IL FARO DEI SOGNI

Epopea di Gilgameš (11) – Le acque della morte

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view post Posted on 31/7/2021, 10:25     Top   Dislike
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Gilgameš prese l’ascia al suo fianco, sfoderò la spada
dalla guaina, s’inoltrò nel bosco e scese incontro alle stele;
come una freccia si buttò tra le stele. Ci fu un boato.
Uršanabi lo vide, prese un’ascia e l’affrontò:
colpì la testa di Gilgameš e gli mise i piedi sul petto.
Infuriato, Gilgameš colpì le stele di pietra e le distrusse,
senza le quali non si possono attraversare le acque della morte.
Uršanabi lo guardò negli occhi e gli parlò: «Dimmi il tuo nome.
Io sono Uršanabi, il barcaiolo di Utnapištim il lontano.
Perché le tue guance sono così emaciate e la faccia stanca?
Perché il tuo cuore è confuso e lo sguardo assente?
Quale angoscia regna nel profondo del tuo essere?».

A lui Gilgameš così parlò, a Uršanabi così rispose:
«Gilgameš è il mio nome. Vengo da Uruk.
Se le mie guance sono emaciate e la mia faccia stanca,
se il mio cuore è confuso e il mio sguardo assente,
se l’angoscia regna nel profondo del mio essere, è perché Enkidu,
l’amico mio, la pantera della steppa, che amo sopra ogni cosa
e che con me ha condiviso ogni sorta di avventure,
ha seguito il destino dell’umanità. Per sei giorni e sei notti
ho pianto su di lui, finché un verme non gli è uscito dalle narici.
Ho avuto paura della morte. La sua sorte pesa su di me:
l’amico mio è diventato argilla, ed io non sono come lui?
Non dovrò giacere anch’io e non alzarmi mai più?
Ora che ho visto la tua faccia, dimmi: qual è la via
per giungere da Utnapištim, indicami la direzione,
qualunque essa sia. Dovessi passare il mare, lo farò».





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view post Posted on 2/8/2021, 10:34     Top   Dislike
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E a lui Uršanabi disse: «Ti mostrerò la via a Utnapištim,
ma tu con le tue mani hai abbattuto le stele di pietra
e le hai buttate nel fiume: quelle stele sono la guida
per attraversare le acque della morte. Ora, dunque,
prendi un’ascia, va’ nel bosco e taglia pali di trenta metri,
spiana i tronchi, applicaci dei pomelli e portali a me».


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Gilgameš prese l’ascia, sfoderò la spada e andò nel bosco:
tagliò i pali, li scortecciò, li spianò, vi applicò dei pomelli
e li portò a Uršanabi. Così si imbarcarono sulla nave,
salparono e si misero in viaggio. In tre giorni
percorsero la rotta di un mese e mezzo, finché giunsero
alle acque della morte. Allora Uršanabi così gli parlò:
«Sta’ indietro, Gilgameš! Sta’ attento che le acque della morte
non ti sfiorino. Prendi un palo e affondalo nell’acqua,
e poi un secondo, e poi un altro ancora». Ma giunto a centoventi,
Gilgameš aveva esaurito i pali. Si slacciò la cintura,
si tolse la veste e se l’avvolse intorno al braccio,
e levò il braccio in modo che facesse da albero della nave.





fonte https://lartedeipazzi.blog/2017/08/01/epop...ue-della-morte/

 
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