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ADHYATMA RAMAYANA
Il conflitto tra Rama e Ravana non è tanto tra due razze quanto tra due civiltà e due modi di vivere. Uno degli scopi del poema è quello di mostrare che il vero progresso dell'umanità sta nella sua evoluzione morale e spirituale, e non nel suo sviluppo scientifico e materiale. Il vero progresso dell'uomo è interno, non esterno. Esternamente egli potrebbe condurre una vita semplice ed essenziale, e nello stesso tempo vivere ad altissimi livelli morali e spirituali. Viceversa l'uomo potrebbe essere molto evoluto scientificamente, ricco e opulento materialmente, e tuttavia rimanere un essere primitivo nel campo morale e spirituale, dedito all'alcool, alla violenza e alla sensualità. I rakshasa o i demoni del Ramayana sono esempi di questo tipo, e Valmiki mostra le differenze tra le civiltà di Lanka, Kishkindha e Ayodhya, sottolineando che il vero progresso non è materiale, ma morale. La vera civiltà non dev'essere giudicata dalle sue conquiste materiali, ma dalle sue realizzazioni spirituali. Le due forze del bene e del male sono presenti dappertutto, dentro e fuori di noi. Per questo in molte Scritture sacre (come la Gita e il Chandi) troviamo la nota costante della battaglia cruenta tra le forze opposte del bene e del male, a simboleggiare la battaglia in atto in ogni sadhaka tra le abitudini, le forze, le tendenze e le qualità divine contro quelle demoniache. Il Ramayana dà alle forze benigne il nome di Rishi, sempre devoti alla meditazione, alle austerità e al sacrificio. Le forze maligne sono chiamate rakshasa o demoni, sempre dediti alla violenza e alla sopraffazione. I malvagi sono prepotenti e intraprendenti, e sembrano avere facilmente successo. I virtuosi sono prudenti e diffidenti, e sembrano continuamente in difficoltà. Ma il Ramayana insegna che attraverso un sentiero apparentemente facile e prosperoso i malvagi si avviano verso la distruzione; mentre i virtuosi subiscono continuamente prove e tribolazioni, che hanno lo scopo di mettere alla prova la sincerità del loro carattere. Alla fine essi trionfano sempre. La storia del Ramayana è una verità eterna in atto nelle menti di tutte le anime che si sforzano di raggiungere l'unione spirituale. In questo modo il Ramayana è rappresentato perennemente da e in tutti i jivatman che anelano alla riunione con l'Amato. La gloria del Ramayana consiste nel proiettare personalità oggettive che incarnano le varie forze al lavoro nell'uomo. Così Rama rappresenta il Paramatman, Dio, l'Assoluto trascendente. Sita rappresenta il jivatman, l'anima individuale, che è una scintilla del Divino. Quello che Sita è per Rama, il jivatman è per il Paramatman. Come Sita è eternamente unita a Rama, così l'anima individuale ha il suo essere in Dio. Re Dasaratha dev'essere visto come l'uomo comune del mondo posto in un ambiente di ricchezza e di piacere, e che cade vittima delle istigazioni della sua mente maligna (Manthara) affascinata dagli oggetti dei sensi (Kaikeyi). Il corpo di ogni essere umano è Lanka. Il jivatman che è racchiuso nel corpo, o prigioniero nell'isola di Lanka, ha sempre desiderato vivere unito a Rama, al Paramatman. Ma i demoni vogliono impedirlo. I demoni rappresentano certi aspetti (guna) del carattere. Questi guna impediscono al jivatman, Sita, prigioniero nel corpo, di riunirsi con il Paramatman. Ma l'anima prigioniera che cerca di riunirsi con il suo Signore riceve la visita del Guru, Hanuman, che le mostra l'anello del Signore (cioè, la conoscenza suprema che distrugge ogni illusione). In questo modo Sita trova la strada per riunirsi con Sri Rama, l'anima individuale si riunisce con Dio. Il Signore s'incarnò come Rama, Bharata, Lakshmana e Satrughna. Sebbene in quattro forme differenti, in realtà essi erano Uno. Similmente la Realtà Cosmica si rivela come Shiva, Vishnu, Shakti, ecc. La conoscenza di uno di questi aspetti equivale alla conoscenza dell'unica Realtà Assoluta.
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