IL FARO DEI SOGNI

L’ambiente: fisico, astrale, mentale, akasico

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Terra, acqua, aria, fuoco…
Devo dire che gli antichi, anche se non possedevano le meraviglie tecnologiche che voi oggi possedete e quelle che ancora verranno, certamente non erano degli sciocchi e il loro pensiero che la realtà che potevano osservare si basasse su questi quattro elementi proveniva da conoscenze arrivate da molto lontano, tuttavia con una loro logica che le preservava abbastanza intatte all’interno della sapienza antica e che io questa sera ho riportato tra di voi come punto da cui partire per esaminare l’aspetto ambientale della realtà in cui l’individuo compie la sua evoluzione.
Al di là dei tantissimi significati che a quelle quattro parole sono stati dati – spesso giusti, spesso meno giusti, spesso addirittura fantasiosi – quello che mi preme sottolineare questa sera è che ritroviamo ancora una volta il numero 4, il che vi può far pensare che – tutto sommato – quei 4 elementi possono essere il simbolo dei piani più vicini alla vostra realtà, ovvero il piano fisico, il piano astrale, il piano mentale e, naturalmente, il piano akasico. Infatti, se si volesse scegliere – ad esempio un elemento per simboleggiare il piano fisico, quale miglior elemento potrebbe essere scelto che la terra!
Senza la terra, creature, il piano fisico non esisterebbe, così come voi lo conoscete; non esisterebbe la grande quantità di mondi; non esisterebbe, quindi, un ambiente fisico sul quale l’individuo possa compiere, attraverso le varie fasi che attraversa, la sua evoluzione.
Per certi versi anche la scelta dell’acqua come simbolo del piano astrale trova una sua giustificazione simbolica: l’acqua, infatti, in qualche modo maschera la realtà; è qualcosa che impregna la terra e ne entra a far parte, e può passare anche inosservata; può essere uno specchio di quella che è la realtà fisica, ma nel contempo possiede delle qualità che sfuggono allorché cerchi di raccoglierla tra le dita, di portarla alla tua razionalità. Può servire da specchio per osservare ma anche da specchio per deformare; e possiede la capacità di mutare abbastanza facilmente caratteristiche a seconda dell’ambiente fisico in cui viene a trovarsi: ora può diventare solida, ora può essere liquida, ora può addirittura volatilizzarsi come se fosse un gas.
Queste sono le qualità che, in qualche modo, possono anche essere riconosciute nel piano astrale; infatti voi sapete che la materia del piano astrale è una materia molto pronta a trasformarsi, attimo dopo attimo, sotto la spinta dei desideri e delle emozioni; voi sapete che il piano astrale – e lo provate quotidianamente voi stessi personalmente – travolge i vostri sensi, travolge il vostro modo di vivere la realtà fisica, travolge addirittura la vostra razionalità, deformando spesso e volentieri ciò che voi riuscite a percepire di quello che state attraversando.
E’ anche evidente che l’aria è un buon simbolo per il piano mentale. Infatti, il pensiero non si vede; il pensiero in realtà non si riesce ad afferrare, eppure – come l’aria – è necessario per mettere in moto i meccanismi della vostra razionalizzazione; è necessario per far sì che, attraverso il pensiero, si arrivi ad influenzare la realtà con le azioni, e questo attraverso qualcosa di invisibile, irraggiungibile e apparentemente – per la vostra percezione – inesistente.
Se voi non sapeste di possedere il pensiero, se non foste consapevoli di pensare, come potreste rendervi conto che il pensiero esiste? E la vostra stessa consapevolezza di pensare, alla fin fine, poi, da cosa nasce? Se ricordate, tempo fa avevo detto – più o meno scherzosamente – che il cervello potrebbe essere situato nel dito di un piede invece che nella testa, eppure voi percepite che così non è e sapete, sentite, che il pensiero, le sue vibrazioni, nascono proprio – o per lo meno arrivano al piano fisico, in cui voi siete – attraverso la parte alta del capo, cioè del vostro corpo fisico.





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E quale simbolo migliore, poi, per il piano akasico (il piano della coscienza) del fuoco?! Il fuoco, che nostro Fratello Labrys ha così spesso usato per parlare di ciò che attiene la coscienza dell’individuo; il fuoco, che illumina l’essere; il fuoco, che con i suoi movimenti, e quindi con le sue vibrazioni, fa sì da creare i presupposti per un’azione motivata all’interno del piano di esistenza; il fuoco, senza il quale non esisterebbe la realtà come voi la conoscete; infatti, il fuoco è calore e senza il calore vorrebbe dire che non vi è interazione tra le particelle che compongono la realtà e, se non vi fosse interazione tra queste particelle, la realtà si disgregherebbe; quindi è evidente che il calore, come vibrazione e come fuoco, può essere preso come simbolo di quella realtà della coscienza, di quella realtà del piano akasico, che appartiene a tutta una razza; e non soltanto a tutta una razza ma a tutta la necessità della realtà per fondare la sua esistenza e per far sì che, attraverso i suoi movimenti, venga a dipanarsi un po’ alla volta tutto ciò che voi conoscete come percepibile fisicamente, emotivamente, mentalmente, storicamente, socialmente, e via e via e via …
Una delle domande possibili da farsi per quanto riguarda l’ambiente è questa: l’ambiente esisterebbe lo stesso, se mancasse una di queste componenti? La risposta mi sembra ovvia: potrebbe anche esistere un ambiente, però sarebbe un ambiente amorfo, disorganizzato; in cui, quindi, la vita e l’evoluzione non potrebbero trovare gli elementi per costruire il Grande Disegno dell’Assoluto.
Ma quanti sono gli ambienti? Certo, voi avete parlato di ambiente familiare, di ambiente di lavoro, di ambiente associativo, e potreste parlare di tantissimi altri ambienti, quelli che voi avete definito – se non vado errato – «microambienti»; però, se dovessimo parlare di tutti gli ambienti, veramente ci sarebbe la necessità di alzare ancora la media della vita di ognuno di voi! Io direi che, per semplificare – si fa per dire, naturalmente – le cose, conviene forse partire, sulla base di quanto detto prima, da quelli che possono essere considerati i quattro ambienti principali: l’ambiente fisico, l’ambiente astrale, l’ambiente mentale e, naturalmente, l’ambiente akasico. Siete d’accordo? Vedrete che così forse sarà un pochino più semplice, anche perché voi potreste dire: «Esiste però un ambiente sociale» ad esempio «un ambiente sociale molto importante perché in qualche modo condiziona gli individui che compongono la società» e su questo avrei già qualcosa da dire perché forse può essere che sono gli individui che in qualche modo condizionano l’ambiente sociale, ma lasciamo stare questo discorso per il momento.
Io posso essere d’accordo con voi; certamente vi è un ambiente sociale, certamente vi sono dei condizionamenti da una parte o dall’altra che sono importanti, però, se ci pensate bene, l’ambiente sociale che cos’è, in fondo?





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L’ambiente sociale non è altro che la risultante dell’ambiente fisico, dell’ambiente astrale, dell’ambiente mentale e dell’ambiente akasico; non è un ambiente che ha una sua esistenza di per se stesso, è un ambiente che scaturisce dal modo in cui gli individui si trovano inseriti nei quattro ambienti che abbiamo preso come punto di partenza. Quindi, parlando degli ambienti di partenza, si arriverà necessariamente a comprendere anche quelli che sono gli ambienti che derivano da questi quattro ambienti principali. Siete d’accordo?
L’ambiente sociale ha una sua esistenza soltanto in relazione agli altri ambienti; e non soltanto, ma è anche in relazione – e qua sono consapevole che ci complichiamo la vita – con quelli che sono gli archetipi.
Ma ritorniamo ai nostri quattro ambienti di partenza.
Abbiamo visto che per ottenere che una razza evolva è necessario che la razza, fin dal suo primo incarnarsi, trovi l’ambiente fisico adatto per potersi incarnare. Abbiamo anche visto che questo ambiente fisico è necessario che si trasformi per adattarsi alle mutate necessità evolutive degli individui; abbiamo visto come la vibrazione – se non vado errato – «prima», che dà il via alla partenza di un cosmo sia alla base della formazione della materia del piano fisico, dando già quegli elementi tali per cui ci sia una base solida su cui l’ambiente fisico possa costruirsi in determinate direzioni anziché in altre; in direzioni cioè che siano utili alla razza che si deve incarnare; quindi in modo tale che la materia del piano fisico abbia a sua volta un’evoluzione, un mutamento, un cambiamento che la porti gradatamente ad essere in condizione di poter offrire ciò che abbisogna all’evoluzione della razza.





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Ora, ho sentito uno tra voi, proprio questa sera, parlare di un punto che di solito coloro che negano i discorsi che qui o da altre parti vengono fatti citano spesso: «Se, come dite voi, – cioè noi – questa è la terza razza che si incarna, se ogni razza si incarna per 50.000 anni circa e le razze si sovrappongono, questo significa, a soldoni, che l’essere umano, sul pianeta, è presente all’incirca soltanto da 140.000 anni. Giusto? Perdonatemi gli spiccioli! Ma allora, quei reperti ritrovati più di una volta di esseri umani risalenti – che so io – a trecentomila, cinquecentomila, un milione di anni fa (e qua le datazioni poi si sprecano, sempre per l’esattezza e la ripetibilità della scienza!) che senso hanno? I conti non quadrano, quindi ciò che voi dite sono soltanto panzane». Tutto sommato, fossi uno di costoro, la penserei come loro. Voi no? No? Bene, allora, visto che hai detto «noi no», allora spiega perché!
Secondo me, il punto importante su cui va posto l’accento è: quelle creature erano esseri umani o no?
Facciamo la parte del Piero Angela: «A me sembra, però, caro signor Scifo …» Togliamo il «caro», che se no è troppo confidenziale! «Signor Scifo …» No, togliamo anche il «signor»: «A me sembra, Scifo, a me sembra, che accanto a questi reperti sia stata trovata una messe di manufatti, il che significa che erano in grado di manipolare oggetti, di costruire, di creare, quindi avevano tutti gli attributi che anche un essere umano attuale possiede, ad di là della diversa civiltà; quindi ritorniamo alle corbellerie di cui parlavo all’inizio». «A me sembra, caro signor Angela, che i castori costruiscano dighe, mi sembra che esistano delle scimmie che intrecciano delle specie di casupole andando a cercare rami di un albero particolare – non di altri – il quale è il più resistente, il più adatto per quel tipo di lavoro. Erano uomini? Forse lei e quelle scimmie siete allo stesso livello? Potrebbe essere! Secondo il suo ragionamento «scientifico» senza dubbio lei e quella scimmia siete … non dico padre e figlio ma fratello e fratello!».
La differenza che c’è tra essere umano e animale non è il fatto di poter manipolare, o usare o scegliere di usare determinati oggetti, ma il fatto di farlo con una certa consapevolezza di quello che si sta facendo; quindi il fatto di avere un’intenzione interiore, non ad esempio istintuale soltanto, per farlo; quindi il fatto che entra in gioco il corpo akasico dell’individuo incarnato nella forma umana.





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Quei reperti archeologici, infatti, non sono altro che passaggi di evoluzione della materia e della forma all’interno dell’ambiente fisico per preparare quel corpo fisico più adatto all’immersione in esso dell’essere umano completo in tutte le sue componenti, ovvero: corpo fisico adatto ad esprimere l’evoluzione; sensazioni, emozioni e desideri per cercare di costruire qualcosa per se stessi e per gli altri; pensiero per governare il corpo fisico, le sensazioni, le emozioni, i desideri e contemporaneamente per creare qualche cosa di diverso; e infine coscienza, per dare una motivazione, un’intenzione e una giustificazione all’esistenza delle altre componenti; poiché – e non va mai dimenticato – l’individuo è un tutto unico, e non soltanto con se stesso, ma anche on tutta la realtà in cui è immerso.
Ecco, quindi, che il problema – se considerato sotto questo punto di vista, a livello un po’ più profondo e non soltanto materiale, fisico – riceve una sua completezza che altrimenti non possederebbe; non soltanto, ma dà motivo o ragione di fattori che la scienza, che non contempla anche la parte spirituale dell’individuo, mai riuscirà – continuando sotto questi punti di vista – a risolvere.
Pensiamo un attimo al gran polverone che è sempre stato sollevato intorno ai dinosauri e alla loro “improvvisa” (ma il termine, secondo me, è molto, ma molto relativo) scomparsa.
I dinosauri sono forme animali come tante altre che, nel corso dei millenni e dei milioni d’anni, sono nate, necessarie magari per certe particolari situazioni e poi estinte poiché non servivano più per contribuire a trasformare l’ambiente fisico in cui la razza si stava evolvendo. Il dinosauro aveva caratteristiche generali abbastanza particolari, aveva – il più delle volte – un corpo molto massiccio, per esempio, e questo poteva insegnare determinate cose alle individualità che si incarnavano in quella particolare forma animale, e quindi poteva avere una sua necessità di presenza all’interno dell’ambiente proprio per fornire questo particolare tipo di esperienza.
Alla fine, però, la struttura fisiologica stessa del dinosauro è diventata inadeguata all’incarnazione dell’individualità, perché non offriva le caratteristiche di sensibilità e di percezione che servivano nella nuova fase di incarnazione dell’individualità, era cioè inadatto a permettere l’acquisizione di nuove e diverse esperienze e l’espressione di un sentire più ampio. La conseguenza, inevitabile, è stata che la forma “dinosauro”, un po’ alla volta, è andata scomparendo perché non più funzionale e necessaria nei confronti dell’avanzamento evolutivo della razza.
Mi sembra che, dopo queste considerazioni, la funzione e l’influenza dell’ambiente risultino abbastanza ben delineate: è chiara la sua necessità, è chiaro come si trasforma e si adegua attraverso l’evoluzione della materia e anche della forma in modo tale da essere disponibile nel modo giusto per la razza che si incarna, ed è chiaro anche come il procedimento si complica ancora di più, per l’ambiente fisico, allorquando la razza che si incarna è in grado di interagire con l’ambiente poiché a quel punto la razza stessa diventa un fattore di evoluzione ambientale; la razza stessa interagisce con l’ambiente, lo modifica e fa sì – senza esserne consapevole – da aiutare a procurare un ambiente adatto a quelle che sono le esigenze evolutive degli individui che si incarneranno successivamente.

Scifo





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Uno dei punti essenziali, basilari, che deve essere sempre presente nel vostro affrontare l’insegnamento, è che è tutto interrelazionato, tutto è correlato e che non è possibile osservare soltanto un aspetto della realtà, se davvero si vuole arrivare a comprendere la Realtà; ma bisogna, quanto meno, riuscire ad operare una piccola sintesi fra tutti i vari elementi che la compongono, in modo tale da avere una visione d’insieme del quadro. Visione d’insieme che, unica, può dare una risposta coerente e logica agli interrogativi che si pone chi si avvia sulla strada della ricerca e della scoperta della Realtà e della Verità.
D’accordo su questo? Certo, direte certamente di sì. Allora, perché presentarsi e combattere affinché parlaste di questo concetto, il concetto di ambiente? Proprio per farvi rendere conto che il termine stesso di ambiente non è circoscritto, non può essere compreso e analizzato soltanto osservandolo da una prospettiva; ma per poter comprendere veramente che cosa sia un ambiente – che cosa «noi» in particolare intendiamo per ambiente – è necessario tenere a mente tutto l’insieme degli elementi che noi abbiamo presentato in questi ormai tanti anni di incontri.
Quella che è mancata, in realtà, è una definizione precisa e accurata – per quanto possibile – di che cosa noi intendiamo per ambiente.
No, non vi scervellate, creature: nel senso più ampio, io definirei «ambiente» tutta quella porzione della realtà nella quale si esplica l’evoluzione di un cosmo. Siete d’accordo su questo? Questo, perché? Avevamo detto che l’inizio dell’evoluzione avviene allorché la «vibrazione prima» – ricordate la «vibrazione prima», creature? – dà il «la» al diffondersi e al diversificarsi della vibrazione all’interno delle materie dei vari piani di esistenza, arrivando a mettere in movimento tutte le materie all’interno di un cosmo. Quindi, a questo punto, tutto il raggio d’azione di questa particolare vibrazione che porta all’evoluzione di questa porzione della materia akasica può essere definito «ambiente primario». Naturalmente vi è poi l’ambiente «Uno», ovvero l’Assoluto; se volessimo proprio sofisticare il primario sarebbe questo, in realtà, poiché è evidente che è l’ambiente che tutto comprende e quindi non può essere che il principale, però questo ci porterebbe veramente a confonderci troppo le idee e a non farci capire le cose più vicine a coloro che sono nella loro fase evolutiva all’interno di questo cosmo.
All’interno di un cosmo l’ambiente primario è tutto l’insieme delle materie che compongono quel cosmo; quindi la materia fisica di quel cosmo, la materia astrale di quel cosmo, la materia mentale di quel cosmo e la materia akasica collegata a quel cosmo attraverso la quale la «vibrazione prima» mette in atto l’intendimento dell’Assoluto per far sì che il cosmo abbia quel determinato tipo di evoluzione al suo interno; perché ricordate, creature, che avevo detto che la vibrazione prima, quando mette in moto le energie dei vari piani di esistenza per dare il «la» alla creazione, sa già cosa deve creare, sa già che tipo di ambiente deve far sì che si formi affinché l’evoluzione vada avanti in quel cosmo.
Si può facilmente associare quest’idea al concetto di «legge naturale»: la legge naturale deriva direttamente dalla vibrazione prima e può essere considerata – per fare un esempio abbastanza semplice, anche se naturalmente inesatto – raffigurare l’intenzione dell’Assoluto nel dare il via a quel tipo di Cosmo.





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Si può facilmente associare quest’idea al concetto di «legge naturale»: la legge naturale deriva direttamente dalla vibrazione prima e può essere considerata – per fare un esempio abbastanza semplice, anche se naturalmente inesatto – raffigurare l’intenzione dell’Assoluto nel dare il via a quel tipo di Cosmo.
Voi vi siete soffermati su quello che è stato uno dei miei campi di battaglia di questi anni di insegnamento, ovvero sull’unità elementare; le vostre idee in merito sono ancora un po’ confuse, però, più o meno, come linee di base, diciamo che possono essere accettabili.
Proviamo a fare il cammino inverso di quello che solitamente tendete a fare voi: l’unità elementare fisica è composta dall’aggregazione di unità elementari del piano precedente, cosicché accade che il corpo fisico, con le sue unità elementari, in realtà abbia a sua disposizione anche una parte di unità elementari astrali, tutte quelle unità elementari astrali le quali ordinandosi, radunandosi, vibrando in determinate maniere fanno sì da costituire poi le unità elementari fisiche di quel corpo.
Questo significa, quindi, che per ogni unità elementare del piano fisico vi sono naturalmente, per conseguenza logica di questo discorso, diverse unità elementari del piano astrale. Il discorso, come sapete, si moltiplica sugli altri piani di esistenza; ovvero: per ogni unità elementare del piano astrale vi sono diverse unità elementari del piano mentale; e per ogni unità elementare del piano mentale vi sono diverse unità elementari del piano akasico.
Questo significa ancora che un’unità elementare fisica, scomponendola, sarà composta – dico cifre a caso – da 2 unità elementari astrali, da 4 unità elementari mentali, e da 8 unità elementari akasiche (questo per darvi il senso di come si moltiplica la quantità di materia dei vari piani all’interno di una stessa unità elementare fisica), le quali sono collegate, fanno riferimento, in un senso o nell’altro, ovvero a loro fa riferimento l’unità elementare fisica, o l’unità elementare fisica fa a sua volta riferimento a «quelle» unità elementari astrali, «quelle» unità elementari mentali e «quelle» unità elementari akasiche. Da questo se ne deduce che, parlando in termini di quantità di unità elementari, quelle presenti sul piano fisico sono molte ma molte meno di quelle presenti sul piano akasico, è logico; e allora, in conseguenza di queste considerazioni, è possibile affermare che tutta la materia del cosmo è collegata a della materia akasica? E questi malgrado la presenza di materia akasica indifferenziata, cioè non collegata all’evoluzione di alcuna individualità?





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Tutto è collegato alla materia akasica, ed è necessario che sia così perché, altrimenti, la vibrazione prima non potrebbe infondere le stesse leggi naturali in tutta la materia; quindi è necessario che sia collegata comunque a della materia akasica attraverso cui passa la «vibrazione prima». Però noi avevamo parlato anche di materia akasica indifferenziata, e allora c’è da chiedersi e vi chiedo: questa materia akasica indifferenziata è collegata a materia fisica o no?
Il fatto che sia indifferenziata sul piano akasico non significa che non sia collegata a materia del piano fisico; significa semplicemente che in quel momento la «vibrazione prima» non attraversa quella porzione di materia akasica e non dà il via a una corrente evolutiva, ad un passaggio evolutivo; attraverso ad essa passa semplicemente quella porzione di «vibrazione prima» che mette in moto le leggi naturali necessarie perché tutta la materia fisica sia correlata, nelle sue varie densità, e tale per cui in ogni punto del cosmo le proprietà siano le stesse, ripetibili e fenomenologicamente identiche.
Questa materia akasica indifferenziata è collegata a della materia fisica che non ha in prospettiva – nel corso di quel periodo particolare – una proposta evolutiva; o meglio, quella parte di materia fisica collegata alla materia akasica indifferenziata in quel momento interagisce lo stesso, con le stesse leggi naturali con cui interagisce tutta l’altra materia del piano fisico, però attraverso essa non vi è ancora il germe dell’evoluzione verso una forma superiore.
Diciamo che può essere considerata una sorta di dotazione di riserva di materia fisica, necessaria per garantire la coesione delle materie del cosmo e, di conseguenza, del cosmo stesso affinché non vi siano “buchi” nel cosmo. Oppure, in una concezione più ampia, una quantità di materia fisica messa da parte per il momento in cui dell’altra parte di materia akasica comincerà ad evolvere.
Questo non significa che si tratti, comunque e sempre, di materia informe: in realtà la materia indifferenziata è per forza di cose sottoposta alle leggi di aggregazione che sono tipiche del suo piano di esistenza, e l’esigenza che nel disegno del cosmo non ci siano parti a sé stanti, che si discostino dall’unitarietà del tessuto del cosmo, fa sì che essa possa assumere le forme che sono necessarie per mantenere integro il Grande Disegno così come è stato concepito.
Non potete sapere a priori se il sasso che raccogliete sulla sabbia sia collegato a materia akasica in via di evoluzione, e, in quanto tale, conduttore del processo di imprinting per una qualche porzione di massa akasica.





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Tenete presente, però, che, in linea di massima, tutto ciò che cade nella sfera d’influenza diretta dell’essere umano e che viene in qualche modo modificato e manipolato dall’essere umano, in realtà è perché deve subire determinati scontri vibratori in quanto ha necessità di mandare dell’imprinting alla parte akasica a cui è collegato per far partire la sua evoluzione. E, di conseguenza, ha una forte probabilità di non essere costituito da materia indifferenziata.
In termini di quantità numerica, la materia che c’è sui vari piani non si equivale: No, l’ho detto anche prima. Chiaramente, in termini di quantità numerica di unità elementari, quelle del piano fisico sono molto inferiori di numero rispetto a quelle del piano akasico, in quanto molto più grossolane..
Spesso commettete l’errore di pensare al corpo akasico – in generale – come «colui che fa, colui che decide di fare» e via e via e via. Il corpo akasico non decide di fare; riceve la spinta ad andare in una determinata direzione – sempre grazie alla spinta della «vibrazione prima» – quindi, in realtà, chi è che dà l’indirizzo, l’intenzionalità della spinta in cui si deve muovere l’akasico? Non è tanto l’akasico in se stesso, che non ha una volontà propria (per lo meno fino a quando non si arriva a una certa consapevolezza), bensì proprio questa vibrazione primaria.
La materia akasica è collegata fin dall’inizio con tutto il resto della materia, e non può essere che così; però questo non significa che, osservando quanto abbiamo detto in precedenza, tutta la materia del piano fisico del cosmo sia soggetta, in determinati momenti, tutta completamente, a una fase evolutiva.
E’ possibile invece che, pur essendo – come ho detto prima e lo ripeto – collegata a della materia akasica, questa materia akasica indifferenziata non metta in moto, nella materia fisica ad essa collegata, la spinta evolutiva che dia il «la» al processo di quel tipo di materia fisica, a quel tipo di evoluzione della forma, e via e via e via.
Il cristallo – io affermerei, piuttosto imprecisamente – è la prima reazione alla «vibrazione prima» in senso evolutivo; o meglio, il primo attimo in cui da materia indifferenziata si passa a materia in evoluzione. Se dovessi tracciare un confine tra la materia indifferenziata e la materia che, di punto in bianco, grazie all’intenzionalità della «vibrazione prima» incomincia ad evolvere, bene: io direi che quella linea è quella sulla quale sta la prima forma di cristallo; che, quindi, può essere considerata scaturente, conseguente alla diversa vibrazione, diversa intensità o direzione della «vibrazione prima» su quel tipo di materia che, fino a quel momento, restava indifferenziata.





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Ed è questa diversa qualità della «vibrazione prima» quella che induce la creazione della prima forma del cristallo dalla quale poi, un po’ alla volta – attraverso i meccanismi di cui ampiamente e superficialmente abbiamo parlato fino ad ora – si arriverà poi a creare tutte le forme successive: forma vegetale, animale ed umana.
Abbiamo, così, cercato di fornirvi una visione più ampia di ambiente, di definirla e di dettagliarla maggiormente per arrivare a comprendere quali sono gli elementi e i concetti basilari che l’accompagnano. Ma c’è ancora una risposta da dare a quanto potreste domandarvi: anche abbandonando per un attimo questo concetto di «ambiente primario» è chiaro che, all’interno del cosmo, esistono tanti ambienti, ma questi ambienti esistono comunque, al di là del fatto che ci sia qualcuno che li percepisce, oppure no?
Qua vi sono due possibilità, creature. Se il percipiente è qualcuno che percepisce dall’interno del piano fisico (o, perché no, del piano astrale; o, perché no, del piano mentale) certamente colui che percepisce percepisce gli ambienti che cadono sotto le sue capacità percettive, ma è altrettanto vero che esiste – come materia anche quella che non percepisce; perché, se no, bisognerebbe dire che prima che voi percepiste (che so io) le nebulose più lontane, attraverso gli strumenti ottici moderni, allora quelle nebulose prima non esistevano!
Ciò significa che anche quelle porzioni di realtà che non cadono sotto la fascia percettiva del percipiente comunque sia esistono.
Osservando, invece, la questione dal nostro punto di vista, dal punto di vista dell’Insegnamento, se noi vi diciamo che tutto è illusione, che tutto ciò che voi osservate è modificato dalle vostre capacità percettive, dalle vostre possibilità percettive, e non soltanto dai vostri sentimenti, dai vostri desideri, dalle vostre prevenzioni, dal vostro Io insomma … allora, la realtà del cosmo – da quel punto di vista – esiste o non esiste?
Non è possibile, per il momento, dare una risposta accettabile a tale quesito perché, per farlo, è indispensabile conoscere gli elementi che partecipano all’evoluzione della coscienza, primo fra tutti la percezione e la comprensione della realtà interna ed esterna dell’essere umano all’interno di quella meravigliosa e ineguagliabile coreografia che fa da sfondo e da canovaccio all’intera evoluzione della coscienza dell’essere umano.

Scifo





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