| Cenni antropologici
Il problema del popolamento dell'America è tuttora oggetto di ricerche e di studi, anche se è certo che avvenne a partire da un periodo non anteriore a 60.000 anni fa, quando si costituì, in seguito alla glaciazione würmiana, un largo corridoio di terre emerse, denominato Beringia, che collegò il continente all'Asia, favorendo l'arrivo dell'uomo . Secondo alcuni studiosi questo si verificò in due ondate successive a partire da ca. 20.000 anni fa: la prima di nomadi cacciatori affini agli Australoidi, la seconda costituita da protoagricoltori di ceppo mongoloide. Secondo altri studiosi, soprattutto europei, la diffusione dell'uomo in America è avvenuta in tempi diversi a partire da 50.000-40.000 anni fa: per prime giunsero “famiglie” di raccoglitori di Homo sapiens sapiens arcaico, come sembra testimoniare il reperto trovato nello Stato di Alberta, in Canada (bambino di Taber, datato a ca. 40.000 anni fa). Seguirono poi piccoli gruppi di raccoglitori-cacciatori paleomongolidi (reperti di Lagoa Santa, in Brasile, e di Punin, in Ecuador), quindi di cacciatori evoluti (reperti della California e del Messico) tutti riferibili a periodi anteriori a 15.000 anni fa. Sul finire della glaciazione würmiana giunsero anche cacciatori paleosiberiani portatori di caratteri europoidi (reperti del Minnesota, USA) che si attestarono nella parte settentrionale del continente. Dopo l'VIII millennio a. C. lo stretto di Bering, che si stava costituendo, divenne transitabile solo da parte di esperti navigatori polari, quali gli eschimesi e gli aleutini, che si possono considerare gli ultimi a essere giunti in America; questi, infatti, sono antropologicamente affini a popolazioni attualmente viventi in Siberia (ciukci, kamčadaly). Questa seconda tesi trova sempre nuove conferme: infatti, sono stati portati alla luce numerosi siti databili fra 35.000 e 20.000 anni fa; si tratta d'insediamenti di genti dedite alla raccolta e alla caccia, che svilupparono tecniche di lavorazione della pietra scheggiata tipiche e differenziate da luogo a luogo. I più significativi, in ordine di antichità, sono: Toca de Esperança e Boqueirao da Pedra Furada (Brasile), Old Crow (Canada), vari siti della Pennsylvania (USA), Garzon (Colombia), Exacto (Ecuador), Pichimachay (Perú), Alice Boer (Brasile), Guatchi (Cile). Insediamenti di epoca successiva sono più frequenti e diffusi nelle regioni andine, nel Messico, nel S-W, S-E ed E degli Stati Uniti fino al Canada, nonché in Amazzonia e lungo le regioni atlantiche del Brasile fino all'Argentina (qui, l'insediamento più antico, quello di Los Toldos, risale a ca. 12.000 anni fa). Significativo il ritrovamento in vari siti dello Stato di Piaui (Brasile) di graffiti e pitture rupestri datate a 17.000 anni fa, più recenti, quindi, di quelle della Tanzania, ma coeve con quelle del Tassili, del Levante spagnolo e dell'Asia meridionale. Tuttavia, i resti fossili dell'uomo preistorico americano sono ancora troppo pochi per poter stabilire se i tipi umani amerindi attuali derivino solo da uno o da più gruppi di uomini arcaici: la grande varietà di forme rilevate in tempi storici può essere dovuta sia a molteplici rimescolamenti fra popolazioni diverse, sia ad adattamenti all'ambiente, sia a entrambe le cause. Significativo in proposito il fatto che del vasto raggruppamento di genti pueblo-andine, tutte annoverate in un solo tipo umano, soltanto quelle abitanti nelle alteterre del Sud presentano il peculiare carattere di adattamento all'ambiente costituito dall'elevato numero di globuli rossi necessario per l'ossigenazione del sangue a quelle altitudini. In base ai caratteri morfologici prevalenti (statura, colore della pelle, corporatura, tratti somatici ecc.) le popolazioni autoctone americane sono tradizionalmente suddivise in alcuni “tipi umani” che, a partire dal Nord, vengono designati con i nomi di eschimidi, columbidi o aleutini, appalacidi o alleganici, planidi o Dakota, sonoridi, istmidi, pueblo-andidi, amazzonidi o amazzonici (anche brasilidi), lagidi o lagoani, pampidi o pampeani, fuegidi o magellanici. Fatta eccezione per gli inuit e gli aleutini, i gruppi stanziati nell'America Settentrionale vengono designati con il nome collettivo di nativi americani, pellirosse o anche indiani − a causa dell'erronea convinzione di Cristoforo Colombo, che allo sbarco sul nuovo continente era in realtà convinto di essere giunto in Asia − mentre quelli stanziati dal Messico all'America Meridionale sono detti Indios; nell'insieme vengono chiamati amerindi o amerindiani. Secondo alcune valutazioni, prima dell'arrivo dei bianchi, i nativi americani assommavano a circa 3 milioni d'individui, mentre gli indios superavano i 12 milioni. All'inizio del Novecento, i primi erano ridotti a poco più di 350.000 individui confinati entro “riserve” negli USA e nel Canada; in tutto il Nordamerica si stima la presenza di poco più di 3,5 milioni tra nativi americani e popolazioni dell'Alaska. Diversa la situazione degli indios: i pueblo-andidi, dopo la paurosa decimazione seguita alla conquista spagnola, hanno registrato un progressivo aumento demografico dovuto soprattutto a un vasto processo di meticciamento, tanto che in alcuni Paesi andini, nel Messico e nell'America Centrale costituiscono la maggioranza della popolazione. Gli altri gruppi etnici indios, invece, sono andati sempre diminuendo non solo per le stragi, ma anche per le malattie e la scomparsa dell'ambiente originario; recenti valutazioni indicano in ca. 300.000 unità il numero degli eredi delle popolazioni autoctone, mentre indefinibile è il numero dei meticci. Da un punto di vista antropologico, l'America attuale presenta anche un aspetto peculiare diverso da quello degli altri continenti dovuto all'immissione forzata di neri africani “importati” in qualità di schiavi, in particolare negli USA, in Brasile e nell'America insulare, e alla massiccia immigrazione di genti asiatiche, soprattutto negli Stati Uniti. La presenza dei neri, tuttora all'origine di conflitti sociali e razziali negli USA (nonostante l'elezione, nel 2008 di Barack Obama come primo presidente nero della storia degli Stati Uniti), è andata crescendo dal sec. XVII, tanto che nell'America insulare i discendenti degli schiavi si sono completamente sostituiti ai gruppi autoctoni in numerose isole (Hispaniola, Giamaica, Piccole Antille), meticciandosi solo in parte con gli indios, quasi ovunque sterminati dai bianchi prima dell'arrivo degli schiavi neri, e con i coloni bianchi. Diversa è la situazione del Brasile dove il meticciamento è stato rilevante sia con gli indios sia con i bianchi. Negli USA, invece, la segregazione razziale ha limitato fino al XX secolo il meticciamento tanto che la “popolazione nera” si presenta ancora abbastanza omogenea: solo il 30% ha tra gli ascendenti un bianco e il 3,4% un asiatico o un indiano. Mentre la popolazione di origine nera assomma, secondo l'ultimo censimento ufficiale (2000), a oltre 34 milioni d'individui, gli asiatici sono oltre 10 milioni, in prevalenza residenti nelle grandi città della California e in alcune dell'E: fra di essi, le comunità cinesi e giapponesi, per la loro struttura chiusa, sono poco meticciate, mentre le altre etnie sono in gran parte fuse con i neri e, soprattutto, con i latino-americani e quindi di difficile valutazione dal punto di vista quantitativo; gli hawaiani sono solo circa il 3,5% della popolazione dello Stato. La popolazione bianca presenta, nell'America Latina, i caratteri tipici delle genti mediterranee (vengono detti creoli); abbastanza elevato è stato il meticciamento con gli indios, rilevante a Cuba e negli Stati Uniti sud-occidentali. Negli USA e nel Canada prevale il tipo fisico nordico rappresentato da anglosassoni, tedeschi e scandinavi; molto forti sono le minoranze di origini francese, italiana e slava, ma sono rappresentati tutti i gruppi etnici europei.
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