IL FARO DEI SOGNI

Tanzania

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La Tanzania (AFI: /tanʣaˈnia/ o /tanˈʣanja/[6]), formalmente Repubblica Unita di Tanzania (in swahili Jamhuri ya Muungano wa Tanzania; in inglese United Republic of Tanzania) è uno Stato dell'Africa orientale. Confina a nord con Kenya e Uganda, a ovest con Ruanda, Burundi e Repubblica Democratica del Congo, e a sud con Zambia, Malawi e Mozambico. A est è bagnata dall'Oceano Indiano. Dar es Salaam è la città più grande ed è stata la capitale fino agli anni settanta. Il trasferimento delle funzioni amministrative nella nuova capitale designata Dodoma, posta nel centro della Tanzania, non è stato ancora completato.

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L'area fu colonia dell'Impero tedesco a partire dal 1885 con il nome di Africa Orientale tedesca (Deutsch-Ostafrika). Fu poi occupata dal Regno Unito durante la Prima guerra mondiale e integrato nell'Impero britannico prima come mandato della Società delle Nazioni (dal 1922 al 1946) e poi come amministrazione fiduciaria delle Nazioni Unite (dal 1946 al 1961) con il nome di Territorio del Tanganica (Tanganika Territory); Il paese ottenne poi l'indipendenza il 9 dicembre 1961 come Reame del Commonwealth, trasformandosi in repubblica l'anno successivo.

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Etimologia

Il nome "Tanzania" è una parola macedonia nata dalla fusione di "Tanganica" (nome dell'amministrazione fiduciaria britannica che corrisponde alla Tanzania continentale) e "Zanzibar"; fu adottato quando i due soggetti si unirono nel 1964.

Il nome "Tanganyika" deriva dalle parole swahili tanga, "navigare", e nyika ("pianura disabitata", "landa desolata") e si riferiva originariamente al lago Tanganica. Il nome di Zanzibar viene, invece, da zengi, il nome della popolazione locale (per intendere "nero"), e dal suffisso persiano bār, che significa "costa" o "riva".


Makonde_carving_1


Storia



Preistoria

In Tanzania sono stati ritrovati alcuni dei più antichi reperti fossili umani. La Gola di Olduvai, in particolare, è stata resa celebre dagli scavi di Louis Leakey e altri.

Si ritiene che circa 10.000 anni fa la Tanzania fosse abitata da una popolazione nativa di cacciatori-raccoglitori di ceppo linguistico khoisan. Intorno a 5.000 anni fa immigrarono nella regione gruppi di lingua cuscitica, che introdussero l'agricoltura e l'allevamento. In tempi ancora più recenti la Tanzania fu colonizzata dai bantu provenienti dall'Africa occidentale (Nigeria-Camerun), che oggi costituiscono il gruppo etnico principale.

KangaSiyu1

Arabi e Persiani

All'inizio del II millennio d.C. sulle coste della Tanzania sull'Oceano Indiano iniziarono a nascere insediamenti commerciali persiani e arabi. Poi l'interscambio culturale fra Arabi e bantu contribuì in gran parte a formare la cultura odierna della regione, e tra l'altro influenzò profondamente la lingua swahili, oggi lingua ufficiale della Tanzania. Il commercio di risorse provenienti dall'entroterra africano (avorio, oro e in seguito anche schiavi[7]) consentì agli insediamenti arabo-persiani di fiorire, trasformandosi in vere e proprie città, come Kilwa; complessivamente, questa epoca di grande sviluppo viene ricordata con il nome di epoca shirazi ("epoca persiana"). I rapporti fra bantu e arabi continuarono a essere determinanti per la costa della Tanzania orientale per gran parte del millennio. Nel 1840 Zanzibar divenne capitale di un potente sultanato, legato a quello dell'Oman. Gli arabi portarono in Africa orientale la loro cultura, il loro alfabeto, la loro letteratura, l'Islam e coltivazioni come i chiodi di garofano.

NgareSero


Le grandi esplorazioni


Gli europei, e in particolare i Portoghesi, tentarono una prima colonizzazione della costa orientale dell'odierna Tanzania verso l'inizio del XVI secolo, venendo poi scacciati dagli Arabi. L'interesse dell'Europa si riaccese solo verso il XIX secolo. I buoni rapporti fra il sultanato di Zanzibar e l'Europa consentirono a esploratori tedeschi, britannici e di altre potenze europee di dare vita a una serie di missioni esplorative nell'entroterra africano a partire dalla costa orientale. Nel 1848 il tedesco Johannes Rebmann fu il primo europeo a vedere il Kilimangiaro; nove anni dopo, Richard Francis Burton e John Speke giunsero sulle sponde del Lago Tanganica. Fu anche in questo periodo che David Livingstone intraprese le sue celebri missioni alla ricerca delle sorgenti del Nilo. Agli esploratori seguirono i missionari.



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Africa Orientale Tedesca


Verso la fine del XIX secolo le diverse potenze europee iniziarono a consolidare le proprie posizioni nell'area in ottica coloniale. Nel 1884 il tedesco Karl Peters convinse diverse tribù della regione dei Grandi Laghi ad accettare l'autorità della Germania, e dopo la Conferenza di Berlino del 1885 l'odierna Tanzania continentale (insieme con gli attuali Ruanda e Burundi) divenne formalmente Africa Orientale Tedesca. Nel 1890 venne firmato il Trattato di Helgoland-Zanzibar, con il quale Zanzibar diventava protettorato britannico.

L'amministrazione tedesca portò un periodo di grande sviluppo, costruendo infrastrutture e introducendo nuovi tipi e nuove tecniche di coltivazione; allo stesso tempo, essa fu anche estremamente rigida nei confronti della popolazione locale, soffocando nel sangue diversi tentativi di rivolta fra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo.

Alla fine della prima guerra mondiale, l'Africa Orientale Tedesca fu occupata dagli inglesi, dopo un lungo periodo di guerra e guerriglia.
Tanganica

Al termine della grande guerra, la Lega delle Nazioni assegnò al Regno Unito gran parte dell'ex Africa Orientale Tedesca con il nome di Tanganica. Il mandato britannico fu trasformato in amministrazione fiduciaria nel 1946. Dopo la seconda guerra mondiale, comunque, iniziò il processo che avrebbe portato all'indipendenza. Fra i principali attori di questo processo ci fu il movimento politico Tanganyika African National Union (TANU), fondato da Julius Nyerere.
Indipendenza e nascita della Tanzania

Nel 1961 il Tanganica ottenne l'indipendenza dal Regno Unito, sotto la guida del TANU di Nyerere. Il Tanganica divenne repubblica ed entrò nel Commonwealth nel 1962. Nel 1963 anche Zanzibar ottenne l'indipendenza, e l'anno successivo il TANU e l'Afro-Shirazi Party (ASP), il partito di governo di Zanzibar, decisero di unire i rispettivi paesi in una repubblica federale, dando vita all'odierna Repubblica Unita di Tanzania.
Ujamaa ed evoluzione politica
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Ujamaa.

Sotto l'amministrazione di Nyerere, la Tanzania assunse inizialmente un assetto politico ed economico basato su una forma di socialismo agricolo chiamato ujamaa. La costituzione della Tanzania venne modificata nel 1965 per formalizzare la situazione de facto del paese, ovvero l'egemonia di un unico partito politico, il Chama Cha Mapinduzi (CCM) nato dalla fusione di TANU e ASP. Nel 1979 la Tanzania fu coinvolta nella guerra con l'Uganda di Idi Amin. All'inizio degli anni novanta, il presidente Ali Hassan Mwinyi, succeduto a Nyerere, intraprese una serie di profonde riforme del paese, abbandonando gradualmente l'impianto socialista dell'Ujamaa e introducendo il multipartitismo. Le successive consultazioni elettorali confermarono comunque il CCM stabilmente al governo del paese, pur con qualche contestazione; in particolare, nel 2001 il risultato delle consultazioni politiche dell'anno precedente portò a un periodo di scontri fra la polizia e movimenti indipendentisti di Zanzibar. Ben più problematiche le elezioni del 2010.



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Popolazione

Demografia

Nel 2012 (data dell'ultimo censimento) la popolazione stimata era di 44.928.923 abitanti[2], con un tasso di crescita annuo intorno al 2%. La distribuzione della popolazione è molto eterogenea, con densità variabili da 1 persona per chilometro quadrato nelle regioni aride, a 51 per chilometro quadrato sugli altopiani umidi, fino ai 134 per chilometro quadrato dell'isola di Zanzibar[12]. Quasi l'80% della popolazione è rurale. Dar es Salaam è la più grande città ed è la capitale commerciale; Dodoma, che si trova nel centro della Tanzania è sede del Parlamento e (almeno ufficialmente) la capitale amministrativa.

La popolazione è costituita da più di 120 differenti etnie, di cui i Sukuma, i Nyamwezi, gli Hehe-Bena, i Gogo, gli Haya, i Makonde, i Chagga e i Nyakyusa composti da almeno 1 milione di persone. Altri gruppi minoritari comprendono Pare, Shambaa (o Shambala) e Ngoni. La maggior parte dei Tanzaniani, tra cui ad esempio i grandi gruppi etnici dei Sukuma e dei Nyamwezi, sono popoli bantu (almeno dal punto di vista linguistico). Tra i popoli nilotici si includono i nomadi Maasai.

La popolazione comprende anche Arabi, Indiani, Pakistani, e piccole comunità europee e cinesi. Nel 1994, la comunità asiatica ammontava a 50.000 abitanti nella Tanzania continentale e a 4.000 a Zanzibar, ma poi è molto cresciuta. Si stimano circa 70.000 arabi e 10.000 cittadini europei residenti in Tanzania[13].

Come gran parte dei Paesi africani, la Tanzania è afflitta dall'epidemia dell'AIDS. I dati ufficiali indicano il 7% della popolazione adulta, con una forte penetrazione nella classe d'età tra i 20 e i 34 anni.

La Tanzania è nota anche per l'alta incidenza di condizioni genetiche ereditarie come l'albinismo. Secondo le ultime stime, questa anomalia genetica colpisce un tanzaniano su 1.400[senza fonte]; ciò è attribuito dagli esperti alla grande diffusione di matrimoni tra consanguinei che avvengono soprattutto nelle zone rurali più remote del paese. Oltre ad evidenti problemi di salute, l'albinismo costituisce anche un grave problema sociale: credenze popolari, diffuse in molte parti dell'Africa Sub-sahariana, attribuiscono alle parti del corpo degli albini poteri taumaturgici e gli "stregoni" locali se ne servono per preparare pozioni poi rinvendute a caro prezzo.



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Religioni


A livello religioso, secondo i dati CIA[14], i cristiani (cattolici e protestanti quasi in pari numero) costituiscono il 35% della popolazione, seguiti dai musulmani (35%) e dai seguaci delle religioni tradizionali (ridotti al 30%). A Zanzibar prevalgono invece nettamente i musulmani (99%), seguiti dai cristiani (1%). Tuttavia un recente studio dello statunitense United States Bureau of Democracy, Human Rights, and Labor per il 2009 suggerisce che ormai il 62% della popolazione sia cristiana, con un 35% di musulmani e 3% di altre religioni[15].
Lingue

La lingua ufficiale nazionale è lo swahili (della sottofamiglia delle lingue bantu), mentre come seconda lingua si usa l'inglese.
Etnie

Ci sono circa 125 etnie. La maggioranza degli abitanti appartiene a etnie di ceppo bantu, come sukuma, nyamwezi, hehe-bena, gogo, bahaya, makonde, chagga, ha e nyakyusa. Fra le etnie nilotiche si trovano i nomadi masai e i luo; entrambi i gruppi sono presenti numerosi nel confinante Kenya. Gruppi che parlano lingue cuscitiche risiedono specialmente nella Regione del Manyara. Due piccole tribù aborigene appartengono alla famiglia khoisan. Ogni gruppo etnico ha la propria lingua, ma la lingua nazionale è lo swahili, una lingua di origine bantu, con forti influenze arabe ed ora inglesi.

La maggior parte della popolazione dell'isola di Zanzibar è originaria della terraferma tranne un gruppo, gli shirazi, le cui origini sono state fatte risalire ai primi coloni persiani dell'isola. Ma quasi tutti hanno una forte percentuale di sangue arabo.

I residenti non africani della terraferma e di Zanzibar costituiscono l'1% della popolazione e sono costituiti soprattutto da indo-pakistani, arabi ed europei.
Salute

In Tanzania, il tasso di mortalità nei primi 5 anni di vita nel 2006 era di 118 ogni 1.000. La speranza di vita alla nascita nel 2006 era di 50 anni[16] Negli adulti tra i 15 e i 60 anni il tasso di mortalità nel 2006 era di 518 su 1.000 maschi e 493 su 1.000 femmine[16].

La causa principale di morte nei bambini che sopravvivono al periodo neonatale è la malaria[17], per gli adulti è l'AIDS[17]. Altre cause di morte nei bambini sono la polmonite e la diarrea.[senza fonte]

Dati del 2006 mostrano che il solo il 55% della popolazione aveva accesso a fonti di acqua potabile e il 33% aveva accesso a servizi igienici adeguati[16].



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Economia

Il reddito annuo pro capite nel 2012 è di circa 629$ (nominali)[4]. Il 60% della popolazione è privo dell'elettricità e il 40% dell'acqua potabile. Negli ultimi anni si è tuttavia registrata una crescita contenuta ma costante permessa dalla stabilità politica.

L'economia dipende in gran parte dall'agricoltura, che pesa per circa 60% del PIL, costituisce l'85% delle esportazioni e impiega l'80% della forza lavoro. Le condizioni geografiche e climatiche limitano i campi coltivati al 5% del territorio. L'industria pesa circa il 10% del PIL ed è prevalentemente limitata alla trasformazione dei prodotti agricoli. La Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e bilateral donors hanno fornito fondi per risollevare la deteriorata infrastruttura economica della Tanzania. Le grandi risorse naturali come giacimenti d'oro e i parchi nazionali non sono sfruttate appieno e generano poco reddito. La crescita degli anni 1991-99 ha generato un aumento della produzione industriale e un sostanziale incremento dell'output di minerali trainato da oro e cobalto. Recenti riforme del sistema bancario hanno favorito la crescita degli investimenti.

Il bilancio dello stato è gravato da un onerosissimo debito pubblico, che limita la possibilità di attuare riforme strutturali. Un settore molto sviluppato è quello del turismo.
Ambiente
Parchi nazionali
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Aree naturali protette in Tanzania.

Circa il 32% del territorio della Tanzania (pari a 303.316 km²) è considerato area naturale protetta[22]. La Tanzania ha 16 parchi nazionali e numerose altre riserve naturali. Fra le riserve naturali più celebri della Tanzania si contano il Serengeti National Park, la riserva naturale di Ngorongoro, il Tarangire National Park, il Lake Manyara National Park, la Riserva di caccia del Selous, il Kilimanjaro National Park il Ruaha National Park e il Mikumi National Park. Nella parte ovest della Tanzania sorge il Parco nazionale del Gombe Stream, fondato nel 1960 da Jane Goodall per la salvaguardia e lo studio degli scimpanzé.

La Tanzania ha un'elevata biodiversità e contiene una grande varietà di habitat. Nella pianura del Serengeti, lo gnu barba bianca (Connochaetes taurinus mearnsi) e altri bovini partecipano a una migrazione annuale su larga scala. La Tanzania è anche sede di circa 130 anfibi e oltre 275 specie di rettili[senza fonte], molte delle quali strettamente endemiche. La Tanzania ha messo a punto un piano d'azione sulla biodiversità per affrontare la conservazione delle specie[senza fonte].


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Arte
Musica

Come gran parte dei paesi africani, la Tanzania è caratterizzata da un vasto patrimonio di musica tradizionale, legata soprattutto alla danza e alla ritualità, e diversificata secondo le diverse etnie presenti sul territorio. La musica tradizionale tanzaniana sopravvive soprattutto nelle piccole comunità rurali, ma in tempi recenti, sull'onda del movimento della world music, è stata portata all'attenzione del pubblico internazionale da artisti come Hukwe Zawose.

Le popolazioni della costa, di cultura swahili, hanno una tradizione musicale propria, di influenza araba e indiana, la cui espressione principale è il taarab, un tempo musica di corte dei sultanati omaniti, e oggi entrata nella tradizione popolare e suonata, per esempio, in particolari occasioni sociali come i matrimoni. Nonostante la sua chiara ascendenza araba, il taarab è cantato principalmente in swahili, e artisti taarab particolarmente popolari, come Siti binti Saad e Bi Kidude, hanno avuto un ruolo importante nella diffusione dello swahili nell'entroterra della Tanzania e in Africa orientale in genere.

Altro genere musicale tipico della Tanzania moderna è il muziki wa dansi, una rielaborazione (ancora con testi in swahili) della rumba africana (soukous), un genere musicale nato nello Zaire all'inizio del XX secolo ed estremamente influente in tutta l'Africa centrale e orientale.

Le correnti più recenti riflettono invece l'influsso della musica occidentale, e in particolare afroamericana; in particolare, sono estremamente popolari in Tanzania musicisti hip hop come Juma Nature e X Plastaz. L'hip hop della Tanzania continentale, che ha la sua capitale a Dar es Salaam, viene chiamato bongo flava; quello di Zanzibar, zenji flava.



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Generalità

Deriva dai territori coloniali dell'Africa Orientale Britannica; nella sua attuale configurazione politica e territoriale (è una Repubblica federale) la Tanzania è nata nel 1964 dall'unione del Tanganica, ex colonia britannica che aveva raggiunto l'indipendenza nel 1961, e dell'arcipelago di Zanzibar, comprendente l'isola omonima e quella di Pemba, ex protettorato inglese, indipendente dal 1963; la sezione continentale è pari a ca. il 99% della superficie totale. Il nome della repubblica è stato foggiato per esprimere questa fusione con il richiamo all'ex Tanganica e all'Azania, l'insieme delle terre costiere e insulari, storica unità regionale già nota ai Greci, su cui si incentra la parte più vivace e popolata del Paese. È qui infatti, su questa fascia bagnata dall'Oceano Indiano, che è sempre avvenuta la mediazione culturale tra mondo africano e mondo esterno, a cominciare dalle epoche più remote (già da quelle dell'antico Egitto); ma è soprattutto agli arabi, navigatori e mercanti (qui giunsero però anche numerosi persiani), che si devono gli apporti culturali più incisivi, benché la presenza araba si manifestasse come una pesante soggezione in funzione commerciale e schiavistica. In epoche recenti infine si è avuta la colonizzazione tedesca, anch'essa molto dura, cui è seguita, sino all'indipendenza, quella britannica. Questa molteplicità di esperienze, su un tessuto sociale rimasto essenzialmente africano, ha certamente inciso sulla recente evoluzione del Paese, che, sotto la guida carismatica di uno dei più sensibili e preparati leader africani usciti dalla grande lotta anticoloniale, Julius Nyerere, ha cercato di conciliare le esigenze di uno sviluppo economico in senso moderno con il rispetto dell'africanità. Ancora all'inizio del Duemila, però, la Tanzania soffre di molti problemi: l'indice di sviluppo umano la colloca verso il fondo della graduatoria mondiale, una ristretta élite detiene una quota immensa del potere e della ricchezza, a danno della maggioranza della popolazione. L'avvio dello sviluppo dovrà passare dunque per la soluzione di problemi di integrazione e di equilibrio sociale ed etnico all'interno, e di bilanciamento e cooperazione all'esterno.



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Territorio: geografia umana

Il popolamento della Tanzania ha avuto origine in epoche molto remote: ciò appare confermato dall'esistenza nel Paese di un substrato etnico khoisanide (popolazione affine ai boscimani), oggi per gran parte assimilato alle sopraggiunte popolazioni bantu, largamente predominanti, ma ancora rappresentato da alcuni piccoli gruppi residui come i sandawe (sandavi). Secondo alcune ipotesi, scientificamente non confermate, i khoisanidi potrebbero essere i lontani discendenti di quegli uomini paleolitici direttamente derivati dai più antichi ominidi che si conoscano e che ebbero proprio in Tanzania e in Kenya la loro sede; affini ai boscimani ma in parte camitizzati sarebbero gli iraqu (iraku), testimoni anch'essi dell'antico popolamento del Paese. Nella sezione settentrionale si riconosce la presenza di un substrato etiopide o, almeno, con tracce europoidi che nella Tanzania meridionale caratterizzano le cosiddette popolazioni cafre. La penetrazione e la diffusione delle genti bantoidi, avvenute per gradi e a piccoli gruppi, sembrano iniziate già a partire dal primo millennio a. C., ma solo dal sec. IV si può parlare di una cospicua presenza bantoide nel territorio. Essa si rafforza successivamente e nei sec. XV-XVI si ha un definitivo consolidamento di quei grandi e piccoli gruppi umani che ancor oggi formano l'ossatura etnica del Paese (gli africani costituiscono il 97% della popolazione), nel quale tuttavia la fascia costiera ha sue particolari caratteristiche, essendo una regione molto permeabile dall'esterno e quindi soggetta a immigrazioni di genti non africane. L'insediamento bantu è quasi generale sulle alteterre, a esclusione delle steppe settentrionali, al confine con il Kenya, dove, in seguito a una selezione avvenuta sulla base dei generi di vita, attraverso lunghi contrasti con gli agricoltori bantu, si sono stabiliti i gruppi pastorali nilotocamitici, massimamente rappresentati dai masai. Nei secoli successivi, per effetto della colonizzazione e della tratta degli schiavi, l'insediamento ha subito sensibili modificazioni e degradazioni, ma non ha sostanzialmente mutato la distribuzione dei vari gruppi etnici. Sulla costa la penetrazione commerciale araba inizia già nel sec. VIII, ma solo più tardi, tra i sec. X e XI, essa si consolida attraverso la creazione di basi commerciali, tra cui Zanzibar, Tanga, Bagamoyo, Kilwa ecc. Gli arabi si inserirono, in queste terre costiere, su un tessuto umano e culturale africano ma già predisposto ai traffici commerciali, che datavano da parecchi secoli a. C., e condizionarono l'organizzazione della regione, dove si formarono città-stato in stretto rapporto con le zone interne; tale organizzazione promossa dagli arabi si rafforzò, secoli dopo, con la cacciata dei portoghesi e a Zanzibar essa sopravvisse anche con l'arrivo dei tedeschi e degli inglesi. In rapporto a questi diversi svolgimenti della storia politica ed economica, la regione costiera, culturalmente partecipe dell'area dell'Oceano Indiano (con parecchi elementi distintivi, che vanno dalla piroga al bilanciere, all'islamizzazione, allo spirito commerciale, alla lingua franca, il kiswahili), si distinse dalla parte interna, rimasta profondamente africana. Qui si ritrovano ancor oggi, oltre ai masai, allevatori e un tempo guerrieri abilissimi, i grandi gruppi bantu, come i sukuma sulle rive meridionali del lago Vittoria, i nyamwezi nella sezione centrale delle alteterre, i konde nelle aree meridionali, gli hage tra i laghi Vittoria e Tanganica, i chaga, coltivatori molto evoluti della zona del Meru e del Kilimangiaro, i gogo nella sezione centrorientale dell'altopiano ecc. Gruppi bantu si trovano però anche nella fascia costiera (kutu o wakutu, mwera ecc.) e a Zanzibar, dove sono per gran parte stati introdotti dagli arabi con il commercio degli schiavi. Tale commercio, che fu completamente eliminato solo agli inizi del Novecento, aveva come centri di raccolta e smistamento le sedi sultanali, verso le quali annualmente venivano dirottati sino a 400.000 individui all'anno, razziati nelle zone interne. Parte di essi erano avviati verso l'Arabia, altri venivano adibiti ai lavori nelle piantagioni che gli arabi avevano impiantato nella regione, specialmente a Zanzibar e Pemba. Gli arabi, un tempo numerosi, sono oggi ridotti di numero (0,3%): molti hanno lasciato la Tanzania e un numero non indifferente è perito nel corso della rivoluzione che, con la fatalità propria di una nemesi storica, è stata scatenata nel 1964 a Zanzibar dalla popolazione africana. Più numerosi degli arabi sono gli asiatici (0,6%), qui giunti per la prima volta forse 2000 anni fa, poi fatti affluire come manodopera dai portoghesi e soprattutto dagli inglesi; divenuti col tempo una comunità assai potente, sono oggi anch'essi fortemente ridotti di numero e d'importanza in conseguenza della politica di africanizzazione che inTanzania, come nel resto dell'ex Africa Orientale Britannica, è stata avviata dai governi indipendenti. Gli europei (0,1%) sono insediati per lo più nelle zone fertili alle falde del Kilimangiaro e del Meru. A differenza del vicino Kenya, qui l'immigrazione europea non fu mai cospicua. Gli altri gruppi sono il 2% della popolazione. Gli sviluppi demografici della Tanzania non sono bene conosciuti. Negli ultimi anni del Novecento la popolazione è aumentata secondo un ritmo del 2,5% (1993-98), non eccessivamente alto rispetto alla natalità (41‰ nel 1997), e ciò perché gran parte della popolazione vive ancora in condizioni molto arretrate e la mortalità è assai elevata. Più della metà della popolazione ha meno di 20 anni; la densità media è di 43 ab./km², ma la distribuzione è molto irregolare. Come fenomeno generale vi è la tendenza, peraltro già sensibile in passato, di un flusso migratorio verso la fascia costiera, più ricca di attività. Ma, se si esclude la zona di Dar es Salaam, non è questa la parte più densamente popolata del Paese; nella regione del Kilimangiaro, piovosa e fertile, si hanno ca. 90 ab./km², che è uno dei valori massimi della Tanzania a livello di regioni amministrative. Generalmente poco popolata invece è tutta la sezione centrale delle alteterre, dove si ha un insediamento tipicamente africano di villaggi che gravitano intorno ai centri posti sulle strade principali, sedi di mercato e, oggi, di ambulatori, uffici governativi, negozi ecc. Villaggi si trovano anche sulla costa, dove è presente anche la casa o l'insediamento familiare sparso; ciò vale anche per Zanzibar. Le abitazioni lungo la costa sono a pianta quadrata, mentre nelle zone savaniche assumono in generale forme circolari; i masai vivono infine nelle loro manyatta, insediamenti che hanno una durata di 6-7 anni, caratterizzati dal recinto centrale per il bestiame. Il Paese è innervato su una rete di centri urbani o comunque commerciali che, nella sua struttura, si è delineata essenzialmente in età coloniale, benché le sedi costiere preesistessero. La popolazione urbana, comunque, nel 2005 era solo il 24,2%. Sino al secolo scorso Zanzibar era la maggior città sulle coste dell'Oceano Indiano: centro commerciale attivo, gestito dagli arabi, essa contava un numero di abitanti non tanto inferiore a quello odierno. Il suo urbanesimo era, come ancora lo è agli inizi del Duemila, quello delle città arabe, con le vie strette, piene di negozi, un porto frequentato da numerosi velieri e barche. Altri centri preesistenti di dimensioni urbane erano Bagamoyo, ormai decaduta, e Tanga, porto vivace con un buon sviluppo in quanto capolinea costiero della ferrovia che conduce alla popolosa zona dominata dal Kilimangiaro. Chiave di volta di tutta l'organizzazione territoriale della Tanzania, principale scalo portuale e aeroportuale, sede di industrie e di attività commerciali, è Dar es Salaam, capitale del Paese sino a quando le relative funzioni amministrative e politiche non furono assunte da Dodoma, situata proprio nel cuore della Tanzania, in un'area essenzialmente rurale e di tipica africanità. Ancor agli inizi del Novecento Dar es Salaam, il “porto della pace”, era un modesto centro, fondato anteriormente dal sultano di Zanzibar; poi essa divenne il principale scalo portuale del Paese, al servizio anche dello Zaire orientale, sbocco di tutto l'altopiano cui è stata collegata con la linea ferroviaria per il Tanganica, cui va aggiunta l'importantissima Tan-Zam, la ferrovia che unisce la Tanzania alla Zambia e grazie alla quale quest'ultima, priva di accesso diretto al mare, ha la propria apertura marittima a Dar es Salaam. Alla costruzione delle ferrovie – tutte linee di penetrazione – si deve la rete urbana della Tanzania che, oltre ai menzionati centri costieri, annovera alcune città imperniate appunto sugli assi ferroviari. Sulla ferrovia da Dar es Salaam al lago Tanganica (con punto di arrivo a Kigoma) sorgono Morogoro, Dodoma e Tabora, nodo centrale dell'altopiano, da dove si dirama una linea per il lago Vittoria, allacciando così l'ex capitale a Mwanza, maggior centro portuale sulle rive del grande lago, mentre la Tan-Zam tocca Mbeya, principale centro della zona dei monti Kipengere. La ferrovia da Tanga alla zona del Kilimangiaro ha infine valorizzato Arusha, mercato di una popolosa regione agricola, frequentata anche dai masai, e Moshi, ai piedi del Kilimangiaro, che è divenuta una rinomata località turistica.



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Cultura: generalità

Il villaggio, che sorge al centro delle aree di sfruttamento agricolo e pastorale, sempre isolato da un recinto di siepi e da una palizzata, è una forma dominante dell'insediamento; la sua struttura è legata all'organizzazione sociale e all'attività economica. In generale è costituito da capanne circolari con il tetto conico, che possono essere abitazione singola di un gruppo familiare, il quale però è spesso dotato di due o più edifici in rapporto anche alla struttura poligamica. Poiché gran parte delle popolazioni della Tanzania è al tempo stesso costituita da agricoltori e da allevatori (l'allevamento si ritrova anche presso le popolazioni bantu che l'hanno mutuato soprattutto dai masai), il villaggio ha spesso un recinto per il bestiame (kraal). La struttura più tipica del villaggio pastorale la si ritrova appunto presso i masai, con il kraal (boma) ricavato nella parte interna del villaggio (manyatta) e circondato dalle capanne, che sono basse, con una struttura a botte e con l'ingresso, angusto, in posizione eccentrica rispetto all'edificio, costituito da un telaio di bastoni ricoperto di fango e sterco. Caratteristica dei wanyamwesi (ma ritrovabile anche presso altre tribù) è la capanna (tembe) posta in pendio, con i tetti a terrazza, e all'interno divisa in scomparti. Anche accanto a questo tipo di villaggio non manca mai il kraal. Il piatto più diffuso è l'ugali, una sorta di polenta di farina di granturco accompagnata da salse, carne o verdure. Altri alimenti molto diffusi sono il riso di ottima qualità insaporito talvolta con latte di cocco e il matoke (banane cotte). Molti tanzaniani iniziano la loro giornata con l'uji, un porridge leggero a base di fagioli, miglio o altra farina. I siti culturali UNESCO patrimonio dell'umanità sono tre: la città di pietra di Zanzibar (2000), tipico porto commerciale dove si fondono gli stili architettonici africano, europeo, indiano e arabo; le incisioni rupestri di Kondoa (2006), non lontano dalla Rift Valley; le rovine di Kilwa Kisiwani e di Songo Mnara (1981). Si tratta di due grandi porti dell'Africa orientale situati su due piccole isole vicino alla costa. Dal XIII al XVI secolo i mercanti di Kilwa commerciavano in oro, argento, perle, profumi, vasellame arabo, tappeti persiani e porcellana cinese, gestendo così gran parte del commercio dell'Oceano Indiano. Nel 2004 il luogo è stato inscritto tra i siti in pericolo.




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Cultura: letteratura. Lingue bantu

Le varie lingue bantu ebbero e hanno una produzione letteraria orale per la cui conoscenza è fondamentale l'opera Three Solid Stones (1975) di Martha Muungi. Solo il swahili ha una letteratura scritta, le cui prime testimonianze, risalenti al sec. XVII, sono in lettere arabe. A partire dal sec. XIX tale letteratura fu scritta in lettere latine. I generi più antichi sono esclusivamente poetici, chiusi in forme rigide, e destinati alla recitazione. Fra questi, il più importante è l'utenzi, usato per soggetti epico celebrativi e, durante il periodo classico (prima del sec. XX) solo per scopi religiosi. Oggi, questo genere tende a diventare narrativo e a trattare fatti di cronaca. Formalmente influenzata dalla poesia epica persiana e classica araba, questa produzione esprime una cultura più orientale che africana. Gli scrittori classici più notevoli appartengono al sec. XIX; sono i poeti Sayh Muhyi d'Dīn (1789-1869), di Zanzibar, Hamed bin' Abdallah el Buhri (ca. 1850-1928), ʽAbd al-Karim bin Jamaliddini e Mzee bin ʽAlī. Per la prosa, rappresentata da antiche cronache, o Habari, e da racconti autobiografici o di viaggi segnaliamo: Amur bin Nasūr, Sulaymān bin Mwenye Chande, Sālim bin Abukari, e il famoso commerciante negriero Hamed bin Muḥammed el-Murgebi detto Tippu-Tip, tutti dell'Ottocento. Questa letteratura fu però pienamente valorizzata solo a partire dagli anni Cinquanta, con l'affermarsi dei movimenti nazionalistici ed è oggi una forza viva: parecchi poemi antichi sono stati pubblicati, anche in giornali, suscitando vibrate polemiche fra i tradizionalisti e i fautori di uno sganciamento da formule troppo rigide. Fra questi ultimi si citano i poeti K. H. A. Akilimali “Snow-White”, K. Amri Abedi (1924-1964), Abdullah Saleh Farsy (1912-1982), M. E. Mnyampala (1917-1969), B. Soprassasson e Z. M. S. Zani. Il periodo che va dal 1948 al 1960 è dominato dal maggior poeta swahili moderno, e non solo in Tanzania, Shaaban Robert (1909-1962), che ha arricchito e aggiornato la lingua, creando modelli stilistici, tanto in prosa che in poesia, più consoni ai temi attuali. Autore vario e profondo, ha dato il suo capolavoro con Poema sulla lotta per la libertà (postumo, 1967). Quanto alla narrativa, rappresentata dalla novella (D. E. Diva, J. P. Mbonde, M. E. Mnyampala, D. M. Ndimbo, H. Nyngine, Omar C. A. Shariff, Omari K. Cuthbert, N. L. Riwa) e dal romanzo breve, tratta temi che vanno dalla descrizione della vita rurale (Muḥammad Saleh Farsy) al genere poliziesco (Faraji H. H. Katalambulo, Hasani ben Ismail, Muḥammad Saʽīd Abdullah). In campo teatrale, alla fine degli anni Sessanta nacque, nell'ambito dell'Università di Dar es Salaam, l'impegno di creare un teatro swahili moderno: fra i commediografi più significativi vi sono Ebrahim Hussein, Ngahyoma e Penina Muhando. Il saggio ha il suo massimo esponente in Julius Nyerere, autore di tre opere capitali per la conoscenza della via tanzaniana al socialismo: Libertà e unità (1967), Libertà e socialismo (1972) e Libertà e sviluppo (1974). Negli anni Settanta la letteratura in lingua swahili acquista un'importanza sempre maggiore. Fra i poeti sono da menzionare E. Hussein (n. 1943) e E. M. Mahimbi, e fra i narratori M. Lemki, H. Mwakyembe e C. K. Omari. Di grande rilievo è lo sviluppo del teatro, che ha trovato i suoi maggiori rappresentanti in Ebrhim N. Hussein, Faruk Topan (n. 1940) e Peninah Muhando (n. 1948). Negli anni Ottanta vi è un ulteriore sviluppo della letteratura con i romanzi di E. Kezilahabi, S. A. Mohamed (n. 1947) e M. S. Abbdulla, e con la poesia di M. Mulokozi. Il teatro, pur mobilitato per la propaganda politica, si rifà alle origini africane della poesia swahili con gli spettacoli ngonjera.




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Cultura: letteratura. Lingua inglese

La letteratura in lingua inglese, timidamente apparsa verso gli anni Cinquanta come reazione alle forme troppo rigide della letteratura swahili, ha trovato un incentivo in giornali e riviste, come Darlite, legata all'Università di Dar es Salaam, e Transition (pubblicata a Kampala), e antologie che, come quelle di D. Cook, hanno fatto conoscere i poeti H. Temba (n. 1951), Y. O. Kassam (n. 1943), M. Mnampala (1917-1969) e M. N. Haji, e i narratori tradizionali, come I. K. Kayembo, Tom Chacha, Ben Mkapa, Valentina Eyakuze, N. G. Ngulukululu. Quanto al romanzo, esso conta opere autobiografiche (A. Kajerere, che però scrive in tedesco), un buon studio psicologico del conflitto fra generazioni (Dying in the Sun, 1968) di P. K. Palangyo, descrizioni della vita di villaggio (G. Ruhumbika), temi polizieschi (F. Kawegere). Il saggio è ben rappresentato da Sophia Muṣṭafā, e da Semei Nyanzi. Negli anni Settanta e Ottanta la letteratura in inglese è scarsa ma non priva di valore. Fra i poeti sono da menzionare B. R. Nchimbi, W. D. Kamera (n. 1942), noto anche per i suoi Tales of the Wairaqw of Tanzania, e soprattutto F. E. M. K. Senkoro (n. 1953) autori di una poesia fortemente politicizzata e spesso propagandistica. Più importanti i romanzieri, che prediligono il genere autobiografico, il romanzo storico e la cronaca familiare, e analizzano i conflitti psicologici e sociali, senza idealizzare il passato o cadere in sentimentalismi, ma rivelando un certo pessimismo e l'amarezza per le speranze deluse. Anche il teatro, che acquista una certa importanza, si fa critico della vita sociale con i drammi naturalistici di Mukotani Rugyendo e Blandina Mhando. La saggistica comprende studi storici (M. H. Kaniki e Israel Katoka), politici (T. Avirgan, A. M. Babu, P. Kagwema, L. Khamis e J. Nsekela) e letterari (C. S. Mwakasaka). Fra i più recenti autori contemporanei si può citare anche Tolowa Marti Mollel (n. 1952), abile narratore e rielaboratore di antiche leggende (The Orphan Boy).



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view post Posted on 24/6/2020, 18:15     Top   Dislike
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Cultura: arte

La statuaria, di qualità modesta, consiste per lo più nel genere detto dei “pali scolpiti” rappresentanti antenati e figure tombali; se ne possono rinvenire esemplari fra vari gruppi di bantu orientali. Interessanti le figurine di terracotta che presso i wanyamwezi servivano come materiale didattico per la scuola iniziatica, e le grandi statue ritenute in possesso di virtù terapeutiche prodotte dai washambala. Sono infine da menzionare i prodotti artigianali dei masai. Per quanto riguarda la pittura, è senz'altro da menzionare il pittore autodidatta E. S. Tingatinga, che a partire dagli anni Sessanta del Novecento iniziò a dipingere per seguire le richieste del mercato occidentale. I suoi quadri sono di solito quadrati: i soggetti sono animali vivacemente colorati su sfondo monocromo. Questo stile fu poi seguito da altri pittori.




fonte www.sapere.it/enciclopedia/Tanz%C3%A0nia.html

 
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