| Dono del discernimento degli spiriti. Mediante questo dono lo Spirito Santo mette in grado il credente di discernere la presenza di spiriti maligni in persone o vicino a persone o di vedere degli spiriti mentre operano malvagiamente. Esistono spiriti di svariato genere, cioè occupati a fare svariate forme di male.
Esistono spiriti che provocano mutismo e sordità come quello cacciato fuori da quel fanciullo epilettico da Gesù infatti Gesù gli disse: "Spirito muto e sordo, io tel comando, esci da lui e non entrar più in lui" (Mar. 9:25). Cosicché in questi casi affinché la guarigione si compia è necessario discernere lo spirito o gli spiriti che provocano le malattie per poi cacciarlo o cacciarli fuori nel nome di Cristo Gesù.
Esistono spiriti seduttori che sono occupati a sedurre; Paolo dice infatti che nei giorni a venire "alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori…." (1 Tim. 4:1). Di questi spiriti ce ne sono molti in seno al popolo di Dio; mediante di essi ogni sorta di falsa dottrina è fatta credere a certi credenti.
Esistono spiriti che fanno segni e prodigi; Giovanni ne vide alcuni in visione infatti dice: "E vidi uscir dalla bocca del dragone e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta tre spiriti immondi, simili a rane; perché sono spiriti di demonî che fan de’ segni e si recano dai re di tutto il mondo per radunarli per la battaglia del gran giorno dell’Iddio Onnipotente" (Ap. 16:13-14). Si noti che in questo caso Giovanni dice a cosa assomigliavano questi spiriti, perché tutti gli spiriti hanno una sembianza. Ci sono spiriti che assomigliano a delle scimmie, altri a rane, altri a coccodrilli, altri a serpenti, altri a capre, a maiali, ecc.
Come si può ben capire questo dono risulta molto utile nella guerra contro il diavolo e i suoi demoni perché mediante di esso vengono smascherate le opere del nemico e distrutte.
La profezia, la diversità delle lingue e l’interpretazione delle lingue.
Esamineremo questi tre doni assieme commentando gran parte del capitolo 14 della prima epistola ai Corinzi. Ripeteremo concetti già espressi in precedenza ma riteniamo necessario farlo.
L’apostolo Paolo dice: "Procacciate la carità, non lasciando però di ricercare i doni spirituali, e principalmente il dono di profezia" (1 Cor. 14:1). Ora, si noti come Paolo dica innanzi tutto di ricercare la carità di cui ha parlato estesamente e in maniera mirabile poco prima, carità che non verrà mai meno, a differenza dei doni spirituali che un giorno cesseranno. Ma pure, quantunque la carità sia superiore ai doni spirituali, Paolo dice subito dopo di non tralasciare la ricerca dei doni spirituali. Perché questo? Perché qualcuno potrebbe pensare; perché mai dovrei mettermi a ricercare qualcosa che poi un giorno cesserà? Non è meglio che io ricerchi solo la carità? Allora, Paolo per evitare che i credenti pensino che occorra procacciare solo la carità, dice subito dopo di non tralasciare però nello stesso tempo la ricerca dei doni spirituali. E dice pure quale dono spirituale i credenti devono ricercare per primo, cioè quello di profezia. Perché proprio questo e non il dono della diversità delle lingue per esempio? Paolo lo spiega poco dopo. "Perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno l’intende, ma in ispirito proferisce misteri. Chi profetizza, invece, parla agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione. Chi parla in altra lingua edifica se stesso; ma chi profetizza edifica la chiesa. Or io ben vorrei che tutti parlaste in altre lingue; ma molto più che profetaste; chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue, a meno ch’egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione" (1 Cor. 14:2-5). Ecco spiegato dunque perché la profezia è da preferirsi alle lingue (come dono naturalmente). Perché mentre chi parla in altre lingue parla a Dio perché nessuno lo capisce e proferisce misteri, e affinché la chiesa intenda quello che egli ha detto e ne riceva edificazione c’è bisogno di qualcuno che ha il dono dell’interpretazione che interpreti il suo parlare straniero; chi profetizza parla agli uomini un linguaggio di edificazione, consolazione ed esortazione che essendo che è proferito nella lingua capita da tutti non ha bisogno di essere interpretato ed edifica la chiesa. Ora, per far capire in che cosa consista questo linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione citerò alcune profezie proferite dal profeta Isaia. Linguaggio di edificazione: "Porgete orecchio, e date ascolto alla mia voce! State attenti, e ascoltate la mia parola! L’agricoltore ara egli sempre per seminare? Rompe ed erpica egli sempre la sua terra? Quando ne ha appianata la superficie, non vi semina egli l’aneto, non vi sparge il comino, non vi mette il frumento a solchi, l’orzo nel luogo designato, e il farro entro i limiti ad esso assegnati? Il suo Dio gl’insegna la regola da seguire e l’ammaestra. L’aneto non si trebbia con la trebbia, né si fa passar sul comino la ruota del carro; ma l’aneto si batte col bastone, e il comino con la verga. Si trebbia il grano; nondimeno, non lo si trebbia sempre; vi si fan passar sopra la ruota del carro ed i cavalli, ma non si schiaccia. Anche questo procede dall’Eterno degli eserciti; maravigliosi sono i suoi disegni, grande è la sua sapienza" (Is. 28:23-29). Linguaggio di esortazione: "O trasgressori, rientrate in voi stessi!... L’Eterno degli eserciti, quello, santificate! Sia lui quello che temete e paventate!... Lavatevi, purificatevi, togliete d’innanzi agli occhi miei la malvagità delle vostre azioni; cessate dal fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate ragione all’orfano, difendete la causa della vedova!" (Is. 46:8; 8:13; 1:16,17). Linguaggio di consolazione: "Io, io son colui che vi consola; chi sei tu che tu tema l’uomo che deve morire, e il figliuol dell’uomo che passerà com’erba?... Ascoltatemi, o voi che conoscete la giustizia, o popolo che hai nel cuore la mia legge! Non temete l’obbrobrio degli uomini, né siate sgomenti per i loro oltraggi. Poiché la tignola li divorerà come un vestito, e la tarma li roderà come la lana... Non temere, perché io t’ho riscattato, t’ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando passerai per delle acque, io sarò teco; quando traverserai de’ fiumi, non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non ne sarai arso, e la fiamma non ti consumerà" (Is. 51:12; 51:7,8; 43:1,2). A proposito della profezia vanno dette le seguenti cose. La prima è che il dono di profezia non consiste, come alcuni credono, nella rivelazione di un evento futuro perché come abbiamo visto la rivelazione di un evento futuro è la parola di sapienza. Se si noteranno le parole profetiche appena citate infatti in esse non c’è la rivelazione di un particolare evento futuro. Che ci sia una differenza tra profezia e rivelazione è evidente anche dal fatto che Paolo poco dopo le cita separatamente quando dice: " Infatti, fratelli, s’io venissi a voi parlando in altre lingue, che vi gioverei se la mia parola non vi recasse qualche rivelazione, o qualche conoscenza, o qualche profezia, o qualche insegnamento?" (1 Cor. 14:6). La seconda che il solo dono di profezia non fa profeta chi lo possiede perché per essere riconosciuti profeti occorre avere anche dei doni di rivelazione (che sono la parola di sapienza, la parola di conoscenza e il discernimento degli spiriti). L’esempio dei profeti citati nella Scrittura, come Elia, Eliseo, Isaia, Geremia, Ezechiele ed altri lo mostra chiaramente. Ma torniamo alle lingue. Come abbiamo visto Paolo dice che vorrebbe che tutti parlassero in altre lingue, ma molto più che tutti profetassero perché chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue (per la ragione addotta prima). Ma questa superiorità cessa di esistere se chi parla in altre lingue interpreta pure infatti Paolo dice: "A meno che egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione". Perché quel "a meno che"? Perché nel caso chi parla in altre lingue interpreta, pure la chiesa intenderà quello che lo Spirito ha detto in altre lingue tramite di lui a Dio, e ne riceverà edificazione. Facciamo un esempio esplicativo: mettiamo il caso che in mezzo all’assemblea un fratello preghi in altra lingua a Dio chiedendogli di liberare il fratello Tizio in Costa d’Avorio da degli uomini malvagi che si accingono ad ucciderlo a motivo della sua fede, e che dopo avere così pregato interpreti la preghiera rivolta in altra lingua. Che accadrà nell’assemblea? Che i credenti potranno dire ‘Amen’ a quella preghiera perché avranno capito in che cosa essa consisteva. E naturalmente essi tutti riceveranno grande edificazione nel sapere che lo Spirito per bocca di quel credente ha interceduto per un figliuolo di Dio a loro sconosciuto che si trova in una nazione di un altro continente. Nel caso invece il parlare in altre lingue consisteva in un cantico a Dio allora la chiesa capirà le parole di quel cantico spirituale. Ecco dunque perché la chiesa ne riceverà edificazione dall’interpretazione delle lingue. Non è come alcuni credono, per mancanza di conoscenza, che le lingue più interpretazione è una profezia cioè un parlare agli uomini, per questo la chiesa ne riceverà edificazione. Perché l’edificazione non si riceve esclusivamente sentendo proferire un messaggio di esortazione, consolazione ed edificazione rivolto agli uomini, ma pure sentendo una preghiera o un cantico (in questo caso interpretati da un’altra lingua). Questo è fuori di dubbio. Ma ditemi: se si rimane edificati nel sentire pregare o cantare in italiano alcuni fratelli, perché si avverte che quella loro preghiera o quel loro cantico sono sospinti dalla grazia di Dio, perché mai non si dovrebbe rimanere edificati nel sentire una preghiera o un cantico che sono stati proferiti dallo Spirito Santo in una lingua straniera per bocca degli stessi o di altri fratelli? Ora, Paolo dopo avere detto a meno che egli interpreti affinché la chiesa ne riceva edificazione dice: "Infatti, fratelli, s’io venissi a voi parlando in altre lingue, che vi gioverei se la mia parola non vi recasse qualche rivelazione, o qualche conoscenza, o qualche profezia, o qualche insegnamento? Perfino le cose inanimate che dànno suono, quali il flauto o la cetra, se non dànno distinzione di suoni, come si conoscerà quel ch’è suonato col flauto o con la cetra? E se la tromba dà un suono sconosciuto, chi si preparerà alla battaglia? Così anche voi, se per il vostro dono di lingue non proferite un parlare intelligibile, come si capirà quel che dite? Parlerete in aria. Ci sono nel mondo tante e tante specie di parlari, e niun parlare è senza significato. Se quindi io non intendo il significato del parlare, sarò un barbaro per chi parla, e chi parla sarà un barbaro per me. Così anche voi, poiché siete bramosi de’ doni spirituali, cercate di abbondarne per l’edificazione della chiesa. Perciò, chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare; poiché, se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza" (1 Cor. 14:6-15). Tutte queste parole dell’apostolo hanno l’evidente scopo di far capire ai credenti che il parlare in altra lingua in mezzo all’assemblea non sarà di alcuna utilità agli altri se non è accompagnato dall’interpretazione. In altre parole, il parlare in altra lingua privo dell’interpretazione è come una tromba che da un suono sconosciuto; è come qualcuno che parla una lingua barbara di cui non si capisce niente. Giova sì a chi parla in altra lingua perché lo edifica (lo edifica non perché capisce quello che dice, ma perché parla per lo Spirito), ma non giova alla chiesa perché essa non intende quello che viene detto. Ecco perché Paolo dice: "Perciò chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare" (al fine di poter edificare la chiesa, oltre che se stesso). Perché se io prego in altra lingua prega il mio spirito ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Allora che devo fare, io che prego in altra lingua? domanda Paolo. Pregherò in altra lingua (con lo spirito) ma interpreterò pure (pregherò anche con l’intelligenza); salmeggerò (alcune versioni hanno canterò) in altra lingua (con lo spirito) ma interpreterò pure il mio salmeggiare (salmeggerò con l’intelligenza). Questo affinché la chiesa ne riceva edificazione. E subito dopo Paolo dice: "Altrimenti, se tu benedici Iddio soltanto con lo spirito, come potrà colui che occupa il posto del semplice uditore dire ‘Amen’ al tuo rendimento di grazie, poiché non sa quel che tu dici? Quanto a te, certo, tu fai un bel ringraziamento; ma l’altro non è edificato. Io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi; ma nella chiesa preferisco dir cinque parole intelligibili per istruire anche gli altri, che dirne diecimila in altra lingua" (1 Cor. 14:16-19). Paolo in altre parole dice: nel caso invece tu non fai come ti dico io, cioè nel caso tu preghi o salmeggi in altra lingua senza darne l’interpretazione come potrà chi ti ascolta dire ‘amen’ al tuo rendimento di grazie? Non potrà; certo tu farai un bel rendimento di grazie ma l’altro non sarà edificato. Io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi, ciononostante nella chiesa (si noti che Paolo dice nella chiesa e non quando sono solo perché è evidente che questo particolare discorso riguarda il caso in cui si è assieme ad altri credenti e non da soli quando chi ci ascolta è solo Dio) preferisco dire cinque parole comprensibili che diecimila in altra lingua. E poi dice: "Fratelli, non siate fanciulli per senno; siate pur bambini quanto a malizia, ma quanto a senno, siate uomini fatti" (1 Cor. 14:20). Come dire, nella semplicità siate come i bambini, ma non siate bambini quanto a intelligenza, siate invece uomini fatti quanto a intelligenza. A questo punto Paolo cita queste parole pronunciate da Dio per mezzo di Isaia: "Egli è scritto nella legge: Io parlerò a questo popolo per mezzo di gente d’altra lingua, e per mezzo di labbra straniere; e neppur così mi ascolteranno, dice il Signore" (1 Cor. 14:21). E poi dice: "Pertanto le lingue servono di segno non per i credenti, ma per i non credenti: la profezia, invece, serve di segno non per i non credenti, ma per i credenti. Quando dunque tutta la chiesa si raduna assieme, se tutti parlano in altre lingue, ed entrano degli estranei o dei non credenti, non diranno essi che siete pazzi? Ma se tutti profetizzano, ed entra qualche non credente o qualche estraneo, egli è convinto da tutti, è scrutato da tutti, i segreti del suo cuore son palesati; e così, gettandosi giù con la faccia a terra, adorerà Dio, proclamando che Dio è veramente fra voi" (1 Cor. 14:22-25). Quel "pertanto" dopo quelle parole di Isaia stanno a confermare che in base a ciò che Dio disse tramite Isaia le lingue sono di segno agli increduli e non ai credenti. Mentre la profezia è di segno ai credenti. A questo punto è necessario fare una puntualizzazione. Le parole di Isaia per alcuni credenti confermano che il parlare in altre lingue è un messaggio rivolto agli uomini. Ma ciò non può essere vero altrimenti Paolo si sarebbe contraddetto nel dire in precedenza che chi parla in altra lingua parla non agli uomini ma a Dio. Quello che occorre tenere presente è che quelle parole di Isaia vengono citate da Paolo a conferma che le lingue sono un segno per i Giudei non credenti. In altre parole Dio disse che avrebbe parlato ad Israele tramite il segno delle lingue, cioè avrebbe attirato la loro attenzione mediante questo segno. Quel parlerò a questo popolo per mezzo di gente d’altra lingua, e per mezzo di labbra straniere, vuole indicare che con quella manifestazione soprannaturale Dio avrebbe fatto capire al suo popolo che Egli era presente in mezzo ai Gentili, in altre parole i Giudei avrebbero potuto riconoscere che Dio era in mezzo a coloro che parlavano in altre lingue anche se appartenenti ad altri popoli. Un esempio che mostra ciò, cioè che Dio per mezzo delle lingue parlò al suo popolo, lo abbiamo in quello che avvenne il giorno della Pentecoste difatti quei Giudei rimasero meravigliati nel sentire parlare dei Galilei nelle loro lingue natie e si domandavano che cosa ciò volesse significare. I segni dati da Dio parlano, questo è quello che occorre sempre tenere presente. Quando Dio parlò a Mosè gli disse: "Che è quello che hai in mano?’ Egli rispose: ‘Un bastone’. E l’Eterno disse: ‘Gettalo in terra’. Egli lo gettò in terra, ed esso diventò un serpente; e Mosè fuggì d’innanzi a quello. Allora l’Eterno disse a Mosè: ‘Stendi la tua mano, e prendilo per la coda’. Egli stese la mano, e lo prese, ed esso ritornò un bastone nella sua mano. ‘Questo farai, disse l’Eterno, affinché credano che l’Eterno, l’Iddio dei loro padri, l’Iddio d’Abrahamo, l’Iddio d’Isacco e l’Iddio di Giacobbe t’è apparso’. L’Eterno gli disse ancora: ‘Mettiti la mano in seno’. Ed egli si mise la mano in seno; poi, cavatala fuori, ecco che la mano era lebbrosa, bianca come neve. E l’Eterno gli disse: ‘Rimettiti la mano in seno’. Egli si rimise la mano in seno; poi, cavatasela di seno, ecco ch’era ritornata come l’altra sua carne. ‘Or avverrà, disse l’Eterno, che, se non ti crederanno e non daranno ascolto alla voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo segno; e se avverrà che non credano neppure a questi due segni e non ubbidiscano alla tua voce, tu prenderai dell’acqua del fiume, e la verserai sull’asciutto; e l’acqua che avrai presa dal fiume, diventerà sangue sull’asciutto" (Es. 4:2-9). Si noti questa espressione "se non daranno ascolto alla voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo segno" perché essa attesta come i segni di Dio hanno una voce. Così anche le lingue costituiscono un segno di Dio per gli increduli. La profezia invece un segno per i credenti; ecco perché Paolo dice che se entra qualche non credente e sente tutti parlare in lingue dirà che siamo dei pazzi, mentre se tutti profetizzano il non credente avrà i pensieri del suo cuore palesati e riconoscerà che Dio è in mezzo a noi. Ma allora che cosa si deve fare? Paolo risponde: "Quando vi radunate, avendo ciascun di voi un salmo, o un insegnamento, o una rivelazione, o un parlare in altra lingua, o una interpretazione, facciasi ogni cosa per l’edificazione. Se c’è chi parla in altra lingua, siano due o tre al più, a farlo; e l’un dopo l’altro; e uno interpreti; e se non v’è chi interpreti, si tacciano nella chiesa e parlino a se stessi e a Dio. Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino; e se una rivelazione è data a uno di quelli che stanno seduti, il precedente si taccia. Poiché tutti, uno ad uno, potete profetare; affinché tutti imparino e tutti sian consolati; e gli spiriti de’ profeti son sottoposti a’ profeti, perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace" (1 Cor. 14:26-33). In relazione alle lingue diciamo che, se c’è chi parla in altra lingua devono parlare in lingue solo due o al massimo tre, e uno dopo l’altro, e uno deve interpretare; ma se non c’è chi interpreta, coloro che parlano in altre lingue devono farlo sottovoce e non a guisa di tromba. I profeti, i quali hanno il dono di profezia, parlino; anche qui però due o tre al massimo, e gli altri esaminino le profezie. Nel caso però viene data una rivelazione ad un profeta che sta seduto il precedente si deve tacere. La conclusione del discorso di Paolo è questa: "Se qualcuno si stima esser profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo son comandamenti del Signore. E se qualcuno lo vuole ignorare, lo ignori. Pertanto, fratelli, bramate il profetare, e non impedite il parlare in altre lingue; ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine" (1 Cor. 14:37-40). Le cose sono chiare, le parole di Paolo sono dei comandi del Signore. Dunque, il profetare deve essere bramato, il parlare in altre lingue non deve essere impedito, ma tutto deve essere fatto con decoro e con ordine.
segue
|