IL FARO DEI SOGNI

Stati Uniti d'America

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Gli Stati Uniti d'America (comunemente indicati come Stati Uniti, in inglese: United States of America o anche solo United States; in sigla USA[10] o anche U.S. e impropriamente con la sineddoche America[11]) sono una repubblica federale composta da cinquanta Stati e un distretto federale.

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I quarantotto stati contigui e il distretto di Washington D.C. (la capitale federale) occupano la fascia centrale dell'America settentrionale tra il Canada e il Messico e sono bagnati dall'oceano Atlantico a est e dall'oceano Pacifico a ovest. Lo stato dell'Alaska occupa i territori nord-occidentali dell'America settentrionale e confina con il Canada a est e separata dallo stretto di Bering con la Russia (Asia) a ovest. Lo Stato delle Hawaii è un arcipelago a metà strada tra America e Asia nel nord del Pacifico. Il paese ha anche cinque territori disabitati e nove territori popolati nel Pacifico e nei Caraibi.

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Con 9 834 000 km² in totale e circa 330 milioni di abitanti gli Stati Uniti sono il terzo paese al mondo per superficie e il terzo per popolazione davanti all'Indonesia e dietro alla Cina e all'India. La geografia e il clima degli Stati Uniti sono estremamente vari, con deserti, pianure, foreste e montagne che sono anche sede di una grande varietà di fauna selvatica. È una delle nazioni più multietniche e multiculturali al mondo, prodotto di larga scala dell'immigrazione da molti Paesi.

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Storicamente i paleoamericani migrarono dall'Asia verso quelli che sono gli Stati Uniti circa 12 000 anni fa. La colonizzazione europea cominciò intorno al 1600 e venne per lo più dall'Inghilterra. Gli Stati Uniti ebbero origine dalle tredici colonie britanniche situate lungo la costa atlantica. Le controversie tra la Gran Bretagna e le colonie portarono alla rivoluzione americana: il 4 luglio 1776 i delegati delle tredici colonie redassero all'unanimità la dichiarazione di indipendenza, che diede ufficialmente vita agli Stati Uniti d'America. La guerra di indipendenza americana, conclusasi con il riconoscimento dell'indipendenza degli Stati Uniti dal Regno di Gran Bretagna, è stata la prima guerra per l'indipendenza da una potenza coloniale europea. La Costituzione fu adottata il 17 settembre 1787 e da allora è stata emendata ventisette volte. I primi dieci emendamenti, collettivamente denominati «Dichiarazione dei diritti» (Bill of Rights), furono ratificati nel 1791 e garantiscono molti diritti civili e libertà fondamentali.

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Gli Stati Uniti intrapresero una vigorosa espansione per tutto il XIX secolo, spinti dalla controversa dottrina del destino manifesto. L'acquisizione di nuovi territori e l'ammissione di nuovi stati membri causarono anche numerose guerre con i popoli nativi. La guerra civile americana si concluse con l'abolizione della schiavitù negli Stati Uniti. Alla fine del XIX secolo gli Stati Uniti si estesero fino all'oceano Pacifico. La guerra ispano-americana e la prima guerra mondiale hanno confermato lo stato del paese come potenza militare globale. Gli Stati Uniti sono usciti dalla seconda guerra mondiale come una superpotenza globale, il primo paese dotato di armi nucleari e quale uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Dopo una grave crisi politica e sociale negli anni sessanta e settanta come conseguenza anche della sconfitta nella guerra del Vietnam, che sembrava minare il predominio mondiale statunitense, l'inattesa fine della guerra fredda e la dissoluzione dell'Unione Sovietica negli anni novanta hanno invece riconfermato il ruolo dominante degli Stati Uniti che sono rimasti l'unica superpotenza militare e politica mondiale.

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Gli Stati Uniti sono un Paese sviluppato, con una stima nel 2017 del prodotto interno lordo (PIL) di 19,39 migliaia di miliardi di dollari (il 23% del PIL mondiale a parità di potere di acquisto, a partire dal 2011). Il PIL pro capite degli Stati Uniti è stato il sesto più alto del mondo dal 2010, anche se la disparità di reddito del continente americano è stata anche classificata la più alta all'interno dell'OCSE e i paesi dalla Banca Mondiale. L'economia è alimentata da un'abbondanza di risorse naturali, numerose infrastrutture ed elevata produttività. Il paese rappresenta il 39% della spesa militare mondiale, essendo la prima potenza economica e militare, una forza politica guida nel mondo e al primo posto nel settore della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnologica, ma anche uno stato sociale ridotto rispetto a molti altri paesi del mondo occidentale.

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Generalità

La nazione fu fondata dalle tredici colonie dell'Impero britannico situate lungo la costa atlantica. Con la dichiarazione di indipendenza il 4 luglio 1776 proclamarono la loro indipendenza dalla Gran Bretagna: furono le prime colonie a rivoltarsi con successo contro le leggi coloniali.[12] Una convenzione federale (convenzione di Filadelfia) adottò la Costituzione degli Stati Uniti d'America il 17 settembre 1787 e con la ratifica l'anno successivo nasceva una repubblica con un forte governo centrale. La carta dei diritti, che comprendeva dieci emendamenti costituzionali per garantire molti diritti civili fondamentali e libertà, venne ratificata nel 1791. Il regime di apartheid e discriminazione razziale negli Stati Uniti è terminato nel 1964 con l'Atto dei diritti civili (Civil Rights Act).[13]

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Nel corso del XIX secolo gli Stati Uniti acquisirono nuovi territori da Francia, Spagna, Regno Unito, Messico e Impero russo, annettendo la repubblica del Texas e la repubblica di Hawaii. Le controversie tra il sud agrario e il nord industriale sull'affermazione dei diritti e l'espansione dell'istituzione della schiavitù provocarono la guerra di secessione americana del 1861. Il nord impedì una scissione del Paese e portò la fine della schiavitù legale negli Stati Uniti. La guerra ispano-americana e la prima guerra mondiale confermarono lo stato di potenza militare. Nel 1945 gli Stati Uniti emersero dalla seconda guerra mondiale come il primo Paese dotato di armi nucleari, membro permanente del consiglio di sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e uno dei membri fondatori della Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO). La fine della guerra fredda e il conseguente crollo dell'Unione Sovietica lasciarono gli Stati Uniti come unica superpotenza. L'economia statunitense è infatti la più grande del mondo, con una stima del PIL nel 2018 di 20 494 miliardi di dollari (che rappresenta il 22% del totale mondiale basato sul PIL nominale e quasi il 20% del PIL calcolato a parità di potere di acquisto).[8][14]

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Con una superficie di oltre 9 milioni di km² e con circa 325 milioni di abitanti gli Stati Uniti sono il quarto Paese più esteso al mondo e il terzo più popolato, generalmente suddiviso a un primo livello in tre unità distinte: il «Mainland», ovvero il gruppo continentale di quarantotto Stati contigui che confina a nord con il Canada e a sud con il Messico, mentre a est e a ovest è bagnato rispettivamente dall'oceano Atlantico e dall'oceano Pacifico; l'Alaska (lo Stato più vasto), che sul continente confina unicamente con il Canada, mentre le acque territoriali confinano con la Russia (stretto di Bering); lo Stato delle Hawaii, un arcipelago localizzato nel centro dell'oceano Pacifico. A questa principale tripartizione vanno aggiunti anche alcuni territori esterni, zone insulari dipendenti economicamente o politicamente dagli Stati Uniti (un esempio è il Guam, un territorio non incorporato) e sparsi tra il mar dei Caraibi e il Pacifico.

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Sebbene gli abitanti siano molto numerosi la densità di popolazione è di circa 34 ab/km², il che significa che la maggior parte delle terre è scarsamente abitata. I principali nuclei urbani si concentrano sulla East Coast (la costa Atlantica), dove sorgono grandi metropoli come New York, Boston, Filadelfia, Washington, Baltimora e Miami; nella parte continentale sulle rive dei Grandi Laghi, dove sorgono Chicago, Detroit e Milwaukee; oppure sulla West Coast, con San Diego, Los Angeles, San Francisco, Portland, Seattle e San Jose. Gli Stati Uniti sono uno dei Paesi con la maggior diversità etnica e la sua multietnicità è il prodotto di un'immigrazione su larga scala dai più svariati Paesi dei diversi continenti.[15]

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Etimologia


Secondo la teoria che si è prevalentemente diffusa nei secoli il continente americano prenderebbe il nome dall'esploratore fiorentino Amerigo Vespucci: secondo tale ipotesi fu un cartografo tedesco, Martin Waldseemüller, a suggerire l'idea di chiamare il Nuovo Mondo in tale modo, usando il genere femminile (America) del suo nome latinizzato (Americus Vespucius) per indicare il nuovo continente in una carta del mondo disegnata nel 1507, contenuta nella Cosmographiae Introductio.

Il nome completo Stati Uniti d'America è stato utilizzato per la prima volta ufficialmente nella dichiarazione di indipendenza con la dicitura di «unanime dichiarazione dei tredici Stati Uniti d'America», adottata dai Rappresentanti degli Stati Uniti d'America il 4 luglio 1776.

Il nome è stato modificato il 15 novembre 1777, quando il secondo Congresso Continentale adottò gli articoli della confederazione, utilizzando The United States of America (Gli Stati Uniti d'America), anche se la forma più breve di Stati Uniti è normalmente utilizzata. Altre forme comuni sono le sigle U.S. e U.S.A., o semplicemente America (termine erroneamente utilizzato poiché America è il nome del continente e non di una singola nazione). Il nome Columbia, un tempo nome popolare per le Americhe e per gli Stati Uniti (in onore di Cristoforo Colombo), permane nel distretto di Columbia.

Il demotico di una persona originaria degli Stati Uniti d'America è statunitense (american). Tuttavia l'aggettivo americano è erroneamente e comunemente adottato per riferirsi al Paese («i valori americani», «le forze americane»), in quanto American è raramente usato nella lingua inglese per riferirsi a persone o cose che non siano relative agli Stati Uniti.

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Nativi americani e colonizzazione europea



Le popolazioni indigene del continente americano, tra cui i nativi dell'Alaska, migrarono dall'Asia in una data variabile (a seconda della ricerca) tra i 50 000 e i 12 000 anni fa.

Alcune civiltà precolombiane svilupparono un'avanzata agricoltura, una grande architettura e un alto livello di società.


Nel 1492 l'esploratore genovese Cristoforo Colombo sotto la corona spagnola raggiunse diverse isole dei Caraibi, contribuendo al primo contatto dell'uomo bianco con le popolazioni indigene. Milioni di indigeni americani morirono a causa delle epidemie portate dagli europei.

Il 2 aprile 1513 il conquistatore spagnolo Juan Ponce de León sbarcò in una regione che chiamò «La Florida», il primo contatto europeo documentato su quello che sarebbero diventati gli Stati Uniti. Degli insediamenti spagnoli nella regione rimane solo St. Augustine, fondata nel 1565.

Altri insediamenti spagnoli vennero creati nell'odierno sud degli Stati Uniti, attirando migliaia di persone attraverso il Messico. I commercianti di pellicce francesi stabilirono avamposti nella Nuova Francia nella regione dei Grandi Laghi e successivamente la Francia si impossessò di gran parte del Nord America, penetrando fino al golfo del Messico. La prima colonia inglese di una certa entità fu Jamestown (Virginia) fondata nel 1607.

Nel 1628 venne fondata la Colonia della Massachusetts Bay da parte dei puritani che portò a un'ondata migratoria, tanto che nel 1634 nella Nuova Inghilterra erano insediati circa 10 000 puritani. Tra la fine degli anni dieci del Seicento e la rivoluzione americana vennero spediti circa 50 000 detenuti nelle colonie americane britanniche.

Nel 1614 venne fondato un insediamento olandese lungo il fiume Hudson inferiore, includendo l'isola di Manhattan che venne chiamata New Amsterdam. Nel 1664 gli olandesi cedettero il loro territorio americano all'Inghilterra e la provincia dei Nuovi Paesi Bassi venne ribattezzata New York.

Molti dei nuovi immigrati, soprattutto nel sud, erano schiavi (circa due terzi di tutti gli immigrati della Virginia tra il 1630 e 1680). Alla fine del secolo erano gli schiavi africani a diventare la principale forza-lavoro.

Nel 1729 con la divisione della Carolina e la colonizzazione della Georgia del 1732 si completava il cerchio delle tredici colonie britanniche che sarebbero diventate gli Stati Uniti d'America. Con tassi di natalità elevati, bassi tassi di mortalità e una costante immigrazione, la popolazione coloniale crebbe rapidamente.

Nella guerra franco-indiana le forze britanniche si impadronirono del Canada francese. Esclusi i nativi americani, le tredici colonie avevano una popolazione di 2,6 milioni di abitanti nel 1770, circa un terzo della Gran Bretagna e quasi uno su cinque erano schiavi neri.

Anche se soggetti alla tassazione britannica, le colonie americane non avevano rappresentanza nel Parlamento della Gran Bretagna.


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L'indipendenza e l'espansione



Tensioni crescenti tra i coloni americani e gli inglesi durante gli anni sessanta e settanta del Settecento portarono alla guerra di indipendenza americana, combattuta dal 1775 al 1781.

Il 14 giugno 1775 il Congresso continentale (tenutosi a Filadelfia) istituì un esercito continentale sotto il comando di George Washington.

Annunciando che «tutti gli uomini sono stati creati uguali» e dotati di «diritti inalienabili», il 4 luglio 1776 il Congresso adottò la Dichiarazione di indipendenza, redatta in gran parte da Thomas Jefferson. Tale data è celebrata ogni anno come il giorno dell'Indipendenza.

Dopo la sconfitta dell'esercito britannico da parte delle forze americane assistite dai francesi venne riconosciuta dalla Gran Bretagna l'indipendenza degli Stati Uniti e la sovranità sul territorio americano fino al fiume Mississippi. La Costituzione degli Stati Uniti d'America venne ratificata nel 1788 e il primo presidente fu George Washington, che entrò in carica nel 1789.

Gli atteggiamenti verso la schiavitù mutarono e una clausola nella Costituzione protesse il commercio di schiavi africani solo fino al 1808, quando il nord abolì la schiavitù tra il 1780 e il 1804.

La necessità di occupazione di nuovi spazi a occidente portò a una lunga serie di guerre contro gli abitanti originari dei territori interessati.

Definito da alcuni come un processo di pulizia etnica, culminò nel 1830 con l'approvazione della «Legge di rimozione degli Indiani» (Indian Removal Act), che fornì la base legale per le deportazioni e il confinamento in riserve dei nativi americani.

L'acquisto della Louisiana francese sotto la guida del presidente Thomas Jefferson nel 1803 raddoppiò quasi la dimensione della federazione. La guerra del 1812 contro la Gran Bretagna rafforzò il nazionalismo.

Una serie di incursioni militari statunitensi in Florida portarono la Spagna a cedere altro territorio lungo la costa del golfo del Messico nel 1819. Ci fu l'annessione della repubblica del Texas nel 1845.

Nel 1846 fu siglato il trattato dell'Oregon con la Gran Bretagna, portando al controllo da parte statunitense sul nord-ovest americano. La vittoria degli Stati Uniti nella guerra contro il Messico nel 1848 (trattato di Guadalupe Hidalgo) portò all'annessione della California e di gran parte dell'odierno sud-ovest americano.

La corsa all'oro tra il 1848 e 1849 portò a un'ulteriore migrazione verso occidente. La nuova rete ferroviaria rese più facile il trasferimento di coloni e l'aumento dei conflitti con i nativi americani.

In mezzo secolo vennero abbattuti fino a quaranta milioni di bisonti americani per le pelli e la carne (quest'ultima risorsa primaria che scompariva dalle pianure), causando un grave contraccolpo in molte culture native.



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La dichiarazione di indipendenza
(John Trumbull, 1817–1818)



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Guerra civile e industrializzazione



Le tensioni tra gli Stati del nord e quelli del sud nacquero principalmente su argomenti quali il rapporto tra Stato e governi federali e l'utilizzo della schiavitù nei nuovi Stati membri. Abraham Lincoln fu eletto presidente nel 1860. Poco prima sette Stati schiavisti (in ordine di secessione: Carolina del Sud, Mississippi, Florida, Alabama, Georgia, Louisiana e Texas) dichiararono la loro secessione. Cominciò così la guerra di secessione americana, cominciata con l'attacco a Fort Sumter.

Dopo la vittoria dell'Unione nel 1865 tre emendamenti alla Costituzione degli Stati Uniti d'America garantirono la libertà a quasi quattro milioni di africani americani un tempo schiavi, rendendoli cittadini e dando loro il diritto di voto. La guerra e la sua risoluzione portarono a un aumento sostanziale del potere federale.

Nonostante la grave recessione postbellica e le crisi economiche del 1873 e del 1907 la classe dirigente statunitense perseguì la via del guadagno e della speculazione, mentre l'industria tecnica e il capitale privato erano in espansione.

Dal 1860 al 1914 la popolazione crebbe da 31,9 a 91,9 milioni di abitanti, tra cui 21 milioni di immigrati e nel decennio post-bellico le dieci più grandi città statunitensi aumentarono del 70% i loro abitanti, tanto che fra 1860 e il 1890 la popolazione urbana crebbe da 25% a oltre il 35% della popolazione.

Un esempio clamoroso fu Chicago che nel 1833 aveva solo 350 abitanti, che divennero 30 000 nel 1850, 300 000 nel 1870, fino a quasi 1 100 000 nel 1890. Nel nord l'urbanizzazione e un afflusso senza precedenti di immigrati provenienti dagli Stati meridionali e orientali affrettò il processo di industrializzazione fino al 1929.

Tra il 1830 e il 1860 gli immigrati sbarcati negli Stati Uniti furono 4,6 milioni: irlandesi (39%), tedeschi (30%), scandinavi (15%) e britannici (inglesi e scozzesi) (16%).Massicce protezioni tariffarie, costruzione di infrastrutture e nuovi regolamenti bancari incoraggiarono la crescita economica e i monopoli.

Nel 1914 il Paese era in testa tra i Paesi produttori di ferro, carbone, petrolio, rame e argento. Il vapore venne sostituito dall'elettricità che accelerava la produzione nazionale. Sorsero anche i «trust» e i giganteschi complessi industriali dei re del cosiddetto «big business» (grandi affari).

Famiglie come quelle degli Astor per le pellicce e le pelli, i Rockefeller per la Standard Oil Company, i Carnegie per la United States Steel Corporation, i Morgan, i Vanderbilt per le ferrovie, i Westinghouse per la Air Brake Company, i Fulton, gli Eastman per la Kodak Company, i Ford per la Ford e i Du Pont de Nemours per la DuPont Company dominarono l'economia statunitense e mondiale.

Morgan e Rockefeller controllavano da soli il 20% del patrimonio nazionale (341 grandi aziende con un capitale di circa 22 miliardi di dollari).

Le organizzazioni dei lavoratori condussero dure lotte salariali, arrivando a oltre mille scioperi l'anno.

Cominciò in questi anni la politica imperialistica statunitense, con l'acquisto dell'Alaska dalla Russia nel 1867 e completando l'espansione continentale che insieme allo sfruttamento nel commercio delle pellicce e della scoperta dell'oro fruttarono 81 milioni di dollari nel 1913. Nel 1890 il Massacro di Wounded Knee fu l'ultimo grande conflitto armato delle guerre indiane.

Nel 1893 la monarchia indigena delle Hawaii venne rovesciata in un colpo di Stato attuato dagli americani residenti: gli Stati Uniti annetterono l'arcipelago nel 1898.

La vittoria nella guerra ispano-americana dello stesso anno dimostrò che gli Stati Uniti erano oramai una potenza mondiale e con la pace di Parigi si ebbe l'annessione di Porto Rico, Guam e delle Filippine, che ottennero l'indipendenza solo mezzo secolo più tardi, mentre Porto Rico e Guam sono ancora territori degli Stati Uniti.

Nel 1899 fu la volta delle isole Samoa e di Tutuila, aumentando la propria presenza nel Pacifico. Numerosi interventi militari furono effettuati nell'America centrale e nelle Antille: Panama per ottenere l'area del canale nel 1903 e Cuba nel 1902, creando una sorta di protettorato fino alla metà del XX secolo, oltre a Nicaragua (1911) e Haiti (1915).

Nel 1917 furono inoltre acquistate dalla Danimarca le isole Vergini di Saint Croix, Saint Thomas e Saint John.

In questo periodo si collocano anche la corsa all'oro del Klondike, la corsa all'oro dello Yukon e la corsa all'oro californiana.



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La battaglia di Gettysburg



The_Peacemakers_1868



I «Pacificatori» a bordo della River Queen
nel marzo 1865: i generali William T. Sherman e Ulysses S. Grant discutono
sui piani per le ultime settimane della guerra
con il presidente Abraham Lincoln e l'ammiraglio David Dixon Porter



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Le due guerre mondiali


Quando la prima guerra mondiale scoppiò nel 1914 gli Stati Uniti rimasero neutrali, sebbene la maggior parte degli statunitensi simpatizzasse per i britannici e i francesi, anche se molti erano contrari all'intervento.

Nel 1917 gli Stati Uniti si unirono agli Alleati (Triplice intesa) contro gli Imperi Centrali. Dopo la guerra il Senato non ratificò il trattato di Versailles che istituiva la Società delle Nazioni e il Paese perseguì una politica unilaterale di quasi isolazionismo.

Negli anni venti un emendamento costituzionale concesse il suffragio alle donne, ma la prosperità dei ruggenti anni venti si concluse con il crollo di Wall Street del 1929 che diede inizio alla «grande depressione».

Dopo la sua elezione a presidente nel 1932 Franklin Delano Roosevelt diede inizio al «New Deal», una serie crescente di politiche di intervento del governo nell'economia statunitense, ma il «Dust Bowl» a metà degli anni trenta impoverì molte comunità agricole e stimolò ulteriormente una nuova ondata migratoria verso occidente.

Gli Stati Uniti erano effettivamente neutrali anche durante la seconda guerra mondiale dopo l'invasione nazista della Polonia nel settembre 1939, ma cominciarono la fornitura di materiali agli Alleati nel marzo 1941 con il programma Lend-Lease.

Il 7 dicembre seguente gli Stati Uniti entrarono in guerra con gli Alleati contro le potenze dell'Asse dopo un attacco a sorpresa su Pearl Harbor da parte dell'Impero giapponese.

La seconda guerra mondiale ebbe un costo economico superiore a qualsiasi altra guerra nella storia degli Stati Uniti, ma favorì l'economia, fornendo capitali e garantendo l'occupazione.Tra i grandi Paesi combattenti gli Stati Uniti sono stati gli unici a diventare di gran lunga più ricchi in conseguenza alla guerra.

Le conferenze di Bretton Woods e Jalta delinearono un nuovo sistema nelle organizzazioni internazionali, ponendo gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica al centro del mondo. Con la vittoria in Europa nel 1945 venne tenuta una conferenza internazionale a San Francisco che portò allo Statuto delle Nazioni Unite, divenuto attivo appena dopo la guerra.

Dopo aver sviluppato le prime armi nucleari gli Stati Uniti sganciarono la bomba atomica sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki nell'agosto del 1945 e il Giappone si arrese il 2 settembre seguente, ponendo definitivamente fine alla guerra dopo sei anni.



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Lo sbarco in Normandia



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Guerra fredda e diritti civili


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NEL XXI SECOLO


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Geografia degli Stati Uniti



Gli Stati Uniti d'America occupano una fascia del Nordamerica compresa fra l'oceano Atlantico a est e il Pacifico a ovest e fra il Canada a nord e il Messico e il golfo del Messico a sud.

Si tratta di un'area di 9 372 614 km² (escludendo le acque interne), che fa degli Stati Uniti la quarta nazione al mondo per superficie (dopo Russia, Canada e Cina). Agli Stati Uniti appartengono anche alcune regioni geograficamente isolate come le Hawaii e l'Alaska.




Regioni geografiche


L'Ufficio del censimento degli Stati Uniti divide il territorio continentale in quattro grandi regioni statistiche che raggruppano diversi stati: Northeast (a sua volta suddiviso in Nuova Inghilterra e Medio Atlantico), Midwest (suddiviso in centro nord-est e centro nord-ovest), South (suddiviso in Atlantico meridionale, centro sud-est e centro sud-ovest) e West (suddiviso in regione delle Montagne Rocciose e regione del Pacifico).



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Le nove sottoregioni
statistiche statunitens



Gli stati della costa orientale sono da nord a sud: Maine, New Hampshire, Vermont (che non è sulla costa), Massachusetts, Rhode Island (il più piccolo degli Stati), Connecticut, New York, Pennsylvania (che è vicino alla costa e la cui metà occidentale è spesso considerata parte del Midwest), New Jersey, Delaware, Maryland, Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud, Georgia e Florida. Gli ultimi cinque (dalla Virginia) vengono anche contati come stati del sud.

Geograficamente questa zona comprende montagne basse e molto antiche, gli Appalachi, con un andamento generalmente da nord-est a sud-ovest, oltre a molti fenomeni locali, compresi i fenomeni glaciali a nord, le faglie tettoniche della valle del fiume Hudson e la zona di origine calcarea (corallina) della Florida.

Il corso dei fiumi è generalmente da ovest verso est e i fiumi tendono a essere di lunghezza limitata, ma ampi e dal flusso regolare. Le maree sono spesso forti, soprattutto al nord. Gli inverni sono freddi (nel nord) o moderati (al sud) e umidi, le estati ugualmente umide.



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Il Parco Nazionale di Yellowstone
nello Stato del Wyoming



Gli stati del sud comprendono i summenzionati Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud, Georgia, Florida e anche la Virginia Occidentale (spesso considerata parte del Midwest, dato che era dalla parte del nord nella guerra civile), Kentucky, Tennessee, Alabama, Louisiana, Arkansas, Oklahoma e Texas (spesso considerato fra gli Stati del sud-ovest).

Questa zona comprende la parte meridionale e le cime più elevate degli Appalachi e più a ovest l'altopiano di Ozark.

I fiumi comprendono le foci del Mississippi e del Río Grande. La più grande influenza climatica viene dal golfo del Messico e comprende inverni miti, umidità e di tanto in tanto uragani.

Gli Stati del Midwest comprendono: Ohio, Michigan, Indiana, Wisconsin, Illinois, Missouri, Minnesota, Iowa, Dakota del Nord, Dakota del Sud, Nebraska e Kansas.

Sono in gran parte stati agricoli e industriali (compresa la «Rust Belt», la zona industriale "arrugginita" negli anni settanta e ottanta del XX secolo dalla concorrenza, soprattutto giapponese), freddi di inverno, caldi di estate e con clima da umido (verso est) a secco (verso ovest).

È qui che si trova il "cuore" (heartland) degli Stati Uniti ed è considerato un centro di valori morali (lavoro serio, casa e famiglia, i pionieri sulla prateria e così via) per il resto del Paese.

Gli Stati della zona montana invece comprendono: Montana, Idaho, Wyoming, Nevada, Utah, Colorado, Arizona e Nuovo Messico. Gli ultimi quattro spesso anche considerati gli stati del sud-ovest.

Soprattutto a sud la zona è secca, con molti deserti (deserto Sonorano) e le Montagne Rocciose. A nord ci sono inverni molto freddi ed estati miti, mentre a sud gli inverni sono miti e le estati calde.

Questa è la zona meno abitata del paese ed è dove si trovano molte delle destinazioni sceniche degli Stati Uniti, per esempio il Grand Canyon (Arizona) e il parco naturale di Yellowstone (Wyoming).

La geografia della costa occidentale (Washington, Oregon e California) comprende montagne elevate (Sierra Nevada), vari vulcani, deserti (Valle della Morte) e zone molto umide (la costa, soprattutto a nord).



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Immagine satellitare
degli Stati Uniti contigui



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Morfologia

Gli Stati Uniti si trovano interamente nell'emisfero boreale: i quarantotto Stati continentali sono bagnati dall'oceano Pacifico a ovest, dall'oceano Atlantico a est e a sud-est dal golfo del Messico. I Paesi confinanti sono il Canada a nord e il Messico a sud. L'Alaska è lo Stato più vasto, mentre le isole non mancano nel Pacifico centrale. Dopo la Russia, il Canada e la Cina gli Stati Uniti hanno il quarto posto come Paese più esteso del mondo, ma la classifica varia a seconda di come vengono conteggiati i due territori contestati dalla Cina con l'India e la superficie stessa degli Stati Uniti: il World Factbook della CIA segnala 9 826 630 km²,[39] la Commissione statistica delle Nazioni Unite fornisce 9 629 091 km²[40] e l'Encyclopædia Britannica 9 522 055 km².[41] Gli Stati Uniti possiedono anche diversi territori insulari sparsi tra l'oceano Pacifico (ad esempio Guam) e i Caraibi (compreso Porto Rico, che è legato agli Stati Uniti in un'associazione chiamata Commonwealth).
Il monte Denali (Alaska), la vetta più elevata degli Stati Uniti con 6 194 metri sul livello del mare

Dalla pianura costiera dell'Atlantico spostandosi verso l'interno si incontrano i boschi decidui e le dolci colline del Piedmont. I monti Appalachi dividono la costa orientale dai Grandi Laghi e dalle praterie del Midwest. Il fiume Mississippi-Missouri, il quarto sistema fluviale più lungo del mondo, attraversa da nord verso sud il centro del Paese. Le piatte e fertili praterie delle Grandi Pianure si estendono a ovest, interrotte da un altopiano nella regione sud-est. Le Montagne Rocciose al margine occidentale delle Grandi Pianure si estendono da nord a sud attraverso tutto il Paese, raggiungendo altitudini superiori ai 4 300 metri in Colorado. Più a ovest si incontrano le rocce del Gran Bacino e deserti come il Mojave. Le catene montuose della Sierra Nevada e la Catena delle Cascate si snodano prossimi oramai alla costa del Pacifico. Con i suoi 6 194 metri sul livello del mare il monte Denali in Alaska è la vetta più elevata del Paese.[42][43] Vulcani attivi sono comuni e presenti in tutta la regione costiera che va dall'arcipelago Alexander alle isole Aleutine, attraversando la penisola di Alaska, oltre che nell'arcipelago delle Hawaii. Il supervulcano presente nel Parco Nazionale di Yellowstone nelle Montagne Rocciose è il più grande vulcano presente all'interno della parte continentale degli Stati Uniti.[44]
Clima
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Clima degli Stati Uniti d'America.

Gli Stati Uniti hanno in comune un clima continentale piuttosto accentuato all'interno, ma data l'enorme estensione del territorio si notano differenze considerevoli tra le varie parti, specialmente se ci si sposta da nord a sud con l'andamento meridiano dei rilievi che non oppone ostacoli ai venti freddi del nord che giungono fino nel Texas e a quelli caldi tropicali che giungono dal golfo del Messico oppure se si considerano le due sponde oceaniche. Le influenze nordiche si fanno sentire anche sulla costa atlantica, lungo la quale scende la fredda corrente del Labrador che annulla in gran parte l'influenza mitigatrice marina fino all'altezza del capo Hatteras (New York ha medie di gennaio oscillanti da 0 a -4 °C e medie di luglio da 21 a 25 °C) assieme all'influenza delle correnti occidentali che favoriscono di inverno le irruzioni anche forti di aria fredda di provenienza continentale-canadese (bufera di neve nota come «blizzard»).[45] Cosìcché a est il clima varia da umido continentale nel nord fino a subtropicale umido a sud, con clima tropicale nella punta meridionale della Florida e nelle Hawaii.

Procedendo verso ovest il Midwest ha un clima continentale, le Grandi Pianure a ovest hanno generalmente un clima semi-arido, arido nel Gran Bacino, desertico nel sud-ovest, mediterraneo lungo la costa californiana, temperato umido lungo il golfo del Messico e il sud, oceanico lungo le costiere di Oregon, Washington e Alaska meridionale (la maggior parte dell'Alaska rientra però nel clima subartico o polare), infine gran parte delle regioni montane dell'ovest sono caratterizzate da un clima alpino. Fenomeni meteorologici estremi non sono rari, con le regioni costiere lungo il golfo del Messico soggette al rischio uragani nella stagione autunnale e con le Grandi Pianure soggette a linee temporalesche e tornado laddove si assiste allo scontro tra masse di aria fredda secche provenienti dalle alte latitudini e masse di aria caldo umida di provenienza tropicale,[46] oltre alla già citata bufera di neve nel nord della costa est e nel Midwest.



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Il Earth Overshoot Day (indica a livello illustrativo il giorno nel quale l'umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell'intero anno.) del paese è il 15 marzo.


Flora e fauna


L'ecosistema degli Stati Uniti è molto vario: circa 17 000 specie di piante vascolari sono presenti negli Stati Uniti contigui e nell'Alaska, oltre a 1 800 specie di piante fiorite situate nelle isole Hawaii, alcune delle quali presenti anche nel continente.

Gli Stati Uniti sono anche la patria di oltre più di 400 specie di mammiferi, 700 specie di uccelli, 500 specie di rettili e anfibi e 90 000 specie di insetti.


Sono presenti sessanta parchi nazionali e centinaia di altri parchi, foreste e zone desertiche protette a livello federale. Nel complesso il governo gestisce il 28,8% del territorio, buona parte del quale è protetta.


Inquinamento



L'inquinamento negli Stati Uniti è sottoposto a controllo da parte di uffici federali come l'Agenzia per la protezione dell'ambiente (Environmental Protection Agency, EPA).

Gran parte dei rifiuti prodotti dagli Stati Uniti vengono spediti all'estero. Nel 2018, l'81% delle esportazioni statunitensi di rifiuti è stato spedito in Asia.

Nel 2015 gli Stati Uniti hanno prodotto 262,4 milioni di tonnellate di rifiuti, il 4,5% in più rispetto al 2010 e il 60% in più rispetto al 1985 secondo i dati ufficiali.

Mentre la Cina decide nel 2018 di cessare l'importazione di rifiuti in plastica per non essere più la "pattumiera del mondo", l'industria del riciclaggio negli Stati Uniti è perturbata.


Il prezzo del trattamento dei rifiuti sta aumentando considerevolmente e molte città preferiscono incenerire i loro rifiuti, incidendo sulla qualità dell'aria o sulle discariche a cielo aperto, una delle principali fonti di emissioni di metano.



220px-Bald_Eagle_Portrait



L'aquila di mare
testabianca,
simbolo degli Stati Uniti
sin dal 1782



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Inquinamento atmosferico

Nel 2012 il governo degli Stati Uniti intendeva regolare le emissioni di CO2 dalle centrali elettriche con il piano Greenhouse Gas New Standard Performance.[53] L'EPA ha segnalato come inquinanti più di 450 aziende statunitensi.
Inquinamento del suolo

L'inquinamento del suolo è causato principalmente dai rifiuti solidi urbani. Nell'ambito del programma Vital Signs (segni vitali) il Worldwatch Institute di Washington ha segnalato che gli Stati Uniti producono 621.000 tonnellate al giorno di rifiuti solidi urbani non totalmente riciclabili che causano un inquinamento delle acque, portando nella catena alimentare metalli pesanti come il cadmio, lo stronzio, il nichel e il cromo.
Società
Demografia
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Censimento degli Stati Uniti d'America, Ufficio del censimento degli Stati Uniti d'America e Stati federati degli Stati Uniti d'America per popolazione.

Nel 2010 l'Ufficio del censimento degli Stati Uniti ha riportato 308,7 milioni di persone, con un aumento del 9,7% rispetto all'anno 2000, che era di 281,4 milioni di persone. La percentuale di crescita è circa in media con le percentuali dei decenni precedenti a partire dal 1900.[54] La popolazione è generalmente in crescita, grazie specialmente a una forte immigrazione, proveniente in buona parte dall'America Latina e dall'Asia orientale. La presenza di immigrati o di loro discendenti diretti è molto rilevante nella parte sud occidentale del paese. Più di 37 milioni di cittadini sono nati all'estero e circa 15 milioni di questi sono stati naturalizzati cittadini statunitensi. Il 6% della popolazione è di origine italiana, costituita dai discendenti degli immigranti arrivati sulle coste degli Stati Uniti perlopiù dalla seconda metà del XIX secolo fino alla seconda guerra mondiale e provenienti in maggioranza dal Mezzogiorno, dal Veneto e dal Friuli-Venezia Giulia. Sono circa 18 milioni gli italoamericani (cifra che tuttavia non considerava tutti coloro che posseggono solo parziale origine italiana e non deducibile dal cognome), ma solo un milione di essi parla o comprende l'italiano. L'azione positiva (Affirmative Action), una politica a favore dei gruppi minoritari, ha permesso negli ultimi decenni agli appartenenti alle minoranze etniche un più facile accesso alle università, a molti posti di lavoro che precedentemente erano loro preclusi e a incarichi di grande responsabilità nel mondo politico e nell'alta finanza. Questo però da qualcuno è visto come una sorta di razzismo al contrario nei confronti di una parte di popolazione.
Immigrazione
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Immigrazione negli Stati Uniti d'America e Politica dell'immigrazione negli Stati Uniti d'America.

L'immigrazione negli Stati Uniti fu sempre molto intensa nel corso della storia, specialmente dall'Europa, tanto che la parte meridionale fu interessata dall'immigrazione dalla Spagna, tranne la zona della Louisiana che al tempo si estendeva fino al Canada. I primi immigrati nelle tredici colonie provenivano dal Regno Unito, ma in seguito fu molto forte l'immigrazione dalla Germania dove il numero degli abitanti era quasi pari a quello degli immigrati britannici, mentre nella zona dello Stato di New York erano presenti immigrati dai Paesi Bassi. L'immigrazione dalla Francia fu frequente dopo la cessione della Louisiana agli Stati Uniti da parte di Napoleone Bonaparte. Nell'Ottocento fu enorme l'immigrazione dall'Irlanda e altrettanto forte quella dall'Italia, specie a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. L'immigrazione proseguì nel Novecento con l'arrivo di immigrati dai Paesi scandinavi e durante la seconda guerra mondiale di ebrei (circa 6 milioni) specialmente dalla Russia, dalla Polonia e dall'Ungheria.



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Lingue

Anche se gli Stati Uniti d'America non hanno mai adottato una lingua ufficiale, l'inglese è di fatto la lingua nazionale. Secondo un dato del 2003 circa 215 milioni, ossia il 82% della popolazione in età scolare, ha come lingua madre l'inglese.[88] Oltre all'inglese le lingue più diffuse secondo il censimento del 2000 sono: lo spagnolo, utilizzato regolarmente da 28 milioni di abitanti; il cinese (2 milioni); il francese (1,6 milioni, comprendendo il creolo-francese 1,9 milioni); il tedesco (1,4 milioni); il tagalog (1,2 milioni); il vietnamita (1,1 milioni); l'italiano (1 milione). Le lingue autoctone e inuit sono parlate da meno dello 0,5% della popolazione. Tra queste la più parlata è il navajo, con circa 180 000 persone che lo parlano oltre all'inglese.[89][90]

L'inglese è adottato in tutti gli atti pubblici formali, ma non è ufficiale a livello federale. È ufficiale in ventotto dei cinquanta Stati dell'Unione. Oltre all'inglese alcuni Stati hanno come lingua ufficiale, un'altra lingua: in Louisiana il francese, nelle Hawaii l'hawaiiano, nel Nuovo Messico lo spagnolo. Il 18 maggio 2006 il Senato ha approvato una risoluzione proposta dal repubblicano James Inhofe, con cui si stabilisce che l'inglese è la lingua «comune e unificatrice degli Stati Uniti». Per entrare in vigore deve però essere votata anche dalla Camera dei Rappresentanti e approvata dal presidente in carica, che ha il diritto di veto.


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