| La Salustia e Lo frate 'nnamorato (1732)
Grazie all'ottimo successo del suo Oratorio La conversione e morte di San Guglielmo, nel periodo tra il 1731 e il 1732 Pergolesi ebbe modo di allestire la sua prima opera lirica: il dramma per musica La Salustia, su libretto di anonimo, tratto dall'Alessandro Severo di Apostolo Zeno. Commissionatagli dal Teatro San Bartolomeo di Napoli, ebbe la prima rappresentazione nel gennaio del 1732.[1]
Dal punto di vista musicale si trattò di un'opera decisamente conservatrice, certamente a causa delle pressioni del primo attore, Nicolò Grimaldi, detto Nicolino, cantante di valore, ma anziano e legato alle convenzioni della "vecchia scuola" di autori come Georg Friedrich Händel. La morte del Nicolino a poche settimane dalla prima e la sostituzione col ben più giovane Gioacchino Conti crearono seri problemi all'allestimento e costrinsero, fra l'altro, a riscrivere ben tre volte la sinfonia d'apertura ed a riadattare alcune arie. Queste vicissitudini aiutano a comprendere la sensazione di incompiutezza e di immaturità dell'opera e a giustificare il successo solo parziale che ottenne alla sua messa in scena.
Tutt'altro esito ebbe Lo frate 'nnamorato, una commedia in musica in italiano e in napoletano su libretto di Gennaro Antonio Federico, allestita dal Teatro dei Fiorentini nel settembre 1732, eccezionalmente ripresa, con alcune modifiche dello stesso autore, già due anni dopo per le celebrazioni del carnevale. La commedia, molto applaudita, ebbe un successo straordinario e fu indubbiamente la composizione di maggiore fortuna durante la vita del Pergolesi.[1]
Il 27 ottobre 1732 Pergolesi ottenne l'incarico di organista soprannumerario presso la Cappella Reale.[1] Particolarmente interessante è la relazione sulla sua assunzione, custodita dall'archivio di Stato di Napoli, nella quale si fa riferimento alle enormi aspettative che accompagnavano la sua carriera, al grande successo dell'opera Lo frate 'nnamorato e soprattutto al bisogno che tiene la Cappella Reale de soggetti che compongono sopra il gusto moderno. Il prigionier superbo e La serva padrona (1733)
I drammatici maremoti che colpirono la città di Napoli alla fine del 1732 portarono alla sospensione delle celebrazioni del carnevale nella città partenopea per il 1733 e la stagione dei teatri, che proprio in quel periodo presentava i più ricchi allestimenti, fu cancellata in ossequio al lutto. Proprio a causa di questa tragica sciagura fu commissionata la Messa in Re maggiore, a dieci voci e due cori. Libretto d'epoca de La serva padrona, da rappresentarsi come intermezzo dell'opera seria L'odio vinto dalla costanza
Per poter mettere in scena il suo nuovo lavoro teatrale, Pergolesi dovette attendere la fine dell'estate, in particolare il 28 agosto 1733, in occasione del compleanno dell'imperatrice Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel, anche se per motivi ignoti la prima slittò al 5 settembre. Si tratta de Il prigionier superbo, dramma per musica in tre atti, con libretto derivante da una rielaborazione (forse a cura di Gennaro Antonio Federico) de La fede tradita e vendicata di Francesco Silvani, la cui musica era pronta da quasi un anno. Malgrado la mediocrità della compagnia il successo fu ottimo, tanto da costringere gli impresari a prolungare le repliche, originariamente previste per il solo mese di settembre, fino alla fine del mese di ottobre.[1]
Tuttavia, la fama di queste rappresentazioni non è tanto collegata all'opera principale, quanto alla composizione che veniva eseguita durante gli intervalli: si trattava infatti della celebre La serva padrona, un breve intermezzo buffo in due atti. Questa composizione, di carattere allegro e scanzonato e non priva di malizia, rappresenta situazioni e personaggi caricaturali ma realistici, vicini a quelli della tradizionale commedia dell'arte. Dal punto di vista compositivo rappresenta uno tra i primi esempi della naturale evoluzione del linguaggio musicale barocco precedente. La sua musica apparentemente spontanea e fresca, riflette la società napoletana, venata da uno stile popolare, in cui sono alternativamente presenti motivi spagnoli e scene comiche, così come sentimentali e eroiche. Proprio il grande successo della rappresentazione di questo intermezzo a Parigi nella ripresa del 1752 scatenò una disputa, nota come la Querelle des bouffons, fra i sostenitori dell'opera tradizionale francese, incarnata dallo stile di Jean-Baptiste Lully e Jean-Philippe Rameau, e i sostenitori della nuova opera buffa italiana fra cui alcuni enciclopedisti (in particolare Jean Jacques Rousseau, anch'egli compositore). La disputa divise la comunità musicale francese e la stessa corte (con la regina che si schierò a fianco degli "italiani"), per due anni, e portò ad una rapida evoluzione del gusto musicale del paese transalpino verso modelli meno schematici e più moderni.
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