| Territorio: geografia umana
Il popolamento della Tanzania ha avuto origine in epoche molto remote: ciò appare confermato dall'esistenza nel Paese di un substrato etnico khoisanide (popolazione affine ai boscimani), oggi per gran parte assimilato alle sopraggiunte popolazioni bantu, largamente predominanti, ma ancora rappresentato da alcuni piccoli gruppi residui come i sandawe (sandavi). Secondo alcune ipotesi, scientificamente non confermate, i khoisanidi potrebbero essere i lontani discendenti di quegli uomini paleolitici direttamente derivati dai più antichi ominidi che si conoscano e che ebbero proprio in Tanzania e in Kenya la loro sede; affini ai boscimani ma in parte camitizzati sarebbero gli iraqu (iraku), testimoni anch'essi dell'antico popolamento del Paese. Nella sezione settentrionale si riconosce la presenza di un substrato etiopide o, almeno, con tracce europoidi che nella Tanzania meridionale caratterizzano le cosiddette popolazioni cafre. La penetrazione e la diffusione delle genti bantoidi, avvenute per gradi e a piccoli gruppi, sembrano iniziate già a partire dal primo millennio a. C., ma solo dal sec. IV si può parlare di una cospicua presenza bantoide nel territorio. Essa si rafforza successivamente e nei sec. XV-XVI si ha un definitivo consolidamento di quei grandi e piccoli gruppi umani che ancor oggi formano l'ossatura etnica del Paese (gli africani costituiscono il 97% della popolazione), nel quale tuttavia la fascia costiera ha sue particolari caratteristiche, essendo una regione molto permeabile dall'esterno e quindi soggetta a immigrazioni di genti non africane. L'insediamento bantu è quasi generale sulle alteterre, a esclusione delle steppe settentrionali, al confine con il Kenya, dove, in seguito a una selezione avvenuta sulla base dei generi di vita, attraverso lunghi contrasti con gli agricoltori bantu, si sono stabiliti i gruppi pastorali nilotocamitici, massimamente rappresentati dai masai. Nei secoli successivi, per effetto della colonizzazione e della tratta degli schiavi, l'insediamento ha subito sensibili modificazioni e degradazioni, ma non ha sostanzialmente mutato la distribuzione dei vari gruppi etnici. Sulla costa la penetrazione commerciale araba inizia già nel sec. VIII, ma solo più tardi, tra i sec. X e XI, essa si consolida attraverso la creazione di basi commerciali, tra cui Zanzibar, Tanga, Bagamoyo, Kilwa ecc. Gli arabi si inserirono, in queste terre costiere, su un tessuto umano e culturale africano ma già predisposto ai traffici commerciali, che datavano da parecchi secoli a. C., e condizionarono l'organizzazione della regione, dove si formarono città-stato in stretto rapporto con le zone interne; tale organizzazione promossa dagli arabi si rafforzò, secoli dopo, con la cacciata dei portoghesi e a Zanzibar essa sopravvisse anche con l'arrivo dei tedeschi e degli inglesi. In rapporto a questi diversi svolgimenti della storia politica ed economica, la regione costiera, culturalmente partecipe dell'area dell'Oceano Indiano (con parecchi elementi distintivi, che vanno dalla piroga al bilanciere, all'islamizzazione, allo spirito commerciale, alla lingua franca, il kiswahili), si distinse dalla parte interna, rimasta profondamente africana. Qui si ritrovano ancor oggi, oltre ai masai, allevatori e un tempo guerrieri abilissimi, i grandi gruppi bantu, come i sukuma sulle rive meridionali del lago Vittoria, i nyamwezi nella sezione centrale delle alteterre, i konde nelle aree meridionali, gli hage tra i laghi Vittoria e Tanganica, i chaga, coltivatori molto evoluti della zona del Meru e del Kilimangiaro, i gogo nella sezione centrorientale dell'altopiano ecc. Gruppi bantu si trovano però anche nella fascia costiera (kutu o wakutu, mwera ecc.) e a Zanzibar, dove sono per gran parte stati introdotti dagli arabi con il commercio degli schiavi. Tale commercio, che fu completamente eliminato solo agli inizi del Novecento, aveva come centri di raccolta e smistamento le sedi sultanali, verso le quali annualmente venivano dirottati sino a 400.000 individui all'anno, razziati nelle zone interne. Parte di essi erano avviati verso l'Arabia, altri venivano adibiti ai lavori nelle piantagioni che gli arabi avevano impiantato nella regione, specialmente a Zanzibar e Pemba. Gli arabi, un tempo numerosi, sono oggi ridotti di numero (0,3%): molti hanno lasciato la Tanzania e un numero non indifferente è perito nel corso della rivoluzione che, con la fatalità propria di una nemesi storica, è stata scatenata nel 1964 a Zanzibar dalla popolazione africana. Più numerosi degli arabi sono gli asiatici (0,6%), qui giunti per la prima volta forse 2000 anni fa, poi fatti affluire come manodopera dai portoghesi e soprattutto dagli inglesi; divenuti col tempo una comunità assai potente, sono oggi anch'essi fortemente ridotti di numero e d'importanza in conseguenza della politica di africanizzazione che inTanzania, come nel resto dell'ex Africa Orientale Britannica, è stata avviata dai governi indipendenti. Gli europei (0,1%) sono insediati per lo più nelle zone fertili alle falde del Kilimangiaro e del Meru. A differenza del vicino Kenya, qui l'immigrazione europea non fu mai cospicua. Gli altri gruppi sono il 2% della popolazione. Gli sviluppi demografici della Tanzania non sono bene conosciuti. Negli ultimi anni del Novecento la popolazione è aumentata secondo un ritmo del 2,5% (1993-98), non eccessivamente alto rispetto alla natalità (41‰ nel 1997), e ciò perché gran parte della popolazione vive ancora in condizioni molto arretrate e la mortalità è assai elevata. Più della metà della popolazione ha meno di 20 anni; la densità media è di 43 ab./km², ma la distribuzione è molto irregolare. Come fenomeno generale vi è la tendenza, peraltro già sensibile in passato, di un flusso migratorio verso la fascia costiera, più ricca di attività. Ma, se si esclude la zona di Dar es Salaam, non è questa la parte più densamente popolata del Paese; nella regione del Kilimangiaro, piovosa e fertile, si hanno ca. 90 ab./km², che è uno dei valori massimi della Tanzania a livello di regioni amministrative. Generalmente poco popolata invece è tutta la sezione centrale delle alteterre, dove si ha un insediamento tipicamente africano di villaggi che gravitano intorno ai centri posti sulle strade principali, sedi di mercato e, oggi, di ambulatori, uffici governativi, negozi ecc. Villaggi si trovano anche sulla costa, dove è presente anche la casa o l'insediamento familiare sparso; ciò vale anche per Zanzibar. Le abitazioni lungo la costa sono a pianta quadrata, mentre nelle zone savaniche assumono in generale forme circolari; i masai vivono infine nelle loro manyatta, insediamenti che hanno una durata di 6-7 anni, caratterizzati dal recinto centrale per il bestiame. Il Paese è innervato su una rete di centri urbani o comunque commerciali che, nella sua struttura, si è delineata essenzialmente in età coloniale, benché le sedi costiere preesistessero. La popolazione urbana, comunque, nel 2005 era solo il 24,2%. Sino al secolo scorso Zanzibar era la maggior città sulle coste dell'Oceano Indiano: centro commerciale attivo, gestito dagli arabi, essa contava un numero di abitanti non tanto inferiore a quello odierno. Il suo urbanesimo era, come ancora lo è agli inizi del Duemila, quello delle città arabe, con le vie strette, piene di negozi, un porto frequentato da numerosi velieri e barche. Altri centri preesistenti di dimensioni urbane erano Bagamoyo, ormai decaduta, e Tanga, porto vivace con un buon sviluppo in quanto capolinea costiero della ferrovia che conduce alla popolosa zona dominata dal Kilimangiaro. Chiave di volta di tutta l'organizzazione territoriale della Tanzania, principale scalo portuale e aeroportuale, sede di industrie e di attività commerciali, è Dar es Salaam, capitale del Paese sino a quando le relative funzioni amministrative e politiche non furono assunte da Dodoma, situata proprio nel cuore della Tanzania, in un'area essenzialmente rurale e di tipica africanità. Ancor agli inizi del Novecento Dar es Salaam, il “porto della pace”, era un modesto centro, fondato anteriormente dal sultano di Zanzibar; poi essa divenne il principale scalo portuale del Paese, al servizio anche dello Zaire orientale, sbocco di tutto l'altopiano cui è stata collegata con la linea ferroviaria per il Tanganica, cui va aggiunta l'importantissima Tan-Zam, la ferrovia che unisce la Tanzania alla Zambia e grazie alla quale quest'ultima, priva di accesso diretto al mare, ha la propria apertura marittima a Dar es Salaam. Alla costruzione delle ferrovie – tutte linee di penetrazione – si deve la rete urbana della Tanzania che, oltre ai menzionati centri costieri, annovera alcune città imperniate appunto sugli assi ferroviari. Sulla ferrovia da Dar es Salaam al lago Tanganica (con punto di arrivo a Kigoma) sorgono Morogoro, Dodoma e Tabora, nodo centrale dell'altopiano, da dove si dirama una linea per il lago Vittoria, allacciando così l'ex capitale a Mwanza, maggior centro portuale sulle rive del grande lago, mentre la Tan-Zam tocca Mbeya, principale centro della zona dei monti Kipengere. La ferrovia da Tanga alla zona del Kilimangiaro ha infine valorizzato Arusha, mercato di una popolosa regione agricola, frequentata anche dai masai, e Moshi, ai piedi del Kilimangiaro, che è divenuta una rinomata località turistica.
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