| Cultura: letteratura
La letteratura tunisina non sembrò, nel Medioevo, distinguersi da quella araba. La città di Kairouan fu, prima di Tunisi, un centro culturale importante e diede scrittori di larga fama come al-Qaysi (966-1045), autore di opere sul Corano, al-Husrī (m. 1061), compilatore di tre antologie, e il poeta religioso aš-Sādili (m. 1258). Lo scrittore medievale di maggior rilievo fu Ibn Khaldūn (1332-1406). La colonizzazione francese determinò una presa di coscienza nazionale, quindi l'abbandono di forme stilistiche retoriche tradizionali e una maggior attenzione alla realtà sociale. Da una poesia romantica rappresentata da Muṣṭafā Ärha (1873-1946), Muḥammed al Chādli Khaznah-Där (m. 1954), Sa'īd Abū Bakr al-Munï e dal grande poeta Abū l-Qasim aš-Shabbī (1909-1934) che rinnovò il linguaggio poetico con dolorosa passione, si passò a una poesia più orientata verso i problemi politico-sociali, con Muḥammad al-'Arībī al-Kabbādi (1880-1961). Tendenza passata quindi alla prosa, che vide sorgere, negli anni Trenta, una letteratura d'ispirazione socialista e nuovi generi: la novella realistica, scritta in un linguaggio quotidiano, umoristica con Muḥammad ʽAlī al-Duāgī (1909-1949), morale con Abd ar-Razzāq Karabāka (1901-1945), sentimentale con Muḥammad al-'Arībī; il romanzo psicologico con Maḥmūd al-Mas'adi (1911-2004); il saggio socio-politico con Tahar Haddad (1901-1935) e storico con Ḥasan Ḥusnī Abd al-Wahhāb, autore di un'importante Storia della civiltà nelle terre tunisine; mentre i poeti cercarono di stabilire nuovi rapporti col mondo, unendo l'immaginazione alla realtà concreta, non solo per descriverla ma anche per trasformarla. Quanto al teatro, preso l'avvio con traduzioni e adattamenti di lavori stranieri, a opera di Muḥammad Būrqība, Gallāti e Al-Tha'ālbi, ha dato luogo, nel dopoguerra, ad opere originali, riflettenti la storia nazionale o la vita quotidiana del Paese. I migliori autori furono ad-Duāgī Muḥammad al-Habib, Ḥasan ar-Zamirlï, 'Uthmān al-Ka'ak, Muḥammad al-Aqrabī, Djalāl ad-Dīn al Naqqāch e Maḥmūd al-Mas'adi, che diede al teatro tunisino la sua prima tragedia, La diga. La tendenza alla denuncia e alla rivendicazione sociale si è andata acuendo nella letteratura dopo l'indipendenza, caratterizzata da un aspro realismo e rappresentata soprattutto da Moḥammad Driss, che rifiuta il teatro ufficiale, sovvenzionato dal regime, per attuare, attraverso nuovi mezzi espressivi, un teatro più aderente alla realtà. In campo narrativo, dove appare netta la stessa tendenza, si segnalano Muṣṭafā Fersi, al-Bachir Kharyyf, Moḥammad Rachād al-Hamzāwi (n. 1934) e i più moderni Moḥammad Salah Jabri e Bechir Khralef. L'influenza occidentale è sensibile in Salah Garmadi (Lustrascarpe, 1961), ma, in genere, questa generazione cerca una propria identità culturale ed espressiva, rivelando molteplici tendenze, ma accomunata nella ricerca linguistica. Fra i maggiori esponenti si notano E. Madani (n. 1938), Abdel Kader ben Cheikh, che nel bel romanzo E la mia parte di orizzonte ha superato il realismo rivendicativo, e i saggisti socio-politici Ḥasan Husnī Abd al-Wahhab, 'Uthmān al-Ka'ak e al-Balhawan. Negli anni Sessanta la poesia presenta una doppia tendenza: da una parte i cultori della tradizione classica (sostenuti dal regime) che però rinnovano introducendovi temi erotici o sociali (Jaâfar Majed) o neoromantici, dall'altra poeti che sconvolgono il linguaggio e la forma, conferendo alle loro opere maggiore semplicità o un amaro umorismo espresso in immagini fantastiche (Salah Garmadi). A fianco della produzione in lingua tunisina si distingue quella in lingua francese, con scrittori di fama internazionale, come il romanziere Albert Memmi e Moḥammad Nomâne, e buoni poeti (Moḥammad Aslan, Muṣṭafā Kourda, Aḥmed Chergui, Salas Farhat). Entrambe le letterature, benché socialmente impegnate, hanno però scarsa presa sulle masse e restano l'appannaggio di un'élite socialmente e culturalmente elevata. Attorno al 1963 è nata la corrente “formalista”, che si distingue dalle precedenti per lo spregiudicato uso del linguaggio e il forte impegno politico. Questa corrente, che tra i suoi principali ispiratori europei ha J. Joyce, M. Butor e R. Barthes, raccoglie romanzieri come Samīr Ayadi (1947-2008), celebre per Il frastuono del silenzio (1970), e Maḥmūd Tunsi (n. 1944), poeti come Tahar Hammanni (n. 1947) e Ḥabib Zannad (n. 1946), e il critico Muḥammad Salaḥ Benamor (n. 1949). Negli anni Settanta e Ottanta la letteratura resta in gran parte araba. Gli autori contestano aspramente un regime sempre più oppressivo. I poeti si svincolano dagli schemi e dalle forme tradizionali ed esprimono un'apertura alle lotte del mondo arabo. I prosatori concepiscono la letteratura come arma di lotta, nutrendosi di delusioni e rivolta. Di fronte a questa letteratura di protesta è nata una produzione conformista e apologetica, che esalta il culto dell'autenticità razziale e culturale e si confina in un simbolismo spesso ermetico. Il teatro si sviluppa su tre livelli, quello di regime, quello impegnato, che mira a suscitare una presa di coscienza della realtà del Paese, e quello di esiliati che elabora, liricamente, le esperienze degli emigrati. Fra i numerosi autori ricordiamo F. Mellah, T. Louchichi, il drammaturgo T. Jebali (n. 1944). Importanti i saggi sociologici di M. Aziza, A. Tlili, H. Béji (n. 1948) e le ricerche sul biculturalismo di F. Chadli. Molti intellettuali tunisini hanno dato un contributo al proprio Paese lavorando all'estero, soprattutto in Francia: un esempio è A. Meddeb (n. 1946), che insegna in università a Parigi; nella sua opera, che sta tra il romanzo, la poesia e la commedia, commenta la sua doppia origine, islamica e occidentale, araba e francese, eleborando una cultura transfrontaliera che tenta di conciliare l'islam con la modernità. Anche T. Bekri (n. 1951), poeta che scrive sia in arabo sia in francese, vive a Parigi; anche nella sua opera uno dei temi più importanti è quello della conciliazione della tradizione con la modernità.
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