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| Opere
Di Quintiliano è andato perduto un trattato, De causis corruptae eloquentiae, così come le Artes rethoricae, una sorta di dispense. Spurie le due raccolte di "declamazioni" ("maiores" e "minores"). Per la sua professione d'avvocato, dovette anche scrivere delle orazioni, andate perdute, delle quali si conosce la buona opinione che si erano guadagnate presso i contemporanei. Institutio oratoria Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Institutio oratoria.
Il suo capolavoro - dedicato all'amico Marco Vitorio Marcello, funzionario della corte di Domiziano, per l'educazione del figlio Geta è l'Institutio oratoria (90-96 d.C.), cioè "la formazione dell'oratore" e del futuro uomo politico, che compendia l'esperienza di un insegnamento durato vent'anni (dal 70 al 90 ca). Scopo di quest'opera è fungere da manuale per coloro che vogliano impegnarsi nell'ars oratoria ma la Institutio oratoria è anche un trattato denso di insegnamenti pedagogici e suggerimenti didattici.
Qui propone una pedagogia illuminata e innovativa, correggendo il modello tradizionale. Per esempio è contrario alle punizioni corporali, considerandole controproducenti al processo educativo. Poi ha una attenzione particolare nei confronti delle inclinazioni personali e proprie del bambino.
La pedagogia si basa su un processo sistematico, che non si sviluppa per "assaggi" o frammenti ma si basa su una programmazione ben precisa e congegnata, per questo definita "enciclopedica", che punta cioè alla formazione generale dell'allievo. È un metodo graduale, che procede dal più semplice al più complesso, dal generale alla definizione e continuo perché non ha un inizio e una fine ma dovrebbe durare tutta la vita.
In questo lavoro interagiscono, oltre che l'educatore, l'alunno stesso, la scuola (che è una sorta di piccola società), la famiglia. Quintiliano riconosce nella figura materna un ruolo fondamentale nella formazione del bambino: la madre, nei primi anni di vita del figlio, deve impegnarsi il più possibile a parlar bene, in modo corretto, per far sì che non si creino lacune a livello linguistico già in tenera età. È concezione rivoluzionaria per certi punti di vista, in quanto la figura della donna era poco considerata, per quanto concerne questi compiti.
È definita una pedagogia perfettiva: Quintiliano pensa e crede che ogni bambino possa diventare come Alessandro il Macedone, cioè la perfezione. Una figura da ammirare, per le sue gesta e soprattutto perché fu allievo di Aristotele (uno dei punti di riferimento di Quintiliano). Seneca invece criticò questo aspetto, perché riteneva l'immagine di Alessandro Magno totalmente immorale, spregiudicata, diseducativa, un brutto esempio da seguire in quanto il peggior modello di persona e di condottiero.
È una pedagogia della parola: vero che afferma che il bambino possa diventare tutto ciò che desideri, qualsiasi tipo di persona, però l'obiettivo finale della pedagogia proposta da Quintiliano è quella di formare il perfetto oratore.
Il testo integrale dell'opera, conosciuto solo in parte nel Medioevo, si deve alla scoperta di Poggio Bracciolini[2].
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