Bizantini e Longobardi
La dominazione gota terminò brutalmente a metà del VI secolo a seguito dell'invasione delle armate bizantine guidate dal generale Belisario.
Il 13 agosto 554, l'imperatore Giustiniano promulgava la Prammatica Sanzione con cui decretava la riunificazione all'impero della Prefettura d'Italia, anche se permanevano alcune sacche di resistenza.
Tra queste, Verona resistette per due anni all'assedio bizantino, cadendo infine il 20 luglio 555 nelle mani di Narsete, succeduto a Belisario.
Il 29 luglio 563 la città si ribellò al dominio imperiale, ma venne duramente sottomessa.
Appena nel 568 d.C., però, con la ben più formidabile e corposa invasione dei Longobardi - descritta da Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum -, venne sottratta al dominio imperiale buona parte dell'Italia settentrionale.
Verona, indifesa, venne occupata ed eletta a capitale sino al 571.
In Veneto, a seguito dell'invasione, venne a crearsi una netta separazione tra la zona continentale, sotto il dominio longobardo, e quella costiera, ancora dipendente dall'Impero bizantino.
Contemporaneamente, lo scisma tricapitolino provocava un'ulteriore frattura anche in campo religioso, destinata a durare per tutto il secolo successivo.
Le terre venete appartenenti al nuovo regno longobardo vennero divise tra i ducati, di Vicenza, Verona e Ceneda, appartenenti all'Austria.
Il tessuto sociale della Terraferma conobbe un rapido declino; una certa continuità della vita cittadina fu garantita dai vescovi, divenuti riferimenti autorevoli in campo morale, culturale e sociale.
La zona bizantina venne invece dapprima unita nel 580 ai superstiti territori settentrionali nel costituire l'eparchia Annonaria, per essere poi resa nel 584 provincia autonoma dipendente dall'Esarcato d'Italia col nome di Venezia marittima (o Venetikà).
Dall'entroterra le autorità politiche e religiose romano-venete, assieme a parte delle popolazioni, trovarono rifugio nei centri lagunari di Grado, Caorle, Eraclea, Torcello, Malamocco, Rialto, Olivolo, Chioggia, oltre alle oggi scomparse Ammiana e Costanziaco, che già da un secolo avevano iniziato a svilupparsi.
Queste terre andarono quindi a costituire, nel 697, durante il regno dell'imperatore Leonzio, il ducato di Venezia.
Vi sorsero fondazioni monastiche legate o dipendenti dall'abbazia di Bobbio che crearono le basi per lo sviluppo dell'agricoltura, con la diffusione di vigneti, castagneti, oliveti, mulini e frantoi.
Si riaprirono le vie commerciali e di comunicazione: olio, sale, legname, carne, ecc. Fra queste il grande Piorato di San Colombano di Bardolino, con il territorio del lago di Garda, dei fiumi Adige, Mincio, la zona della Valpolicella e del veronese, fra le varie produzioni vitivinicole e di olio del territorio monastico si distinguevano anche le peschiere del Garda, il cui pesce veniva commercializzato grazie alla conservazione sotto sale e olio.
A definire la separazione anche formale fra i due mondi (seppur una forte osmosi continuò sempre ad esistere) occorse la definizione dei confini (terminatio) fra il Ducatus Venetiarum e il Regnum Langobardorum, siglato dal re Liutprando e dal primo doge Paoluccio Anafesto.
Nel frattempo all'interno del giovane ducato, la crescente pressione longobarda e le feroci lotte intestine scatenatesi tra la capitale Eracliana e la vicina Equilio portarono al trasferimento a Metamauco della sede ducale.
Contemporaneamente, col declinare del controllo bizantino sull'Italia, il territorio lagunare assunse caratteri sempre maggiori di indipendenza dal potere centrale, fino a che, con la conquista longobarda di Ravenna nel 751, la dipendenza politica da Bisanzio divenne poco più che formale.
Segue