| Il culto degli yaksha sembra si incentrasse sui bisogni giornalieri (secondo l’interpretazione che li accomuna ai culti degli antenati), ed, essendo questi spiriti sia benevoli che maligni, venivano loro offerti sacrifici sia per ingraziarsene i favori che per placarli e allontanare apotropaicamente il male. Così come nei culti asiatici degli antenati, non veniva posta enfasi alcuna su un "quadro generale" circa la provenienza dell’uomo, il suo scopo o la sua escatologia; a queste domande rispose, fornendo in ciò precedente contenutistico agli altri tre, il primo Veda — il cui nome Rig Veda sta per "Conoscenza sapienziale", "Versi di conoscenza" o, letteralmente, "Lodi/Inni della conoscenza". I Veda
Come detto, i seguaci del Sanātana dharma (l'Induismo) credono che i Veda siano sempre esistiti. Gli studiosi Forrest E. Baird e Raeburne S. Heimbeck commentano:
Tra i tanti loro testi sacri, gli induisti riconoscono origine sovrannaturale unicamente ai Veda; è credenza solo questi quattro testi rivelino la conoscenza essenziale della vita — una sapienza che essi ritengono eternamente esistita in forma di vibrazioni risuonanti attraverso l’universo. Queste increspature sarebbero rimaste inascoltate e non rilevate fino a che saggi indiani dotati d’udito spirituale non le hanno colte e riformulate nella Lingua sanscrita, fin da 3200 anni fa.
I Veda, dunque, sono ritenuti riprodurre l’esatto suono dell’universo stesso dal momento della creazione in avanti, e prendono la prevalente forma di inni e canti. Chi recita i Veda sarebbe letteralmente partecipe della canzone creatrice universale dalla quale tutte le cose visibili e invisibili nacquero all’inizio dei tempi. Il Rig Veda imposta criterio e stile poi sviluppati da Sama Veda e Yajur Veda, mentre l’ultimo testo, l’Atharva Veda, pur sviluppando una sua visione informata dai lavori precedenti, imbocca un percorso originale.
Il Rig Veda è l’opera più antica e comprende 10 libri (noti come mandala) di 1028 inni composti da 10.600 versi complessivi. Essi esplicano la pratica cultuale precisa, traendola dalle vibrazioni universali colte dai primi saggi — ma si pongono anche delle domande fondamentali circa l’esistenza. Il Koller commenta:
I pensatori vedici si posero delle domande circa sé stessi, il mondo che li circondava e il loro posto in esso. - Che cos’è il pensiero? - Quale ne è la fonte? - Perché spira il vento? - Chi ha posto il sole, emanatore di calore e luce, nel cielo? - Come rinnovare la propria esistenza e diventare “interezza”? Domande di come, cosa e perché che sono al principio di una riflessione filosofica.
Questa riflessione filosofica caratterizza l’essenza dell’Induismo, colto nella messa in dubbio dell’esistenza personale quale avanzamento/liberazione dalla vita dei bisogni basilari verso quella dell’autorealizzazione in unione col Divino. Il Rig Veda incoraggia questo genere di interrogativi attraverso inni a varie divinità, in particolare Agni, Mitra, Varuna, Indra, e Soma — i quali sarebbero successivamente stati interpretati come avatara (incarnazione, apparizione, emanazione) dell’Anima suprema del cosmo, Prima causa e fonte dell’esistenza, il Brahman. Secondo alcune scuole di pensiero indù, i Veda vennero composti dal Brahman, il cui canto fu poi captato dai saggi.
Il Sama Veda ("Sapienza melodica/della melodia" o "Conoscenza del canto") è una raccolta di composizioni liturgiche, inni e testi destinati al canto. Il contesto è quasi interamente derivato dai Rig Veda, e, come osservato da alcuni studiosi, esso ne è fonte testuale rimodulata in accordo con la resa musicale. Comprende 1549 versi divisi in due sezioni: gana (melodie) e arcika (versi). È opinione che le melodie venissero accompagnate da danza, a mo’ di elevazione spirituale. Lo Yajur Veda consiste in recitazioni, formule d’adorazione, mantra e canti direttamente correlati al rito SACRIFICALE.
Lo Yajur Veda ("Sapienza dell’adorazione" o "Conoscenza rituale") consiste in recitazioni, formule d’adorazione, mantra e canti direttamente correlati al rito sacrificale. Come per il Sama Veda, il contenuto è derivato dal Rig Veda, ma i suoi 1875 versi si focalizzano piuttosto sulla liturgia delle cerimonie religiose. Esso è generalmente considerato constare di due "sezioni" — non vere e proprie parti distinte ma due diverse caratterizzazioni dell’insieme testuale: lo "Yajur Veda nero", i cui passi sono poco chiari o esposti male; e lo "Yajur Veda bianco", i cui versi sono più chiari e l’esposizione lineare.
L’Atharva Veda ("Conoscenza di Atharvan") differisce significativamente dagli altri tre in quanto concerne formule magiche per fugare spiriti maligni e pericoli, canti, inni, preghiere, rituali di iniziazione, cerimonie matrimoniali e funebri, e osservanze religiose giornaliere. Il nome deriverebbe dal noto sacerdote, presunto guaritore e innovatore religioso Atharvan. È opinione il testo sia stato composto da una sola persona (magari lo stesso Atharvan, quantunque questa filiazione non è dimostrata) o da più individui, allo stesso tempo del Sama Veda e dello Yajur Veda — tra il 1200 e il 1000 AEC circa. Esso comprende 20 libri e 730 inni, alcuni dei quali ispirati al Rig Veda. La natura del testo, e il lessico e le forme adoperate hanno spinto alcuni teologi e studiosi a rigettarne l’autenticità; oggi non è accettato da tutte le sette indù a cagione del contenuto incentrato su conoscenze successive "ricordate" e non la primordiale conoscenza "udita".
Incorporati in ognuno dei testi sono gli Aranyaka, i Brahmana, le Samhita, e le Upanishad, da considerarsi quali glosse, estensioni e commentari al testo vero e proprio.
Le Upanishad sono considerate la "fine dei Veda", così come dalle parole di conclusione. Il termine significa "sedersi vicino", così come uno studente al maestro, onde ricevere informazioni non intese per il resto della classe. Le Upanishad in ogni Veda commentano il testo o lo illustrano attraverso dialoghi e narrazioni che chiariscono passaggi o concetti ardui od oscuri.
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