| Eredi dello gnosticismo e dell'umanesimo
Non altro inculcano pure le vantate parentele ideologiche tra la Massoneria e altre correnti di pensiero notoriamente anticattoliche, perché impregnate di spirito naturalistico, di razionalismo, di fede cieca nella ragione, ritenuta capace non solo di toccare, con le sue sole forze, le soglie gran maestro della massoneriadel divino, ma di entrare in intima comunione con esso. Per il suo contenuto iniziatico, la Massoneria si sente, anzitutto, continuatrice dell'antico e del moderno gnosticismo 43, non inteso nel significato ristretto con cui si designa la sètta religiosa aberrante dal ceppo del cattolicesimo, ma in quello più vero e proprio di «"Gnosis", Conoscenza» 44, che sarebbe prezioso «appannaggio degli iniziati» e «si oppone alla pistis, credenza» o fede, la quale resta, invece, «destino dei semplici fedeli» 45. «La sola Massoneria possiede la vera religione: lo gnosticismo», attraverso il quale lo spirito umano penetrerà i misteri dell'iniziazione, «in virtù di meditazioni personali non vincolate da dogmi» 46. Più insistenti sono i richiami all'Umanesimo rinascimentale 47, considerato unicamente sotto quell'aspetto che essi stimano «più evoluto», perché imbevuto di naturalismo e perciò «nemico mortale» del cristianesimo 48, anche in quanto è erede di tutti gli antichi fermenti autonomistici della ragione umana in opposizione alla fede, precursore di tanti moti di ribellione alla Chiesa e interprete di essi nel mondo moderno 49. Un intero volume è dedicato a dimostrare che la Massoneria vi affonda talmente le radici da formare un «tutt'uno, caratterizzando l'Umanesimo le idee fondamentali della Massoneria», alla quale continuano a far capo i rappresentanti del moderno naturalismo 50. Un terzo legame di parentela la Massoneria lo ritrova nell'Illuminismo e nel razionalismo del sec. XVIII, che essa «sviluppa e potenzia» quale «scintilla di una nuova fede, di un nuovo culto [...] che affrancò per la prima volta [...] l'idea che gli uomini, liberati moralmente dal passato, sciolti cioè dalla soggezione e dall'autoritarismo religioso, avrebbero trovato nel sapere le basi di una nuova autorità capace di governarli» 51. Si comprende, ora, con quale armamentario dottrinale la Massoneria si vanti di essere sempre in prima linea per rintuzzare ogni attentato «all'indipendenza della ragione» e correre «contro tutti i preti di tutte le idolatrie [...], dovunque la ragione ha lottato contro la superstizione» 52.
E comprendiamo pure il movente per cui esalta incessantemente, come «degni di ammirazione e di gratitudine», quei campioni dell'insofferenza alla Chiesa, dell'eresia, del libero pensiero anticattolico, dell'anticlericalismo antico e moderno: Lorenzo Valla (1405-1457), Erasmo da Rotterdam (1466-1536), Miguel de Molinos (1628-1696), Arnaldo da Brescia (1090-1155), Martin Lutero (1483-1546), Jan Huss (1371-1415), Voltaire (1694-1778), Cagliostro (1743-1795), «martire della Massoneria», Le Roy, Buonaiuti, Giuseppe Garibaldi (1807-1882), Giuseppe Mazzini (1805-1872), Giovanni Bovio (1837-1903)... 53. Speciale predilezione si mostra per Giordano Bruno (1548-1600), «assetato insaziabile del divino, panteista mistico in furore del bello e del buono, veggente inebriato di Dio [...] grande martire del dogma e della scienza», venuto «a contrapporre la verità a tutte le fedi», e che «la Chiesa traviata di Roma, ormai irriducibile nemica di ogni luce e di ogni lume spirituale, immolò sul rogo» 54.
lorenzo valla erasmo da rotterdam miguel de molinos Lorenzo Valla
E. da Rotterdam Miguel de Molinos arnaldo da brescia martin lutero jan huss Arnaldo da Brescia Martin Lutero Jan Huss giuseppe balsamo - cagliostro giovanni bovio giordano bruno Cagliostro Giovanni Bovio Giordano Bruno
Il culto della libertà
L'ammirazione sconfinata per la potenza della ragione trova riscontro in un vero culto della libertà, esaltata come «il primo degli ideali massonici», «essenza stessa della Massoneria, dono divino [...] intangibile e sacrosanto [...], raggio così luminoso che nessun potere ha il diritto di spegnere o di offuscare», e la cui difesa impegna tutti e ciascuno 55. Ciò porta ad escludere perfino la possibilità di un'autorità divina, o tale che ci parli in nome di Dio, e a cui l'uomo ragionevolmente ubbidisca. Ammettendo il principio che «la libertà è costituita dalla pienezza della ragione» assolutamente autonoma 56, ne segue che essa non solo «non ha bisogno di alcuna costrizione esterna», ma non può neanche ammetterla 57.
Agire liberamente, allora, significherà: ubbidire solo alla propria ragione 58; e l'adepto, reso consapevole del suo «diritto indiscutibile alla libertà di coscienza e di pensiero», è in grado di conquistare uno «stato permanente di vera e assoluta libertà» 59. Libertà di pensiero, anzitutto, immutata eredità dell'insegnamento massonico, che comprende «libertà dello spirito, del giudizio, della critica; indagine razionale senza limiti, che autogiustifica i proprî principî» e che nel campo religioso si enuncia come «libertà di tutti i culti e di tutte le fedi, e si risolve in quella di pensare e di credere secondo la propria ragione e la propria coscienza», già «libera da dogmi scientifici e religiosi» 60. Né si ammette che un'autorità superiore assista lo studioso per preservarlo da possibili errori e deviazioni, specialmente nel campo della fede: «Nessuna larvata o esplicita coartazione si eserciti dalle confessioni (intendi religioni) sull'intelletto, sul lavoro e sulla coscienza dell'uomo di scienza [...]. L'uomo di sapere [...] deve incitare i suoi simili alla critica che li salvi dalla pressione esercitata dai miti [...] religiosi», attendendo «le proprie conquiste dall'indagine spregiudicata e sciolta da ogni vincolo di postulato e di dogma» 61.
E se la Chiesa esorterà di fatto gli studiosi a non perdere di vista le verità indiscutibili della fede nel corso delle loro indagini e nella formulazione di nuove ipotesi 62, vedremo che anche i sedicenti filocattolici non esitano a definire il solenne atto di Magistero «un capolavoro della sofistica classica che caratterizza la Chiesa romana», tale da costituire un nuovo «pericolo enorme [...] per le forze religiose del mondo» 63. «Assoluta libertà di coscienza» 64: libertà morale, cioè, di aderire a qualsiasi religione o a nessuna di esse.
Frutto, questo, del razionalismo e del relativismo professato: «La libertà di coscienza non è soltanto un diritto naturale risultante dal libero arbitrio, ma è pure una conseguenza logica e necessaria dell'impotenza che abbiamo di rappresentarci l'Assoluto, tranne che con simboli inadeguati e perfettibili» 65. In queste parole appare non solo confusione tra libertà fisica (diritto alla non costrizione della coscienza) e libertà morale (quasi che fosse indifferente aderire o respingere la verità), ma anche l'esplicita esclusione di ogni altro criterio di verità (rivelazione e Magistero della Chiesa), atto a confortare la debolezza del nostro intelletto nei suoi contatti col divino.
Spingere, quindi, l'uomo «verso l'emancipazione delle coscienze da ogni giogo morale; verso la libertà del pensiero e delle credenze religiose»; costituirlo «non schiavo dei dogmi, non pauroso dell'al di là, ma sicuro del proprio destino e pronto a compiere il proprio dovere»; svincolarne «l'intelligenza e la libertà uccisa dall'ignoranza, dalla superstizione e dal dispotismo»: ecco le mète luminose della sètta 66. C'è un avversario, contro le «continue aggressioni», davanti al quale bisogna «rimanere fermi e impavidi, non inerti»: è il cristianesimo, «il più feroce nemico di quest'unico tesoro di cui è dotato l'uomo», la libertà della ragione 67. Si tenga perciò avvertito il massone che, all'interno della sètta, deve riconoscere «il dovere come una necessità assoluta, dinanzi alla quale ogni libertà scompare, ogni debolezza è colpa (avendo) giurato fedeltà al dovere, qualunque esso sia» 68.
Se poi si tratta di un cattolico, rispetti pure la sua Chiesa, ma «senza che ciò debba implicare l'asservimento spirituale e la persecuzione (cioè il ripudio) del libero pensiero», perché «porre al di sopra del libero arbitrio le imposizioni della Chiesa» sarebbe esporsi al pericolo di «dichiararsi pronto ai peggiori tradimenti, quando Roma comandasse lo spergiuro», cioè la inadempienza di un comando contrario alla coscienza cattolica 69. Ma non ci si illuda, giova ripeterlo, di essere un buon mas-sone fin quando si aderisce alla fede, poiché «non esiste libertà di pensiero per chi sia disposto ad accettare i vincoli di ossequio ad affermazioni di principî dogmatici, che tendono a sottrarre al controllo più ampio della ragione umana, nonché all'indagine scientifica, i personali convincimenti» 70.
Non è difficile scorgere in queste posizioni la profonda impronta di quello spirito che sottopone religione e morale al libero esame, rigettando, in pratica, non solo la divina autorità della Chiesa, ma la stessa rivelazione 71: «La fede massonica - è detto - è basata sulla Ragione: noi crediamo perché vediamo, perché udiamo, perché comprendiamo [...]. La Natura rivela alla ragione tutto ciò che si deve credere e sperare» 72. Come si può restare volontariamente in questa atmosfera avvelenata, e professare quei principî, i quali, ignorando l'equilibrata soluzione della dottrina cattolica 73, incoraggiano ragione e libertà a sfrenata indipendenza, come se al disopra di loro Dio non esistesse e non avesse parlato, manifestandoci la sua volontà? Ancora una volta, quindi, bisogna ribadire l'impossibilità di un ibrido connubio. E se ne convincerà ancora di più il lettore quando approfondiremo le ovvie conseguenze che scaturiscono da questi pilastri ideologici fondamentali di cui va orgogliosa la Massoneria.
fonte www.centrosangiorgio.com/index.htm
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