| Gilgamesh e Urshanabi (94-165)
Quando Gilgamesh udì ciò, prese l'ascia al suo fianco, sfoderò la spada dalla sua guaina, si inoltrò nel bosco e scese incontro ad essi (=quelli-di-pietra); come una freccia egli si buttò tra questi.
In mezzo al bosco si udì un boato, 95 Urshanabi guardò e scorse l'essere splendente; prese quindi un'ascia e lo affrontò: con essa colpì la sua testa, la testa di Gilgamesh. Lo prese per le braccia e gli mise i piedi sul petto.
E quelli-di-pietra della nave, 100 senza i quali non sono percorribili le acque di morte, [ ] e il grande mare; nel fiume [ ] furono trattenute.
Egli li colpì e li buttò nel fiume. [ ] così impedì il passaggio, 105 [ ] sulla sponda.
Gilgamesh così parlò a lui, ad Urshanabi il battelliere:
"[ ] sono entrato, [ ] a te".
Urshanabi parlò allora a lui, a Gilgamesh: 110 "Perché le tue guance sono così emaciate e la tua faccia stanca? Perché il tuo cuore è così confuso e il tuo sguardo assente? Perché regna angoscia nel profondo del tuo essere? Perché la tua faccia è simile a quella di uno che ha viaggiato per lunghe distanze? Perché la tua faccia porta i segni del caldo e del freddo, 115 e indossando soltanto una pelle di leone, tu vaghi nella steppa?
Gilgamesh così parlò a lui, ad Urshanabi il battelliere:
"Non dovrebbero le mie guance essere così emaciate e la mia faccia stanca? Non dovrebbe il mio cuore essere così confuso e il mio sguardo assente? Non dovrebbe regnare angoscia nel profondo del mio essere? 120 Non dovrebbe la mia faccia essere simile a quella di uno che ha viaggiato per lunghe distanze? Non dovrebbe la mia faccia portare i segni del caldo e del freddo, e indossando soltanto una pelle di leone, non dovrei io vagare nella steppa?
L'amico mio, il mulo imbizzarrito, l'asino selvatico delle montagne, il leopardo della steppa, Enkidu, l'amico mio, il mulo imbizzarrito, l'asino selvatico delle montagne, il leopardo della steppa, 125 noi, dopo esserci incontrati, abbiamo scalato assieme la montagna abbiamo catturato il Toro Celeste e lo abbiamo ucciso, abbiamo abbattuto Khubaba, che viveva nella Foresta dei Cedri, abbiamo ucciso nei passi di montagna i leoni,
l'amico mio che io amo sopra ogni cosa, che ha condiviso con me ogni sorta di avventure, 130 Enkidu che io amo sopra ogni cosa, che ha condiviso con me ogni sorta di avventure, ha seguito il destino dell'umanità.
Per sei giorni e sette notti io ho pianto su di lui, fino a che un verme non è uscito fuori dalle sue narici.
Io ho avuto paura della morte, ho cominciato a tremare e ho vagato nella steppa. 135 La sorte del mio amico pesa su di me: per sentieri lontani ho vagato nella steppa. per vie lontane ho vagato nella steppa.
Come posso io essere tranquillo, come posso io essere calmo? L'amico mio che amo è diventato argilla; 140 ed io non sono come lui? Non dovrò giacere pure io e non alzarmi mai più?".
Gilgamesh così parlò a lui, ad Urshanabi il battelliere:
"Ora, o Urshanabi, qual è la via per arrivare da Utnapishtim? Indicami la direzione, qualunque essa sia. Dammi le coordinate; 145 se è necessario attraverserò il mare, se no, vagherò nella steppa".
Urshanabi così parlò a lui, a Gilgamesh:
"Le tue mani, o Gilgamesh, sono incapaci di portarti attraverso il mare, tu hai abbattuto quelli-di-pietra e li hai buttati nel fiume; 150 Quelli-di-pietra sono abbattuti ed essi sono [ ].
Prendi ora un'ascia, o Gilgamesh, al tuo fianco; va' giù nel bosco e taglia pali di trenta metri ognuno; spiana i tronchi e applica dei pomelli su di essi, portali quindi a me [ ]". 155 Quando Gilgamesh udì ciò, prese un'ascia al suo fianco, sfoderò la spada dalla sua guaina, scese giù nel bosco e tagliò pali di trenta metri ognuno, egli li spianò ed applicò dei pomelli, 160 li portò quindi ad Urshanabi;
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segue
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