbia usa questo termine e noi lo riportiamo nel suo contesto]. Oggi Dio si serve della medicina, ufficiale, là dove viene praticata con impegno, per ridare la salute a tante persone’ (Scuola del sabato, 2/95, pag. 85-86). Come mai parlano così? Perché Ellen G. White, che vi ricordo per loro aveva il dono di profezia, ebbe a dire: ‘Cristo operò mediante la predicazione della Parola e il sollievo della sofferenza con miracoli di guarigione. Però in base alle istruzioni che ho ricevute noi oggi non possiamo lavorare in questo modo, perché Satana eserciterà il suo potere compiendo i miracoli. I servitori di Dio ora non potrebbero agire per mezzo di miracoli, perché saranno operate anche false guarigioni facendole passare per divine. Per questo motivo il Signore ha indicato il modo in cui il suo popolo deve svolgere attività di guarigione fisica combinata con l’insegnamento della Parola. Si debbono istituire ospedali ed a questi collegare degli operai che svolgeranno opera medico-missionaria. Sarà così esercitato un influsso di protezione a favore di quanti vengono a farsi curare da noi’ (citato da Arthur White, I pionieri avventisti ed Ellen White di fronte al problema carismatico, pag. 116). Faccio presente però che la stessa White parlò di guarigioni fisiche avvenute nel loro mezzo ricorrendo alla preghiera a Dio e all’unzione dell’olio, e che lei parlò a favore della preghiera sul malato ungendolo d’olio nel nome del Signore di cui parla Giacomo (cfr. Arthur White, op. cit., pag. 109-114).

Il dono di potenza di operare miracoli ‘dà la capacità di compiere miracoli di vario genere’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 60).

Per quanto riguarda il dono di parola di conoscenza e il dono di parola di sapienza essi dicono che sono collegati al dono dell’insegnamento; la parola di conoscenza infatti è ‘la capacità di apprendere le verità spirituali e di presentarle agli altri in modo ordinato’ (ibid., pag. 59), e la parola di sapienza è ‘il dono della saggezza e di comunicare questa saggezza ad altri’ (ibid., pag. 59).

A proposito del dono di profezia viene detto che a questo dono ‘è legato quello di rivelazione, cioè la comunicazione da parte di Dio di cose altrimenti non conoscibili (chiamate a volte da Paolo ‘i misteri’) (ibid., pag. 59), e che con questo dono ‘viene associato anche quello del ‘discernimento degli spiriti’ cioè il dono di distinguere i veri dai falsi profeti e le vere manifestazioni dello Spirito dalle contraffazioni’ (ibid., pag. 59). Sempre a proposito di questo dono gli Avventisti dicono: ‘Come popolo Avventista crediamo (…) che il dono di profezia si è manifestato in seno alla chiesa del rimanente (…). Questo dono si è manifestato all’interno della Chiesa Avventista nel ministero svolto da E. G. White. Accettiamo i suoi scritti come procedenti dal dono profetico..’ (ibid., pag. 384).





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Confutazione

Come avete potuto vedere gli Avventisti fanno non poca confusione sia sul battesimo con lo Spirito Santo che su alcuni doni dello Spirito Santo. E’ necessario dunque mediante le Scritture dare un insegnamento sia sul battesimo con lo Spirito Santo che sui doni dello Spirito Santo, facendo notare man mano gli errori in cui sono caduti gli Avventisti.

Il battesimo con lo Spirito Santo e i doni dello Spirito Santo come li insegna la Scrittura

Il battesimo con lo Spirito Santo. Il messaggero mandato da Dio Padre davanti a Gesù Cristo per preparagli la via e dare conoscenza al popolo della salvezza, cioè Giovanni il Battista, nella sua predicazione che rivolse al popolo disse del Cristo: "Io vi ho battezzati con acqua, ma lui vi battezzerà con lo Spirito Santo" (Mar. 1:8). Dunque, Giovanni sapeva che Gesù Cristo aveva il potere di battezzare con lo Spirito Santo, autorità che lui, cioè Giovanni, non aveva perché egli aveva solo l’autorità di battezzare in acqua; ma non solo sapeva che Gesù aveva questa autorità ma anche che un giorno l’avrebbe esercitata infatti gli disse che un giorno li avrebbe battezzati con lo Spirito Santo. Gesù Cristo, dopo avere compiuto l’opera che Dio gli aveva dato da compiere cioè dopo avere annunciato la salvezza al popolo d’Israele ed avere guarito tutti coloro che erano sotto il dominio del diavolo, e dopo essere stato messo a morte dai Giudei ma risuscitato da Dio, dico dopo tutto ciò, poco prima di ascendere al Padre, durante i giorni nei quali si fece vedere vivente dai suoi discepoli ordinò agli apostoli "di non dipartirsi da Gerusalemme, ma di aspettarvi il compimento della promessa del Padre, la quale, egli disse, avete udita da me. Poiché Giovanni battezzò sì con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo fra non molti giorni" (Atti 1:4-5). La promessa del Padre che gli apostoli avevano udito da Cristo era la promessa dello Spirito Santo secondo che disse Gesù: "Io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché stia con voi in perpetuo, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce" (Giov. 14:16-17). Il compimento di questa promessa sarebbe consistito nella ricezione del battesimo con lo Spirito Santo; in altre parole quando Dio avrebbe dato agli apostoli l’altro Consolatore, cioè lo Spirito Santo, essi sarebbero stati battezzati con lo Spirito Santo. E quando sarebbero stati battezzati con lo Spirito sarebbero stati rivestiti di potenza dall’alto perché Gesù prima di ascendere in cielo aveva detto loro: "Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi…." (Atti 1:8). Ora, questo battesimo doveva adempiersi, secondo le parole di Gesù, dopo non molti giorni. E così fu, infatti il giorno della Pentecoste (circa dieci giorni dopo l’ascensione di Gesù) mentre tutti erano radunati nello stesso luogo: "Di subito si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, ed esso riempì tutta la casa dov’essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e se ne posò una su ciascuno di loro. E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi" (Atti 2:2-4). Gesù, dalla destra di Dio avendo ricevuto lo Spirito Santo promesso lo mandò alla sua Chiesa come aveva promesso quando aveva detto: "Pure, io vi dico la verità, egli v’è utile ch’io me ne vada; perché, se non me ne vo, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vo, io ve lo manderò" (Giov. 16:7). Dio Padre aveva per mezzo del suo Figliuolo adempiuto la sua promessa.





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A chi si rivolge chi parla in altra lingua. Come abbiamo visto poco fa, nella descrizione che fa Luca di quell’evento verificatosi alla Pentecoste viene detto che quando quelle lingue come di fuoco si posarono su ciascuno dei presenti, tutti loro cominciarono a parlare in altre lingue. Ma è vero che queste lingue furono date loro per evangelizzare? Affatto. I motivi che ci spingono a negare una simile cosa li deduciamo da diverse cose che Luca dice subito dopo nello stesso capitolo. Ecco cosa dice Luca: "Or in Gerusalemme si trovavan di soggiorno dei Giudei, uomini religiosi d’ogni nazione di sotto il cielo. Ed essendosi fatto quel suono, la moltitudine si radunò e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nel suo proprio linguaggio. E tutti stupivano e si maravigliavano, dicendo: Ecco, tutti costoro che parlano non son eglino Galilei? E com’è che li udiamo parlare ciascuno nel nostro proprio natìo linguaggio? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia Cirenaica, e avventizî Romani, tanto Giudei che proseliti, Cretesi ed Arabi, li udiamo parlar delle cose grandi di Dio nelle nostre lingue. E tutti stupivano ed eran perplessi dicendosi l’uno all’altro: Che vuol esser questo? Ma altri, beffandosi, dicevano: Son pieni di vin dolce" (Atti 2:5-13). Si noti innanzi tutto che quella moltitudine di Giudei si radunò presso il luogo dove sedevano i discepoli del Signore, all’udire il suono come di vento impetuoso che soffiava, per cui essi arrivarono in quel luogo quando i discepoli stavano già parlando in altre lingue per lo Spirito. E cosa dicevano in quelle lingue i discepoli? Furono sentiti parlare delle cose grandi di Dio. Questo fu constatato da quei Giudei che si radunarono e li ascoltarono perché si avvidero che quei Galilei parlavano nelle loro natie lingue delle cose grandi di Dio. Si noti che tutti coloro che parlavano in altre lingue parlavano delle cose grandi di Dio; chi in una lingua, chi in una altra, ma tutti parlavano delle cose grandi di Dio. Ma queste cose grandi di Dio possono riferirsi al Vangelo che quei Giudei avevano bisogno di ascoltare? No, il Vangelo in quel parlare in altre lingue non era proclamato. Perché diciamo questo? Perché il Vangelo fu predicato a quei Giudei nella lingua ebraica (nella lingua che essi tutti potevano capire) da Simon Pietro, quando questi si alzò assieme agli undici dopo che sentì che alcuni si facevano beffe di loro pensando che erano ubriachi. Ecco quello che disse Pietro in quella predicazione: "Ma Pietro, levatosi in piè con gli undici, alzò la voce e parlò loro in questa maniera: Uomini giudei, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, siavi noto questo, e prestate orecchio alle mie parole. Perché costoro non sono ebbri, come voi supponete, poiché non è che la terza ora del giorno: ma questo è quel che fu detto per mezzo del profeta Gioele: E avverrà negli ultimi giorni, dice Iddio, che io spanderò del mio Spirito sopra ogni carne; e i vostri figliuoli e le vostre figliuole profeteranno, e i vostri giovani vedranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serventi, in quei giorni, spanderò del mio Spirito, e profeteranno. E farò prodigi su nel cielo, e segni giù sulla terra; sangue, e fuoco, e vapor di fumo. Il sole sarà mutato in tenebre, e la luna in sangue, prima che venga il grande e glorioso giorno, che è il giorno del Signore. Ed avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato. Uomini israeliti, udite queste parole: Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra voi mediante opere potenti e prodigî e segni che Dio fece per mezzo di lui fra voi, come voi stessi ben sapete, quest’uomo, allorché vi fu dato nelle mani, per il determinato consiglio e per la prescienza di Dio, voi, per man d’iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma Dio lo risuscitò, avendo sciolto gli angosciosi legami della morte, perché non era possibile ch’egli fosse da essa ritenuto. Poiché Davide dice di lui: Io ho avuto del continuo il Signore davanti agli occhi, perché egli è alla mia destra, affinché io non sia smosso. Perciò s’è rallegrato il cuor mio, e ha giubilato la mia lingua, e anche la mia carne riposerà in isperanza; poiché tu non lascerai l’anima mia nell’Ades, e non permetterai che il tuo Santo vegga la corruzione. Tu m’hai fatto conoscere le vie della vita; tu mi riempirai di letizia con la tua presenza. Uomini fratelli, ben può liberamente dirvisi intorno al patriarca Davide, ch’egli morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al dì d’oggi fra noi. Egli dunque, essendo profeta e sapendo che Dio gli avea con giuramento promesso che sul suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi discendenti, antivedendola, parlò della risurrezione di Cristo, dicendo che non sarebbe stato lasciato nell’Ades, e che la sua carne non avrebbe veduto la corruzione. Questo Gesù, Iddio l’ha risuscitato; del che noi tutti siamo testimoni. Egli dunque, essendo stato esaltato dalla destra di Dio, e avendo ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora vedete e udite. Poiché Davide non è salito in cielo; anzi egli stesso dice: Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io abbia posto i tuoi nemici per sgabello de’ tuoi piedi. Sappia dunque sicuramente tutta la casa d’Israele che Iddio ha fatto e Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso" (Atti 2:14-36). Ora, noi diciamo, se i circa centoventi quando cominciarono a parlare in lingue si rivolgevano agli increduli annunciando il Vangelo che bisogno c’era che Pietro annunciasse loro il Vangelo in ebraico? Nessuno. Dunque quei credenti non potevano rivolgersi agli uomini increduli mediante il loro parlare in lingue. E questo è confermato dal fatto che i Giudei furono compunti nel cuore dopo aver ascoltato la predicazione di Pietro fatta nella loro lingua infatti è scritto: "Or essi, udite queste cose, furon compunti nel cuore…" (Atti 2:37), e non quando sentirono i credenti parlare nel loro natio linguaggio. In quell’occasione rimasero meravigliati, perplessi, ma non compunti nel cuore. Il compungimento venne solo quando sentirono dire a Pietro che quell’uomo Gesù che i Giudei avevano crocifisso era stato risuscitato da Dio, e che egli era stato fatto da Dio Signore e Cristo. Ed è confermato non solo da questo fatto, ma anche dalle parole che quei Giudei rivolsero a Pietro e agli altri apostoli, cioè: "Fratelli, che dobbiam fare?" (Atti 2:37); infatti se quei Giudei avevano già sentito la predicazione nel loro nativo linguaggio avrebbero di certo sentito dire che si dovevano ravvedere e farsi battezzare nel nome di Cristo, mentre il fatto che dopo averli sentiti parlare in altre lingue ancora non sapevano cosa dovevano fare vuol dire che in quelle "cose grandi di Dio" non era menzionato quello che essi dovevano fare. Come d’altronde anche nella predicazione di Pietro non c’era quello che essi dovevano fare; quello che dovevano fare fu loro detto dopo che Pietro ebbe terminato di predicare il Vangelo. Alla luce di ciò dunque gli Avventisti errano nel dire che le lingue date alla Pentecoste (come anche quelle date a casa di Cornelio ed ad Efeso) erano lingue che servivano all’evangelizzazione. Questo loro errore comunque fu fatto anche da molti credenti all’inizio di questo secolo quando in America molti cominciarono ad essere battezzati con lo Spirito Santo. Infatti inizialmente molti pensarono che le lingue che si ricevevano col battesimo con lo Spirito Santo servivano a predicare e alcuni partirono per dei paesi stranieri pensando che là avrebbero predicato con quelle lingue, ma poco tempo dopo tornarono a casa delusi. E si badi bene che questo errore viene fatto tuttora da molti credenti. E’ un errore che viene fatto perché si ignorano le parole di Paolo ai Corinzi: "Chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio" (1 Cor. 14:2). Notate con quanta chiarezza Paolo spiega in che direzione è rivolto il parlare in altra lingua. Non è diretto verso gli uomini, ma verso Dio. A proposito di queste parole è opportuno far notare che esse seguono queste: "Procacciate la carità, non lasciando però di ricercare i doni spirituali, e principalmente il dono di profezia" (1 Cor. 14:1) e precedono queste altre: "Poiché nessuno l’intende, ma in ispirito proferisce misteri. Chi profetizza, invece, parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione. Chi parla in altra lingua edifica se stesso; ma chi profetizza edifica la chiesa" (1 Cor. 14:2-4). Perché è opportuno fare notare questo? Perché se si leggono questi versetti nel loro ordine si vedrà che Paolo mediante di essi spiega il perché occorre desiderare principalmente il dono di profezia. Infatti egli prima dice di ricercare i doni spirituali e specifica che in primo luogo occorre desiderare il dono di profezia, e poi spiega il perché. La ragione è perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini ma a Dio, mentre chi profetizza parla agli uomini. Come dire, è meglio il dono di profezia del dono delle lingue perché mentre chi parla in altra lingua parla a Dio in ispirito, e nessuno l’intende perché proferisce misteri (se però c’è chi interpreta allora la chiesa intenderà il parlare a Dio e potrà dire ‘Amen’), chi profetizza parla direttamente agli uomini nella loro lingua e non c’è bisogno del dono dell’interpretazione delle lingue. Non per questo però Paolo sprezza il dono delle lingue, assolutamente; solo che dà la priorità, nella ricerca dei doni spirituali che deve compiere il credente, al dono di profezia appunto per questo motivo. La differenza dunque tra il parlare in altra lingua e la profezia è che mentre chi parla in altra lingua parla a Dio ed edifica se stesso (la chiesa sarà edificata solo se lui o qualcun altro interpreta), chi profetizza edifica la chiesa perché parla agli uomini e non ha bisogno di un interpretazione. Altri versetti che confermano che chi parla in altra lingua parla a Dio e non agli uomini sono questi: "Perciò, chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare; poiché, se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza. Altrimenti, se tu benedici Iddio soltanto con lo spirito, come potrà colui che occupa il posto del semplice uditore dire ‘Amen’ al tuo rendimento di grazie, poiché non sa quel che tu dici? Quanto a te, certo, tu fai un bel ringraziamento; ma l’altro non è edificato" (1 Cor. 14:13-17). Si notino queste espressioni: "se prego in altra lingua", "io pregherò con lo spirito", "salmeggerò con lo spirito", "benedici Iddio soltanto con lo Spirito", "tuo rendimento di grazie", "tu fai un bel ringraziamento"; perché esse attestano chiaramente che il parlare in altra lingua è rivolto a Dio e non agli uomini. Cade da sé quindi l’interpretazione avventista sulla differenza tra il parlar in altre lingue il giorno della Pentecoste e quello di Corinto. Perché ambedue non erano un parlare agli uomini, ma a Dio. Superfluo dunque dire che le lingue parlate a Corinto erano delle vere lingue e non delle contraffazioni o una sorta di parlare estatico che affondava le sue origini nella mistica pagana. Qualcuno forse dirà a questo punto; ma il giorno della Pentecoste quei Galilei non furono sentiti né pregare, e né rendere grazie a Dio in altra lingua. Questo è vero, ma furono sentiti salmeggiare perché essi parlavano delle cose grandi di Dio, cioè dei segni e dei prodigi compiuti da Dio nell’antichità. Vediamo prima di tutto di confermare con le Scritture che le cose grandi di Dio erano le opere potenti di Dio. Mosè disse ad Israele nel deserto: "Egli è l’oggetto delle tue lodi, egli è il tuo Dio, che ha fatto per te queste cose grandi e tremende che gli occhi tuoi hanno vedute" (Deut. 10:21), ed ancora: "Poiché gli occhi vostri hanno veduto le grandi cose che l’Eterno ha fatte" (Deut. 11:7). Anche quando nel Nuovo Testamento si dice che gli apostoli Paolo e Barnaba giunti a Gerusalemme "riferirono quanto grandi cose Dio avea fatte con loro" (Atti 15:4), il riferimento è a segni e prodigi (senza escludere naturalmente il fatto che Dio aveva salvato anche molti Gentili per mezzo del loro ministerio), difatti quando poco dopo gli apostoli e gli anziani si raunarono per esaminare la questione che era sorta Paolo e Barnaba "narravano quali segni e prodigî Iddio aveva fatto per mezzo di loro" (Atti 15:12). Anche oggi quando tra fratelli si parla delle cose grandi di Dio nella maggior parte dei casi si tratta di segni e prodigi compiuti da Dio. Adesso vediamo di dimostrare sempre con le Scritture che il parlare delle cose grandi di Dio in altra lingua equivale a salmeggiare perché nell’antichità furono proferiti da degli Ebrei dei Salmi in lingua ebraica (non in altra lingua quindi) in cui si parlava dei segni e dei prodigi compiuti da Dio nel passato. In un Salmo leggiamo: "Egli percosse i primogeniti d’Egitto, così degli uomini come degli animali. Mandò segni e prodigi in mezzo a te, o Egitto, su Faraone e su tutti i suoi servitori. Egli percosse grandi nazioni, e uccise re potenti: Sihon, re degli Amorei, e Og, re di Basan, e tutti i regni di Canaan. E dette il loro paese in eredità, in eredità a Israele, suo popolo" (Sal. 135:8-12); in un altro Salmo leggiamo: "Egli mandò Mosè, suo servitore, e Aaronne, che aveva eletto. Essi compiron fra loro i miracoli da lui ordinati, fecero dei prodigi nella terra di Cham. Mandò le tenebre e fece oscurar l’aria, eppure non osservarono le sue parole. Cangiò le acque loro in sangue, e fece morire i loro pesci. La loro terra brulicò di rane, fin nelle camere dei loro re. Egli parlò, e vennero mosche velenose e zanzare in tutto il loro territorio. Dette loro grandine invece di pioggia, fiamme di fuoco sul loro paese. Percosse le loro vigne e i loro fichi e fracassò gli alberi del loro territorio. Egli parlò e vennero le locuste e i bruchi senza numero, che divorarono tutta l’erba nel loro paese e mangiarono il frutto della loro terra. Poi percosse tutti i primogeniti nel loro paese, le primizie d’ogni loro forza. E fece uscire gli Israeliti con argento ed oro, e non vi fu alcuno, fra le sue tribù, che fosse fiacco. L’Egitto si rallegrò della loro partenza, poiché la paura d’essi era caduta su loro. Egli distese una nuvola per ripararli, e accese un fuoco per rischiararli di notte. A loro richiesta fece venire delle quaglie, e li saziò col pane del cielo. Egli aprì la roccia e ne scaturirono acque; esse corsero per luoghi aridi, come un fiume. Poiché egli si ricordò della sua parola santa e d’Abrahamo, suo servitore; e trasse fuori il suo popolo con allegrezza, e i suoi eletti con giubilo. E dette loro i paesi delle nazioni, ed essi presero possesso della fatica dei popoli, perché osservassero i suoi statuti e ubbidissero alle sue leggi. Alleluia" (Sal. 105:26-45). A questo punto vi domando: ‘Ponete il caso che un giorno mentre vi trovate in una nazione straniera, come per esempio la Cina, mentre vi trovate in mezzo ad una assemblea di credenti cinesi cominciaste a sentire queste parole dei Salmi appena citate in perfetto italiano, non direste che un cinese sta parlando delle cose grandi di Dio nella vostra lingua?’ O ponete invece il caso che in quell’assemblea si trovi un ebreo nato e cresciuto in Italia, che conosce la storia del suo popolo, e sente proferire quelle parole dei salmi o parole simili in perfetto italiano; non pensate voi che egli dirà: come è che un cinese parla delle cose grandi di Dio nella lingua italiana? Dunque il sentire parlare delle cose grandi di Dio il giorno della Pentecoste fu un sentire parlare delle opere potenti compiute da Dio nel passato (non si può escludere che tra le cose grandi di Dio ci fossero anche descrizioni dell’operare di Dio nella natura, come il sorgere del sole, il suo tramonto, il levarsi delle onde del mare, ecc., perché anche queste cose sono cose grandi compiute da Dio). Stabilito dunque che a Pentecoste le lingue date dallo Spirito Santo non servivano all’evangelizzazione, è implicito che anche a casa di Cornelio e ad Efeso le lingue che furono date dallo Spirito Santo non servivano all’evangelizzazione.





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Quando si riceve il battesimo con lo Spirito Santo e qual è il segno esteriore che ne attesta l’avvenuta ricezione. A questo punto - dato che come abbiamo visto per gli Avventisti il dono dello Spirito Santo si riceve al battesimo e le lingue non sono il segno comprovante che uno ha ricevuto il dono dello Spirito Santo - passiamo a dimostrare come il battesimo con lo Spirito Santo non è un battesimo che si riceve col battesimo in acqua o assieme ad esso (quasi che siano simultanei), e che quando lo si riceve si comincia a parlare in altra lingua come lo Spirito dà di esprimersi. Per fare ciò però dobbiamo parlare innanzi tutto della nuova nascita. L’uomo è morto nei suoi falli e nei suoi peccati; in lui dunque non c’è vita ma morte. Egli non può avere comunione con Dio perché nella sua vita regna il peccato, peccato che lui serve e che lo ripaga con la morte. Che deve fare dunque per ottenere la vita e potere avere comunione con Dio? Deve ravvedersi e credere nel Vangelo. Il ravvedimento implica il riconoscersi peccatori davanti a Dio e provare dispiacere per i propri peccati oltre che prendere la decisione di abbandonare il proprio servizio al peccato. Il credere nel Vangelo implica il riconoscere che Gesù è il Messia, il Figlio di Dio, venuto nel mondo nella pienezza dei tempi per ordine del Creatore dei cieli e della terra, per salvare gli uomini dal peccato. Salvarli come? Morendo sulla croce per i loro peccati. Oltre alla morte di Cristo naturalmente egli dovrà riconoscere che Gesù il terzo giorno è risorto secondo le Scritture e apparso vivente a molti. Cosa succederà all’uomo nel momento in cui si ravvederà e crederà nel Vangelo? Egli nascerà di nuovo o da Dio. "Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio" (1 Giov. 5:1), dice Giovanni; dunque nel momento in cui uno crede in Gesù rinasce, nasce da Dio. Si badi bene che qui non viene detto che chi crede in Gesù e viene battezzato è nato da Dio, ma chi crede; questo a dimostrazione che per nascere di nuovo è indispensabile la fede, ma non è indispensabile il battesimo in acqua. Il battesimo in acqua segue la nuova nascita, è il segno esteriore con cui uno confessa di essere nato da Dio, di essere diventato per la grazia di Dio una nuova creatura. Ora, dato che quando uno crede che Gesù è morto per i nostri peccati e risorto dai morti nasce da Dio, è implicito che egli è un figlio di Dio. Potrebbe mai essere infatti che Dio genera qualcuno che poi non può essere chiamato suo figlio? No. Ecco perché è scritto che "a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figliuoli di Dio, a quelli, cioè, che credono nel suo nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma son nati da Dio" (Giov. 1:12-13), perché chi crede diventa un figlio di Dio. E dato che è un figlio di Dio per forza di cose deve avere nel suo cuore lo Spirito Santo. Perché? Perché senza lo Spirito Santo non si può dire di essere dei figli di Dio; Paolo dice che lo Spirito attesta insieme con il nostro spirito che siamo figliuoli di Dio, e in un altro luogo che "perché siete figliuoli, Dio ha mandato lo Spirito del suo Figliuolo nei nostri cuori, che grida: Abba, Padre" (Gal. 4:6). Dunque, ancora prima di essere battezzati in acqua i credenti in Cristo hanno nel loro cuore lo Spirito Santo di Dio. Non è quindi col battesimo in acqua che lo Spirito Santo viene a dimorare in loro, ma nel momento in cui essi credono; e lo Spirito li spingerà subito a farsi battezzare. Al battesimo il credente ha già lo Spirito Santo. Non c’è il minimo dubbio a riguardo. A questo punto, qualcuno dirà, ma se il credente ha lo Spirito Santo sin da quando ha creduto, perché nel Nuovo Testamento si parla di ricezione dello Spirito Santo, di battesimo con lo Spirito Santo, di discesa dello Spirito in riferimento a persone che avevano creduto ed erano state già battezzate, come per esempio i circa centoventi a Pentecoste e i Samaritani, e i circa dodici discepoli a Efeso? La risposta è perché la ricezione dello Spirito Santo o la ricezione del dono dello Spirito Santo o il battesimo con lo Spirito o la discesa dello Spirito non è da intendersi come qualcosa che si sperimenta automaticamente quando si nasce di nuovo, o detto in altre parole, non è la stessa esperienza della nuova nascita. Prendiamo l’esempio dei circa centoventi. Erano nati di nuovo prima del giorno della Pentecoste? Sì, perché avevano tutti creduto che Gesù era il Messia, e siamo sicuri che erano anche battezzati in acqua. Essi avevano lo Spirito Santo nei loro cuori. In relazione agli undici è scritto chiaramente che quando Gesù apparve loro disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo" (Giov. 20:22). Eppure Pietro in due occasioni, parlando a riguardo della ricezione dello Spirito Santo da parte dei Gentili, dice: "Se dunque Iddio ha dato a loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiam creduto nel Signor Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?" (Atti 11:17), e: "E Dio, conoscitore dei cuori, rese loro testimonianza, dando lo Spirito Santo a loro, come a noi" (Atti 15:8), ed ancora: "Lo Spirito Santo scese su loro, com’era sceso su noi da principio" (Atti 11:15). Notate come per Pietro, a Pentecoste lui e gli altri che erano con lui ricevettero il dono dello Spirito (o ricevettero lo Spirito Santo, o lo Spirito Santo scese su loro). Ma allora prima del giorno della Pentecoste avevano o non avevano lo Spirito Santo? Avevano una misura di Spirito Santo, ma ancora non erano ripieni di Spirito Santo. Ecco perché è detto che a Pentecoste furono tutti ripieni di Spirito Santo. Vediamo adesso l’esempio dei Samaritani. E’ scritto: "Ma quand’ebbero creduto a Filippo che annunziava loro la buona novella relativa al regno di Dio e al nome di Gesù Cristo, furon battezzati, uomini e donne. E Simone credette anch’egli; ed essendo stato battezzato, stava sempre con Filippo; e vedendo i miracoli e le gran potenti opere ch’eran fatti, stupiva. Or gli apostoli ch’erano a Gerusalemme, avendo inteso che la Samaria avea ricevuto la parola di Dio, vi mandarono Pietro e Giovanni. I quali, essendo discesi là, pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito Santo; poiché non era ancora disceso sopra alcuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signor Gesù. Allora imposero loro le mani, ed essi ricevettero lo Spirito Santo" (Atti 8:12-17). Anche in questo caso, essendo che quelle persone avevano creduto, esse erano nate da Dio e quindi avevano una misura di Spirito Santo, ma quando Pietro e Giovanni imposero loro le mani e pregarono per loro, essi furono ripieni di Spirito Santo. Quando Luca dice che essi erano stati soltanto battezzati nel nome del Signor Gesù, vuol dire che avevano ricevuto solo il battesimo in acqua ma non ancora quello con lo Spirito Santo. Espressione che conferma che non perché uno è stato battezzato in acqua ciò significa che è stato battezzato anche con lo Spirito Santo. Notate inoltre che anche nell’esempio dei Samaritani si parla di discesa dello Spirito Santo su dei credenti (cfr. Atti 8:16), come nel caso dei credenti a Pentecoste. Vediamo ora l’esempio dei discepoli di Efeso. E’ detto che prima Paolo li battezzò in acqua nel nome del Signor Gesù e "dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano" (Atti 19:6). Si noti come anche in questo caso si parla di discesa dello Spirito Santo su dei credenti dopo il battesimo in acqua. In tutti e tre i casi visti quindi lo Spirito Santo scese su dei credenti dopo il loro battesimo. Con questa discesa essi furono battezzati con lo Spirito, furono ripieni di Spirito, ricevettero il dono dello Spirito Santo. Ma c’è un caso negli Atti, anzi ce ne sono due, in cui lo Spirito Santo scese su dei credenti prima del battesimo in acqua. Sono quelli di Cornelio e Saulo da Tarso. Di Cornelio e i suoi è scritto: "Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio. Allora Pietro prese a dire: Può alcuno vietar l’acqua perché non siano battezzati questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo come noi stessi? E comandò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Allora essi lo pregarono di rimanere alcuni giorni con loro" (Atti 10:44-48). Nel caso di Saulo è detto: "E Anania se ne andò, ed entrò in quella casa; e avendogli imposte le mani, disse: Fratello Saulo, il Signore, cioè Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale tu venivi, mi ha mandato perché tu ricuperi la vista e sii ripieno dello Spirito Santo. E in quell’istante gli caddero dagli occhi come delle scaglie, e ricuperò la vista; poi, levatosi, fu battezzato" (Atti 9:17-18). Questi due esempi mostrano come si può essere ripieni di Spirito Santo ancora prima di essere battezzati in acqua, se questo è il volere di Dio. Ma non prima di essere nati di nuovo naturalmente perché per ricevere lo Spirito Santo è necessario avere la fede secondo che è scritto: "Affinché ricevessimo, per mezzo della fede, lo Spirito promesso" (Gal. 3:14), ed ancora: "Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Or disse questo dello Spirito, che doveano ricevere quelli che crederebbero in lui…." (Giov. 7:38-39). Di Cornelio e di quelli di casa sua e di Saulo occorre dunque dire che nel momento che furono ripieni di Spirito o che lo Spirito discese su loro avevano la fede.

Passiamo adesso a trattare la questione delle lingue in relazione al battesimo con lo Spirito Santo. Sono o non sono il segno che attesta la ricezione dello Spirito Santo o il battesimo con lo Spirito Santo o la discesa dello Spirito Santo? Riteniamo di avere già risposto a questa domanda quando abbiamo citato gli esempi dei credenti a Pentecoste, di Cornelio e quelli di casa sua, e l’esempio di quei circa dodici discepoli a Efeso, perché in tutti questi casi si parla di un parlare in altre lingue avvenuto subito dopo la discesa dello Spirito Santo. Che dire allora dei casi dei credenti di Samaria e del caso di Paolo, in cui non viene detto che quando furono ripieni di Spirito Santo si misero a parlare in altre lingue? Diciamo questo. Nel caso dei Samaritani si capisce che si misero a parlare in altre lingue dal fatto che viene detto che Simone vide "che per l’imposizione delle mani degli apostoli era dato lo Spirito Santo" (Atti 8:18); se non ci fosse stato il segno esteriore delle lingue non avrebbe potuto accorgersi di questo. Nel caso di Paolo, anche se negli Atti non è specificatamente detto, si deduce dal fatto che ai Corinzi egli dice che ringraziava Dio di parlare in altre lingue più di tutti i Corinzi (1 Cor. 14:18). Ma dato che ci sono altri casi nel libro degli Atti in cui non ci viene detto che i credenti si misero a parlare in altre lingue, che vengono presi dagli Avventisti (e non solo da loro) per sostenere che il parlare in lingue non è il segno che attesta che si è ricevuto il dono dello Spirito Santo, siamo costretti a dire qualcosa d’altro. Da come parlano loro pare di capire che Dio avrebbe dovuto far scrivere il libro degli Atti (e non solo questo libro) in un’altra maniera. Perché dico questo? Perché basta che negli Atti non ci sia scritto che dei credenti non parlavano in lingue per dedurne che essi non avevano quel segno nella loro vita. Ma si possono fare simili deduzioni? No. Se si dovessero fare simili deduzioni a riguardo del battesimo con lo Spirito Santo, si dovrebbero fare altre deduzioni a riguardo del battesimo in acqua e precisamente che esso non venne sempre ministrato ai credenti e che in taluni casi venne ministrato per aspersione. Perché questo? Perché dei credenti di Tessalonica, di Atene, e di Antiochia di Pisidia non viene per nulla detto che furono battezzati. E dei credenti di Gerusalemme, di Filippi, di Corinto, e di Saulo non viene assolutamente detto che furono battezzati per immersione in acqua. C’è scritto che furono battezzati ma non in acqua. Come mai allora gli Avventisti insegnano che il battesimo deve essere ministrato per immersione e non per aspersione? Perché prendono l’esempio del battesimo di Gesù e quello dell’eunuco. Bene, noi diciamo. Ma se deducono quindi che anche a Gerusalemme, a Corinto, coloro che credettero furono battezzati in acqua e non per aspersione anche se sta solo scritto che furono battezzati; e nel caso di quei credenti di Tessalonica, dei credenti di Atene e di altri posti, che essi furono tutti quanti battezzati anche se non sta scritto neppure che furono battezzati, perché non deducono anche che nei casi dei Samaritani e di Saulo essi si misero a parlare in lingue quando furono ripieni di Spirito come lo furono i credenti a Pentecoste, a casa di Cornelio e a Efeso? E perché non deducono anche che i credenti sperimentarono la discesa dello Spirito Santo con il conseguente parlare in lingue anche nei casi dove non è detto che lo Spirito scese su loro? I motivi mi paiono evidenti; non gli sta bene. Quindi si danno a vani ragionamenti.





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I doni dello Spirito Santo. L’apostolo Paolo dice ai Corinzi: "Circa i doni spirituali, fratelli, non voglio che siate nell’ignoranza. Voi sapete che quando eravate Gentili eravate trascinati dietro agl’idoli muti, secondo che vi si menava. Perciò vi fo sapere che nessuno, parlando per lo Spirito di Dio, dice: Gesù è anatema! e nessuno può dire: Gesù è il Signore! se non per lo Spirito Santo. Or vi è diversità di doni, ma v’è un medesimo Spirito. E vi è diversità di ministerî, ma non v’è che un medesimo Signore. E vi è varietà di operazioni, ma non v’è che un medesimo Iddio, il quale opera tutte le cose in tutti. Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l’utile comune. Infatti, a uno è data mediante lo Spirito parola di sapienza; a un altro, parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, doni di guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro, potenza d’operar miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue, e ad un altro, la interpretazione delle lingue; ma tutte queste cose le opera quell’uno e medesimo Spirito, distribuendo i suoi doni a ciascuno in particolare come Egli vuole" (1 Cor. 12:1-11). Come potete vedere Paolo desiderava che i credenti (non solo quelli di Corinto) non fossero nell’ignoranza circa i doni spirituali. Ora, di quale ignoranza parla in questo caso? Di quella che ignora l’esistenza dei doni spirituali o di quella che ignora la loro funzione nel corpo di Cristo e il loro giusto uso? Considerando che i Corinzi non difettavano di alcun dono, perché questo lo dice Paolo all’inizio della sua epistola, e in mezzo a loro c’era chi parlava in altra lingua e chi profetizzava (perché questo si evince dal discorso che Paolo fa in seguito), Paolo non voleva che i Corinzi fossero nell’ignoranza circa l’uso dei doni. E’ chiaro però che se dei credenti ignorano l’esistenza dei doni spirituali (niente di cui meravigliarsi, se si considera che al tempo di Paolo c’erano persino dei credenti che per un certo tempo non avevano saputo dell’esistenza dello Spirito Santo) è necessario ammaestrarli affinché questa ignoranza cessi di esistere, essendo che i doni sono per la Chiesa, per la sua edificazione e non per la sua distruzione. Paolo lo dice chiaramente: a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l’utile comune. Si notino bene queste parole "per l’utile comune" perché esse annullano tutti quei ragionamenti che vogliono far credere che i doni dello Spirito Santo oggi non siano più necessari. Difatti se a quel tempo la manifestazione dello Spirito era utile alla Chiesa, di conseguenza essa deve essere utile anche adesso a distanza di più di millenovecento anni. Se lo Spirito edificava la Chiesa mediante i suoi doni, di certo Egli continuerà ad edificarla mediante quegli stessi doni ancora oggi. Se lo Spirito a quel tempo desiderava edificare la Chiesa di Dio per mezzo dei suoi doni, di certo desidererà edificarla ancora oggi. O forse qualcuno può dimostrare che questo non è il sentimento dello Spirito? No, non c’è nessuno che può dimostrare che il sentimento e l’operare dello Spirito siano cambiati, e non c’è nessuno che può cambiare il suo sentimento e il suo operare. Egli ancora oggi distribuisce i suoi doni come Egli vuole, e non c’è nessuno che glielo può impedire. Ora, come abbiamo visto lo Spirito è uno, ma i doni sono svariati. In altre parole lo Spirito Santo concede manifestazioni diverse in seno alla Chiesa di Dio. E questo perché le necessità sono svariate nella Chiesa; un po’ come nel corpo umano insomma, in cui ci sono diverse membra con diverse funzioni in base alle necessità. L’occhio mette in grado di vedere, l’orecchio di sentire, i piedi di camminare, la bocca di mangiare, lo stomaco e il fegato di digerire quello che si è mangiato, ecc. Così anche nel corpo di Cristo, dato che i bisogni sono svariati lo Spirito dà a ciascuno delle capacità diverse per supplire ai diversi bisogni presenti in seno alla fratellanza. Non a tutti Egli dà la medesima manifestazione dello Spirito, ma a tutti Egli dà una manifestazione in accordo con la volontà di Dio. Volontà di Dio però che non esclude affatto il desiderare da parte del credente di questi doni, infatti Paolo dice più volte di bramare i doni spirituali: "Desiderate ardentemente i doni maggiori" (1 Cor. 12:31), "cercate di abbondarne per l’edificazione della chiesa" (1 Cor. 14:12), dice Paolo. La cosa è chiara, questi doni devono essere oggetto di ricerca da parte di tutti noi, nessuno escluso. Non c’è una categoria di credenti che è esclusa da questa ricerca. Tutti devono essere coinvolti in essa. Chi non li desidera in realtà non vuole che la Chiesa sia edificata mediante la manifestazione dello Spirito. Egli non vuole che la Chiesa di oggi sia edificata per mezzo dei doni, come lo era la chiesa antica. Ma vediamoli da vicino questi doni di cui parla Paolo, al fine di capire il perché essi sono dati per l’edificazione della chiesa, al fine di capire la loro utilità.

Dono di parola di sapienza. Questo dono è la rivelazione di un fatto che deve accadere. Rivelazione che può essere data per mezzo di una visione, di un sogno, o per mezzo di una voce ascoltata. Alcuni esempi di parola di sapienza nella Scrittura sono i seguenti.

Ad Antiochia un certo profeta di nome Agabo "levatosi, predisse per lo Spirito che ci sarebbe stata una gran carestia per tutta la terra; ed essa ci fu sotto Claudio" (Atti 11:28). Sempre Agabo, alcuni anni dopo, sceso a casa di Filippo "prese la cintura di Paolo, se ne legò i piedi e le mani, e disse: Questo dice lo Spirito Santo: Così legheranno i Giudei a Gerusalemme l’uomo di cui è questa cintura, e lo metteranno nelle mani dei Gentili" (Atti 21:11). Anche in questo caso la predizione di Agabo si avverò. Dio mediante una visione fece sapere a Saulo, mentre egli si trovava cieco in casa di Giuda a Damasco, che sarebbe venuto da lui un uomo chiamato Anania ad imporgli le mani affinché ricuperasse la vista. Quando infatti il Signore parlò ad Anania gli disse di Saulo: "Egli è in preghiera, e ha veduto un uomo, chiamato Anania, entrare e imporgli le mani perché ricuperi la vista" (Atti 9:11-12). A Giovanni, Dio sull’isola di Patmos, in visione, gli mostrò molte cose che devono avvenire. Per esempio citiamo queste: "E vidi salir dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, e sulle corna dieci diademi, e sulle teste nomi di bestemmia. E la bestia ch’io vidi era simile a un leopardo, e i suoi piedi eran come di orso, e la sua bocca come bocca di leone; e il dragone le diede la propria potenza e il proprio trono e grande potestà. E io vidi una delle sue teste come ferita a morte; e la sua piaga mortale fu sanata; e tutta la terra maravigliata andò dietro alla bestia; e adorarono il dragone perché avea dato il potere alla bestia; e adorarono la bestia dicendo: Chi è simile alla bestia? e chi può guerreggiare con lei? E le fu data una bocca che proferiva parole arroganti e bestemmie e le fu data potestà di agire per quarantadue mesi. Ed essa aprì la bocca per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo nome e il suo tabernacolo e quelli che abitano nel cielo. E le fu dato di far guerra ai santi e di vincerli; e le fu data potestà sopra ogni tribù e popolo e lingua e nazione. E tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello che è stato immolato, l’adoreranno. Se uno ha orecchio, ascolti. Se uno mena in cattività andrà in cattività; se uno uccide con la spada, bisogna che sia ucciso con la spada. Qui sta la costanza e la fede dei santi. Poi vidi un’altra bestia, che saliva dalla terra, ed avea due corna come quelle d’un agnello, ma parlava come un dragone. Ed esercitava tutta la potestà della prima bestia, alla sua presenza; e facea sì che la terra e quelli che abitano in essa adorassero la prima bestia la cui piaga mortale era stata sanata. E operava grandi segni, fino a far scendere del fuoco dal cielo sulla terra in presenza degli uomini. E seduceva quelli che abitavano sulla terra coi segni che le era dato di fare in presenza della bestia, dicendo agli abitanti della terra di fare un’immagine della bestia che avea ricevuta la ferita della spada ed era tornata in vita. E le fu concesso di dare uno spirito all’immagine della bestia, onde l’immagine della bestia parlasse e facesse sì che tutti quelli che non adorassero l’immagine della bestia fossero uccisi. E faceva sì che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi, fosse posto un marchio sulla mano destra o sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere se non chi avesse il marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intendimento conti il numero della bestia, poiché è numero d’uomo; e il suo numero è 666" (Ap. 13:1-18). Queste due bestie devono fare la loro comparsa prima della venuta di Cristo, infatti quando Cristo tornerà la bestia e il falso profeta saranno presi e gettati vivi nello stagno ardente di fuoco e di zolfo (cfr. Ap. 19:20-21). Il profeta Eliseo mentre imperversava la carestia in Samaria ebbe una parola di sapienza che preannunciava la cessazione della carestia. Ecco il fatto: "Or dopo queste cose avvenne che Ben-Hadad, re di Siria, radunato tutto il suo esercito, salì contro Samaria, e la cinse d’assedio. E vi fu una gran carestia in Samaria; e i Sirî la strinsero tanto dappresso che una testa d’asino vi si vendeva ottanta sicli d’argento, e il quarto d’un kab di sterco di colombi, cinque sicli d’argento. Or come il re d’Israele passava sulle mura, una donna gli gridò: ‘Aiutami, o re, mio signore!’ Il re le disse: ‘Se non t’aiuta l’Eterno, come posso aiutarti io? Con quel che dà l’aia o con quel che dà lo strettoio?’ Poi il re aggiunse: ‘Che hai?’ Ella rispose: ‘Questa donna mi disse: - Da’ qua il tuo figliuolo, che lo mangiamo oggi; domani mangeremo il mio. - Così cocemmo il mio figliuolo, e lo mangiammo. Il giorno seguente io le dissi: - Da’ qua il tuo figliuolo, che lo mangiamo. - Ma essa ha nascosto il suo figliuolo’. Quando il re ebbe udite le parole della donna, si stracciò le vesti; e come passava sulle mura, il popolo vide ch’egli portava, sotto, un cilicio sulla carne. E il re disse: ‘Mi tratti Iddio con tutto il suo rigore, se oggi la testa di Eliseo, figliuolo di Shafat, rimane ancora sulle sue spalle!’ Or Eliseo se ne stava sedendo in casa sua, e con lui stavano a sedere gli anziani. Il re mandò innanzi un uomo; ma prima che questo messo giungesse, Eliseo disse agli anziani: ‘Lo vedete voi che questo figliuol d’un assassino manda qualcuno a tagliarmi la testa? Badate bene; quand’arriva il messo, chiudete la porta, e tenetegliela ben chiusa in faccia. Non si sente già dietro a lui il rumore de’ passi del suo signore?’ Egli parlava ancora con essi, quand’ecco scendere verso di lui il messo. E il re disse: ‘Ecco questo male vien dall’Eterno; che ho io più da sperar dall’Eterno?’ Allora Eliseo disse: ‘Ascoltate la parola dell’Eterno! Così dice l’Eterno: - Domani, a quest’ora, alla porta di Samaria, la misura di fior di farina si avrà per un siclo, e le due misure d’orzo si avranno per un siclo’. Ma il capitano sul cui braccio il re s’appoggiava, rispose all’uomo di Dio: ‘Ecco, anche se l’Eterno facesse delle finestre in cielo, potrebbe mai avvenire una cosa siffatta?’ Eliseo rispose: ‘Ebbene, lo vedrai con gli occhi tuoi, ma non ne mangerai" (2 Re 6:24-33;7:1-2). E le cose avvennero come predisse Eliseo infatti è scritto che il giorno dopo: "Allora il popolo uscì fuori, e saccheggiò il campo dei Sirî; e una misura di fior di farina si ebbe per un siclo, e due misure d’orzo per un siclo secondo la parola dell’Eterno. Il re aveva affidato la guardia della porta al capitano sul cui braccio s’appoggiava; ma questo capitano fu calpestato dalla folla presso la porta e morì, come avea detto l’uomo di Dio, quando avea parlato al re ch’era sceso a trovarlo. Difatti, quando l’uomo di Dio avea parlato al re dicendo: ‘Domani, a quest’ora, alla porta di Samaria, due misure d’orzo s’avranno per un siclo e una misura di fior di farina per un siclo’, quel capitano avea risposto all’uomo di Dio e gli avea detto: ‘Ecco, anche se l’Eterno facesse delle finestre in cielo, potrebbe mai avvenire una cosa siffatta?’ Ed Eliseo gli avea detto: ‘Ebbene, lo vedrai con gli occhi tuoi, ma non ne mangerai’. E così gli avvenne: fu calpestato dalla folla presso la porta, e morì" (2 Re 7:16-20).

Dono di parola di conoscenza. Questo dono è la rivelazione di un fatto che sta avvenendo o che è già accaduto. Anche questa rivelazione può essere data in visione o in sogno o mediante una voce. Alcuni esempi biblici in cui troviamo la manifestazione di questo dono sono i seguenti.

Gesù disse alla donna samaritana: "Va’ a chiamar tuo marito e vieni qua. La donna gli rispose: Non ho marito. E Gesù: Hai detto bene: Non ho marito; perché hai avuto cinque mariti; e quello che hai ora, non è tuo marito; in questo hai detto il vero. La donna gli disse: Signore, io vedo che tu sei un profeta" (Giov. 4:16-19). In questo caso Gesù, mediante una parola di conoscenza, seppe che quella donna aveva avuto cinque mariti e che quello che aveva in quel momento non era suo marito. La donna comprese da questo che chi le parlava era un profeta. Negli Atti è scritto: "Un certo uomo, chiamato Anania, con Saffira sua moglie, vendé un possesso, e tenne per sé parte del prezzo, essendone consapevole anche la moglie; e portatane una parte, la pose ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: Anania, perché ha Satana così riempito il cuor tuo da farti mentire allo Spirito Santo e ritener parte del prezzo del podere? Se questo restava invenduto, non restava tuo? E una volta venduto, non ne era il prezzo in tuo potere? Perché ti sei messa in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio. E Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E gran paura prese tutti coloro che udiron queste cose. E i giovani, levatisi, avvolsero il corpo, e portatolo fuori, lo seppellirono" (Atti 5:1-6). Pietro mediante una parola di conoscenza poté sapere che Anania e Saffira non avevano ricavato dalla vendita di quel loro possesso quanto Anania aveva messo ai piedi degli apostoli ma di più e poté riprendere Anania per aver mentito allo Spirito Santo. Il profeta Eliseo mediante il dono di parola di conoscenza poté far sapere per diverse volte al re d’Israele dove il re di Siria avrebbe posto il suo campo: "Ora il re di Siria faceva guerra contro Israele; e in un consiglio che tenne coi suoi servi, disse: ‘Io porrò il mio campo nel tale e tal luogo’. E l’uomo di Dio mandò a dire al re d’Israele: ‘Guardati dal trascurare quel tal luogo, perché vi stan calando i Sirî’. E il re d’Israele mandò gente verso il luogo che l’uomo di Dio gli aveva detto, e circa il quale l’avea premunito; e quivi si mise in guardia. Il fatto avvenne non una né due ma più volte. Questa cosa turbò molto il cuore del re di Siria, che chiamò i suoi servi, e disse loro: ‘Non mi farete dunque sapere chi dei nostri è per il re d’Israele?’ Uno de’ suoi servi rispose: ‘Nessuno, o re, mio signore! ma Eliseo, il profeta ch’è in Israele, fa sapere al re d’Israele perfino le parole che tu dici nella camera ove dormi" (2 Re 6:8-12). Non bisogna pensare però che Eliseo poteva sapere mediante questo dono tutto quello che accadeva o che era accaduto, tanto è vero che nel caso della morte del figlio della Shunamita lui non sapeva che il suo figlio era morto difatti è scritto: "Ella dunque partì, e giunse dall’uomo di Dio, sul monte Carmel. E come l’uomo di Dio l’ebbe scorta di lontano, disse a Ghehazi, suo servo: ‘Ecco la Shunamita che viene! Ti prego, corri ad incontrarla, e dille: - Stai bene? Sta bene tuo marito? E il bimbo sta bene?’ - Ella rispose: ‘Stanno bene’. E come fu giunta dall’uomo di Dio, sul monte, gli abbracciò i piedi. Ghehazi si appressò per respingerla; ma l’uomo di Dio disse: ‘Lasciala stare, poiché l’anima sua è in amarezza, e l’Eterno me l’ha nascosto, e non me l’ha rivelato" (2 Re 4:25-27).





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Dono della fede. La fede di cui Paolo parla come dono, non è la fede che viene dall’udire la Parola di Dio e mediante la quale si viene salvati e si riceve lo Spirito Santo. E’ una fede speciale concessa dallo Spirito Santo a taluni in certe occasioni per compiere qualcosa di particolare. Per esempio Gesù mediante questo dono sfamò migliaia di persone per ben due volte con pochi pani e due pesci (cfr. Matteo 14:15-21; Mar. 6:30-44; Giov. 6:1-15, e Matt. 15:32-37; Mar. 8:1-9), camminò sulle acque del mar di Galilea (cfr. Matt. 14:25; Mar. 6:48), e fece seccare all’istante un fico (cfr. Matt. 21:18-19).

Doni di guarigioni. I doni di guarigioni sono doni che mettono in grado chi li riceve di guarire gli ammalati. Come nel caso di Gesù, la potenza del Signore sarà con lui per compiere delle guarigioni (cfr. Luca 5:17). Gesù diede la potestà di guarire gli infermi ai suoi dodici discepoli secondo che è scritto: "Poi, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potestà di cacciare gli spiriti immondi, e di sanare qualunque malattia e qualunque infermità" (Matt. 10:1; cfr. Luca 9:1-2). Ed essi guarirono gli ammalati, Gesù vivente, secondo che è scritto: "Ed essi, partitisi, andavano attorno di villaggio in villaggio, evangelizzando e facendo guarigioni per ogni dove" (Luca 9:6). Anche l’apostolo Paolo aveva dei doni di guarigioni infatti a Malta è detto: "E accadde che il padre di Publio giacea malato di febbre e di dissenteria. Paolo andò a trovarlo; e dopo aver pregato, gl’impose le mani e lo guarì. Avvenuto questo, anche gli altri che aveano delle infermità nell’isola, vennero, e furon guariti" (Atti 28:8-9). Si badi bene però di evitare di pensare che chi ha i doni di guarigioni possa guarire indiscriminatamente chi vuole perché la guarigione affinché possa avvenire necessita della fede da parte del malato (ricordatevi che a Nazaret Gesù non poté fare molte opere potenti a cagione della loro incredulità) ed anche del permesso di Dio, cioè che la guarigione dell’individuo rientri nel volere di Dio verso lui in quel tempo. A riguardo di ciò facciamo presente che Paolo quando scrisse a Timoteo la prima epistola ancora non aveva guarito Timoteo dalle sue frequenti infermità (cfr. 1 Tim. 5:23), e quando gli scrisse la seconda epistola disse a Timoteo di avere lasciato Trofimo infermo a Mileto (cfr. 2 Tim. 4:20). Si noti che Paolo non si vergognò di scrivere queste cose, quantunque avesse i doni di guarigioni e molti mediante di essi erano stati guariti dalle loro infermità. Questo ci insegna che chi riceve i doni di guarigioni si deve pure lui sottomettere alla volontà di Dio. Un’altra cosa da dire a riguardo delle guarigioni è che quand’anche un credente non abbia i doni di guarigioni egli deve pregare per i fratelli malati affinché Dio li guarisca: Giacomo dice infatti: "Pregate gli uni per gli altri onde siate guariti" (Giac. 5:16). Si noti che è un ordine e non qualcosa di facoltativo.

Alcune parole adesso sul discorso dei guaritori fatto dagli Avventisti. Innanzi tutto il termine è improprio, ci sono i doni di guarigioni secondo la Scrittura, ma coloro che li hanno non sono definiti guaritori. Coloro che hanno ricevuto i doni di guarigioni non hanno nulla a che vedere con coloro che operano nel campo sanitario-medico, perché essi mettono al servizio della gente dei doni spirituali ricevuti da Dio, e non delle capacità umane come quelle dei medici, capacità sviluppatesi mediante i relativi studi e la messa in pratica di questi studi. Nessuno vi seduca in nessuna maniera fratelli; quando si manifestano i doni di guarigioni la guarigione avviene in maniera soprannaturale senza il minimo bisogno di alcuna medicina o di cura. La guarigione avviene per la potenza di Dio, mediante la fede da parte del malato nel nome del Signore Gesù. Per descrivere questo non ci sono parole migliori di quelle che Pietro rivolse ai Giudei dopo aver guarito lo zoppo alla porta del tempio detta ‘Bella’: "E per la fede nel suo nome, il suo nome ha raffermato quest’uomo che vedete e conoscete; ed è la fede che si ha per mezzo di lui, che gli ha dato questa perfetta guarigione in presenza di voi tutti" (Atti 3:16). Queste parole le può dire chiunque ha ricevuto i doni di guarigione dopo che ha guarito un malato. Lo ripeto, le guarigioni che compiono coloro che hanno dei doni di guarigioni avvengono senza il minimo concorso di medicine o terapie. A Dio sia la gloria in eterno. Amen. Superfluo che vi dica infine che le parole della White secondo cui Dio le avrebbe detto che noi non possiamo più usare il metodo di lavoro di Cristo per i motivi che abbiamo visto, sono delle menzogne, le ennesime menzogne che ella attribuì a Dio. Gesù disse: "In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che fo io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vo al Padre; e quel che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figliuolo. Se chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò" (Giov. 14:12-14). Perché dunque meravigliarsi se oggi ci sono uomini di Dio che fanno le stesse opere che fece Cristo perché hanno ricevuto dei doni di guarigioni e di potenza di operare dei miracoli? Ah, mi si dirà, ma anche Satana compie miracoli! Sì, lo sappiamo che Satana compie prodigi bugiardi, ma appunto perché il diavolo li continua a fare ciò vuol dire che Dio ancora compie opere potenti tramite i suoi servitori, e che lo Spirito Santo ancora oggi concede i doni di guarigioni. Perché il diavolo cerca sempre di contraffare qualcosa di vero che procede da Dio. E’ veramente assurdo pensare che i ministri del diavolo compiono segni e prodigi bugiardi per sedurre le persone, se fosse possibile anche gli eletti, cioè cercando di fargli credere che essi sono fatti da parte di Dio per lo Spirito Santo, mentre i ministri di Dio dovrebbero rinunciare al ‘metodo di lavoro’ di Cristo ‘perché anche Satana può esercitare la sua potenza sull’uomo facendo miracoli’. Sarebbe come dire: noi non possiamo predicare il Vangelo di Dio alle persone perché anche Satana può esercitare la sua potenza o la esercita sull’uomo per fargli accettare un falso Vangelo! No, non è come disse la White che fu ingannata dal diavolo, ma è come dice la Scrittura. La Scrittura non può essere annullata. Si desiderino ardentemente dunque i doni di guarigioni, e chi li riceve li metta al servizio della gente senza chiedere compensi di nessun genere e mantenendosi umile e puro. Che il nome del nostro grande Iddio sia glorificato tramite le guarigioni compiute nel nome di Cristo; e le opere del diavolo distrutte. Che si riconosca ancora oggi che in mezzo alla Chiesa c’è un Dio che guarisce ogni malattia, che può fare e fa quello che nessun medico può fare. A Lui sia la gloria in Cristo Gesù. Amen.




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Dono di potenza di operare miracoli. Come si può ben vedere questo dono è distinto dai doni di guarigioni, perché mentre i doni di guarigioni concernono la guarigione da un male il dono di potenza di operare miracoli concerne l’operare segni e prodigi vari. Quello che si deve tenere presente è che questo dono è una potestà di compiere determinate cose per ordine di Dio. Per spiegare questo dono con le Scritture citerò gli esempi di Mosè e quello dei due testimoni che devono apparire prima della venuta di Cristo.

Di Mosè è detto che quando Dio gli apparve nella fiamma di un pruno ardente gli ordinò di scendere in Egitto per liberare il suo popolo dalla mano di Faraone. Gli disse di andare dagli anziani dei figliuoli d’Israele e dirgli: "L’Eterno, l’Iddio de’ vostri padri, l’Iddio d’Abrahamo, d’Isacco e di Giacobbe m’è apparso, dicendo: Certo, io vi ho visitati, e ho veduto quello che vi si fa in Egitto; e ho detto: Io vi trarrò dall’afflizione d’Egitto, e vi farò salire nel paese dei Cananei, degli Hittei, degli Amorei, de’ Ferezei, degli Hivvei e de’ Gebusei, in un paese ove scorre il latte e il miele" (Es. 3:16-17). Ma Mosè replicò a Dio: "Ma ecco, essi non mi crederanno e non ubbidiranno alla mia voce, perché diranno: L’Eterno non t’è apparso’. E l’Eterno gli disse: ‘Che è quello che hai in mano?’ Egli rispose: ‘Un bastone’. E l’Eterno disse: ‘Gettalo in terra’. Egli lo gettò in terra, ed esso diventò un serpente; e Mosè fuggì d’innanzi a quello. Allora l’Eterno disse a Mosè: ‘Stendi la tua mano, e prendilo per la coda’. Egli stese la mano, e lo prese, ed esso ritornò un bastone nella sua mano. ‘Questo farai, disse l’Eterno, affinché credano che l’Eterno, l’Iddio dei loro padri, l’Iddio d’Abrahamo, l’Iddio d’Isacco e l’Iddio di Giacobbe t’è apparso’. L’Eterno gli disse ancora: ‘Mettiti la mano in seno’. Ed egli si mise la mano in seno; poi, cavatala fuori, ecco che la mano era lebbrosa, bianca come neve. E l’Eterno gli disse: ‘Rimettiti la mano in seno’. Egli si rimise la mano in seno; poi, cavatasela di seno, ecco ch’era ritornata come l’altra sua carne. ‘Or avverrà, disse l’Eterno, che, se non ti crederanno e non daranno ascolto alla voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo segno; e se avverrà che non credano neppure a questi due segni e non ubbidiscano alla tua voce, tu prenderai dell’acqua del fiume, e la verserai sull’asciutto; e l’acqua che avrai presa dal fiume, diventerà sangue sull’asciutto" (Es. 4:1-9). Quando poi Mosè ed Aaronne si presentarono agli anziani di Israele, Aaronne fece i prodigi in presenza del popolo e il popolo credette loro (cfr. Es. 4:30-31). Ma Dio diede a Mosè il potere di compiere prodigi anche davanti a Faraone infatti gli disse: "Quando sarai tornato in Egitto, avrai cura di fare dinanzi a Faraone tutti i prodigi che t’ho dato potere di compiere; ma io gl’indurerò il cuore, ed egli non lascerà partire il popolo" (Es. 4:21).

Nel caso dei due unti che devono apparire è detto nel libro dell’Apocalisse: "Sono i due olivi e i due candelabri che stanno nel cospetto del Signor della terra. E se alcuno li vuole offendere, esce dalla lor bocca un fuoco che divora i loro nemici; e se alcuno li vuole offendere bisogna ch’ei sia ucciso in questa maniera. Essi hanno il potere di chiudere il cielo onde non cada pioggia durante i giorni della loro profezia; e hanno potestà sulle acque di convertirle in sangue, potestà di percuotere la terra di qualunque piaga, quante volte vorranno" (Ap. 11:4-6).

Come si può ben vedere l’autorità ricevuta da Mosè e quella che riceveranno i due unti concerne il fare cose che non sono in relazione a guarigioni fisiche.





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Dono del discernimento degli spiriti. Mediante questo dono lo Spirito Santo mette in grado il credente di discernere la presenza di spiriti maligni in persone o vicino a persone o di vedere degli spiriti mentre operano malvagiamente. Esistono spiriti di svariato genere, cioè occupati a fare svariate forme di male.

Esistono spiriti che provocano mutismo e sordità come quello cacciato fuori da quel fanciullo epilettico da Gesù infatti Gesù gli disse: "Spirito muto e sordo, io tel comando, esci da lui e non entrar più in lui" (Mar. 9:25). Cosicché in questi casi affinché la guarigione si compia è necessario discernere lo spirito o gli spiriti che provocano le malattie per poi cacciarlo o cacciarli fuori nel nome di Cristo Gesù.

Esistono spiriti seduttori che sono occupati a sedurre; Paolo dice infatti che nei giorni a venire "alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori…." (1 Tim. 4:1). Di questi spiriti ce ne sono molti in seno al popolo di Dio; mediante di essi ogni sorta di falsa dottrina è fatta credere a certi credenti.

Esistono spiriti che fanno segni e prodigi; Giovanni ne vide alcuni in visione infatti dice: "E vidi uscir dalla bocca del dragone e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta tre spiriti immondi, simili a rane; perché sono spiriti di demonî che fan de’ segni e si recano dai re di tutto il mondo per radunarli per la battaglia del gran giorno dell’Iddio Onnipotente" (Ap. 16:13-14). Si noti che in questo caso Giovanni dice a cosa assomigliavano questi spiriti, perché tutti gli spiriti hanno una sembianza. Ci sono spiriti che assomigliano a delle scimmie, altri a rane, altri a coccodrilli, altri a serpenti, altri a capre, a maiali, ecc.

Come si può ben capire questo dono risulta molto utile nella guerra contro il diavolo e i suoi demoni perché mediante di esso vengono smascherate le opere del nemico e distrutte.

La profezia, la diversità delle lingue e l’interpretazione delle lingue.

Esamineremo questi tre doni assieme commentando gran parte del capitolo 14 della prima epistola ai Corinzi. Ripeteremo concetti già espressi in precedenza ma riteniamo necessario farlo.

L’apostolo Paolo dice: "Procacciate la carità, non lasciando però di ricercare i doni spirituali, e principalmente il dono di profezia" (1 Cor. 14:1). Ora, si noti come Paolo dica innanzi tutto di ricercare la carità di cui ha parlato estesamente e in maniera mirabile poco prima, carità che non verrà mai meno, a differenza dei doni spirituali che un giorno cesseranno. Ma pure, quantunque la carità sia superiore ai doni spirituali, Paolo dice subito dopo di non tralasciare la ricerca dei doni spirituali. Perché questo? Perché qualcuno potrebbe pensare; perché mai dovrei mettermi a ricercare qualcosa che poi un giorno cesserà? Non è meglio che io ricerchi solo la carità? Allora, Paolo per evitare che i credenti pensino che occorra procacciare solo la carità, dice subito dopo di non tralasciare però nello stesso tempo la ricerca dei doni spirituali. E dice pure quale dono spirituale i credenti devono ricercare per primo, cioè quello di profezia. Perché proprio questo e non il dono della diversità delle lingue per esempio? Paolo lo spiega poco dopo. "Perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno l’intende, ma in ispirito proferisce misteri. Chi profetizza, invece, parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione. Chi parla in altra lingua edifica se stesso; ma chi profetizza edifica la chiesa. Or io ben vorrei che tutti parlaste in altre lingue; ma molto più che profetaste; chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue, a meno ch’egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione" (1 Cor. 14:2-5). Ecco spiegato dunque perché la profezia è da preferirsi alle lingue (come dono naturalmente). Perché mentre chi parla in altre lingue parla a Dio perché nessuno lo capisce e proferisce misteri, e affinché la chiesa intenda quello che egli ha detto e ne riceva edificazione c’è bisogno di qualcuno che ha il dono dell’interpretazione che interpreti il suo parlare straniero; chi profetizza parla agli uomini un linguaggio di edificazione, consolazione ed esortazione che essendo che è proferito nella lingua capita da tutti non ha bisogno di essere interpretato ed edifica la chiesa. Ora, per far capire in che cosa consista questo linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione citerò alcune profezie proferite dal profeta Isaia. Linguaggio di edificazione: "Porgete orecchio, e date ascolto alla mia voce! State attenti, e ascoltate la mia parola! L’agricoltore ara egli sempre per seminare? Rompe ed erpica egli sempre la sua terra? Quando ne ha appianata la superficie, non vi semina egli l’aneto, non vi sparge il comino, non vi mette il frumento a solchi, l’orzo nel luogo designato, e il farro entro i limiti ad esso assegnati? Il suo Dio gl’insegna la regola da seguire e l’ammaestra. L’aneto non si trebbia con la trebbia, né si fa passar sul comino la ruota del carro; ma l’aneto si batte col bastone, e il comino con la verga. Si trebbia il grano; nondimeno, non lo si trebbia sempre; vi si fan passar sopra la ruota del carro ed i cavalli, ma non si schiaccia. Anche questo procede dall’Eterno degli eserciti; maravigliosi sono i suoi disegni, grande è la sua sapienza" (Is. 28:23-29). Linguaggio di esortazione: "O trasgressori, rientrate in voi stessi!... L’Eterno degli eserciti, quello, santificate! Sia lui quello che temete e paventate!... Lavatevi, purificatevi, togliete d’innanzi agli occhi miei la malvagità delle vostre azioni; cessate dal fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate ragione all’orfano, difendete la causa della vedova!" (Is. 46:8; 8:13; 1:16,17). Linguaggio di consolazione: "Io, io son colui che vi consola; chi sei tu che tu tema l’uomo che deve morire, e il figliuol dell’uomo che passerà com’erba?... Ascoltatemi, o voi che conoscete la giustizia, o popolo che hai nel cuore la mia legge! Non temete l’obbrobrio degli uomini, né siate sgomenti per i loro oltraggi. Poiché la tignola li divorerà come un vestito, e la tarma li roderà come la lana... Non temere, perché io t’ho riscattato, t’ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando passerai per delle acque, io sarò teco; quando traverserai de’ fiumi, non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non ne sarai arso, e la fiamma non ti consumerà" (Is. 51:12; 51:7,8; 43:1,2). A proposito della profezia vanno dette le seguenti cose. La prima è che il dono di profezia non consiste, come alcuni credono, nella rivelazione di un evento futuro perché come abbiamo visto la rivelazione di un evento futuro è la parola di sapienza. Se si noteranno le parole profetiche appena citate infatti in esse non c’è la rivelazione di un particolare evento futuro. Che ci sia una differenza tra profezia e rivelazione è evidente anche dal fatto che Paolo poco dopo le cita separatamente quando dice: " Infatti, fratelli, s’io venissi a voi parlando in altre lingue, che vi gioverei se la mia parola non vi recasse qualche rivelazione, o qualche conoscenza, o qualche profezia, o qualche insegnamento?" (1 Cor. 14:6). La seconda che il solo dono di profezia non fa profeta chi lo possiede perché per essere riconosciuti profeti occorre avere anche dei doni di rivelazione (che sono la parola di sapienza, la parola di conoscenza e il discernimento degli spiriti). L’esempio dei profeti citati nella Scrittura, come Elia, Eliseo, Isaia, Geremia, Ezechiele ed altri lo mostra chiaramente. Ma torniamo alle lingue. Come abbiamo visto Paolo dice che vorrebbe che tutti parlassero in altre lingue, ma molto più che tutti profetassero perché chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue (per la ragione addotta prima). Ma questa superiorità cessa di esistere se chi parla in altre lingue interpreta pure infatti Paolo dice: "A meno che egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione". Perché quel "a meno che"? Perché nel caso chi parla in altre lingue interpreta, pure la chiesa intenderà quello che lo Spirito ha detto in altre lingue tramite di lui a Dio, e ne riceverà edificazione. Facciamo un esempio esplicativo: mettiamo il caso che in mezzo all’assemblea un fratello preghi in altra lingua a Dio chiedendogli di liberare il fratello Tizio in Costa d’Avorio da degli uomini malvagi che si accingono ad ucciderlo a motivo della sua fede, e che dopo avere così pregato interpreti la preghiera rivolta in altra lingua. Che accadrà nell’assemblea? Che i credenti potranno dire ‘Amen’ a quella preghiera perché avranno capito in che cosa essa consisteva. E naturalmente essi tutti riceveranno grande edificazione nel sapere che lo Spirito per bocca di quel credente ha interceduto per un figliuolo di Dio a loro sconosciuto che si trova in una nazione di un altro continente. Nel caso invece il parlare in altre lingue consisteva in un cantico a Dio allora la chiesa capirà le parole di quel cantico spirituale. Ecco dunque perché la chiesa ne riceverà edificazione dall’interpretazione delle lingue. Non è come alcuni credono, per mancanza di conoscenza, che le lingue più interpretazione è una profezia cioè un parlare agli uomini, per questo la chiesa ne riceverà edificazione. Perché l’edificazione non si riceve esclusivamente sentendo proferire un messaggio di esortazione, consolazione ed edificazione rivolto agli uomini, ma pure sentendo una preghiera o un cantico (in questo caso interpretati da un’altra lingua). Questo è fuori di dubbio. Ma ditemi: se si rimane edificati nel sentire pregare o cantare in italiano alcuni fratelli, perché si avverte che quella loro preghiera o quel loro cantico sono sospinti dalla grazia di Dio, perché mai non si dovrebbe rimanere edificati nel sentire una preghiera o un cantico che sono stati proferiti dallo Spirito Santo in una lingua straniera per bocca degli stessi o di altri fratelli? Ora, Paolo dopo avere detto a meno che egli interpreti affinché la chiesa ne riceva edificazione dice: "Infatti, fratelli, s’io venissi a voi parlando in altre lingue, che vi gioverei se la mia parola non vi recasse qualche rivelazione, o qualche conoscenza, o qualche profezia, o qualche insegnamento? Perfino le cose inanimate che dànno suono, quali il flauto o la cetra, se non dànno distinzione di suoni, come si conoscerà quel ch’è suonato col flauto o con la cetra? E se la tromba dà un suono sconosciuto, chi si preparerà alla battaglia? Così anche voi, se per il vostro dono di lingue non proferite un parlare intelligibile, come si capirà quel che dite? Parlerete in aria. Ci sono nel mondo tante e tante specie di parlari, e niun parlare è senza significato. Se quindi io non intendo il significato del parlare, sarò un barbaro per chi parla, e chi parla sarà un barbaro per me. Così anche voi, poiché siete bramosi de’ doni spirituali, cercate di abbondarne per l’edificazione della chiesa. Perciò, chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare; poiché, se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza" (1 Cor. 14:6-15). Tutte queste parole dell’apostolo hanno l’evidente scopo di far capire ai credenti che il parlare in altra lingua in mezzo all’assemblea non sarà di alcuna utilità agli altri se non è accompagnato dall’interpretazione. In altre parole, il parlare in altra lingua privo dell’interpretazione è come una tromba che da un suono sconosciuto; è come qualcuno che parla una lingua barbara di cui non si capisce niente. Giova sì a chi parla in altra lingua perché lo edifica (lo edifica non perché capisce quello che dice, ma perché parla per lo Spirito), ma non giova alla chiesa perché essa non intende quello che viene detto. Ecco perché Paolo dice: "Perciò chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare" (al fine di poter edificare la chiesa, oltre che se stesso). Perché se io prego in altra lingua prega il mio spirito ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Allora che devo fare, io che prego in altra lingua? domanda Paolo. Pregherò in altra lingua (con lo spirito) ma interpreterò pure (pregherò anche con l’intelligenza); salmeggerò (alcune versioni hanno canterò) in altra lingua (con lo spirito) ma interpreterò pure il mio salmeggiare (salmeggerò con l’intelligenza). Questo affinché la chiesa ne riceva edificazione. E subito dopo Paolo dice: "Altrimenti, se tu benedici Iddio soltanto con lo spirito, come potrà colui che occupa il posto del semplice uditore dire ‘Amen’ al tuo rendimento di grazie, poiché non sa quel che tu dici? Quanto a te, certo, tu fai un bel ringraziamento; ma l’altro non è edificato. Io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi; ma nella chiesa preferisco dir cinque parole intelligibili per istruire anche gli altri, che dirne diecimila in altra lingua" (1 Cor. 14:16-19). Paolo in altre parole dice: nel caso invece tu non fai come ti dico io, cioè nel caso tu preghi o salmeggi in altra lingua senza darne l’interpretazione come potrà chi ti ascolta dire ‘amen’ al tuo rendimento di grazie? Non potrà; certo tu farai un bel rendimento di grazie ma l’altro non sarà edificato. Io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi, ciononostante nella chiesa (si noti che Paolo dice nella chiesa e non quando sono solo perché è evidente che questo particolare discorso riguarda il caso in cui si è assieme ad altri credenti e non da soli quando chi ci ascolta è solo Dio) preferisco dire cinque parole comprensibili che diecimila in altra lingua. E poi dice: "Fratelli, non siate fanciulli per senno; siate pur bambini quanto a malizia, ma quanto a senno, siate uomini fatti" (1 Cor. 14:20). Come dire, nella semplicità siate come i bambini, ma non siate bambini quanto a intelligenza, siate invece uomini fatti quanto a intelligenza. A questo punto Paolo cita queste parole pronunciate da Dio per mezzo di Isaia: "Egli è scritto nella legge: Io parlerò a questo popolo per mezzo di gente d’altra lingua, e per mezzo di labbra straniere; e neppur così mi ascolteranno, dice il Signore" (1 Cor. 14:21). E poi dice: "Pertanto le lingue servono di segno non per i credenti, ma per i non credenti: la profezia, invece, serve di segno non per i non credenti, ma per i credenti. Quando dunque tutta la chiesa si raduna assieme, se tutti parlano in altre lingue, ed entrano degli estranei o dei non credenti, non diranno essi che siete pazzi? Ma se tutti profetizzano, ed entra qualche non credente o qualche estraneo, egli è convinto da tutti, è scrutato da tutti, i segreti del suo cuore son palesati; e così, gettandosi giù con la faccia a terra, adorerà Dio, proclamando che Dio è veramente fra voi" (1 Cor. 14:22-25). Quel "pertanto" dopo quelle parole di Isaia stanno a confermare che in base a ciò che Dio disse tramite Isaia le lingue sono di segno agli increduli e non ai credenti. Mentre la profezia è di segno ai credenti. A questo punto è necessario fare una puntualizzazione. Le parole di Isaia per alcuni credenti confermano che il parlare in altre lingue è un messaggio rivolto agli uomini. Ma ciò non può essere vero altrimenti Paolo si sarebbe contraddetto nel dire in precedenza che chi parla in altra lingua parla non agli uomini ma a Dio. Quello che occorre tenere presente è che quelle parole di Isaia vengono citate da Paolo a conferma che le lingue sono un segno per i Giudei non credenti. In altre parole Dio disse che avrebbe parlato ad Israele tramite il segno delle lingue, cioè avrebbe attirato la loro attenzione mediante questo segno. Quel parlerò a questo popolo per mezzo di gente d’altra lingua, e per mezzo di labbra straniere, vuole indicare che con quella manifestazione soprannaturale Dio avrebbe fatto capire al suo popolo che Egli era presente in mezzo ai Gentili, in altre parole i Giudei avrebbero potuto riconoscere che Dio era in mezzo a coloro che parlavano in altre lingue anche se appartenenti ad altri popoli. Un esempio che mostra ciò, cioè che Dio per mezzo delle lingue parlò al suo popolo, lo abbiamo in quello che avvenne il giorno della Pentecoste difatti quei Giudei rimasero meravigliati nel sentire parlare dei Galilei nelle loro lingue natie e si domandavano che cosa ciò volesse significare. I segni dati da Dio parlano, questo è quello che occorre sempre tenere presente. Quando Dio parlò a Mosè gli disse: "Che è quello che hai in mano?’ Egli rispose: ‘Un bastone’. E l’Eterno disse: ‘Gettalo in terra’. Egli lo gettò in terra, ed esso diventò un serpente; e Mosè fuggì d’innanzi a quello. Allora l’Eterno disse a Mosè: ‘Stendi la tua mano, e prendilo per la coda’. Egli stese la mano, e lo prese, ed esso ritornò un bastone nella sua mano. ‘Questo farai, disse l’Eterno, affinché credano che l’Eterno, l’Iddio dei loro padri, l’Iddio d’Abrahamo, l’Iddio d’Isacco e l’Iddio di Giacobbe t’è apparso’. L’Eterno gli disse ancora: ‘Mettiti la mano in seno’. Ed egli si mise la mano in seno; poi, cavatala fuori, ecco che la mano era lebbrosa, bianca come neve. E l’Eterno gli disse: ‘Rimettiti la mano in seno’. Egli si rimise la mano in seno; poi, cavatasela di seno, ecco ch’era ritornata come l’altra sua carne. ‘Or avverrà, disse l’Eterno, che, se non ti crederanno e non daranno ascolto alla voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo segno; e se avverrà che non credano neppure a questi due segni e non ubbidiscano alla tua voce, tu prenderai dell’acqua del fiume, e la verserai sull’asciutto; e l’acqua che avrai presa dal fiume, diventerà sangue sull’asciutto" (Es. 4:2-9). Si noti questa espressione "se non daranno ascolto alla voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo segno" perché essa attesta come i segni di Dio hanno una voce. Così anche le lingue costituiscono un segno di Dio per gli increduli. La profezia invece un segno per i credenti; ecco perché Paolo dice che se entra qualche non credente e sente tutti parlare in lingue dirà che siamo dei pazzi, mentre se tutti profetizzano il non credente avrà i pensieri del suo cuore palesati e riconoscerà che Dio è in mezzo a noi. Ma allora che cosa si deve fare? Paolo risponde: "Quando vi radunate, avendo ciascun di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o una interpretazione, facciasi ogni cosa per l’edificazione. Se c’è chi parla in altra lingua, siano due o tre al più, a farlo; e l’un dopo l’altro; e uno interpreti; e se non v’è chi interpreti, si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi e a Dio. Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino; e se una rivelazione è data a uno di quelli che stanno seduti, il precedente si taccia. Poiché tutti, uno ad uno, potete profetare; affinché tutti imparino e tutti sian consolati; e gli spiriti de’ profeti son sottoposti a’ profeti, perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace" (1 Cor. 14:26-33). In relazione alle lingue diciamo che, se c’è chi parla in altra lingua devono parlare in lingue solo due o al massimo tre, e uno dopo l’altro, e uno deve interpretare; ma se non c’è chi interpreta, coloro che parlano in altre lingue devono farlo sottovoce e non a guisa di tromba. I profeti, i quali hanno il dono di profezia, parlino; anche qui però due o tre al massimo, e gli altri esaminino le profezie. Nel caso però viene data una rivelazione ad un profeta che sta seduto il precedente si deve tacere. La conclusione del discorso di Paolo è questa: "Se qualcuno si stima esser profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo son comandamenti del Signore. E se qualcuno lo vuole ignorare, lo ignori. Pertanto, fratelli, bramate il profetare, e non impedite il parlare in altre lingue; ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine" (1 Cor. 14:37-40). Le cose sono chiare, le parole di Paolo sono dei comandi del Signore. Dunque, il profetare deve essere bramato, il parlare in altre lingue non deve essere impedito, ma tutto deve essere fatto con decoro e con ordine.





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Alcune parole conclusive

Colgo l’occasione per dire alcune cose sia sul battesimo con lo Spirito Santo che sui doni spirituali. Certamente sia la dottrina del battesimo con lo Spirito Santo che quella dei doni dello Spirito Santo sono dottrine tuttora attaccate fortemente da Satana. L’avversario infatti in molti casi è riuscito a confonderle, ad annullarle in seno a molte Chiese evangeliche, cioè a chiese che dicono di attenersi al Vangelo, solo al Vangelo e non alla tradizione degli uomini come invece fa la chiesa cattolica romana. Certo, le Chiese evangeliche non insegnano la salvezza per meriti, non insegnano la transustanziazione, non insegnano l’adorazione dell’ostia, e tante altre dottrine di uomini; ma pure molte di esse insegnano cose storte sia sul battesimo con lo Spirito Santo che sui doni dello Spirito Santo. C’è chi dice come gli Avventisti che il battesimo con lo Spirito Santo si riceve quando si viene battezzati in acqua, o quando si nasce di nuovo (cioè prima di essere battezzati in acqua); per cui quando lo si riceve non ci si mette a parlare in altre lingue. Sui doni dello Spirito Santo viene detto da molti che Dio ha cessato di distribuirli con la morte degli apostoli, o magari che sono disponibili solo alcuni di essi e non tutti. In generale comunque in molte Chiese (non escluse alcune che si definiscono pentecostali) si tende a insegnare che tutte quelle manifestazioni che caratterizzarono la chiesa primitiva e che si possono leggere nel libro degli Atti e in alcune delle epistole, non sono cose che per forza di cose ci devono essere tutte anche oggi in seno alla Chiesa. L’attacco che è stato ordito e che viene rivolto contro il battesimo con lo Spirito e i doni dello Spirito Santo è qualcosa che è sotto i nostri occhi. Che faremo? Ci taceremo? Affatto, ma continueremo a smascherarlo usando la sacra Scrittura e la sapienza dataci da Dio. Noi continueremo a turare la bocca a tutti coloro che nella loro ignoranza si levano contro questa parte del consiglio di Dio; e vi esorto, o ministri del Vangelo, a fare la medesima cosa. Ma su che cosa fa leva il diavolo per tenere lontano molti credenti dal battesimo con lo Spirito Santo e dai doni dello Spirito Santo? Sulle caratteristiche peculiari sia del battesimo con lo Spirito Santo che dei doni dello Spirito Santo, e sulla mancanza di conoscenza delle Scritture, cosa questa che è molto diffusa. Facciamo degli esempi.

Il parlare in altra lingua (sia che si tratti di una sola lingua che di più lingue, in quest’ultimo caso perciò si tratta del dono della diversità delle lingue) che segue immediatamente il riempimento dello Spirito viene fatto passare per un qualcosa che si verificò solo ai giorni degli apostoli, ma per motivi straordinari. Oggi quei motivi non esistono più, per cui il parlare in altre lingue non deve seguire il riempimento con lo Spirito Santo. Conclusione? Chi parla in altre lingue, secondo che lo Spirito gli dà di esprimersi, è stato ingannato dal diavolo, è rimasto vittima di qualche forma di autosuggestione o di suggestione provocata da abili predicatori. Qualunque sia il motivo addotto da costoro, da quei credenti che parlano in lingue occorre guardarsi se non si vuole cadere vittima dello stesso inganno diabolico! Ora, noi diciamo: ammesso e non concesso che sia così, costoro ci dovrebbero spiegare come mai chi parla in altra lingua edifica se stesso. In altre parole, ci dovrebbero spiegare come sia possibile che un qualche cosa frutto della nostra immaginazione che non ha fondamento scritturale per noi oggi, un qualche cosa che è opera del diavolo riesca a edificare l’uomo interiore del credente. Da che mondo e mondo si sa che il diavolo qualunque sia l’inganno perpetrato nei confronti degli esseri umani, non cerca mai l’edificazione degli uomini ma la loro distruzione. Ora, di cose che noi credenti facendo rimaniamo edificati spiritualmente ce ne sono molte. Per esempio noi rimaniamo edificati parlando del Signore, pregando nella nostra lingua natia, cantando nella nostra lingua, trasmettendo un insegnamento sano che riguarda le cose del regno di Dio, e tante altre cose. Si può affermare che chi fa queste cose è rimasto vittima di un inganno, di qualche forma di suggestione? No. Dunque, io domando, perché mai quando un credente parla in altra lingua a Dio, mediante la lingua che gli dà lo Spirito Santo, e così facendo edifica se stesso perché questo afferma l’apostolo Paolo, il vostro primo pensiero è che si tratta di un inganno satanico? ‘Le lingue sarebbero cessate, disse Paolo’, ecco come mi si risponde. E’ vero che Paolo ha detto che esse cesseranno, ma quando sarà venuta la perfezione, e da che ne sappiamo noi essa non è ancora sopraggiunta. Il fatto è poi che lo stesso Paolo dice che le lingue servono di segno non ai credenti ma ai non credenti; dunque, noi diciamo, se di non credenti ce ne continuano ad essere, perché mai dunque le lingue dovrebbero essere già cessate? In altre parole, di non credenti non ce ne dovrebbero essere più per affermare che le lingue non servono più come segno per loro. Dunque anche il fatto che i non credenti esistono ancora, ci autorizza a dire che al presente le lingue servono di segno ai non credenti, e se servono ci devono essere, e se ci devono essere ciò vuol dire che lo Spirito Santo dà ancora di parlare in altre lingue. Vorrei far notare adesso a proposito delle lingue una contraddizione presente in seno a quelle chiese che rigettano il parlare in altra lingua per lo Spirito. Se in queste chiese si sa che un fratello parla dieci lingue straniere per averle studiate, ed è in grado di tradurre bene in italiano da quelle lingue straniere, tutti ne vanno fieri; anzi ci sono molti che si spingono a dire che quello è un ‘talento’ datogli da Dio che non tutti hanno ecc. Insomma vengono elevati ringraziamenti a Dio per avere fatto imparare a quel credente ben dieci lingue straniere e per averlo messo in mezzo a loro. Ma guarda caso, se nel loro mezzo un popolano senza istruzione (o anche un credente con degli studi) comincia a parlare in svariate lingue per lo Spirito, e magari anche ad interpretare quello che dice in altra lingua, cominciano ad essere fatti i commenti più strani, e i più scoraggianti. Nessun ringraziamento viene elevato a Dio, quello non è un ‘talento’ divino, ma frutto di un inganno satanico. Per cui occorre prendere delle precauzioni affinché anche gli altri credenti non vengano contagiati da questo falso parlar in lingue e da questa cosiddetta interpretazione delle lingue!! Cosicché ciò che è una capacità naturale, perché appresa con gli studi, è considerata un dono di Dio, mentre ciò che è soprannaturale e procede da Dio è considerato una macchinazione del diavolo! La pietra d’intoppo per costoro è dunque costituito, per quanto riguarda le lingue, dal soprannaturale, che come noi sappiamo non si può spiegare. Come uno abbia fatto ad imparare dieci lingue straniere nel corso di tanti anni è spiegabile, ma come uno abbia potuto all’improvviso mettersi a parlare in dieci lingue straniere senza averle mai imparate ed a interpretare pure, o magari anche a parlare solo una lingua straniera mai studiata e a interpretare, non è spiegabile umanamente, e questo perché si tratta di capacità che procedono dallo Spirito Santo. Opera imperscrutabile, meravigliosa, che l’uomo ha un bell’affaticarsi a spiegare senza però riuscirci. Ecco dunque il punto su cui molti cadono, il soprannaturale. Pare proprio che per costoro tutto il soprannaturale sia monopolio del diavolo, per cui tutto ciò che è soprannaturale e mette spavento o incute timore è dal diavolo. Per cui essi si guardano bene dal desiderare qualche manifestazione soprannaturale. D’altronde, le lingue sono cessate; perché mai si dovrebbero desiderare le lingue che vengono dal diavolo? Così avviene che molti credenti sono più interessati al naturale che al soprannaturale che procede da Dio. Mentre, triste a dirlo, molti figliuoli del diavolo sono più interessati al soprannaturale che procede dal diavolo che al naturale! Viene dunque da domandarsi; come è possibile che ci sono increduli che ricercano le cose soprannaturali che procedono dal diavolo, mentre ci sono tanti credenti, e ripeto tanti, che non sono minimamente interessati al soprannaturale che procede da Dio? E’ semplice la risposta; il diavolo è riuscito con la sua astuzia ad ingannare sia i primi che i secondi. E a questo va aggiunto il fatto che quei pochi credenti che sono interessati al soprannaturale perché ricercano i doni spirituali e li hanno ricevuti sono definiti ministri del diavolo da molti dei loro fratelli, o comunque che si dicono tali. E’ interessante notare però che quando i maghi, gli stregoni, o gli astrologi, o gli indovini o qualcun altro che serve il diavolo con delle capacità diaboliche si trova davanti a questi fratelli ripieni di Spirito che parlano in altra lingua o magari cacciano i demoni o impongono le mani sugli ammalati nel nome di Gesù, dico è interessante notare che nessuno di questi ministri del diavolo ardirebbe dargli la sua mano d’associazione, anzi cercano subito di allontanarsi da loro o comunque di evitarli in tutte le maniere. In altre parole questi nostri fratelli non vengono riconosciuti come ministri del diavolo da coloro che lo sono veramente. Come mai il loro parlare in altre lingue non viene reputato frutto di un inganno satanico? Se fossero tutti al servizio del diavolo, come mai questi che parlano in altre lingue perché sono stati battezzati con lo Spirito, sono fortemente temuti e tenuti in avversione dai maghi, dagli indovini, dagli astrologi, ecc. tanto che sono uno dei loro bersagli da colpire? Come si spiega tutto ciò? E’ semplice, questi nostri fratelli parlano in lingue per lo Spirito Santo e noi sappiamo che lo Spirito di Dio mette in fuga l’avversario. Quando infatti un credente prega in altra lingua, chiede a Dio per lo Spirito sempre qualcosa che annulla le opere del diavolo; quando un credente canta in lingue per lo Spirito, glorifica il Figliuolo di Dio, e siccome che al diavolo queste cose non piacciono cerca di opporsi ad esse ma invano ed è costretto a fuggire. Sì, è vero che ci sono ministri del diavolo che parlano in lingue, ma quello che dicono in lingue non è una preghiera a Dio e neppure un ringraziamento rivolto a Dio o un cantico che glorifica Cristo. E nel caso si trovassero in mezzo all’assemblea dei giusti, non potrebbero sussistere in mezzo a loro perché in mezzo ai giusti Dio ha ordinato sia presente la benedizione, in mezzo ad essi è presente Cristo Gesù che ha distrutto colui che aveva l’impero della morte, cioè il diavolo. Ecco perché coloro che parlano in lingue per potere del diavolo non possono reggere in mezzo ai santi. Come mai invece coloro che parlano in altre lingue per lo Spirito ci stanno tranquillamente in mezzo ai santi? Perché amano la fratellanza? Semplice; perché in loro c’è lo Spirito di Dio che li spinge ad amare coloro che Dio ha generato mediante la sua Parola.





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Passiamo ora ai doni dello Spirito Santo di cui abbiamo visto le caratteristiche quando ne abbiamo parlato distintamente poco fa. Tralasceremo la diversità delle lingue e l’interpretazione delle lingue perché abbiamo accennato ad essi prima. Anche qui il discorso si soffermerà sull’aspetto soprannaturale di questi doni. Qualcuno predice per lo Spirito un fatto particolare che deve avvenire? E’ dal diavolo, perché Dio non fa fare più predizioni ai suoi servitori come le faceva fare ai profeti di una volta. Qualcuno rivela per lo Spirito un fatto nascosto? Anche lui è dal diavolo perché Dio oggi ha smesso di rivelare cose simili; è un medium, dicono costoro. Qualcuno vede qualche spirito maligno aggirarsi attorno a dei credenti? Ha delle allucinazioni, gli spiriti non possono apparire ai credenti; che ragione c’è di vederli? Qualcuno caccia i demoni nel nome di Gesù? Anche lui è dal diavolo, pratica qualcosa che non si può più fare dopo la morte degli apostoli. E chi fa guarigioni nel nome di Gesù? Anche lui serve il diavolo perché i doni di guarigioni hanno cessato di esistere. E chi fa segni e prodigi nel nome di Gesù? La medesima cosa. E chi profetizza nel nome del Signore? Stesso discorso. Ecco, come la pensano tanti di coloro che poi la domenica vanno al culto a cantare, a pregare, ad ascoltare la predicazione attorno a qualche passo della Scrittura. ‘Queste cose accaddero anticamente, è vero; ma oggi non c’è più bisogno di esse. Abbiamo il canone delle Scritture completo, la Bibbia è stata tradotta in centinaia di lingue, che bisogno c’è di queste cose? Le persone si convertono lo stesso; che bisogno c’è di queste manifestazioni?’ Ecco quali sono le parole che il diavolo ha messo nella bocca di costoro. Sì il diavolo, perché simili frasi non possono procedere da Dio dato che contrastano lo Spirito Santo. Anche in questo caso, è il soprannaturale, quello che non è spiegabile con la mente umana, che costituisce la pietra d’intoppo per costoro. La paura di esso; perché come già detto, oramai dopo la morte degli apostoli, il soprannaturale – per costoro - è diventato tutto monopolio del nemico. E perciò nessuno vuole diventare ministro del diavolo. Ma non solo la paura; ma in molti casi anche la vergogna. Difatti ci sono credenti che si vergognerebbero se sentissero dire alle persone del mondo che tra di loro ci sono visioni, espulsioni di demoni, guarigioni, segni e prodigi; perché tutte queste cose odorano di fanatismo, di superstizione, di esoterismo, di occultismo, tutte cose che vengono dal diavolo. E i cristiani devono dare al mondo un immagine di loro stessi non ‘strana’ ma ordinata. Insomma il mondo non deve poter dire che noi siamo mezzi o tutti pazzi, fanatici, creduloni, superstiziosi! Nessuno scherno deve esserci rivolto; noi siamo persone rispettabili che vogliono essere rispettate, ci dicono o ci fanno capire costoro. Ecco quale cristianesimo alcuni vogliono professare; un cristianesimo senza il soprannaturale. Ma io domando: il cristianesimo senza il soprannaturale che procede da Dio può essere definito ancora cristianesimo? Se colui che ha fondato il cristianesimo, fece stupire e sbigottire il mondo di allora con le sue opere potenti, e molti dissero persino che aveva il principe dei demoni nel suo corpo che lo assisteva nel cacciare i demoni; dico io, come possono i suoi discepoli definire quelle cose che fece il maestro delle cose sorpassate, che oggi non sono più retaggio dei cristiani? Abbiamo gli psichiatri, i psicologi, i medici, i chirurghi; che bisogno c’è che Dio operi miracoli e guarigioni come una volta? Che mi risulta però, chi ha gli spiriti maligni non può essere liberato da uno psichiatra o da uno psicologo. E non mi risulta neppure che chi è nato senza gambe possa camminare per qualche intervento chirurgico. Come anche non mi risulta che ci siano medicine o chirurghi che possano dare la vista ad un cieco, o l’udito ad un sordo, o la parola a chi è muto. E neppure che ci sia una cura che guarisca il cancro o il tumore. Come si fa dunque a rimanere indifferenti dinanzi ai disagi, alle sofferenze che queste anime così ridotte patiscono a motivo dei loro forti limiti fisici? Come si fa a non desiderare che essi recuperino quelle facoltà, capacità fisiche di cui sono privi? Come si fa a desiderare che rimangano in quella situazione quando sappiamo di avere un Dio Onnipotente che non è mutato? Quando sappiamo che ci furono dei ciechi, degli zoppi, dei muti, dei sordi guariti da Dio tramite Cristo e gli apostoli tanto tempo fa, e degli indemoniati liberati per l’aiuto dello Spirito Santo? E’ spontaneo dunque mettersi a desiderare i doni spirituali per un figliuolo di Dio; è spontaneo per un figliuolo di Dio voler vedere anche oggi Dio operare tramite dei suoi servitori quelle medesime opere di allora. Nulla di strano. La cosa strana semmai è non voler vedere quelle opere potenti. No, non è come dite voi che non conoscete né le Scritture e neppure la potenza di Dio, noi abbiamo bisogno di queste manifestazioni dello Spirito Santo come ne ebbero bisogno i santi antichi, né più né meno. Se voi siete membri del corpo di Cristo, dovete smettere di parlare in questa maniera folle, perché non c’è un membro del corpo che può dire ad un altro membro di non avere bisogno di lui. Ah, ma anche il diavolo fa fare opere potenti. Sì, ma i demoni non li fa espellere ma li fa venire, e le malattie non le fa sparire ma semmai le fa venire. Il diavolo fa prodigi bugiardi che ingannano? Quale è il problema? Non li faceva forse anche al tempo degli apostoli, quando ancora essi erano vivi? Simone a Samaria, prima di convertirsi, non aveva fatto stupire la gente di Samaria con le sue arti magiche? Ma che fecero i Samaritani quando credettero a Filippo? Dissero, Filippo è dal diavolo perché anche il diavolo fa segni e prodigi bugiardi? Non mi pare proprio. No, ma si lasciarono battezzare da lui. Dunque si fidarono di lui; non misero in discussione il suo ministerio. Eppure loro li avevano visti per lungo tempo i prodigi bugiardi. Ne avevano di esperienza. Ma evidentemente le opere compiute da Filippo erano di tutt’altro genere. Esse facevano rallegrare, esse erano fatte nel nome di Gesù il Nazareno; tutte cose che confermavano la veridicità di quello che annunciava Filippo, cioè la buona novella del regno di Dio. I miracoli e le guarigioni compiute da Dio confermano il Vangelo, e attirano le anime al Vangelo e fortificano i credenti; oltre che a produrre una grande gioia in chi li sperimenta o li vede fare. Tutte cose che i segni e i prodigi bugiardi del diavolo non fanno. Ciò detto, è evidente che il discorso che oggi Dio non opera più come una volta perché il diavolo fa anche lui stupire le persone, discorso per invalidare le opere potenti di Dio di oggi, non regge minimamente. E’ una menzogna generata dal diavolo. Alcuni però ammettono che Dio può guarire, ma non che Egli dia ancora i doni di guarigioni. E’ una contraddizione questa; perché se ammettiamo che Dio guarisca un credente in risposta alla sua preghiera, senza che nessuno gli imponga le mani o preghi su di lui ungendolo d’olio nel nome del Signore; non si capisce perché Dio non possa guarire qualcuno tramite le mani di un servo che ha ricevuto i doni di guarigioni. Anche qui pare proprio che costoro abbiano paura che il mondo dica di loro che sono fanatici perché alcuni fra loro sono dei ‘guaritori’. In altre parole non vogliono che si dica che tra loro ci siano una sorta di ‘santoni’ evangelici reputati una sorta di ‘mediatori terreni’ fra Dio e gli ammalati. Certamente, occorre stare attenti perché anche il diavolo si traveste da angelo di luce; la prudenza è d’obbligo per un cristiano. Non importa se si tratta del parlare in altre lingue, delle rivelazioni, delle visioni, dei sogni, dei miracoli e delle guarigioni, o degli insegnamenti rivoltici; la Scrittura deve rimanere la regola di fede suprema e tutto deve essere esaminato mediante di essa. Qualsiasi comportamento o insegnamento sia contrario al sano insegnamento della Parola di Dio, deve essere rigettato. Il disordine (quello vero e non quello apparente), la falsità, l’inganno, la suggestione e l’autosuggestione, la superstizione, sono dunque tutte cose da rigettare. Noi siamo persuasi che come non esiste il pericolo di mettersi a credere delle menzogne se si teme il Signore, si investigano diligentemente le sacre Scritture ogni giorno a riguardo di tutto ciò che si legge o si sente, e si prega del continuo; così non esiste il pericolo di cadere vittima di un inganno del diavolo se si esamina il soprannaturale alla luce della Parola di Dio, se si teme Dio e si trema nel suo cospetto, se si rimane attaccati alla sua Parola, e se si prega del continuo. Infatti, le false opere potenti, le false visioni, le false rivelazioni sono discernibili come sono discernibili i falsi insegnamenti; perché tutto ciò che è falso è tenebre e non luce, è storto e non diritto. Se dunque si può discernere il falso insegnamento da quello vero alla luce delle Scritture, non si capisce perché non si possa fare lo stesso a riguardo delle manifestazioni soprannaturali. Ed inoltre, se si può discernere la verità dalla menzogna negli insegnamenti, e la verità continua ad essere utile quantunque in questo mondo coabiti con la menzogna; similmente si possono discernere anche le vere manifestazioni soprannaturali che procedono da Dio da quelle false che procedono dal diavolo, e le vere manifestazioni continuano ad essere utili quantunque hanno luogo in mezzo a questo mondo che giace nel maligno.







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L’ISPIRAZIONE DELLA BIBBIA

La dottrina avventista

L’ispirazione della Bibbia è concettuale. Come abbiamo visto gli Avventisti dichiarano di credere che la Scrittura è ispirata da Dio. Ma è bene precisare che cosa intendono per ispirazione. Citerò innanzi tutto delle parole della White sull’ispirazione della Bibbia, ed in seguito alcune dichiarazioni di un autorevole avventista. La White ebbe a dichiarare: ‘La Bibbia indica Dio come suo autore; tuttavia è stata scritta da mani umane; e nella varietà dello stile dei diversi libri presenta i caratteri dei singoli scrittori. Le verità rivelate sono tutte date per ispirazione di Dio’; tuttavia esse sono espresse in parole di uomini. Il Dio infinito per mezzo del suo Spirito Santo ha sparso la luce nelle menti e nei cuori dei suoi servitori. Egli ha dato sogni e visioni, simboli e figure; e coloro ai quali la verità era così rivelata hanno personalmente rivestito il pensiero di un linguaggio umano’ (Ellen G. White, Selected Messages [Messaggi Selezionati], libro I, pag. 25; in Adventus, Settembre 1987, pag. 10); e: ‘La Bibbia è scritta da uomini ispirati, ma non rappresenta il modo di pensare di Dio né il suo modo di esprimersi. Il modo di esprimersi e di pensare sono quelli dell’umanità. Dio, come scrittore, non vi è rappresentato. Gli uomini spesso diranno che una certa espressione non appartiene a Dio, ma Dio non ha messo se stesso alla prova, nella Bibbia, attraverso parole, logica, retorica. Gli scrittori della Bibbia erano gli autori di Dio, non la sua penna. Considerate questi diversi scrittori’ (ibid., pag. 21), ed anche: ‘Non le parole della Bibbia sono ispirate, ma gli uomini lo furono. L’ispirazione non agisce sulle parole dell’uomo o sulle sue espressioni ma sull’uomo stesso, che, sotto l’influenza dello Spirito Santo, è imbevuto di pensieri. Ma le parole ricevono l’impronta della mente individuale… La mente e il volere divino sono combinati con la mente e il volere umani; così le espressioni dell’uomo costituiscono la parola di Dio’ (ibid.,). Ora, per spiegare che cosa voleva dire la White con degli esempi pratici citerò una parte di un articolo di Juan Carlos Viera (Direttore del Ellen G. White Estate) apparso alcuni anni fa sul Messaggero Avventista. ‘Nella Bibbia troviamo varie occasioni in cui un profeta ha dovuto rivedere le proprie convinzioni. Gli apostoli credevano, in un primo tempo, che soltanto gli ebrei potessero essere salvati. Con una visione indirizzata a Pietro e una rivelazione speciale a Paolo lo Spirito Santo illuminò gli apostoli e, tramite loro la chiesa, affinché il Vangelo fosse diffuso in tutto il mondo. Anche i primi avventisti avevano una comprensione fortemente limitata della missione per un errore teologico mutuato dal movimento millerita: la dottrina della ‘porta chiusa’. Erano convinti che la porta della grazia fosse inaccessibile dopo il 22 ottobre 1844. Ellen G. White fece propria questa dottrina. Lo Spirito Santo modificò questa idea in Ellen G. White e, per suo tramite, in tutto il movimento. Per gli autori del Nuovo Testamento il ritorno di Gesù era imminente. Poi gli apostoli hanno ricevuto una rivelazione diversa. Per esempio in 1 Tessalonicesi 4:16,17, Paolo dà l’impressione che il ritorno del Signore avvenga durante la sua vita. Nella sua seconda lettera avverte la chiesa di non aspettare il ritorno di Gesù come se fosse imminente (cfr. 2 Tessalonicesi). Giovanni era convinto di vivere nell’ultima ora (cfr. 1 Giovanni 2:18). Dalle visioni successive capì che le cose non stavano proprio così e annunciò alla chiesa che diversi eventi - compresa una dura persecuzione – avrebbero preceduto la venuta del Signore. Tutti i credenti del movimento avventista, Ellen G. White inclusa, erano convinti che il ritorno di Gesù fosse imminente. Non dobbiamo sentirci in difficoltà di fronte all’espressione di queste aspettative (cfr. Testimonies, vol. 1, pp. 131,132) perché sono le stesse di Paolo, Pietro e Giovanni. Ancora una volta lo Spirito Santo ha dovuto correggere alcune idee e guidare la chiesa nella direzione giusta. Gli avventisti non credono nell’ispirazione verbale (l’idea che Dio detti le parole esatte con le quali il profeta si esprime). A parte i dieci comandamenti, tutti gli scritti sacri sono il risultato della cooperazione dello Spirito Santo, che ispira il profeta con una visione, un’intuizione, un consiglio o un giudizio e del profeta che usa parole, frasi, immagini o espressioni per trasmettere il più fedelmente possibile il messaggio di Dio. Dio lascia al profeta la libertà di scegliere il tipo di linguaggio con cui intende comunicare. Ellen G. White descrive il linguaggio usato dagli scrittori ispirati come ‘imperfetto’ e ‘umano’. Questo significa due cose: - Il profeta si esprime nella lingua di tutti i giorni, imparata nell’infanzia e perfezionata dagli studi, le letture, i viaggi. Non c’è niente di soprannaturale nelle parole usate per trasmettere il messaggio. – Il profeta può incorrere in errori ortografici o grammaticali e anche altre forme di imperfezioni linguistiche come il lapsus linguae (un errore di pronuncia) o un lapsus memoriae (un errore di memoria) che possono e devono essere corretti da un redattore che prepara il testo in vista della pubblicazione. Il redattore in questo caso non corregge il messaggio ispirato ma il linguaggio, che non è ispirato. Troviamo un lapsus linguae nel vangelo di Matteo quando menziona Geremia pensando a Zaccaria in merito all’episodio delle trenta monete d’argento (…) Ritroviamo lo stesso errore in Ellen G. White quando cita Paolo trascrivendo un testo di Pietro: ‘L’amore di Cristo ci costringe’ dice l’apostolo Pietro. Ecco perché l’ardente discepolo si sente spinto nella difficile opera di predicare il Vangelo (Review and Herald, 30 ottobre 1913; cfr. l’affermazione di Paolo in 2 Corinzi 5:14)….’ (Juan Carlos Viera ‘Il processo della rivelazione’ in Il Messaggero Avventista, Novembre 1996, pag. 4).





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view post Posted on 22/2/2022, 10:35     Top   Dislike
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Confutazione

La sacra Scrittura essendo stata ispirata da Dio fu scritta senza nessun tipo di errore

La Bibbia è un libro unico al mondo perché è composto da scritti ispirati da Dio. Sono sessantasei i libri che la compongono e tra la stesura del primo libro, cioè la Genesi, e la stesura dell’ultimo libro, cioè l’Apocalisse, sono intercorsi circa 15 secoli, dato che la legge venne scritta da Mosè attorno al 1400 a. C. e il libro dell’Apocalisse fu scritto verso la fine del primo secolo d. C. Ora, l’ispirazione di tutti questi scritti è attestata dal fatto che assieme formano un tutt’uno ben compatto, senza nessuna contraddizione al loro interno (ci sono però delle apparenti contraddizioni). Gli autori dei libri ricoprivano diverse posizioni sociali, Salomone per esempio era un re, Amos un mandriano, Luca un medico, e così via, ma tutti furono sospinti a scrivere quello che scrissero dallo Spirito Santo. In altre parole non scrissero di loro volontà, ma per volontà di Dio. L’apostolo Pietro lo attesta questo quando dice nella sua seconda epistola: "Abbiamo pure la parola profetica, più ferma, alla quale fate bene di prestare attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattutina sorga ne’ vostri cuori; sapendo prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura procede da vedute particolari; poiché non è dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profezia, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo" (2 Piet. 1:19-21). Come abbiamo detto in altra occasione, anche se queste parole di Pietro si riferiscono agli scritti dell’Antico Testamento, pure esse si possono benissimo applicare agli scritti di Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Paolo, Giuda, e lo stesso Pietro, perché anche i loro scritti furono ispirati da Dio. Ma cosa vogliamo dire quando diciamo che tutti i sessantasei libri della Bibbia sono ispirati? E’ una domanda a cui noi risponderemo facendo uso delle Scritture. Il nostro discorso partirà dal presupposto che quando lo scrittore di uno dei libri ispirati scriveva era sospinto dallo Spirito Santo; sospingimento che era uguale a quello a cui veniva sottoposto un profeta o un apostolo quando parlavano con la loro bocca da parte di Dio. Si badi però a non fraintendere le cose; qui non stiamo dicendo che i profeti o gli apostoli erano perfetti e umanamente infallibili, perché le Scritture stesse non ci autorizzano né a dirlo e neppure a pensarlo perché anche loro commisero i loro errori, anche loro ebbero bisogno di chiedere perdono a Dio per i loro misfatti, anche loro ebbero bisogno che Dio operasse in loro quello che era gradito nel suo cospetto. Mosè, l’autore manuale della legge, disubbidì a Dio alle acque di Meriba e per questa sua ribellione gli fu impedito di entrare nella terra promessa assieme ad Aaronne suo fratello; Davide, l’autore manuale di molti Salmi, si rese colpevole di omicidio e di adulterio e per questo fu punito da Dio; Salomone che scrisse molti proverbi, l’Ecclesiaste e il Cantico dei cantici, verso la fine della sua vita si sviò da Dio e andò dietro agli idoli muti; l’apostolo Pietro ad Antiochia si mise a costringere i Gentili a giudaizzare e per questo fu severamente ammonito da Paolo in presenza di tutti; Paolo quando comparve davanti al Sinedrio ingiuriò il sommo sacerdote senza sapere che fosse il sommo sacerdote e per questo atto fu ripreso da coloro che erano presenti e lui riconobbe di avere sbagliato. Dunque i profeti e gli apostoli non erano dotati dell’infallibilità sia nell’agire che nel parlare, perché se così fosse stato non avrebbero commesso quegli errori. Ma questo discorso non va fatto per tutti i loro atti e per tutte le loro parole; perché spesso questi uomini agirono e parlarono sospinti dallo Spirito Santo per cui quei loro atti e quelle loro parole compiuti e pronunciate in quelle particolari circostanze erano privi di errori di qualsiasi genere. Farò degli esempi prendendo dei discorsi pronunciati da Mosè e da Paolo; passando in un secondo momento a parlare dei loro scritti. Cominciamo da Mosè. Dopo che fu sul monte Sinai e Dio gli ebbe parlato, egli tornò al campo con il viso raggiante (cosa che però lui non sapeva) talché i figliuoli d’Israele temettero d’accostarsi a lui. "Ma Mosè li chiamò, ed Aaronne e tutti i capi della raunanza tornarono a lui, e Mosè parlò loro… Dopo questo, tutti i figliuoli d’Israele si accostarono, ed egli ordinò loro tutto quello che l’Eterno gli avea detto sul monte Sinai" (Es. 34:31-32). Evidentemente Mosè riferì tutto quello che Dio gli aveva detto sul monte, assistito dallo Spirito Santo, per cui fu lo Spirito Santo a ricordargli tutto quello che gli aveva detto Dio ed a parlare tramite lui. Nelle sue parole dunque non potevano esserci errori di nessun genere; per farci capire dagli Avventisti diremo che non ci fu nessun lapsus linguae e neppure un lapsus memoriae. E di volte in cui Mosè riferì al popolo o ad Aaronne parole da parte di Dio ce ne sono molte; per cui si deve dire che Mosè anche in tutti questi casi non poté sbagliare nel parlare da parte di Dio. Lo ripeto, il motivo era perché lui parlava sospinto ed assistito dallo Spirito Santo. Veniamo ora ai suoi scritti. Come scrisse Mosè? Egli scrisse sospinto dallo Spirito Santo. Ma questo lo dicono anche gli Avventisti, qualcuno dirà? Sì, ma noi crediamo che Mosè quando scrisse non poté incorrere in nessun errore, perché durante la stesura dei suoi scritti lo Spirito Santo lo assistette, lo guidò in maniera da evitargli di compiere un qualsiasi errore. Questo avvenne sia quando lui dovette scrivere fatti e discorsi a lui conosciuti perché ne era stato testimone oculare e auricolare (per farci capire meglio, la divisione del mar Rosso e gli altri prodigi compiuti da Dio nel deserto, le parole che Dio gli rivolse in maniera udibile in svariate circostanze, il cantico che gli Israeliti cantarono dopo che Dio inabissò gli Egiziani nel mare, i loro mormorii nel deserto, ecc.), e sia quando dovette scrivere fatti e parole di cui lui non era stato testimone (esempio, la creazione dei cieli e della terra e di tutte le cose in essi, le parole che Dio pronunciò per fare la luce, il sole e la luna, l’uomo, ecc.). Non è possibile spiegare appieno questa maniera di scrivere perché si tratta di un opera compiuta da Dio tramite un individuo e trascende la nostra comprensione. Ma dato che sulla terra esistono fenomeni di scrittura da parte di ministri del diavolo, che come noi sappiamo cerca sempre di imitare le vie di Dio, fenomeni che si chiamano di scrittura automatica in cui il medium con una penna in mano scrive menzogne o sotto dettatura dello spirito maligno o sospinto da esso che si impossessa del suo corpo tanto che lui diventa una sorta di strumento passivo nelle sue mani; dico, in virtù di ciò, facendo un raffronto al contrario, possiamo dire che quando Mosè scriveva lo Spirito del Signore che era sopra lui si impossessava del suo corpo (questo termine impossessarsi non deve meravigliare perché di Gedeone è detto in una occasione che lo Spirito dell’Eterno si impossessò di lui [cfr. Giud. 6:34]), cosicché lui diventava lo strumento di cui lo Spirito si usava per fargli scrivere tutto ciò che Lui voleva preservandolo così da eventuali errori linguistici o di memoria. Gli scritti da lui redatti quindi erano perfetti? Sì, essi erano perfetti. E che sia così è attestato da Gesù, il Figlio di Dio disceso dal cielo, che citò la legge scritta da Mosè sia quando dovette rispondere al tentatore nel deserto, infatti per ben tre volte gli citò delle parole scritte nella legge di Mosè (perciò scritte manualmente da Mosè), e sia quando parlò ai Giudei. Gesù parlò della legge scritta da Mosè come di uno scritto perfetto infatti disse: "Io vi dico in verità che finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà, che tutto non sia adempiuto" (Matt. 5:18). Ora, come avrebbe potuto parlare così Gesù di uno scritto redatto da mano umana se non lo avesse considerato scevro di errori di qualsiasi genere? Non avrebbe potuto. Dunque le suddette parole di Gesù confermano che tutto ciò che scrisse Mosè, non importa che cosa, è senza errori, parola di Dio pura di ogni scoria. Ma non è la sola volta in cui Gesù fece capire che gli scritti di Mosè erano la parola di Dio e perciò puri da ogni imperfezione. In un occasione un certo dottor della legge si levò per metterlo alla prova, e gli disse: Maestro, che dovrò fare per eredar la vita eterna? "Ed egli gli disse: Nella legge che sta scritto? Come leggi? E colui, rispondendo, disse: Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, e con tutta l’anima tua, e con tutta la forza tua, e con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso. E Gesù gli disse: Tu hai risposto rettamente; fa’ questo, e vivrai" (Luca 10:26-28). Si noti che Gesù gli domandò che cosa era scritto nella legge e che alla risposta del dottore della legge gli disse di fare ciò che aveva appena detto. Questa è un’altra prova di come Gesù considerava la legge di Mosè quale parola di Dio e non quale parola di un uomo. Potrei moltiplicare gli esempi citando anche le citazioni dei Salmi e del libro dei profeti fatte da Gesù per attestare che la stessa cosa vale anche per questi altri scritti, ma mi fermo qui perché ritengo che abbiate capito che se Gesù, colui che non ha conosciuto peccato, parlò in quella maniera della legge scritta dal profeta Mosè, un uomo che vi ricordo peccò a differenza di Gesù che fu tentato ma non peccò, ciò significa che lui aveva una concezione dell’ispirazione della legge che differiva notevolmente da quella che aveva la White mentre era in vita e da quella che hanno gli Avventisti. Noi siamo come Gesù, per noi la legge è santa e perciò senza errori di nessun genere, possiamo anzi dobbiamo usarla per confutare molte eresie, tra cui quelle degli Avventisti, con la certezza che davanti ad essa cadranno tutte quelle altezze che si elevano contro la conoscenza di Dio. Finché avremo un alito di vita diremo come Gesù: "Sta scritto…", ed anche: "Nella legge che sta scritto? Come leggi?", e questo perché le parole di Mosè sono parola di Dio. Il fatto che la legge sia stata scritta da un uomo come noi che aveva i suoi difetti davanti a Dio, non ci porta a dubitare minimamente di essa perché le parole di Mosè sono la parola di Dio. Gesù non dubitò di essa, Paolo neppure, e neppure gli altri apostoli. Qualsiasi discorso che tende a gettare ombra sulla legge di Mosè come su qualsiasi altro scritto ispirato da Dio non procede da Dio.





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